Durante Lucca Comics & Games 2024, grazie a Panini Comics abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Stefano Caselli, il disegnatore regolare del sorprendente Ultimate Black Panther per Marvel Comics. Ecco cosa ci ha raccontato!
Già all’edizione di quest’anno di Etna Comics avevamo avuto il privilegio di conoscere Stefano Caselli, un artista dalla grande simpatia oltre che dall’incredibile talento, ma non avevamo avuto la possibilità di fare, con calma, quattro chiacchiere sulla sua carriera e sul suo ultimo impegno per Marvel, Ultimate Black Panther.
Grazie a Panini Comics, l’artista romano classe ’78, è stato uno degli ospiti di punta dell’edizione di quest’anno di Lucca Comics & Games. Noi di MegaNerd non potevamo farci scappare questa volta l’opportunità di intervistarlo.
Grazie all’ufficio stampa dell’editore, siamo riusciti a incontrare Stefano Caselli, con cui abbiamo fatto un piacevolissimo e divertente incontro dove abbiamo parlato di Ultimate Black Panther ma non solo….
Se siete curiosi, proseguite nella lettura e scoprite come Stefano Caselli è finito alla corte del sovrano del Regno del Wakanda! Buona lettura!
Eccoci in compagnia di Stefano Caselli, disegnatore Marvel e, in particolare, della nuovissima serie Ultimate Black Panther, serie su cui è attualmente impegnato. Grazie Stefano di essere qui con noi.
Grazie a voi!
Sei un disegnatore della scuderia Marvel ormai da diverso tempo. Hai lavorato su diverse incarnazioni degli Avengers nell’universo classico. Nel nuovo universo Ultimate hai disegnato lo speciale Ultimate Universe, dove hanno esordito per la prima volta i nuovi ‘Vendicatori’. Hai trovato delle differenze anche in termini di approccio a lavorare sugli eroi di questo universo alternativo rispetto agli Avengers classici e hai avuto qualche libertà creativa nella caratterizzazione dei personaggi?
Sono 20 anni che lavoro in Marvel, lo puoi dire, anche se ne dimostro meno! [risata n.d.r.]
Il costume che ho creato è stato quello di Thor che, stranamente, è andato bene al primo ciak. Ho mandato il design ed è piaciuto subito ‘Si va bene, fallo!’. Ho cercato di mischiare il costume classico con quello creato da Bryan Hitch sugli Ultimates [la prima storica serie dei primi anni 2000, scritta da Mark Millar n.d.r.], perché alcune caratteristiche di quei costumi andavano riportate per omaggiare quel ciclo e per rispetto.
La differenza [tra lavorare sugli Avengers e sugli Ultimates, n.d.r.] in realtà è un po’ complessa da spiegare: in queste situazioni io non riesco a farli recitare come vorrei, ovvero non conosco bene il loro carattere e quindi non so come reagiscono di fronte alle situazioni.
Quando invece un personaggio è istituzionalizzato, tu, disegnatore, sai bene quello che fa.
Un esempio che faccio sempre è quello di Dylan Dog: come reagirebbe a una determinata situazione? Ora lo sappiamo, ma se sei il primo a disegnarlo e nella sceneggiatura non è indicato che espressione fa, tu, disegnatore, gli devi dare un imprinting.
Quindi ho cercato di essere un pochino neutro nella recitazione, cosa che a me risulta molto difficile perché mi piace molto giocarci [con la recitazione, n.d.r.].
La differenza, pertanto, è che… non sapevo quali fossero le differenze rispetto ai classici Avengers!
Attualmente sei il disegnatore della serie regolare Ultimate Black Panther. È un personaggio che forse nessuno si sarebbe aspettato potesse esordire nel nuovo Universo Ultimate insieme a Spider-Man e agli X-Men. È stata una scelta particolare visto anche il Pantheon di personaggi che ha la Marvel a disposizione. Come mai, secondo te, è stato scelto proprio Pantera Nera come protagonista della terza testata di questo nuovo Universo?
La risposta non la so ad essere sincero, perché non ci viene detto il motivo editoriale per cui si cerca di puntare su un personaggio piuttosto che un altro. Quello che penso è che fosse iconico e trasversale rispetto alle altre testate.
Abbiamo gli X-Men, gli Ultimates e Spider-Man. Mancava una figura che fosse anche rappresentativa della parte afroamericana e in Marvel si fa molta attenzione a questi particolari.
Penso che sia quello il motivo, anche perché forse (ed è un ‘forse’ grande come una casa), potrebbe esserci qualche altro nuovo progetto cinematografico, ma non prendetelo come uno spoiler, perché non lo so in realtà!
Però ragionando alla stessa maniera dei vertici della Casa delle Idee, su Black Panther c’è stato sicuramente un investimento.
Inoltre ricordiamo che con i film già usciti sulla Pantera Nera del MCU, il personaggio è stato istituzionalizzato e ormai è identificato bene.
Hai apportato solo alcuni piccoli cambiamenti stilistici al costume di Ultimate Black Panther, rispetto a quello dell’Universo classico. Che tipo di Pantera Nera ti è stata chiesta di rappresentare graficamente dalla Marvel e dallo scrittore della serie, Brian Hill?
Il costume con la “bocca aperta” è stata una richiesta. Mi hanno detto ‘facciamo due prove’. Io ho accettato dicendo che ci avrei provato, anche perché c’è un personaggio DC Comics con un costume simile [Wildcat della J.S.A. n.d.r.] dalla forma felina e con la bocca aperta. Ho fatto diversi tentativi e alla fine ho trovato una silhouette che mi convinceva, l’ho proposta alla Marvel e a loro è piaciuta.
A mio parere, il discorso di Black Panther è da sempre legato alla silhouette, cioè vedere in controluce il personaggio come funziona con un costume che non ha elementi riconoscibili. Avendo lui questi elementi decorativi che hanno un po’ la forma di punta di lancia, mi sono detto ‘rendiamoli più presenti in modo che il costume sia riconoscibile anche in controluce’. Questo è stato il mio intento.
Oltre che Black Panther, nella serie ho trovato che è protagonista anche il Regno del Wakanda. Realizzi molto bene a livello scenografico sia le foreste che i villaggi, nonché la capitale del Wakanda, rappresentata in maniera decisamente futuristica e caratterizzata da palazzoni molto alti. A cosa ti sei ispirato per la realizzazione di questa versione del Wakanda?
Il tranello era ricadere in quanto visto nell’Universo Cinematografico Marvel. La difficoltà stava nell’unire le grandi megalopoli con la tradizione africana. Ho cercato di studiare il più possibile come era stato ragionato il Wakanda del Marvel Cinematic Universe, dopodiché ho cercato di dargli qualcosa di diverso, anche a livello di toponomastica.
Ogni volta erano tutti ambienti nuovi. Ogni cosa che appariva non era mai stata vista. Facevo design su design, e all’inizio è stato abbastanza faticoso devo dire. Adesso, avendo capito come far funzionare l’architettura, riesco a gestire il tutto un po’ meglio.
Comunque non ho avuto grosse indicazioni. La cosa che mi è stata detta però è stata ‘non fare una cosa uguale al Marvel Cinematic Universe’, che io credevo fosse una cosa stabilita e punto di partenza. A me veniva spontaneo dire ‘ok; facciamo una cosa simile a quello’. E invece mi è stato detto di fare altro.
Forse è un po’ più difficile perché un autore ha già in testa alcuni tipi di ambientazioni, proprio perché l’ha visti nei film MCU.
Certo. Non è facilissimo, ma è divertente e per nulla noioso. Sicuramente è stimolante.
In questa nuova concezione di Universo Ultimate ogni numero di ogni testata corrisponde a un mese e quindi il tempo scorre come nella realtà. State trovando difficoltà tu e Hill a dover costruire delle trame con questo format di stile di racconto? Perché ogni episodio ha un inizio e una fine, anche se di base c’è un filo conduttore unico.
In realtà no. Non sto trovando difficoltà. Queste ci sono quando la sceneggiatura è scritta male. Se una sceneggiatura è scritta bene, ‘si fa disegnare’ ed è comprensibile, allora va tutto bene. Sono anche fortunato che Brian Hill è un bravissimo sceneggiatore e venendo dalla televisione ha un concetto molto visivo delle sceneggiature, quindi mi rende tutto più semplice. Si devo dire che è stato semplice adattarmi, anzi forse più semplice.
Da disegnatore italiano su un personaggio come Black Panther, hai la percezione di come viene accolto il tuo lavoro negli USA dai lettori/fan del personaggio, considerato che non è così scontato per una casa editrice nell’attuale società assegnare un personaggio nero a un disegnatore bianco?
Guarda questa è una cosa che racconto sempre, perché mi sono sorpreso io in primis. Tendenzialmente Black Panther è stato dato in mano sempre a gente della cultura afro. Brian Hill è nero, Brian Stelfreeze ha disegnato Black Panther, quindi mi sembrava inizialmente strano e mi sono chiesto ‘Ma perché hanno scelto me?’. Poi ho capito che questa scelta è derivata dal mio lavoro su Riri Williams, sulla collana Invincible Iron Man. Riri fu accolta benissimo dalla popolazione afroamericana. Questo grazie a Brian M. Bendis [scrittore di allora della serie sul vendicatore dorato n.d.r.], che mi fece studiare tantissimo. Vidi ore di documentari su acconciature e su come i parrucchieri lavoravano sui capelli.
Anche perché c’è un’importanza sui capelli e non andavano disegnati ‘tanto per’. Bendis mi disse ‘cerca di capire perché loro fanno quello’.
Dopo il lavoro su Invincible Iron Man ricevetti tanti commenti positivi sui social dalla popolazione afroamericana, che dicevano ‘grazie per rappresentarci così bene’. Questo mi ha, innanzitutto, inorgoglito e poi mi ha portato a disegnare anche Black Panther.
Su quattro testate dell’Ultimate Universe abbiamo due artisti italiani: tu, ovviamente, e Marco Checchetto. A gennaio è stata annunciata Ultimate Wolverine che vedrà un altro italiano alle matite, Alessandro Cappuccio. Qualitativamente, in questo momento gli italiani hanno una marcia in più rispetto agli altri o hanno un maggior apprezzamento all’estero?
Guarda, secondo me i disegnatori italiani rompono poco le scatole [risata n.d.r.], nel senso che risolvono i problemi. Siamo una cultura che è abituata a risolvere i problemi in ogni situazione da sempre. Quando c’è un impiccio editoriale, l’italiano lo risolve. Siamo più reattivi, più smart a fare le cose e poi… siamo bravi! Abbiamo anche una credibilità all’estero importante: sia a livello di serietà che affidabilità.
Un’ultima domanda, Stefano: ma davvero, come dice Wikipedia, agli inizi della tua carriera hai lavorato per Playboy Italia come fumettista??
Un bel periodo quello! [risata n.d.r.].
Io stavo in redazione e allo stesso tempo disegnavo anche per Playboy Italia. Che anni quelli! [risata n.d.r.]
Grazie mille a Stefano Caselli di essere stato con noi e della bella chiacchierata. Alla prossima!