M – Il Figlio del Secolo: L’ascesa di Benito Mussolini e del fascismo

Arriva finalmente su Sky Atlantic e in streaming su Now  “M – Il Figlio del Secolo“, trasposizione per la televisione dell’omonimo romanzo storico di Antonio Scurati. Le prime due puntate della serie diretta da Joe Wright e interpretata da Luca Marinelli sono già fruibili per tutti gli abbonati Sky. Noi le abbiamo viste e queste sono le nostre impressioni: stavolta non temiamo il fantasma dello spoiler. Questa storia la conosciamo bene…

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Da un romanzo di successo ad un grande adattamento televisivo

M – Il Figlio del Secolo” è l’adattamento per la tv dell’omonimo romanzo storico di Antonio Scurati, primo volume di una pentalogia, di cui l’ultimo tomo uscirà nella primavera del 2025. L’opera di Scurati racconta la vita di Benito Mussolini e l’ascesa del fascismo mediante la voce del suo leader, adoperando una ricostruzione storica certosina. Il primo volume uscito nel 2018 è valso il Premio Strega allo scrittore napoletano riscuotendo un vasto successo di pubblico con oltre 500.000 copie vendute e la traduzione in quaranta paesi. Visto il successo editoriale, era naturale aspettarsi un’adattamento per il cinema.

La miniserie televisiva “M – Il Figlio del Secolo è composta da otto episodi, ciascuno della durata approssimativa di un’ora. Dopo essere stata presentata in anteprima all’81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, approda su Sky Atlantic e in streaming su Now, dove sarà trasmessa nell’arco di un mese con due episodi a settimana. Diretta dal regista britannico John Wright e scritta da Stefano Bises e Davide Serino (con la consulenza di Antonio Scurati), la serie è una produzione italo-francese che narra la nascita e l’ascesa del fascismo in Italia.

La storia copre il periodo compreso tra il 1919, anno della fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento, e il 1925, anno cruciale segnato dall’omicidio Matteotti che rappresentò una svolta drammatica nella storia del paese. Nel 1919, Benito Mussolini, interpretato da Luca Marinelli, aveva 35 anni ed era animato da una passione politica fervente. Questa determinazione incarnava i suoi tratti distintivi: un uomo che sembrava percepire e sfruttare con istinto animalesco il ritmo del suo tempo.

Il nome di un indigeno

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Questa è la storia di Mussolini Benito Amilcare Andrea, di Mussolini Alessandro e Martoni Rosa. Un uomo che deve il suo nome alla fede socialista del padre. “Andrea” come Andrea Costa (fondatore del Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna), “Amilcare” come “Amilcare Cipriani” (patriota, avventuriero, socialista e anarchico convinto) e “Benito” come Benito Juarez (rivoluzionario e primo indigeno a ricoprire la carica di Presidente del Messico).

Benito Mussolini è un figlio del socialismo che ha tradito quegli ideali dopo essere passato da essere fautore del “neutralismo” (sentimento che ripudiava la guerra e che raccoglieva coloro che volevano mantenere uno stato di neutralità) a esponente guida dell”interventismo”(coloro che erano favorevoli all’ingresso dell’Italia in guerra).

Questa è la storia di un agitatore degli emarginati, un leader degli irregolari. Dotato di una costituzione fisica robusta, audace e passionale, era al tempo stesso subdolo, sentimentale e incline alla seduzione.

Questa è la storia di un uomo che ha saputo cogliere e amplificare i sentimenti di rabbia e desiderio di rivalsa di una popolazione provata dagli orrori della Prima Guerra Mondiale e disillusa da una classe politica ormai in agonia. La storia di un uomo capace di incanalare queste emozioni e trasformarle in un’ideologia che avrebbe trascinato l’Italia, negli anni successivi a questa narrazione, verso una tragica dittatura.

Pochi, disorganizzati e senza risorse

M il figlio del secolo

Il suo popolo è un manipolo di reietti, gente tornata dalle trincee senza alcuna gloria. Un gruppo di combattenti che, durante la guerra, si è distinto per azioni audaci e disperate: assalti solitari, scontri all’arma bianca, capaci di infrangere le linee nemiche con una ferocia brutale. Ora, però, sono ridotti a un manipolo di mutilati e sopravvissuti, segnati da una guerra sanguinosa che li ha lasciati vittoriosi, ma senza onore né riconoscimenti.

Al loro ritorno, sono tornati ad essere emarginati, disprezzati da chi aveva scelto di non combattere o di disertare, e che ora gode di una posizione di sicurezza nella società. Per gli Arditi, i reduci della Grande Guerra, non c’è alcuna ricompensa: niente pensione, niente gloria. Sono uomini senza patria, privati di un posto nel mondo.

Benito Mussolini si rivolge a questi individui e a tutti coloro che soffrono, a quelli che sperano di sovvertire il proprio destino sotto la conduzione di un uomo forte. Uomini forti e parole semplici, d’ordine, asciutte, senza “se” e senza “ma” o flaccidi balbettamenti. Parole gridate dalle colonne de “Il Popolo d’Italia” – giornale e organo di divulgazione del pensiero fascista di cui Mussolini e fondatore e direttore – e che arrivano dritte alla pancia di chi spera nella riscossa.

Nel 1919, su queste fondamenta violente e putride, Mussolini fonda i “Fasci di Combattimento” in una piazza poco affollata di Milano. I Fasci di Combattimento sono un anti-partito, anti monarchia, anti parlamento, anti elezioni, anti tutto. Pochi, disorganizzati e senza risorse. Il fascismo in Italia rischia di scomparire alla nascita. Le prime elezioni sono un fallimento: meno di 5000 voti raccolti e nemmeno un esponente portato in parlamento. Mussolini viene incarcerato per poi essere rimesso in libertà grazie alla volontà del presidente Francesco Nitti con la seguente motivazione: «Benito Mussolini è un rudere, non facciamone anche un martire».

Gabriele D’Annunzio, il Vate edonista

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Eppure esisteva una figura ben più carismatica di Benito Mussolini, capace di infiammare il cuore di chi aveva combattuto contro i nemici ancestrali del popolo italiano. Gabriele D’Annunzio fu poeta, edonista, esteta raffinato, seduttore irresistibile, asso dell’aviazione e autentico eroe di guerra. Mussolini non poteva che subirne il fascino, misto ad una forte forma di gelosia per quell’uomo che, all’epoca, rappresentava l’italiano più celebre e ammirato al mondo. D’Annunzio era una figura inarrivabile, incarnazione vivente del superuomo, capace di catalizzare gli ideali di grandezza e fierezza nazionale.

Il posto di Benito Mussolini, però, doveva essere ovunque tranne che all’ombra di un superuomo.

Il “Vate” si fece portavoce di tutti coloro che si sentirono traditi dai trattati di pace di Parigi, riservati esclusivamente ai paesi vincitori della Grande Guerra: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia. Sebbene l’Italia fosse riuscita a sedere al tavolo dei vincitori, ne uscì profondamente delusa. Le decisioni unilaterali del presidente statunitense Woodrow Wilson, unite alla scarsa considerazione delle rivendicazioni italiane, negarono all’Italia territori significativi, nonostante i sacrifici immani e le ingenti perdite subite durante il conflitto. La delegazione italiana tornò a casa con un pugno di mosche e un risentimento ancora più lacerante. Una vittoria di Pirro che D’Annunzio, con la sua celebre capacità di eloquio, definì come “Vittoria Mutilata”.

O Fiume, o morte!

A simbolo di questo tradimento venne presa la città di Fiume, un lembo di terra che si affacciava sull’Adriatico, privo di valore strategico o economico. La riconquista di Fiume da parte di D’Annunzio e dei suoi legionari, portata a termine senza resistenza, rappresentò un gesto di puro eroismo patriottico, un atto dimostrativo di come gli italiani fossero in grado di reagire e di riprendersi il mal tolto.

Quell’azione – che offuscava in visibilità Mussolini agli occhi del suo scalcinato popolo – era considerata illegale dalle istituzioni perché violava i patti di cui sopra. Per quanto spettacolare la presa di Fiume da parte di D’Annunzio si rivelò sterile e fine a se stessa, incapace di produrre risultati concreti o duraturi.

La musa ispiratrice

M il figlio del secolo

Se D’Annunzio era il poeta, Mussolini era il selvaggio. Nella dicotomia (e nelle camere da letto) di questi due personaggi forti si muoveva con una certa disinvoltura Margherita Sarfatti, una delle prime donne che in Italia si occupò di critica d’arte. Oltre ad essere l’amante di Mussolini, la Sarfatti rappresentò per il politico e giornalista di Predappio una vera e propria musa ispiratrice, l’unica a tenere al guinzaglio il futuro Duce.

Donna colta, elegante, raffinata, Margherita Sarfatti seppe smussare gli istinti reazionari di Benito Mussolini, e riuscì a trasformare un manifesto politico basato sulla rivoluzione cieca e violenta in un programma politico che, mediante alleanze e compromessi, era finalizzato a raggiungere le poltrone del parlamento tramite il sacro esercizio del voto. Mussolini tradì chiunque. Prima i socialisti che gli strapparono la tessera del partito tacciandolo di tradimento a causa delle sue posizioni interventiste. Poi tradì D’Annunzio, lasciato soccombere sotto il fuoco del governo, per compiacere il neo presidente Giolitti e rientrare nella lista di maggioranza.

Infine tradì se stesso, accettando sovvenzioni economiche dalla classe agraria, che fino a quel momento era stata messa all’angolo dalle organizzazioni sindacali e che ora cercava una mano armata per ripristinare l’ordine. In fondo solo i muri e i paracarri non cambiano idea.

No, non ha fatto cose buone

M il figlio del secolo

Dalle prime due puntate di “M – Il Figlio del Secolo” emerge con chiarezza il taglio anti fascista della pellicola. Il ritratto che emerge di Benito Mussolini è di un uomo disgustoso, subdolo e manipolatore, una bestia famelica. Per essere chiari, in “M – Il Figlio del Secolo” non vige l’assunto “ha fatto anche cose buone“. Luca Marinelli si esibisce nella performance attoriale della vita. Trasformato in maniera quasi irriconoscibile nelle fattezze del Duce, l’attore romano, da anti fascista dichiarato, ha fatto un enorme lavoro su se stesso per entrare nel personaggio.

Ha modulato la voce con un forte accento romagnolo, ha lavorato sulla postura e sul pingue fisico. Sopratutto, ha lavorato sulla psicologia del personaggio, adoperandosi in un esercizio di immersione emotiva che gli ha provocato dolore, ma che lo proietta nell’olimpo dei grandi attori italiani.

“M – Il Figlio del Secolo” alterna sequenze a colori e momenti in bianco e nero, rievocando con eleganza lo stile retrò della defunta “Istituto Luce”. La pellicola evita il rischio di appesantire la narrazione con un taglio documentaristico, optando invece per un approccio teatrale che coinvolge il pubblico utilizzando, come espediente, la rottura della quarta parete.

Sembra una farsa, eppure è tragica realtà

M il figlio del secolo

Luca Marinelli, insieme a un cast di grande spessore  –  tra cui Francesco Russo nel ruolo del consigliere politico Cesare Rossi, Barbara Chichiarelli nei panni di Margherita Sarfatti, Paolo Pierobon, bravissimo nella parte di Gabriele D’Annunzio dopo aver interpretato Silvio Berlusconi nelle serie tv “1993” e “1994” e una toccante Benedetta Cimatti nel ruolo di Rachele, la moglie sottomessa di Mussolini che promette un giorno di andarsene – si rivolgono costantemente al pubblico con ammiccamenti e confessioni.

La fotografia e le scenografie dipingono un’Italia percossa da rancori e tensioni. Si passa da sequenze di violenza brutale a momenti di disincantata convivialità, spesso intrisi di un grottesco che sfiora il surreale. L’intera opera sembra oscillare tra una rappresentazione farsesca con sprazzi di realismo magico, e il richiamo alla realtà storica. È incredibile constatare come tutti gli eventi raccontati nei paragrafi precedenti e riassunti con un esercizio di formidabile sintesi in queste prime due puntate di “M – Il Figlio del Secolo” non siano finzione: sono accaduti davvero.

La regia di John Wright è straordinaria perché riesce a trasmettere con scene altamente evocative (il Mussolini pensieroso che fa roteare una bomba a mano, ordigno che sta per esplodere all’interno di uno scenario incandescente) un livello di tensione altissimo. La colonna sonora incalzante e claustrofobica è curata da Tom Rownlands, membro assieme a Ed Simons dei “The Chemicals Brothers“, concorre nell’aumentare il ritmo della narrazione.

Non riusciamo a trovare punti deboli nella resa generale di questo show. Tutti gli aspetti, tecnici e non,  si ergono ad un livello di eccellenza che non abbiamo mai visto in una produzione seriale italiana.

Le prime due puntate di “M – Il Figlio del Secolo” sono straordinarie, assolutamente imperdibili per tutti gli appassionati di cinema (e non). Se i successivi sei episodi mantengono lo stesso livello qualitativo, allora possiamo dire senza timore di smentita di trovarci di fronte alle migliore serie tv italiana mai realizzata.

Le prime due puntate di “M – Il Figlio del Secolo” sono su Sky Atlantic e Now a partire dal 10 gennaio. I successivi episodi usciranno con cadenza settimanale ogni giovedì.

M - Il Figlio del Secolo. Episodi 1 e 2

M - Il Figlio del Secolo. Episodi 1 e 2

Paese: Italia, Francia
Anno: 2025
Regia: Joe Wright
Stagioni: 1
Episodi: 8
Durata: 60 minuti a episodio
Sceneggiatura: Stefano Bises, Davide Serino, Antonio Scurati
Durata: 60 minuti a episodio
Personaggi e interpreti:
Benito Mussolini: Luca Marinelli Cesare Rossi: Francesco Russo Margherita Sarfatti: Barbara Chichiarelli Rachele Mussolini: Benedetta Cimatti Guglielmo Pecori Giraldi: Claudio Bigagli Gabriele D'Annunzio: Paolo Pierobon
Dove vederlo: Sky, Now
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Mr. Rabbit

Stanco dal 1973. Ma cos'è un Nerd se non un'infanzia perseverante? Amante dei supereroi sin dall'Editoriale Corno, accumula da anni comics in lingua originale e ne è lettore avido. Quando non gioca la Roma

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