Silvia Ziche è una delle più grandi fumettiste Disney, con all’attivo collaborazioni illustri e vari libri pubblicati nel corso degli anni. Vincitrice del Premio Yellow Kid all’Autrice dell’anno con La Gabbia a Lucca Comics & Games 2023. Siamo riusciti a farci quattro chiacchiere in esclusiva per voi, ed è stato un onore
Eccoci qui a Lucca Comics & Games 2023 in compagnia di una grande Artista, che siamo onorati di poter ospitare nelle nostre pagine: signore e signori, Silvia Ziche, che ringraziamo per la sua disponibilità. Benvenuta su MegaNerd Silvia!
Qui a Lucca hai ricevuto il premio Yellow Kid per l’Autrice dell’Anno, per La Gabbia.
Sì, è stata una sorpresa bellissima. Sono molto felice.
Ed è bello che sia una sorpresa dopo tanti anni di onorata carriera. Per un’artista del tuo calibro, ci si aspetta che sia una cosa normale.
No, no, quello non è mai una norma. Come non è una norma essere intervistate, per cui mi agito sempre anch’io (ride). Non ci si abitua a queste cose.
Comunque sono stata veramente felice, anche perché è stato un premio arrivato con un libro diverso dagli altri che ho fatto.
Io ho sempre lavorato tantissimo facendo storie umoristiche, vignette, sempre, e non ho mai abbandonato questa strada; questa è la prima volta che cerco di raccontare una storia diversa, coinvolgente più dal punto di vista emotivo. È una storia complessa, complicata, anche dura, dove c’è come al solito un modo di raccontare lieve, che è il mio più congeniale; c’è dell’umorismo ma è un pochettino più tetro del solito. Il fatto che questo libro abbia preso dei premi, questo del Lucca Comics & Games e quello del Comicon di Napoli mi ha fatto davvero molto piacere, perché ho capito che posso raccontare storie anche in un altro modo, che posso fare anche altre cose. Ho imparato a raccontare storie anche con un altro registro e questo mi è piaciuto tantissimo.
È bello che ci si emozioni ancora così, nonostante l’esperienza.
Non sono molto brava su queste cose, vado nel pallone totale (ride).
Del resto, sappiamo che per molti artisti, il momento in cui si è sotto i riflettori non è mai un momento facile: siete comunque abituati a un lavoro fatto in isolamento…
Sì, è una cosa stranissima. Il tempo del lavoro per me è isolamento, perché sono iperconcentrata sulle cose che sto facendo e sono proprio in un altro mondo, nel senso che raccontare delle storie vuol dire proprio finire da un’altra parte, allontanarsi dal mondo reale e andare da un’altra parte. E questa cosa è impossibile farla se non si è da soli. Lavorare in questo isolamento e poi, per cinque giorni all’anno, ritrovarsi in una situazione affollata come quella del Lucca Comics & Games mi manda nel pallone, ecco.
Molti di noi sono cresciuti grazie alle tue storie su Topolino; Valentina De Poli (ex direttrice del settimanale, ndr) ha parlato di te in Un’educazione Paperopolese come una delle prime Autrici donne, e forse la prima che ha portato l’ironia e l’umorismo nella rivista. Sappiamo cos’hai significato tu per il Topo, ma cos’ha significato il Topo per te?
Guarda, io un po’ mi sento di dire che non è esattamente così. Sono cresciuta con Topolino anch’io e, come dice Valentina nelle pagine del suo libro, come tanti ho imparato anche a leggere sulle pagine di Topolino, quindi quello è stato il mio imprinting nel mondo del racconto. Ho interiorizzato quel modo di raccontare, ma non mi sento di dire che ho portato l’umorismo, perché da piccola leggevo le storie di Carl Barks e Floyd Gottfredson che avevano già un grandissimo umorismo, dentro. Magari poi ogni autore porta il suo particolare modo, ma io ho sempre visto i personaggi Disney come molto umoristici. C’era l’avventura e c’era l’umorismo: una storia disneyana senza l’uno o senza l’altro non può esistere. Forse ho pigiato un po’ di più sul pedale dell’umorismo perché mi è più congeniale, però non credo sia stata una cosa così nuova; io la vedo proprio come parte integrante di quel mondo.
Se dovessi scegliere tra Topolinia e Paperopoli?
Be’, mi viene da dire Paperopoli, credo si veda che ho un particolare affetto per Paperino, che maltratto tantissimo (ride). Prima ti dicevo che le storie disneyane hanno due componenti da cui non si può prescindere, avventura e umorismo, però mentre a Paperopoli magari si tende più verso l’umorismo, a Topolinia si tende più verso l’avventura. Ho affrontato tutti e due i mondi, mi piacciono e mi divertono tantissimo, però vedo che tendo magari a portare un po’ troppo sull’umorismo anche il mondo di Topolinia. A me diverte comunque tanto, ma mi è più congeniale Paperopoli.
Se fossi un personaggio del Topo, chi saresti? Non deve necessariamente essere un personaggio noto, eh…
Questo non lo so bene, ma così, a primo impatto, ti direi che mi riconosco tantissimo nei personaggi testardi, determinati e con un obiettivo preciso, sono anch’io così. Quindi mi verrebbe da dire o Brigitta o Amelia (che è anche tra le mie preferite, ndr); magari però lascerei perdere Paperone e userei le energie per qualcos’altro…
Oltre a becchi e orecchie a padella, hai fatto molto molto altro. Qual è la cosa non disneyana che ti sei più divertita a disegnare?
Una in assoluto non te la saprei dire. Sicuramente mi sono divertita tantissimo quando ha preso vita nella mia testa il personaggio di Lucrezia (appare nelle strisce su Donna Moderna, e in alcune raccolte a lei dedicate, ndr), che mi sta ancora seguendo. Per me è diventata una specie di parente anche un po’ fastidiosa, me la ritrovo da tutte le parti; però lei è stata sicuramente una svolta molto importante, nella mia vita. È una cosa bellissima, che mi piace tantissimo anche adesso, e che uso un po’ come una finestra sul mondo: la uso come filtro per guardare all’esterno, quindi per me è una grandissima cosa.
Però, di volta in volta io mi affeziono alle cose che sto facendo oppure ho appena fatto; di questo periodo, per esempio, mi piace il fatto di aver sperimentato altre vie; come ti dicevo prima, mi è piaciuto molto fare La Gabbia perché è un racconto diverso dal solito. Per lo stesso motivo, anche se non ho scritto io i testi – che sono di Tito Faraci e Mario Gomboli – mi è piaciuto tantissimo fare delle storie su Diabolik o, l’altra cosa che abbiamo fatto sempre con Tito, Quei due, per Bonelli. In particolare, Diabolik mi ha costretta a cambiare il mio registro di disegno; queste due cose mi hanno portato un po’ fuori dai binari, e sono quelle che negli ultimi due anni mi son piaciute di più perché mi hanno portata fuori dalla mia abitudine, dalla mia consuetudine. È sempre una bella cosa quando l’orizzonte si apre un pochettino. Anche Lucrezia era stata un’apertura, ma anni fa.
La mia prossima domanda era proprio su Diabolik Sottosopra. Cosa significa, per un’autrice che ha sempre raccontato storie umoristiche, affrontare un personaggio così dark?
L’abbiamo un po’ trattato male (ride). Per fortuna, Mario Gomboli ha un grande senso dell’umorismo e ha capito che poteva avere un senso quello che facevamo. Tito poi è uno sceneggiatore storico di Diabolik, per cui è stato bravissimo a creare delle storie divertenti però rispettando tutti i canoni: c’è sempre il piano, ci sono i gioielli, ci sono tutti gli attrezzi strani che usa per i suoi colpi… quindi sembrano le storie solite, solo che purtroppo Diabolik si trova spiazzato. Lui è un personaggio serissimo, si prende sul serio in una maniera incredibile; ogni tanto ti viene da guardarlo e dirgli “Ma sei lì, con ‘sta tutina, magari con gli occhialetti a infrarossi, lo zainetto, il marsupio e le cose… non ti puoi prendere così sul serio!”. E quindi abbiamo mantenuto Diabolik serissimo e completamente privo di senso dell’umorismo, e gli abbiamo cambiato il mondo intorno. C’è Eva che ha un buon senso dell’umorismo e il resto che è un mondo delirante; lui va dritto per la sua strada, tipo Mr Magoo che non si accorgeva mai di quello che gli succedeva intorno, e intanto accadono cose un po’ strampalate. È stato un gioco molto divertente. Poi comunque è un’operazione dichiarata; e come si dice sempre, una parodia è un monumento a un personaggio. Se Diabolik si è meritato una parodia – e la nostra non è neppure la prima – vuol dire che è un gran personaggio. Non sembra ma è un omaggio.
Ci puoi dire qualcosa dei tuoi progetti futuri?
Guarda, mi prendi nel momento un po’ sbagliato: al Lucca Comics di solito si arriva come conclusione di un lavoro. Nel mio caso, è appena uscito un libro per Feltrinelli, abbiamo riportato La Gabbia e tutta una serie di cose, quindi per me è stata un po’ una chiusura dell’anno di lavoro. Sto progettando altre cose, ma sono ancora nella fase embrionale, per cui faccio fatica a parlarne perché sono ancora poco solide. Ma le idee che sto covando sono relative sia a Topolino, sia a storie tipo Diabolik che ad altri lavori… insomma, persevero! (ride)
Grazie mille, Silvia, è stato un grandissimo piacere parlare con te. A presto!
Ringraziamo l’ufficio stampa di Panini per la possibilità che ci ha dato. Questa intervista è cominciata e si è conclusa tra sorrisi e cordialità, che hanno creato un ambiente estremamente confortevole. Silvia è una persona estremamente garbata e allegra, come lo sono sempre le sue storie. Intervistarla è stato un vero piacere e la ringrazio dal profondo del cuore per essere stata tanto disponibile, nonostante i mille impegni e il poco tempo, oltre che per aver realizzato un mio sogno di bambina.