Abbiamo visto “Alien: Romulus“, settimo capitolo del franchise di Alien, diretto dal regista uruguaiano Fede Álvarez. Questa è la nostra opinione, rigorosamente no-spoiler.
Bisogna avere Fede
Ci vuole Fede per mettersi dietro una macchina da presa e girare un nuovo capitolo di un franchise che ha fatto la storia del cinema horror e di fantascienza. Ci vuole Fede per riprendere in mano un’icona della cultura pop dopo quasi 50 anni dal primo capitolo, provare a costruirci sopra una storia che abbia qualcosa di nuovo da dire e mantenere Fede allo spirito che ha reso immortale questo franchise. Insomma, lo avrete capito, ci vuole Fede.
E un Fede effettivamente è stato arruolato per raggiungere un così arduo obbiettivo. Con la benedizione di sua maestà Ridley Scott (qui nella veste di produttore insieme a Michael Pruss e Walter Hill) è stato ingaggiato Fede Álvarez, uruguaiano di Montevideo e figlio d’arte (il papà è il giornalista e scrittore Luciano Álvarez García), uno a cui piace giocare d’azzardo.
Il suo esordio su un lungometraggio è avvenuto nel 2013 ed è coinciso con la lavorazione del remake de “La Casa“, un altro film che, dalla sua uscita nel 1981, è diventato un’ icona del genere horror. Nella fattispecie la pellicola ha ottenuto un buon gradimento di pubblico e critica, dimostrando che il giovane regista sudamericano possiede una buona dose di garra charrúa (che non guasta mai) e conoscenza del mestiere.
All’uscita del primo Alien, nel 1979, Fede Álvarez aveva appena un anno e, sebbene non abbia memoria dei meravigliosi anni 80, il regista sudamericano si è costruito una cultura tale che non lo rende uno sprovveduto. Sa benissimo che con “Alien: Romulus” sta maneggiando la materia che scotta. È consapevole che se le cose dovessero andare male lassù nello spazio profondo nessuno lo sentirà gridare. Per portare in salvo la pelle, il regista uruguaiano adotta un’approccio “conservatore”, gettando un’ancora tra le prime due storiche pellicole del franchise.
Un Alien in salsa Teen
La storia di “Alien: Romulus” – sceneggiatura di Rodo Sayagues e dello stesso Álvarez – si colloca cronologicamente venti anni dopo gli eventi di “Alien” di Ridley Scott e trentasette prima del massacro di marine coloniali in “Aliens: Scontro Finale” (1986) di James Cameron. La trama non presenta nulla di originale, sembra ripresa dal “Manuale For Dummies delle Buone Storie con Xenomorfi“.
Un gruppo di sprovveduti adolescenti abbandona la propria colonia per visitare la stazione spaziale Renaissance, un luogo vetusto e abbandonato in orbita attorno al pianeta, allo scopo di recuperare capsule di stasi criogeniche che gli consentirebbero di intraprendere un lungo viaggio e giungere lontani dall’inospitale pianeta su cui attualmente vivono. Tra questi ci sono Rain Carradine (interpretata dalla talentuosa Caileee Spaeny), Andy, un umano sintetico malfunzionante suo fratello adottivo (David Jonsson), Tyler (ex fidanzato di Rain e fautore dell’iniziativa, interpretato da Archie Renaux), Kay (sorella di Rain, interpretata da Isabela Merced), Bjorn (cugino di Tyler e Kay, interpretato da Spike Fearn) e Navarro (compagna di Bjorn, interpretata da Aileen Wu).
Giunti sul posto i ragazzi raggiungono le capsule ma scoprono che la stazione è infestata dalla presenza dei nostri cari amici Xenomorfi. Da qui inizia il divertimento al grido di battaglia (che, nello spazio profondo, nessuno potrà udire) “si salvi chi può!“.
Un film rispettoso della saga di Alien
“Alien: Romulus” gioca con i sentimenti dei fan di vecchia data. Abbraccia le atmosfere dei capitoli storici del franchise (non consideriamo i figli “minori” “Alien vs Predator” e “Alien vs Predator 2“) con un continuo di rimandi e strizzatine d’occhio. Numerose sono le citazioni ai primi capitoli della saga che vi verrà difficile cogliere nelle inquadrature, nelle situazioni e nei dialoghi. Non stentiamo a credere che questo provocherà il risentimento dei ben pensanti, pronti ad impugnare torce e forconi nella loro eterna lotta contro il “fan service“.
Noi non ci schieriamo dalla loro parte. Non quando le citazioni non rovinano la resa generale della pellicola, come avviene in questo caso. “Alien: Romulus” è un film rispettoso di quelli che sono i topoi di un film di Alien: l’horror lovecraftiano, lo stile gigeriano, lo sguardo cinico sull’utilizzo della IA, il giocare con la gravità e la genetica È un film con una regia solida e un buonissimo livello di tensione.
Anche negli effetti speciali la pellicola diretta da Fede Álvarez abbraccia l’approccio artigianale. La magia tanto miracolosa quanto artificiosa della CGI è ridotta al minimo per dare spazio all’animatronica e, all’occorrenza, allo stuntman sotto la maschera degli Xenomorfi. L’uso oculato del punto di vista e la telecamera piazzata nel posto giusto completano la resa generale. Nel cinema, per realizzare la retorica della dissimulazione – ossia far credere allo spettatore che quello che stanno vedendo è reale – serve mostrare quello che avviene realmente sul set: la settima arte secondo lo sguardo critico di Fede Álvarez.
Un film non esente da difetti
“Alien: Romulus” è un film non esente da difetti. Inutile negare che la scrittura presenta lacune che richiedono uno sforzo aggiuntivo all’esercizio di “sospensione dell’incredulità” che tutti gli spettatori devono essere pronti a fare quando entrano in sala per vedere un film del genere. A tal proposito vale la pena ricordare che stiamo parlando di un lungometraggio in cui viene narrata la storia di un gruppo di ragazzi che partono con una nave spaziale, per raggiungere un’altra nave spaziale infestata da alieni Xenomorfi che sono li a leccarsi i baffi in attesa di divorarli.
Dovremmo anche chiederci come sia possibile che un gruppo di adolescenti che vive di stenti in un pianeta che li emargina possieda un’astronave a abbia le competenze per pilotarla? No, grazie: questo sforzo mentale lo lasciamo ad altri. Se questi eccessi narrativi non rovinano la resa e la credibilità generale della storia allora siamo disposti a chiudere un occhio soprattutto se la pellicola, come in questo caso, ha molto altro per farsi apprezzare.
Piccole Ellen Ripley crescono
Nel cast di “Alien: Romulus” spicca la presenza di Cailee Spaeny, giovanissima attrice statunitense. A soli 26 anni la Spaeny vanta ruoli da protagonista in pellicole dirette da registi importanti. Nel 2023, all’80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, ha ottenuto la prestigiosa Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile per la parte di Priscilla Presley in “Priscilla” (2023), biopic scritto e diretto da Sofia Coppola.
L’anno successivo la ricordiamo nella memorabile parte della giovane reporter di guerra in “Civil War” (2024), spalla di una grandissima Kirsten Dust nel film diretto da Alex Garland, a nostro avviso uno dei migliori usciti quest’anno. Il talento di Cailee Spaeny è enorme e, al momento, non del tutto sviluppato. La giovane attrice di Springfield sta studiando dai grandissimi del cinema e presto sarà destinata a sbocciare definitivamente.
In “Aliens: Romulus” raccoglie la pesante eredità dell’inarrivabile Sigourney Weaver approcciando alla parte con meno carisma e maggiore timidezza. Non è un caso che a rubare la scena sia la sua spalla recitativa. L’umano sintetico Andy riscrive le leggi della robotica con un taglio cinico e spietato, forse l’unico personaggio caratterizzato in maniera convincente di tutto il cast. A darne interpretazione è il bravissimo Davis Jonsson, attore londinese la cui carriera, prima di imbattersi negli alieni Xenomorfi, ha attraversato esclusivamente cortometraggi e apparizioni in serie tv britanniche.
Nonostante i difetti che abbiamo menzionato e qualche ruffianeria che non ci ha spiazzato, “Alien: Romulus” ci è piaciuto. Pur non proponendo nulla di innovativo (come potrebbe una serie che si avvicina ai 50 anni di vita ?), è un film ben costruito che dimostra rispetto e amore per un franchise storico.
“Alien: Romulus” è in sala a partire dal 14 agosto, distribuito da 20th Century Studios Italia.
Alien: Romulus
Cailee Spaeny: Rain Carradine
David Jonsson: Andy
Archie Renaux: Tyler
Isabela Merced: Kay
Spike Fearn: Bjorn
Aileen Wu: Navarro
Trevor Newlin: Xenomorfo
Robert Bobroczkyi: ibrido