La nuova curatrice di Dylan Dog si confessa ai nostri microfoni, tra il glorioso passato dell’Indagatore dell’Incubo firmato Tiziano Sclavi e un futuro tutto da scrivere. Signore e signori, su MegaNerd c’è Barbara Baraldi
In una calda giornata primaverile, uguale a tante altre, il mondo del fumetto ha iniziato a tremare. Tutti correvano, si affannavano a capire cosa stesse succedendo, sembrava tutto uguale e tutto diverso: dopo la decennale gestione di Roberto Recchioni, che ha spinto l’Indagatore dell’Incubo addirittura ai confini del Multiverso, è tempo di cambiare. Per la prima volta in oltre 30 anni di storia editoriale, al timone di Dylan Dog ci sarà una donna.
Una donna che Dylan lo conosce bene e che non ha esitato a definirlo suo fratello, durante la sua prima uscita pubblica nella nuova veste di curatrice dell’Indagatore dell’Incubo.
Emiliana, classe 1975, che compiuto la sua gavetta sul personaggio scrivendo storie come che hanno lasciato un segno nel cuore e nell’anima dei lettori. Pensiamo a Jenny (da noi premiata con il Premio Speciale MegaNerd come Miglior Fumetto del 2021 nell’ambito del Premio Coco), ispirata dalla struggente Jenny è Pazza di Vasco Rossi. Oppure a La ninna nanna dell’ultima notte, disegnata dal grande Corrado Roi.
E poi i romanzi, thriller e noir pubblicati da editori del calibro di Giunti, Einaudi e Mondadori.
Barbara Baraldi sembra essere una predestinata, se la incontri dal vivo ti dà proprio l’idea di venir fuori dalle pagine di una storia fantastica. Magari scritta da Tiziano Sclavi, in quel magnifico periodo che i lettori più affezionati individuano nei famosi “primi 100 numeri”.
«Voglio rimettere in primo piano l’orrore che parla ai giovani. Ci sentiamo tutti in bilico, dopo la pandemia non siamo più gli stessi; si parla di guerra e c’è tantissimo odio sociale. Non vogliamo necessariamente portare queste tematiche in Dylan Dog, ma offrire ai lettori un modo per svagarsi. L’orrore è lo strumento che abbiamo per scavare nell’inconscio, nelle paure. Attraverso l’orrore controllato dei libri, della fantasia, dei fumetti, riusciamo ad allenarci all’orrore della realtà»
Questo è il suo manifesto. Deciso, chiaro, forte. Abbiamo incontrato Barbara, che molto gentilmente ha accettato di fare questa chiacchierata con noi. Scopriamo insieme come sarà il Dylan Dog del futuro, che guarda al passato ma con i piedi saldi nel presente. Che affondano nell’orrore.
Signore e signori, ecco a voi la nuova curatrice di Dylan Dog.
Ciao Barbara, bentornata su MegaNerd.
Partiamo da qui, dall’orrore che hai posto come primo punto programmatico del nuovo corso di Dylan. Pensi che il personaggio si fosse allontanato troppo dalle atmosfere che lo hanno reso così amato nel nostro Paese?
Prima di diventare curatrice di Dylan, prima ancora di iniziare a scriverlo, ero e mi considero una lettrice. E come tale ho amato fin nelle viscere il modo in cui Tiziano Sclavi racconta tematiche universali attraverso la lente dell’orrore in tutte le sue sfaccettature, dall’allegorico al simbolico. Vorrei far tesoro della sua lezione, perché credo che l’orrore abbia la capacità di trasmettere emozioni, di offrire riflessioni, persino esistenziali e filosofiche, e allo stesso tempo sia in grado di parlare a tutti, mantenendo un registro espressivo altamente comprensibile.
Pensi che in questo particolare momento storico l’orrore sia stato reso più soft dalla narrativa?
Non credo si possa generalizzare. Anche oggi escono libri dal forte impatto emotivo, fino al punto da risultare disturbanti. Penso per esempio a un romanzo come “Il caos da cui veniamo” di Tiffany McDaniel. Si tratta di letteratura, non di orrore, ed è ispirato a una storia vera, ma è romanzo talmente crudo e potente che in certi momenti ho dovuto interrompere la lettura. È un romanzo che consiglio a chiunque. Si tratta di una lettura a mio avviso dolorosa ma insieme necessaria e catartica.
Durante la tua prima uscita pubblica come curatrice di Dylan Dog (durante un intenso talk nei locali dell’ARF! Il Festival del Fumetto 2023 di Roma, ndr), hai preso come riferimento storie del primo periodo del personaggio, come Memorie dall’Invisibile o Johnny Freak, due capolavori nella storia dell’Indagatore dell’Incubo. Quanto è difficile provare a ricreare delle suggestioni di questo tipo, nel mondo moderno?
I capolavori di Tiziano rimangono lassù, sono le nostre stelle polari per ogni volta che siamo in cerca di ispirazione. Ma Tiziano è inimitabile. È sempre stato contemporaneo, persino avveniristico, anticipando tematiche che adesso sono di scottante attualità. Ed è questo che ci ha insegnato e cercheremo di fare. Le parole d’ordine saranno esplorazione dell’inconscio e di tematiche contemporanee attraverso l’allegoria, e sperimentazione, sia sul modo di raccontare le storie che sul modo di renderle graficamente. La tecnologia si sarà pure evoluta, ma l’orrore esistenziale rimane il più spaventoso.
In apertura di articolo ricordavamo ai nostri lettori che spesso hai definito Dylan tuo fratello. Questa cosa mi ha colpito molto, perché gran parte delle lettrici (soprattutto della prima ora), si sono sempre definite innamorate del personaggio. Tu invece lo vedi come uno di famiglia, un fratello con cui confidarsi. Qual è l’elemento che ti ha fatto scattare questo sentimento?
Da ragazzina soffrivo di timidezza cronica e di fobia sociale. Questo mi ha impedito di vivere come gli altri adolescenti. Per esempio, non ho mai partecipato a una gita scolastica e faticavo a comunicare con gli altri. Ero chiusa nel mio mondo e, non mi vergogno a dirlo, i miei amici li trovavo nei libri e nei fumetti che leggevo. Mi sentivo come se gli altri vivessero la vita “vera” e io mi muovessi ai margini del mondo. Poi, ho scoperto Dylan. E mi sono sentita meno sola. Nel suo mondo la diversità poteva essere un punto di forza. Fobie e imperfezioni non gli impedivano di fare la differenza, o almeno di provarci. Io stessa soffro di claustrofobia e di vertigini. Camminare con me in città è uno spasso visto che evito di camminare sulle grate e agli ascensori scelgo sempre le scale.
In questi giorni, in cui – per forza di cose – tutti ti fanno mille domande sul futuro del personaggio, ha ripetuto più volte che il nuovo corso “farà paura”. Ma Dylan avrà paura di qualcosa? Lo vedremo terrorizzato di fronte all’orrore?
Dylan è estremamente umano. Non è un supereroe, non ha superpoteri. Si dice che non c’è coraggio senza paura, e Dylan, le sue paure, le guarda negli occhi. Trova sempre un modo di reagire.
Prima abbiamo accennato alla tua straordinaria carriera come scrittrice di romanzi thriller. Pensi che qualcuna delle tematiche affrontate nei tuoi libri possa abbracciare anche Dylan, nel futuro a breve-medio termine?
Ho raccontato la mia esperienza con il terremoto sulle pagine di “Aurora nel buio”, ma anche – e in maniera più approfondita – in quelle dell’Indagatore dell’Incubo con “Casca il mondo”. In ognuna delle mie storie ho infuso una parte della mia esperienza personale. Continuerò a farlo, senza precludermi nessuna tematica, incoraggiando ogni autore a scavare nella propria interiorità, a dialogare con i propri demoni. Sono alla ricerca di storie che facciano uscire me, gli altri sceneggiatori, ma soprattutto il lettore, dalla propria comfort zone.
A proposito dei romanzi: ora che gli impegni Dylaniati si stanno per moltiplicare, pensi che ti resterà un po’ di tempo per le tue storie extra-fumetto o momentaneamente metterai tutto in stand by per seguire meglio questa prima fase del nuovo corso?
Assumendo questo impegno, ho deciso di dedicarmi unicamente a Dylan per un buon periodo di tempo. Ho messo temporaneamente in pausa la mia attività di scrittrice di romanzi per mantenere, parallelamente all’attività di curatrice, anche quella di sceneggiatrice.
Possiamo solo immaginare l’emozione che hai provato quando ti è stato proposto il ruolo di curatrice di Dylan, sentirtelo raccontare durante il talk dell’ARF! è stato davvero coinvolgente.
Qual è stata la primissima cosa che hai fatto nella tua nuova veste?
La prima cosa che ho fatto? Ho chiamato mio fratello più grande per dargli la notizia. Abbiamo undici mesi di differenza e abbiamo iniziato la collezione di Dylan insieme. È sempre il primo a commentare le mie storie quando escono in edicola. Si è sforzato di controllare la voce, ma ho percepito che anche lui era emozionato.
Sappiamo che hai un bel rapporto con il grande Tiziano Sclavi. In che misura il papà di Dylan interviene sulle tue scelte editoriali e qual è stato il primo consiglio che ti ha dato (se te ne ha dati) dopo la tua nomina?
Ci confrontiamo regolarmente per ragionare sui punti di forza (e di debolezza) di ogni soggetto, ed è un dialogo incredibilmente stimolante. Offre opinioni e spunti di riflessione da un punto di vista sempre inaspettato. Tra l’altro, Tiziano ha avuto un’idea molto forte, che ho pensato che diventerà il fulcro del BIS a partire dal prossimo anno, e non vedo l’ora di poterne parlare in dettaglio.
In quanto curatrice, dovrai gestire un team di autori: hai già pensato a come rapportarti con loro? Quanto le tue idee e il percorso che vorresti tracciare influiranno sulle storie non scritte direttamente da te?
La polifonia di voci è uno dei punti di forza della serie. Alcuni autori hanno scritto storie leggendarie, ma vorrei incoraggiare tutti gli sceneggiatori a scrivere ogni storia come se fosse l’unica per cui saranno ricordati. L’ho scritto nella lettera che ho inviato dopo il mio insediamento a tutti collaboratori, e devo dire che la loro risposta è stata oltre le aspettative: sono arrivate diverse proposte davvero… da incubo!
Facciamo un piccolo passo indietro: Roberto Recchioni è stato per un decennio il curatore della testata. Un periodo lunghissimo, fatto di rivoluzioni, storie che hanno lasciato il segno e altre meno apprezzate dallo “zoccolo duro”. Di certo sono stati 10 anni importanti, fatti anche di sperimentazione e ricerca (sia narrativa che grafica). Quali elementi porterai con te da quel periodo?
Roberto ha sempre incoraggiato tutti i collaboratori a osare, e continuerò a farlo.
Recchioni è un autore molto presente sui social e soprattutto nei primi anni della sua gestione ha spinto parecchio sull’acceleratore per promuovere la sua gestione di Dylan Dog, provando a portare dentro anche nuovi lettori. Quale sarà il tuo approccio con i lettori? Ti racconterai attraverso i tuoi social pubblici o ti affiderai a una comunicazione più “istituzionale”?
Sono una persona molto riservata, eppure posso considerarmi una pioniera dei social, dato che sono presente fin dai tempi di Myspace. Fin dal mio esordio li ho sempre utilizzati per lavoro, per rimanere in contatto con i lettori. Quello che mi sta a cuore è instaurare un rapporto di fiducia per stabilire un dialogo propositivo e stimolante.
Quando inizieremo a vedere le prime storie del nuovo corso?
Ho voluto dare un’impronta fin dal primo mese di attività, con la scelta di anticipare un albo scritto da Paola Barbato, “Frammenti”, che vede il ritorno di Angelique, “genio folle” di un albo storico, “Sciarada”. Si tratta dell’ultima storia disegnata dal compianto Luigi Piccatto. È stato anche un modo per dirgli grazie per il suo contributo alla serie, e per tutto ciò che ha rappresentato per noi appassionati dell’Indagatore dell’Incubo. La svolta vera e propria arriverà in autunno, con una storia scritta appositamente per inaugurare la “Quinta Stagione” di Dylan su cui sono al lavoro tre disegnatori – sia per esigenze creative che per rispettare i tempi di lavorazione – e di cui avrò modo di parlare un po’ più avanti.
Oltre alla serie regolare, ci sono tante altre testate con il nome di Dylan Dog in copertina: dall’Oldboy al Pianeta dei Morti, passando ovviamente per il Color Fest e tante altre iniziative. Ti occuperai tu di tutto o ti avvarrai ancora della collaborazione di Busatta e Bilotta (tanto per fare due nomi)?
L’OldBoy rimane nelle sapienti mani di Franco Busatta, che sta facendo un lavoro eccellente su tutti i livelli. Del resto, mi occuperò del coordinamento e della revisione di tutte le testate. Sul Color Fest ci sarà spazio (anche) per le sperimentazioni più ardite e per guest-star inaspettate, ma “dialogherà”, in qualche modo, anche con la serie regolare. Alessandro Bilotta, naturalmente, continuerà a popolare lo Speciale con le sue visioni. Per quanto riguarda il Magazine, è appena stato rinnovato con la formula “Enciclopedia della Paura”, con storie brevi, tematiche, e approfondimenti correlati.
Vedremo ancora storie pubblicate su più numeri o si tornerà più stabilmente ad albi auto-conclusivi?
Il mio modello è quello di Tiziano: storie autoconclusive, storie in continuità su più numeri, ritorni più o meno “eccellenti”, nuovi villain il cui arco narrativo si svilupperà nel corso di alcuni albi autoconclusivi e che possono uscire anche a distanza di tempo. Il tutto all’insegna del rovesciamento di prospettiva. Ci saranno poi cicli di albi autoconclusivi, ma accumunati da una tematica comune: il primo sarà inaugurato con il numero di fine ottobre, in uscita in contemporanea con Lucca Comics & Games.
Dylan Dog sembra intrappolato in un eterno decennio anni 80: secondo te è meglio lasciarlo lì e sfruttare queste caratteristiche o provare a farlo vivere nel nostro presente?
Il Dylan di Tiziano è nato nella contemporaneità e continuerà a vivere nella contemporaneità, a interpretare le paure e le nevrosi dei nostri tempi. Come ho avuto modo di dire, smartphone e auto elettriche non hanno risolto le nostre ansie esistenziali. In questo senso, la differenza tra serie regolare e OldBoy sarà ancora più marcata, in quanto la testata curata da Franco Busatta continuerà a proporre storie ambientate nei tardi anni Ottanta (personalmente, lo definisco retro-avanguardistico, perché Franco è molto attento anche alla sperimentazione), mentre la regolare attingerà a piene mani dagli orrori contemporanei, e proporre diverse forme di sperimentazione, sia narrativa che grafica.
Barbara, ti ringraziamo davvero per essere stati con noi. Ti auguriamo davvero il meglio e non vediamo l’ora di leggere le nuove storie che tu e il team Bonelli avete in serbo per noi. A presto!
Grazie di cuore per questa bella chiacchierata. Ci vediamo in edicola, dunque!