Con i cinque episodi raccolti nel secondo volume dedicato de “Le Serie Imperdibili“, si conclude i periodo di John Quacky Quackett da studente di Paperbridge. Ancora avventure, amicizie, amori e desideri nel teen drama papero di Marco Gervasio sul giovane Fantomius.
Ricordate quando l’estate stava per finire e iniziava a riallungarsi l’ombra della scuola? Ricordate quel nodo alla gola un po’ amaro – ma sotto sotto, forse, non così tanto – per dover rilegare nella scatola dei ricordi un’altra estate passata troppo in fretta per tornare sui banchi? Quel misto di malinconia precoce ed euforia – mai davvero troppo mostrata – di rivedere i vostri compagni? È (stata) una sensazione universale un po’ per tutti. Ed è la stessa atmosfera che si ritrova nelle primissime pagine del decimo volume della collana “Le Serie Imperdibili“, edita da Panini Comics.
Più nel particolare, parliamo del secondo volume dedicato a “Paperbridge“, l’epopea teen che Marco Gervasio, in veste di autore unico, ha dedicato all’adolescenza di Lord John Quackett, colui che di lì a poco sarebbe diventato Fantomius. Anzi, possiamo proprio dire che la personalità che avrebbe fatto di Quacky il Ladro Gentiluomo per antonomasia, si sia definita proprio negli anni del college.
Riprendiamone, dunque, le fila: al termine del primo anno al Paperbridge (qui la recensione dedicata), Quacky si era fatto notare – non senza attirare qualche antipatia – per coraggio, astuzia e anche tanto buon cuore. Certo, le malefatte del professor Krimen non hanno messo in buona luce il college che ora, nella figura del Rettore Thompson, dovrà cercare di riabilitarsi. Inizia, quindi, per John, Tom, Billy, Arty, Beth e Belle il secondo anno: le crepe di quello precedente, però, sono ancora ben visibili soprattutto tra Quacky e Beth che a malapena si rivolgono la parola.
Il tutto condito da qualche nuovo ingresso ed una situazione che, sapientemente orchestrata in sceneggiatura, forzerà i giovani rampolli verso nuove dinamiche: il college femminile è in ristrutturazione e le ragazze dovranno frequentare gli stessi corsi dei ragazzi, gomito a gomito; il giovane Roger Barkserville, elegante ed educato, non perde tempo e fa il filo a Beth e, come se non fosse sufficiente la difficile convivenza tra i banchi, ecco che il nuovo docente di Latino (ma ne siamo proprio sicuri?!) è nientepopodimeno che… Cuordipietra Famedoro.
Se siete già fan delle avventure di Fantomius, sapete quanto questo personaggio sia, di fatto, il villain principale del Ladro Gentiluomo: Gervasio, vero e proprio deus ex machina, tira i fili dell’universo narrativo che ha creato intrecciandoli anche in questo prequel, senza intaccare quanto di buono raccontato nella serie originale. In questo modo rafforza il legame tra presente e futuro di John, tra il suo essere un acerbo gentilpapero e ladro con onore.
Il secondo anno al Paperbridge e di riflesso la seconda stagione della serie, dunque, si riaprono subito sparigliando le carte in tavola e ridefinendo alcuni equilibri che sembravano stabilitisi dopo la conclusione dello scorso volume. In questo modo, dopo l’approfondita caratterizzazione iniziale già sedimentata con gli episodi precedenti, Gervasio riesce a concentrarsi maggiormente sull’evoluzione dei suoi protagonisti spingendo il piede sull’acceleratore dell’azione e delle dinamiche interpersonali.
Se ad una prima occhiata, infatti, la riproposizione del prof-antagonista può sembrare una ripetizione – pur rientrando perfettamente nei topoi del genere teen -, l’autore romano riesce a declinarla a favore proprio della crescita e dell’evoluzione di John Quackett in primis: il piano segreto di Famedoro vuole colpire direttamente uno studente e la sua ricca famiglia e ciò spinge tutto il gruppo a far fronte comune, nonostante le inevitabili incomprensioni. Da una parte Quacky può mettere a frutto gli insegnamenti di Krimen coniugandoli con le proprie doti innate, dall’altra deve imparare ad essere meno egoista iniziando, così, ad accettare il suo lato Robin Hood-esco. Come nelle più classiche delle storie, John dovrà affrontare il proprio orgoglio e mettersi a disposizione di quelli che considera suoi amici – senza rinunciare ad essere il vero eroe della storia, beninteso – mentre loro stessi acquisiscono tridimensionalità mettendo in mostra lati del proprio carattere finora al servizio (narrativo) di Quacky.
La volontà di accelerare e di concentrarsi sull’azione aumentando il ritmo complessivo della narrazione, trovano riscontro anche dal punto di vista editoriale: sono infatti solo tre gli episodi che “coprono” il secondo anno al Paperbridge (a differenza dei cinque per il primo). Così, muovendosi tra presente e futuro (già noto ai lettori del Fantomius “adulto”), Gervasio arricchisce il minimondo di Quacky con un comparto di comprimari evoluto nei suoi componenti abbandonando la funzione “a supporto” del protagonista: lo abbandonano, lo contrastano legittimamente, discutono e lo riabbracciano, in una rappresentazione più che mai realistica della quotidianità scolastica adolescenziale.
Se ogni ritorno a scuola, però, poteva causare le sensazioni descritte in apertura, cosa dire dell’ultimo anno? Ogni volta che ci siamo avvicinati all’inizio della fine, la tensione e l’ansia si mischiavano ad un sollievo forse lontano eppure trepidamente atteso. Poi, durante il percorso, ci si è ritrovati a fare i conti con se stessi, con ciò che eravamo stati fino a quel momento e con ciò che avremmo voluto diventare da lì in poi. Gli ultimi anni – il terzo, nel caso di Paperbridge – sono stati conclusione e nuovo inizio.
Negli ultimi due episodi della serie, infatti, ogni personaggio – dal protagonista, all’amata, agli amici – devono fare i conti con loro stessi e con il proprio futuro: da dove son partiti? Chi son diventati? E chi diventeranno, ognuno per sé o… insieme? Per dare nuova linfa alla storia, Gervasio prova a ribaltare nella sceneggiatura alcuni personaggi che parevano essere ormai ben inquadrati, mettendoli di fronte a delle situazioni in cui dovranno dimostrarsi per ciò che sono. E in una storia prequel su un ladro, dovranno dimostrarsi, soprattutto, colpevoli o innocenti delle proprie azioni.
Così, come mai prima d’ora così altruista, Quacky comprende quale sia la sua strada, il suo percorso, quanto sia dura la realtà in cui si trova a vivere e quanto sia difficile essere puramente e genuinamente buoni – o cattivi. Talvolta bisogna prendere decisioni difficili, mettersi di mezzo tra il bianco totale e il nero abissale per essere un grigio reale e realistico. Anche a costo di non essere protagonista di un lieto fine.
Nel complesso, dunque, Paperbridge si riconferma racconto universale, trasversale, transgenerazionale e puntuale della nostra adolescenza e formazione: amori, amicizie, triangoli, ragazzate, punizioni, abbandoni, allontanamenti, avventure. Situazioni piene di gravitas e pateticità (nelle accezioni più autentiche) che, mentre eravamo impegnati a decidere e decifrare cosa voler essere, ci sembravano assolute, insormontabili.
Siamo stati tutti al Paperbidge. Da gentilpaperi o da (futuri) Fantomius, come Lord John “Quacky” Quackett, siamo stati tutti protagonisti del nostro teen drama.