Abbiamo avuto l’onore di avere ai nostri microfoni Federica Di Meo, tra le artiste italiane di manga più influenti degli ultimi anni e co-autrice di Oneira insieme a Cab, opera edita da Star Comics. Si è parlato di questo, ma anche di molto, molto altro…
Spesso quando si intervistano i grandi autori, si rimane affascinati dalla loro semplicità e umiltà e Federica Di Meo è sicuramente una di loro. Con una simpatia fuori scala è stata ai microfoni di MegaNerd dove ci ha raccontato le sue ‘origini’ sin dagli studi in Giappone, ma anche dei suoi lavori passati, presenti e futuri. È stata una chiacchierata piacevole e stimolante, come tutti gli incontri che si hanno solitamente con lei. E quello che andrete a leggere è il risultato.
Signore e signori, su MegaNerd c’è Federica Di Meo!
Popolo di MegaNerd siamo qui con un’artista che sta facendo una carriera esplosiva: Federica Di Meo che, finalmente, abbiamo il piacere di intervistare. L’abbiamo incontrata mesi fa, ma ora abbiamo l’occasione di farle un’intervista approfondita.
Grazie mille a voi per l’invito!
Allora Federica, oggi (il 25 gennaio scorso allo Star Shop di Torino n.d.r.) sei qua anche con una tua ex allieva, Francesca Siviero divenuta artista completa e collega. Ricordando il fatto che hai studiato in Giappone per affinare la tua arte, possiamo quindi chiamarti ‘sensei’ Di Meo?
Ormai ho perso il conto dei miei soprannomi! Ne avrò almeno una decina e alcuni non si possono nemmeno raccontare perché hanno dietro delle storie molto losche, ma niente di illegale (ride n.d.r.). È stato molto bello vedere crescere delle generazioni di autori come Francesca Siviero che, appunto, esce con Willowing per Star Comics. La conosco da quando aveva tredici anni. Ti rendi conto del tempo che passa?
Tu hai cominciato i tuoi studi in Giappone, a Tokyo, e ti sei scontrata anche con una cultura molto diversa rispetto a quella italiana ed europea. Deve essere stato molto difficile. Quando hai capito che era la strada giusta da seguire per la tua carriera? C’è stato un momento preciso nel quale l’hai sentito?
È stata sempre una scommessa. Tutto quello che faccio è al di là delle scelte di buon senso. Ho provato per vedere cosa sarebbe successo. Quando sono andata in Giappone è stato per controllare che tutto quello che avevo studiato prima, sia da sola in Italia che con gli insegnanti, fosse coerente. Ho iniziato a studiare nel 2004-2005 ed era un periodo storico in cui non c’erano tutti i libri e le scuole (per imparare l’arte del manga n.d.r.) che ci sono ora.
Posso dire che l’Italia è, in Europa, il paese in cui c’è più formazione al riguardo. In Francia ci sono alcune accademie, ma da noi, per il fatto che è presente una tradizione del fumetto molto lunga, le scuole di manga sono nate molto più velocemente. In Germania non esistono le scuole manga, ce lo ha detto anche l’autrice di Sleepy Boy (Marika Herzog n.d.r.); lì sono tutti autodidatti.
Sono andata in Giappone e ho capito che ero sulla strada giusta e, in seconda battuta, che l’approccio che avevamo in Italia era corretto.
C’è questo aneddoto che racconto quando sono nelle sessioni di dediche. L’ultimo giorno in Giappone dovevamo esercitarci con la “ritiratura”. Tutti gli esercizi erano fatti a mano e io per più di dieci anni ho lavorato con tutti strumenti giapponesi. Ora uso il digitale per una questione di tempo e di richiesta dell’editore. Se fosse per me, non dico che farei tutto a mano ma quasi. Tornando a quell’esercizio, c’era da fare un cielo al tramonto (molto complicato da eseguire) e il mio lavoro è stato scambiato per quello del professore.
Lì ho detto “possiamo tornare a casa, siamo a posto, c’è della possibilità” (ride n.d.r.).
I primi tentativi che ho fatto poi in Italia per propormi, sono stati fatti partendo dalle case editrici più grandi. Mi sono detta di partire dall’alto e poi magari scendere. Mi è andata bene (ride n.d.r.).
Possiamo dire che sei partita anche dalla Francia, dove hai lavorato tanto. Come mai hai dovuto scegliere il mercato francese?
Diciamo che è stato il secondo passo. La prima cosa che ho pubblicato con una casa editrice in Italia è stata Somnia con Planet Manga; sono stati nove volumi e un romanzo (quest’ultimo scritto da Elena Zanzi).
È stato molto particolare perché era un momento in cui l’animazione giapponese non era più in TV, non c’era ancora Netflix, quindi è stato un momento di pionierismo e sono stata contenta di questa opportunità. Poi dopo questi due archi narrativi mi hanno chiamato dalla Francia per lavorare. Io collaboro con Arancia Studio ed è partita da lì.
Adesso sto lavorando in Francia con Edizioni Kana, per Oneira , e con Glenat, per Luminys Quest. Questi due titoli sono stati entrambi presi da Star Comics in Italia e sono molto contenta di questo: di vedere queste due edizioni camminare insieme.
E infatti sei oggi qui allo Star Shop di Torino per presentare il quarto volume di Oneira. In questi eventi ho notato più contatto con il pubblico rispetto alle fiere, perché si ha molto più tempo e quindi volevo chiederti del tuo rapporto con i fan, se c’è uno scambio interessante con loro.
Sì, ci diamo appuntamento (ride n.d.r.). I momenti della fiera e delle librerie sono molto diversi, sia per me che per loro. Chiaramente, a Lucca avevamo due minuti e mezzo contati per ogni persona, per cui non c’è tempo per fare un lavoro di fino alle dediche. In quel caso senti molto il sostegno dei lettori, perché stanno faticando nel fare le file e sentono la nostra fatica di autori.
In fumetteria e in libreria la cosa carina è il vedere i lettori che tornano. Una ragazza è venuta a Milano a ringraziare me e Cab (sceneggiatore di Oneira n.d.r.) perché ha letto la nostra opera in un periodo per lei molto difficile e le ha dato la spinta per andare avanti, per rimettersi in pista. E questo ti fa capire che, se anche stiamo scrivendo opere di intrattenimento, possono servire a qualcuno per riflettere su ciò che stanno vivendo. Per cui, serviamo ancora a qualcosa (ride n.d.r.).
Oneira è la tua ultima fatica ed è basata sulla sceneggiatura di Cab, che hai citato poco fa. Come è nata la vostra collaborazione e come è evoluta nel corso del lavoro?
Noi non ci conoscevamo prima di iniziare a lavorare insieme. Lui aveva portato in casa editrice il soggetto, ma non aveva un disegnatore. L’editor ha apprezzato talmente tanto l’idea da voler cercare un artista in grado di disegnare la sua idea. Hanno fatto una decina di test, vedendo i disegni di artisti di varie nazionalità, ma poi sono arrivate le mie prove e gli sono piaciute.
Quello che hanno percepito è che, a differenza di altri, io non avevo visto solo il lato freddo della protagonista. Avevo letto nello script che era una mamma e ho cercato di darle anche questa sfaccettatura nelle prove che ho mandato.
Quando sono stata scelta ho passato quattro ore a parlare con Cab su Messenger e da lì si è creato, piano piano, un rapporto di amicizia. È una cosa rara, perché spesso (tra gli artisti che lavorano insieme n.d.r.) rimane esclusivamente un rapporto di lavoro. Noi ci scriviamo tutti i giorni, gli mando una tavola alla volta, vediamo le battute insieme.
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Ci siamo incontrati la prima volta il settembre-ottobre di due anni e mezzo fa perché la nostra casa editrice voleva che tutti i suoi autori si conoscessero, come è giusto che sia. È stato molto bello, anche se all’epoca non parlavo francese, solo inglese. Ora invece lo so e non possono più fare battute senza che io capisca (ride n.d.r.). Da lì ci siamo rivisti e abbiamo fatto anche dei tour insieme. Ci sosteniamo a vicenda nei momenti di sconforto. Speriamo di lavorare a lungo insieme.
Magari anche su altro?
Eh, dovete aspettare qualche giorno.
Torniamo a Oneira. La protagonista è Arane, una esorcista guerriera, che all’interno della nostra redazione alcuni paragonano a una Lady Oscar dark.
In Francia meglio non dirlo perché lì Lady Oscar è considerato un manga per ragazzine, così mi ha detto Cab. Probabilmente a causa di un doppiaggio non potente come il nostro con Cinzia De Carolis e la sua voce profonda, e una sigla troppo infiocchettata. L’altra parte della redazione, ora sono curiosa, a chi la paragona?
Io (Doc. G, n.d.r.), invece, la paragono alla versione femminile di Geralt di The Witcher.
Be’, il nostro sceneggiatore è un grandissimo fan di The Witcher.
Anche se, pensando al vecchio videogioco Castlevania: Symphony of the Night, mi ricorda come ambientazioni quelle.
Sì, be’, Cab oltre che di manga è un grande amante del dark fantasy.
Tu, invece, per lei e Bastione, l’aiutante di Arane e tra i protagonisti dell’opera, su cosa ti sei basata per disegnarli? Hai seguito esclusivamente le indicazioni di Cab o ci hai messo del tuo a livello stilistico e caratteriale?
Mi aveva dato poche indicazioni perché lui è incapace di visualizzare, di immaginare. Si chiama “afantasia”, ovvero lui nelle nuvole non vede forme ma… solo delle nuvole! Lui vede le cose come concetti, nessi, cause ed effetti, ma non riesce a visualizzarle concretamente.
Per lui la protagonista era identica a Charlize Theron nella pubblicità del profumo J’Adore di Dior. Per Bastione mi ha detto che doveva assomigliare un po’ a Jason Momoa e un po’ all’attore di Ragnar in Vikings (Travis Fimmel, n.d.r.). Il viso è di quest’ultimo, mentre il corpo è del primo. Un mash-up realistico (ride n.d.r.).
Arane, insomma, la voleva con i capelli lunghi biondi e con gli occhi azzurri. Poi lui è venuto da me e abbiamo visto tutto insieme. Una cosa che sono molto contenta di aver messo, è la forma spigolosa dei capelli che ricorda le zampe dei ragni, perché lei ha questo nome che ricorda gli aracnidi e la casta degli epeire prende il suo nome da un vecchio modo di dire “ragno”, infatti vengono chiamati a volte “ragnacci”.
In questo fumetto si combattono gli incubi che diventano tangibili, si materializzano, il cui obiettivo è portare al suicidio la persona dalla quali fuoriescono. I temi, quindi, sono abbastanza maturi. Mi ricollego qui al fatto che ci sono fan che ringraziano per questi contenuti molto delicati.
C’è un po’ una catarsi per i lettori. Cab non si è imbattuto in questo tema, ma l’ha voluto. Oneira nasce da un suo momento difficile. Non c’è niente di autobiografico chiaramente, ma lui era in un momento di passaggio, si trovava a Londra per uscire da una situazione difficile e ha avuto una epifania in metropolitana ascoltando la canzone “Natur Boy” di David Bowie nella versione di Aurora, e ha avuto una visione.
Non posso dirvi di cosa perché sarebbe uno spoiler, posso dire una visione del nucleo di Oneira.
L’incubo è una visione tangibile della depressione. È un modo per portare su carta questi temi. Nel primo numero uno degli incubi più pericolosi che vengono fuori è quello dell’amore eccessivo, il Veneris, che viene fuori quando tu ami talmente tanto qualcosa che la paura di perderlo ti genera questo incubo.
Una rappresentazione della paura legata alla perdita. E sono molto felice di poterci lavorare. Per il quarto volume, in Francia, abbiamo messo un avviso per dire che era destinato al solo pubblico maturo. Alla fine del quarto volume c’è una situazione un po’ borderline, diciamo così, che avevamo paura di trattare ma non potevamo fare diversamente.
Tu hai realizzato una cover variant per Versus di Azuma e ONE, presentato a Lucca. È la prima volta che realizzavi cover per un fumetto non tuo? Hai avuto piena libertà o magari il sensei Azuma ti ha dato delle indicazioni o l’approvazione finale?
Per un manga è stata la prima volta, l’avevo fatta per opere italiane. Ero molto impaurita perché era la prima volta che lo facevo per un prodotto giapponese. Chiaramente, ho fatto molte bozze, mi sono letta il primo volume e ho tirato fuori cinque linee diverse di lavoro che sono state proposte a Kodansha (casa editrice giapponese di Versus, n.d.r.).
Non so chi ha deciso quale fosse quella giusta, se l’editor o i mangaka, ed è stata scelta la linea che dava maggior risalto ai mondi. È una storia molto particolare. Generalmente la priorità è il protagonista e non l’ambientazione, mentre qui quest’ultima diventa quasi un personaggio, è tangibile. I protagonisti hanno una forte caratterizzazione ma viaggiano insieme ai mondi paralleli.
Questo nuovo progetto di Manga Issho è sicuramente una iniziativa molto importante per il manga europeo. Che messaggio vuole dare? Vuole mettere un punto fermo e dire che ‘ora ci siamo anche noi’?
Sì, possiamo dire così. Il progetto iniziale è stato proposto da Planeta Còmic, che è la nostra casa editrice spagnola. Loro hanno questa rivista, Planeta Manga, che esce dal 2019 ed è arrivata quasi al trentesimo numero. Ha avuto molto successo. Così come negli anni ’90 ci sono stati disegnatori che sono diventati cardini, adesso tocca anche al manga.
Le basi ci sono, sia dal punto di vista del disegno, che è il primo scoglio per lo stacco grafico molto forte, sia da quello della narrazione. Negli ultimi dieci anni abbiamo capito meglio come raccontare. Trovare delle risorse che parlino solo di sceneggiatura era molto difficile, mentre ora cominciano a esserci.
Noi abbiamo avuto questa bellissima esperienza al Napoli ComiCon 2024 dove abbiamo fatto un panel dedicato al global manga. E ci è stato detto dai ragazzi “finalmente possiamo leggere qualcosa che ci rappresenta”. Per loro non è più un problema chi ha disegnato cosa. Pensate al manwha e i manga cinesi.
Ora finalmente i lettori nuovi non guardano il nome dell’autore in copertina, comprano se sono interessati. Non c’è più quella diffidenza che c’era prima, come è capitato a me con Somnia.
La qualità delle opere presenti nella rivista è veramente alta. Noi ci mettiamo la faccia, e io ce la metto in questa occasione, sia come disegnatrice che come editor.
Il primo numero uscirà a marzo, il secondo a fine giugno perché esce in occasione delle fiere più grandi dei Paesi fondatori.
L’altra cosa che cerchiamo di fare è portare gli autori stranieri qui in Italia e quelli italiani all’estero. Ci sono sia storie composte da un solo capitolo, le cosiddette “one-shot”, che permettono di prendere la rivista anche non assiduamente, magari iniziando dal secondo volume, sia storie da due o più capitoli. Se una storia piace, viene proposta.
Si tratta anche una vetrina per le case editrici.
In questo momento stiamo lavorando con una settantina di persone solo Italia e abbiamo chiuso tutto il primo anno di produzione. Ora stiamo lavorando sulle storie del 2025-2026.
Grazie mille Federica per essere stata su MegaNerd e alla prossima!