Hitomi è la sorprendente graphic novel di HS Tak e Isabella Mazzanti pubblicata da Oblomov Edizioni. Una vendetta servita fredda tutta da scoprire. Questa è la nostra recensione
In una terra lontana, c’è stato un tempo feroce segnato dal sangue. La natura osservava silenziosa senza giudicare i giorni scanditi da grida di vendetta soffocate in gola e dalle lame che recidevano senza pietà viscere di uomini e donne.
Hitomi è la feroce graphic novel nata dalla scrittura del regista e sceneggiatore Hs Tak successivamente affidata al disegno di Isabella Mazzanti. L’opera è stata pubblicata da Oblomov Edizioni all’interno della collana Hiroshige.
La protagonista che dà il nome all’opera, è una ragazza votata alla vendetta dopo che un samurai, anni prima dell’avventura che seguiremo, le ha brutalmente ucciso la famiglia. Sul suo cammino, Hitomi incontrerà Yusuke, una volta guerriero di temuta fama, oggi uomo caduto in disgrazia che si sostenta con incontri di sumo. La ragazza chiederà a Yusuke di insegnarle l’arte della spada e, mentre i due si ritroveranno a condividere il cammino, Hitomi continuerà a nutrire la serpe che ha in seno: un regolamento di conti.
Non uno dei tanti jidai-geki. Hitomi è un’opera che si impone all’attenzione del lettore per alcuni elementi che la elevano a fumetto tracotante e visionario piena di spunti interessanti. Vuoi perché a invocare vendetta è una ragazza segnata irrimediabilmente dalla morte brutale dei suoi affetti più cari; vuoi perché in questo racconto la natura sembra nutrirsi di un’allucinazione incessante che intossica tutti gli interpreti del racconto. Oppure, chissà, per la presenza di un uomo leggendario al fianco di Hitomi, Yusuke. E partiamo proprio da quest’ultimo punto.
Yusuke, il samurai nero, è un personaggio storico affascinante apparso in diverse opere cinematografiche e letterarie, tra tutte il bellissimo manga Afro-Samurai di Takashi Okazaki. Yusuke dovrebbe esser giunto in Giappone nella seconda metà del Cinquecento al seguito del gesuita italiano Alessandro Valignano e probabilmente fu il primo nero a metter piede in Giappone. Fu descritto dalle cronache dell’epoca alto più di un metro e novanta, nero come il carbone; possiamo solo immaginare lo stupore che provarono i giapponesi dell’epoca nel vederlo attraversare la loro terra. Il daimyo Oda Nobunaga ne dovette rimanere totalmente ammaliato per arrivare ad elevarlo al rango di samurai e volerlo al suo fianco. Siamo in piena epoca Sengoku (1467 – 1603) e le battaglie sono all’ordine del giorno. È in questo contesto e con una figura così ingombrante accanto che si svolge la storia di (e con) Hitomi.
Hitomi usa furbamente Yusuke contenendolo in una storia dove ricopre il delicato ruolo di un Virgilio della morte. È un uomo stanco, sfiancato dalla morte che ha deturpato la sua intera esistenza. Il trascinarsi dei suoi giorni viene di colpo ravvivato dai tizzoni che ardono negli occhi di Hitomi che vuole nutrirsi della sua sapienza per arrivare laddove nessuno è riuscito: ad annientarlo.
Yusuke accetta di addestrare Hitomi all’arte della spada e della strategia, decisione che eleverà la ragazza a guerriera di prim’ordine, a combattente temuta e riverita in battaglia, ma anche a ronin pronta a insozzare mani e la sua lama ferente per guadagnare denaro.
Il viaggio della ragazza e del Virgilio della morte è piegato a una natura maestosa ed impervia che colora come un incubo terrifico, lunghissimo, questo racconto scandito dalla violenza terribile che deturpa i volti, dalla guerra, dalla vendetta e dal pentimento. Le tavole di Isabella Mazzanti, che fanno la differenza, sono cinematografiche, scorrono come i giorni intercettando luce e stagioni; sono colori che si fondono con l’umore, con gli impulsi degli interpreti che vivono un tempo così lontano da essere più leggenda che storia. Ecco che tutto allora si trasforma in un palco teatrale dove gli attori sono segnati dal pesante kumadori, tutto è rituale e le divinità sembrano fondersi con le donne e gli uomini costretti a cedere il passo a Hitomi e Yusuke, implacabili camminatori che vanno incontro al proprio destino.
L’opera si presta a una lettura vorace, si narra un tempo molto lungo eppure tutto sembra compiersi in pochissimo tempo. Hitomi d’altronde ha fretta di apprendere e compiere la propria missione, così il lettore vuole arrivare presto alle ultime pagine per scoprire se riuscirà o meno nel suo intento.
Leggere Hitomi offre la visione di un’ottima pantomima diretta dalla buonissima scrittura di Hs Tak. L’appagamento che Hitomi brama è palpabile, a tratti pericolosamente contagioso. Può essere la vendetta la risposta a un torto subito? La risposta è ovviamente negativa, ma la ricerca di giustizia certamente lo è.
Quello che certamente offre Hitomi è una visione altra rispetto a un semplice pareggiamento dei conti. Durante questo cammino verso la consapevolezza, temerete per la vita di Hitomi, la vedrete rinunciare ai suoi bellissimi capelli lunghi e sposare la causa delle sue vittime.
Leggetelo la prima volta tutto d’un fiato per fare la sua conoscenza. Poi prendetevi tutto il tempo necessario per comprenderla e innamorarvene.