> Una storia intrisa di black humor, una trama appassionante che vi lascerà con il fiato sospeso e dei disegni che si sposano perfettamente con il mistero che insieme all’Indagatore dell’Incubo dovremo cercare di risolvere: è uscito Dylan Dog n.452 di Gigi Simeoni e Bruno Brindisi, ve ne parliamo qui (senza spoiler, ovviamente)
Il numero 452 di Dylan Dog, in uscita in questi giorni, va ad insinuarsi in una nicchia, quella del black humor, squisitamente british. Un Tranquillo Venerdì di Paura potrebbe spiazzarvi, ma vi consiglio di arrivare fino alla fine…
Questo nuovo episodio della saga dell’Indagatore dell’Incubo più famoso di Londra porta una sottile ventata di aria fresca ma, bisogna stare attenti a leggere tra le righe. Chi dovesse essere interessato al Dylan più metafisico ed esistenzialista, legato ad un sovrannaturale claustrofobico e sociale, potrebbe storcere il naso.
De gustibus a parte, sbaglierebbe.
L’episodio sagacemente confezionato da Gigi Simeoni si innesta alla perfezione nella nuova linea voluta da Barbara Baraldi. Quella di un Dylan ritornante all’origine, ma con spazio per nuovi innesti e sperimentazioni.
E di sperimentazione si tratta, in Questo Tranquillo Venerdì di Paura. Il registro è quello della dark comedy, a cui mi sentirei di appuntare il nome di Agatha Christie. Malgrado la storia spazi tra diversi luoghi, la percezione principale è quella di essere a teatro. Sarà per i guizzi canzonatori di Groucho perfettamente integrati nel testo, sarà che anche Dylan sembra più leggero e loquace.
Di rientro da una missione, Dylan e Groucho si trovano sotto la pioggia e senza benzina. E la sola fortuna che può capitargli è quella di trovarsi nel paese di una vecchia zia di Groucho. Nessuno ha mai parlato diffusamente delle sue origini (che io continuo a sperare essere sovrannaturali), ma la zia Therese è davvero un portento che, quasi, auspico possa guadagnare gli onori di un mini albetto annuale (tipo quelli che una volta erano in allegato agli speciali).
Come tutte le donne di una certa età, vedove e civettuole, Therese vive in una casa arredata di pizzi e merletti. Ha le sue abitudini ed è straordinariamente invadente e taccagna. Proprio l’occasione del loro incontro, è quella di un terribile suicidio nella di lei magione. Un anziano signore è infatti ospite della vecchietta e come da manuale, si ammazza dopo una perdita al gioco.
Un numero di Dylan Dog molto “inglese”
Tutto qui direte voi? Tutto qui. Ma non solo. Therese è convinta di essere colpita della sfortuna, contando i cinque mariti ed un numero imprecisato di corteggiatori morti in circostanze perlomeno strane. C’entra un dramma alla Final Destination? Direi di no. Pensate piuttosto a quella vecchia battuta su Jessica Fletcher recitata da John Constantine (all’epoca sapientemente scritto da Garth Ennis).
Dylan cercherà di indagare su quali possano essere le ragioni di questa strana sventura. Ed il finale, da buon black humor brit non vi lascerà delusi.
Bruno Brindisi lavora alle matite, aggiungendo un discreto quantitativo di retini che, normalmente, siamo abituati a vedere più sulle storie di Nathan Never. che non su quelle di Dylan. Il suo tratto, pulito e marcatamente ironico ben si coniuga con la leggerezza del testo.
Le tavole sono dense di dettagli e l’effetto retino contribuisce a creare una atmosfera che non saprei definire in altro modo se non vellutata. Il lettore appassionato si sentirà a suo agio e si godrà l’atto unico, approfittando di una densità di dialoghi che non vedevo così carica e spumeggiante dagli anni ’90.
Nulla è lasciato al caso, anzi, la spiegazione è un perfetto meccanismo giallo ad orologeria. Non lasciatevi intimidire dal registro, la storia è estremamente piacevole e, per una volta, oltre al classico cruccio dylaniato, ci lascia pure un velato sorriso sulle labbra.
