Dopo la vittoria agli Oscar per il miglior film d’animazione con Il Ragazzo e l’Airone, il Maestro Hayao Miyazaki si è confessato “felice dal profondo del cuore”
“Il Ragazzo e l’Airone“ l’ultimo film, nonché testamento artistico, del Maestro Hayao Miyazaki, ha trionfato agli Oscarnella categoria “Miglior film d’animazione“, ben ventun’anni dopo un’altra sua opera maestosa: “La Città Incantata”. Studio Ghibli e il regista, si sono detti felici dal profondo del cuore:
«Penso che sia stata solo fortuna, ma sono davvero felice dal profondo del cuore»
spiega il produttore del film e cofondatore dello Studio Ghibli, Toshio Suzuki, parlando con l’emittente statale NHKdopo una conferenza stampa a Tokyo. Rivela inoltre di aver richiesto all’Academy tre statuette da poter distribuire ai suoi collaboratori. Il Maestro Miyazaki invece, parlando e congratulandosi a vicenda con Suzuki, ha esclamato quanto segue
«Poichè sono giapponese, non posso mostrare la felicità sul mio volto»
In una sola frase, che ha destato un certo livello di clamore, è racchiusa tutta la filosofia giapponese. Riprendendo uno scritto di Laura Imai Messina, scrittrice e studiosa della cultura e letteratura Giapponese, scopriamo come, nel Sol Levante, la felicità sia vista come un qualcosa in costante mutamento, scoperta e manutenzione. La torsione del concetto di felicità pura, antica, che nasce dal verbo della prosperità, verrà macchiata nel cercarne un nuovo significato nei kanji cinesi dove si associa a concetto di fortuna e benevolenza. Arriviamo poi all’era Meiji e all’illuminismo occidentale in cui, la felicità sarà un qualcosa da associare al bene politico di volerla garantire a tutti. Da qui, la sua introduzione nella costituzione, invero l’articolo 13 acclama:
«Tutte le persone che costituiscono il popolo saranno rispettate come individui. Il loro diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità, entro i limiti del benessere pubblico, costituiranno l’obiettivo supremo dei legislatori e degli altri organi responsabili del governo».
Ed ecco quindi, che la felicità diventa un qualcosa di sfuggevole, che deve esser trovata da ognuno di noi ed adattata alla nostra vita. Ed è per questo che il maestro, con la sua esclamazione, non fa altro che acclamare come sia fugace e impensato questo momento in cui, la benevolenza e la prosperità si sono unite in suo favore.
Egli d’altronde non fa che mostrare uno solo dei suoi tre cuori (ma questa è un’altra storia).