Inizialmente doveva essere un gioco dedicato al pubblico femminile, poi riuscì a coinvolgere davvero tutti grazie a vari livelli di lettura e mini-giochi nascosti. Questo è un nuovo episodio di Passione Arcade e questa è la vera storia di Bubble Bobble, un gioco a cui è impossibile non abbiate giocato!
Senza dubbio le sala giochi negli anni 80/90 oltre ad essere considerate un posto dove divertirsi, erano anche un luogo di aggregazione dove gli amici potevano ritrovarsi per giocare assieme oppure dove potevi fartene di nuovi giocando magari uno contro uno.
Vero è però che questo ambiente era per lo più frequentato da un pubblico maschile, piuttosto che femminile. Ed è proprio per questo che sviluppatori come Toru Iwatani pensarono di creare giochi che potessero attirare anche il pubblico femminile, come appunto il gioco di Pac-Man nel 1980.
Ma per quanto ci sia molto da raccontare sul famoso pallino giallo affetto dal caso di verme solitario più famoso del mondo dei videogiochi, oggi vi parlerò di un altro videogioco che venne sviluppato con l’intento di promuovere l’amore e l’amicizia, ovvero Bubble Bobble, gioco Taito del 1986.
Ora ditemi la verità, quanti di voi hanno giocato con questo gioco? Magari quelli nati dopo gli anni 90 non avranno provato l’ebbrezza di inserire il gettone dentro al cabinato originale, ma sono convinto che sicuramente avranno giocato con una qualche sua conversione, tra l’altro ora vendono pure questi mini cabinati replica con la ROM al proprio interno, senza contare le versioni mobile.
Insomma un gioco trasversale che piace un po’ a tutti, dal gameplay semplice ed intuitivo che però nasconde diversi livelli di lettura oltre che una miriade di segreti.
Ma andiamo con ordine: creato da Fukio “MTJ” Mitsuji (1960-2008) Bubble Bobble nasce inizialmente con l’idea di essere un gioco in grado di piacere alle ragazze, proprio perché era una categoria che poco frequentava le sale giochi.
Bisogna anche tenere a mente che in quel periodo la Namco stava andando piuttosto bene e MTJ voleva realizzare qualcosa in grado di far emergere la Taito, senza farla rimanere sempre come fanalino di coda (NDMike: e direi che c’è riuscito alla grande!).
Torniamo alla fase di progettazione: durante lo sviluppo del concept iniziale MTJ stilò una lista di cose che potevano piacere alle ragazze per poi scegliere come soggetto principale proprio le bolle, uno schermo pieno di bolle da scoppiare, cosa c’era di più soddisfacente?
Ma come scoppiarle? Inizialmente il protagonista del gioco doveva essere un robottino con in testa una sorta di aculeo, ma subito l’idea venne abbandonata per questioni stilistiche, optando invece per una creatura meno artefatta, un draghetto, animale dotato sia di scaglie che di cresta, quindi con un design più funzionale allo scopo. E poi si sa che i draghetti piacciono un sacco al popolo Nipponico (Godzilla insegna)…
Uno degli aspetti che però ha caratterizzato ancor di più Bubble Bobble è sicuramente la possibilità di giocare in cooperativa.
Così in un colpo solo viene creato un gioco con l’obbiettivo di piacere alle ragazze, come è stato per Pac-Man, ma con l’aggiunta del player due che, come vi racconterò tra poco, aggiunge una dinamica fondamentale per la conclusione “ottimale” del gioco.
La storia di questo videogame vedrà come protagonisti due fratelli trasformati nei draghetti Bub (quello verde) e Bob (quello blu) che dovranno salvare le loro fidanzate dalle grinfie di Super Drunk, un boss di fine gioco con un serio problema di alcool. Il tutto si svolgerà attraverso 100 livelli a schermata fissa al termine dei quali succederanno cose inaspettate… perché a seconda del modo in cui li giocherete, ma soprattutto in quanti, potrete avere una bad ending, una true ending o un secret ending.
Nel caso doveste ultimare il gioco arrivando al centesimo livello in single player, il finale che vi verrà svelato sarà quello più brutto, ovvero quello in cui liberate solo una delle due fidanzate, ma soprattutto non otterrete la vostra forma umana, rimanendo per sempre draghetti.
Ora, trascurando lo stato emotivo di un giocatore che dopo aver sudato sette camice per finire il gioco, si trova un finale del genere, posso dirvi che non tutto il male vien per nuocere, perché il gioco vi viene in aiuto dando istruzioni ben precise sul come poter ottenere il lieto fine.
Ricordate che qualche riga fa ho detto che la modalità cooperativa avrebbe avuto un ruolo importante nel concludere il gioco? Ecco, potrete liberare entrambe le fidanzate e riappropriarvi della vostra forma umana solamente portando a termine il gioco giocando con un player 2.
Un modo sicuramente geniale per monetizzare al meglio il videogioco far giocare 2 persone insieme e portarle fino alla fine, anche se a me piace pensare che sia stata una scelta mossa più dalla voglia di condivisione di un’esperienza. I giocatori potevano così vedere il finale felici e contenti e i gestori dei cabinati potevano batter cassa.
Fortunatamente, per quanto fosse divertente e appagante giocare in due, si scoprì che bastava far entrare il player 2 pochi secondi prima della sconfitta di Super Drunk e il gioco era fatto.
Ma le sorprese non finiscono qua, perché c’è un terzo finale in Bubble Bobble, un finale segreto: una volta terminato il gioco con quella che viene chiamata la True Ending , apparirà a schermo quello che potremmo definire un geroglifico. La chiave per decifrare questo scritto era custodita all’interno di uno dei tre livelli segreti presenti nel gioco.
Iniziate ora ad intuire la geniale complessità di questo titolo apparentemente semplice?
Al ventesimo, trentesimo e quarantesimo livello, erano presenti delle porte segrete che comparivano solamente nel caso in cui il giocatore fosse stato in grado di raggiungere i suddetti livelli senza perdere mai una vita. All’interno di queste camere, oltre ad un mucchio di bonus punteggio, erano presenti altri geroglifici, ma nella camera del ventesimo livello c’era anche la chiave per poterli decifrare.
Trascurando il fatto che ad oggi mi chiedo come facessero i ragazzini nell’86 a decifrare così velocemente queste informazioni criptate, posso dirvi che mentre nei livelli bonus il codice dava dei suggerimenti concreti su come battere il boss finale e sul come ottenere la true ending, il geroglifico alla fine del gioco dava precise istruzioni sul come accedere alla modalità Super Bubble Bobble, che attraverso una sequenza di movimenti del joystick e la pressione dei pulsanti, vi darà la possibilità di vedere il terzo ed inaspettato finale.
Con esso non solo potrete riottenere la vostra forma umana e riabbracciare le vostre amate fidanzate, ma scoprirete che il Boss Super Drunk è frutto di un incantesimo che voi scioglierete, liberando così i vostri genitori. Della serie plot twist “Io sono tuo padre!” spostati proprio!
Insomma in un colpo solo Fukio Mitsuji creò un titolo in grado di intrattenere sia i giocatori meno esperti, sia quelli più esigenti sempre a caccia di segreti o record, che con Bubble Bobble trovarono pane per i loro denti. C’è da dire che a questo progetto lavorò giorno e notte (letteralmente), ma il fatto che a distanza di quasi quarant’anni ci siano ancora persone che ne parlino e che ci giochino, credo gli renda ampiamente giustizia.
Purtroppo MTJ si spense all’età di 48 anni, ma grazie alla sua continua ricerca di qualcosa di nuovo e diverso, noi potremo sempre beneficiare di alcuni dei suoi lavori più riusciti, come appunto Bubble Bobble o Rainbow Island, due capisaldi della cultura arcade che ogni videogiocatore, appassionato o meno di retrogame, dovrebbe giocare.
Questo è un’altro esempio di come l’industria dei videogiochi dei primi 20 anni fu crogiolo di menti brillanti che potevano ancora sperimentare e innovare senza dover essere limitate dalle regole di mercato che oggi, a mio avviso, limitano molto un aspetto fondamentale, ovvero l’innovazione.
Pensate a quanto fosse avanti MTJ, che durante lo sviluppo del sequel di Bubble Bobble, Rainbow Island, andò controcorrente creando un gioco completamente differente anche se sempre legato al suo prequel, rivoluzionando tutte le meccaniche di gioco ma rimanendo fedele alla sua voglia di inserire numerosi trucchi e segreti da scoprire.
Anche per oggi siamo giunti alla fine di questo articolo, ma per salutarvi questa volta voglio condividere con voi un pensiero di Fukio, che nell’ultimo periodo si era dato all’insegnamento del game design e che mi ha molto colpito:
«Ci sono cose limitate che possono essere fatte da soli nell’arco della vita, io preferisco essere uno che pianta alberi, piuttosto che essere un albero»
(Fukio Mitsuji 1960-2008)
2 Comments
Omone
(16 Marzo 2024 - 15:23)non avevo idea 💡 che il gioco avesse 3 finali. vedi tu cosa si scopre a distanza di così tanto tempo… dispiace per Fukio. 48 anni sono troppo pochi per una mente brillante come la sua.
Loris G
(19 Marzo 2024 - 19:10)bell’articolo molto interessante. anch’io non conoscevo lo scherzo dei tre finali avendolo finito solo in coppia col cugino su C64