Abbiamo visto “Bad Boys: Ride or Die“, quarto capitolo della saga che vede protagonisti Mike Lowrey e Marcus Burnett, i due poliziotti interpretati da Will Smith e Martin Lawrence. Oggi, come trenta anni fa, sono sempre i due ragazzacci di Miami a dare la caccia ai criminali tra battute da humor nero e sequenze action altamente spettacolari. Queste sono le nostre impressioni rigorosamente no spoiler
Non è bastato certamente uno schiaffo per fermare Will Smith. Ci riferiamo alla sberla che l’attore statunitense ha rifilato a Chris Rock nella notte degli Oscar nel marzo 2022. Un gesto ripreso in mondovisione, senza controfigure, degno dei migliori action movie. Un gesto che molti hanno giurato avrebbe segnato definitivamente la carriera dell’attore di Filadelfia.
Già nel 2022 Jerry Bruckheimer, già produttore dei primi 3 capitoli del franchise di “Bad Boys“, aveva rassicurato i fan sul fatto che un quarto capitolo della saga sarebbe stato realizzato. La promessa di Jerry Bruckheimer è stata mantenuta. A due anni di distanza da quell’annuncio – il cui intento sembrava volesse spegnere le polemiche che stavano montando a seguito del “fattaccio” degli Academy Awards – arriva nella sale di tutto il mondo “Bad Boys: Ride or Die“, un nuovo capitolo del fortunato franchise che vede protagonisti i detective di Miami Mike Lowrey e Marcus Burnett interpretati dai due “ragazzacci” del cinema d’azione: Will Smith e Martin Lawrence. Chi altri sennò ?
Il franchise di “Bad Boys” è legato a doppia mandata alla presenza carismatica di Smith e Lawrence. Per i due attori statunitensi aver interpretato questo ruolo ha rappresentato una vera a propria svolta per la loro carriera. Eppure nelle intenzioni iniziali non dovevano essere loro gli attori prescelti per incarnare due poliziotti di Miami più cool che ci siano.
Bad Boys, Whatcha gonna do when they came for you?
La saga di “Bad Boys” nasce nel pieno degli anni 90 ed è un prodotto figlio dell’estetica e delle mode di quel periodo. Don Simpson e Jerry Bruckheimer erano due produttori americani che riuscivano a trasformare in oro tutto quello che toccavano. Parliamo al passato perché Don Simpson ha lasciato questa terra a soli 53 anni, stroncato da un’overdose di droga.
Dalla loro collaborazione sono nati blockbuster di grande successo quali “Flashdance“, “Top Gun“, “Giorni di Tuono” e “Beverly Hills Cop“. Proprio sulla scia di quest’ultimo film – uscito nel 1994 e interpretato da Eddie Murphy – nasce nella testa di Simpson e Bruckheimer l’idea di cavalcare l’onda dei “buddy cop movie“, genere esploso alla fine degli anni 80. L’idea del brillante duo fu quella di realizzare un film che ha per protagonisti due poliziotti fuori dagli schemi intenti nello sgominare il crimine della tentacolare Miami.
Il taglio della pellicola doveva essere fortemente ironico pertanto serviva ingaggiare due attori comici. La prima scelta era rappresentata dalla coppia costituita da Dana Carvey e Jon Lovitz. Poi si è passati a valutare Arsenio Hall. Quest’ultimo rifiutò la parte e oggi l’attore di Cleveland ricorda questo episodio come la peggior scelta fatta nella sua vita. Ad aggiudicarsi la parte dei detective Mike Lowrey e Marcus Burnett furono due attori comici che stavano cominciando a raccogliere i primi successi nei loro programmi TV.
Will Smith e Martin Lawrence, da terza scelta, sono così diventati una delle coppie più iconiche della storia del cinema action. Per la regia della pellicola, Jerry Bruckheimer e Don Simpson fecero un’altra scelta “illuminata”, ingaggiando un giovane regista di Los Angeles che fino a quel momento si era messo in luce per gli spot pubblicitari e i video musicali. Michael Bay, a soli trentanni, fece così il suo esordio nella regia di un lungometraggio.
“Bad Boys“, prmo capitolo del franchise, uscì nel 1995 e rappresentò un buon successo commerciale, incassando oltre 140 milioni di dollari in tutto il mondo. Don Simpson e Jerry Bruckheimer ci hanno preso di nuovo, confezionando una pellicola fuori le righe, fatta di tanta azione, esplosioni spettacolari e una forte dose di comicità che gioca sull’archetipo stra-utilizzato dello scambio di persona.
Tutta gloria che viene celebrata sull’altare del cinema action a discapito di una sceneggiatura semplice, che non si discosta dal classico “buddy cop movie“. Inoltre, cosa più importante, nasce una nuova coppia di attori: Will Smith e Martin Lawrence danno quel quid in più dimostrando grande talento e una piacevole alchimia.
Tra il primo capitolo della saga e il suo seguito passano ben 8 anni. In questo lasso di tempo Don Simpson viene a mancare e Michael Bay diventa una star grazie alla regia di pellicole quali “The Rock” (1996), “Armageddon – Giudizio Finale” (1998) e “Pear Harbor” (2001). Il sequel di “Bad Boys”, dal titolo poco originale di “Bad Boys II” arriva, inevitabile, nel 2003, sempre diretto da Bay. Il regista di Los Angeles impone, ancora di più, la sua cifra stilistica.
“Bad Boys II” è ancora più folle (addirittura Mike Lowrey e Marcus Burnett devono affrontare il Ku Klux Klan), sboccato e animato da un umorismo di grana grossa. Quando parliamo di “Bad Boys II” parliamo di un successo annunciato tanto che, dal giorno in cui la pellicola fece il suo debutto nelle sale, Bay rifletteva su come impostare il terzo capitolo della saga e, sopratutto, sul compenso che avrebbe dovuto ottenere per dare seguito alla storia dei Bad Boys. Le richieste economiche di Bay unite al desiderio di quest’ultimo di lavorare su altri progetti allontanarono il regista statunitense dal franchise.
Nel frattempo passano 17 anni, un lasso di tempo importante che si riflette nella silohuette non più atletica di Martin Lawrence. Alla regia arrivano Adil El Arbi e Bilall Fallah, due registi belgi che, prima di questa opportunità, avevano lavorato su produzioni minori che hanno ottenuto un’accoglienza positiva. “Bad Boys for life” esce nel 2020. Il terzo capitolo della saga risulta una pellicola abbastanza anonima nonostante l’introduzione del personaggio di Armando, il figlio killer di Mike Lowrey avuto da una relazione occasionale con una spietata assassina di un potente cartello messicano.
La sceneggiatura di Chris Bremner, Peter Craig e Joe Carnahan gioca sull’età che avanza inclemente, mostrando il personaggio di Marcus Burnett, oramai nonno, che sogna la meritata pensione. La pellicola è sostenuta dalla chimica “ever green” di Smith e Lawrence, ma paga pesantemente l’assenza dello stile caciarone di Michael Bay. Il riscontro al botteghino è positivo sebbene si inserisce nel periodo in cui scoppia l’epidemia di Coronavirus, evento che ha visto la cancellazione di tutti i titoli forti in programma in quell’anno.
Se pensate che con “Bad Boys for life” il franchise di “Bad Boys” abbia detto tutto quello che aveva da dire allora, dal nostro punto di vista, avete ragione. Ma la macchina inarrestabile di Hollywood non depone le sue armi tanto facilmente.
Ride or Die
“Ride or Die” è un titolo che sembra esortare Will Smith e Martin Lawrence a tirare ancora la carretta affinché la saga di “Bad Boys” resti ancora viva. Ed è effettivamente così: “Bad Boys: Ride or Die” è sostenuto esclusivamente dalla complicità dei due attori protagonisti. Will Smith, nonostante l’età, tiene benissimo botta animato anche da una forte volontà di riappropriarsi del centro della scena dopo le vicende personali di cui abbiamo già parlato.
Martin Lawrence, che oggi sembra la parodia della macchietta che ci ha divertito nei primi capitoli del franchise, sembra ancora divertirsi come un matto nel girare questi film. La trama non presenta nulla di originale: i detective Lowrey e Burnett indagano sulla corruzione all’interno del dipartimento di polizia a cui appartengono, dopo che il defunto capitano Conrad Howard (interpretato con un breve minutaggio da Joe Pantoliano) viene accusato di essere coinvolto in movimenti poco leciti con la mafia rumena.
A causa di una macchinazione ben orchestrata, i due detective si ritrovano loro stessi accusati di corruzione e, quindi, diventano fuggitivi dai loro colleghi che vogliono assicurarli alle legge.
Alla regia troviamo ancora Adil El Arbi e Bilall Fallah ma, vi avvertiamo, non ci troviamo di fronte al classico esempio di “squadra che vince non si cambia”. I due registi belgi, reduci dalla scottante cancellazione di “Batgirl” quando la pellicola si trovava in uno stadio di lavorazione più che avanzato, svolgono con mestiere il loro compitino.
Sebbene siamo ancora lontani dagli eccessi di Michael Bay, non mancheranno scene d’azione spettacolari, situazioni surreali (addirittura vediamo i detective Lowrey e Burnett affrontare un enorme coccodrillo albino), roboanti esplosioni che, seduti nella vostra comoda poltrona, potreste sentirne l’odore di cherosene. Per quanto riguarda gli elementi narrativi, la storia prova a sviluppare il rapporto tra Mike Lowrey e suo figlio Armando, senza eccessivi scossoni degni di nota. Il personaggio di Marcus Burnett acquisisce una nuova forza e consapevolezza dei suoi mezzi dopo una surreale incursione nell’aldilà.
Non manca nemmeno l’umorismo, quello greve, quello di bassa lega, quello che vi strappa la grassa risata più per l’idiozia della battuta che per la sua finezza. Insomma, nulla di veramente nuovo: “Bad Boys: Ride or Die” è un lungometraggio che è pure intrattenimento, realizzato con lo stampino che ha forgiato i precedenti capitoli e che, per questo motivo, non li tradisce.
Il nostro giudizio in sintesi
Arrivati a questo punto vale la pena riassumere il nostro giudizio rispondendo alla domande più canoniche che abbiamo ascoltato in merito a “Bad Boys: Ride or Die”.
«Consigliate di andare vedere “Bad Boys: Ride or Die ?“. Sì, se siete veramente appassionati del franchise. In “Ride or Die” ritroverete tutti quegli elementi che vi hanno fatto innamorare della saga di “Bad Boys”. Se cercate qualcosa di nuovo allora sarebbe opportuno rivolgersi altrove.
«Will Smith e Martin Lawrence sono ancora “on fire”». Decisamente si. La loro presenza è l’unico movente che dovrebbe spingervi al cinema per vedere “Bad Boys: Ride or Die”. Va sottolineato che non sarebbe saggio tirare ulteriolmente la corda. L’età avanza anche per loro.
«Pensate possa esserci un quinto capitolo della saga ?”». Difficile dirlo. Dipende, ovviamente, dal riscontro al botteghino di questo quarto capitolo. Visto l’andamento al box office di qualche grande titolo uscito recentemente (qualcuno ha detto “Furiosa: A Mad Max Saga” ?) ci concediamo un velo di pessimismo.
«Come si rinnova un franchise come “Bad Boys” ?”». Bella domanda. Non pretendiamo di essere custodi della formula magica. Se così fosse, vivremmo in qualche lussuosa villa di Los Angeles presidiata h24 da guardie armate. Questo è un problema che affligge quasi tutti i franchise.
È diffiicle da metabolizzare come concetto ma, probabilmente, serve rinnovare il cast degli interpreti in modo che questi possano raccogliere l’eredità di coloro che hanno fatto la fortuna della saga. Serve agire sulla storia, cercare l’originalità battendo strade inesplorate rischiando anche la figuraccia. Cosa che è riuscita benissimo a Sylvester Stallone, il quale ha transitato la mitica saga di “Rocky Balboa” a quella di “Creed” in maniera credibile, senza farci sentire la mancanza di un personaggio così iconico come quello dello “Stallone Italiano”.
“Bad Boys: Ride or Die” è al cinema a partire dal 13 giugno distribuito da Sony Pictures Italia.
Bad Boys: Ride or Die
Will Smith: Michael "Mike" Lowrey
Martin Lawrence: Marcus Burnett
Vanessa Hudgens Kelly
Alexander Ludwig Dorn
Paola Núñez: Rita Secada
Eric Dane: James McGrath
Ioan Gruffudd: Adam Lockwood
Jacob Scipio: Armando Aretas
Melanie Liburd: Christine
Tasha Smith: Theresa Burnett
Tiffany Haddish: Tabitha
Joe Pantoliano: Capitano Conrad Howard
John Salley: Fletcher
DJ Khaled: Manny il macellaio
Rhea Seehorn: agente Judy Howard
Dennis Greene: Reggie McDonald
Bianca Bethune: Megan Burnett
Joyner Lucas: Lintz
Quinn Hemphill: Charlie Howard
Jenna Kanell: Nicole
Michael Bay: guidatore Porsche
Khaby Lame: passante