A seguito del forte risalto mediatico che sta assumendo in questi giorni la notizia di una recente sentenza della Cassazione in cui si è fatta menzione anche di manga, cerchiamo di fare insieme un punto della situazione
Se siete appassionati di manga non avrete potuto fare a meno di sentire una notizia che, talvolta con toni alquanto sensazionalistici, ha riportato alcuni estratti di una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, più precisamente la n. 47187 del 24 novembre 2023. Volendo provare a fare ulteriormente luce sui contorni di questa delicata vicenda, ripercorriamo insieme i passi del suddetto provvedimento per capire cosa effettivamente abbiano voluto stabilire i giudici della Suprema Corte italiana.
Partiamo dalle premesse della sentenza: un uomo veniva condannato in primo e secondo grado per i reati previsti dagli articoli 600-quater e 600-quater .1 del Codice Penale, e quindi per possesso di materiale pedopornografico. In particolare, come indicato nella sentenza della Cassazione “l’affermazione di penale responsabilità era stata limitata alla detenzione delle immagini riproducenti rapporti sessuali incestuosi tra adulti e minorenni, di quelle illustrative di un racconto erotico, nonché di due fotografie di minorenni che mostrano le parti intime”
Proseguendo nella lettura del dispositivo (ossia del contenuto) della sentenza rileviamo che l’uomo ha deciso di ricorrere in Cassazione, per fare in modo che potesse essere revisionata la precedente condanna, confermata nel secondo grado di giudizio.
E qui, nelle varie motivazioni su cui veniva fondato il ricorso da parte del legale dell’imputato veniva riportato che, secondo le corti territoriali, ossia il Tribunale e la Corte d’Appello, le stesse avevano ritenuto il possesso di fumetti e “manga” ascrivibili al reato di pornografia virtuale (previsto dall’art. 600-quater.1), mentre per l’avvocato queste non potevano rientrare fra i materiali su cui poter basare la violazione della norma.
La Corte di Cassazione concordava con quanto stabilito dalle corti territoriali e si riportava a passate pronunce con cui era stata conferita rilevanza penale “non solo alla riproduzione reale del minore in una situazione di fisicità pornografica“, ma anche a “disegni, pitture, e tutto ciò che sia idoneo a dare allo spettatore l’idea che l’oggetto della rappresentazione pornografica sia un minore”. In tal senso quindi veniva confermata la condanna anche per i fumetti e per le illustrazioni del racconto erotico raffiguranti minori impegnati in atti incestuosi o altre attività sessuali.
Svolta questa doverosa disamina giuridica risulta necessario focalizzare quel che hanno voluto intendere i cosiddetti Ermellini, altro termine con cui vengono identificati i giudici della Corte di Cassazione.
Appare infatti inequivocabile che la violazione delle norme di specie possa concretizzarsi quando si sia in possesso di materiale prettamente pornografico contenente raffigurazioni di minori, con disegni ed illustrazioni appositamente creati per inserire le figure minorenni in un contesto altamente erotico e, ovviamente, perseguibile di condanna, facendo rilevare che il reo ha voluto intenzionalmente detenere quel tipo di prodotti.
Diversamente è ritenibile sostenere che situazioni potenzialmente erotiche possano essere interpretate in vari modi: basti pensare a quanto avveniva nei primi capitoli di Dragon Ball con gli atteggiamenti chiaramente equivoci tra una giovane (nonché minorenne) Bulma e il Maestro Muten.
Questo significa che devo buttare i primi numeri della mia collezione di Dragon Ball? Non vi può essere una risposta certa ed univoca. Di certo il caso specifico trattato in questa analisi resta tale. Le sentenze della Corte di Cassazione infatti possono unicamente creare dei principi a cui i successivi giudici (di qualsiasi grado) possono attenersi nell’emissione di un provvedimento. Allo stesso modo in futuro potrebbe esservi un altro orientamento che potrebbe andare a ribaltare o specificare quello attuale.
In conclusione, può ritenersi lecito sostenere che il mero possesso di questi volumi di Dragon Ball, o di altre opere in cui ci possano essere situazioni astrattamente incriminabili (pensiamo magari a Berserk) difficilmente ci vedrà condannati alle pene previste dall’articolo 600-quater del codice penale, ossia la reclusione fino a tre anni e una multa non inferiore ad € 1.549,00. Altro discorso, più che comprensibile ed assolutamente in linea con il dettato della normativa vigente, è essere in possesso di materiale, probabilmente illecitamente importato dato che in Italia non è permessa la diffusione di produzioni a chiaro stampo pedopornografico.
Tuttavia, lo si ribadisce, non è comunque possibile effettuare una considerazione generale in tal senso, dovendo essere esaminate caso per caso le condotte perpetrate su cui poi verrà svolta la valutazione globale da parte dei giudici dell’intera vicenda in cui, potenzialmente, anche il possesso di opere come Dragon Ball o Berserk potrebbero, in via teorica, essere considerati elementi che avvalorino la condanna dei reati più sopra descritti.
E voi cosa ne pensate delle recente decisione della Cassazione? Parliamone insieme nei commenti!
Fonte: La Legge Per Tutti