Tom DeFalco: «Vi racconto la mia Marvel»

Abbiamo avuto il piacere e l’onore di poter intervistare un vero e proprio pilastro della Marvel: creatore di Spider-Girl, Thunderstrike, Dazzler, Silver Sable e di centinaia di storie fantastiche che hanno intrattenuto generazioni intere di lettori. Signore e signori, in esclusiva per MegaNerd è con noi il leggendario Tom DeFalco!

copertina intervista tom defalco

Chi ha vissuto e letto le avventure di Marvel Comics tra gli anni ‘80 e ‘90, ricorderà che se c’era un nome ricorrente quasi ovunque tra i credits, era quello di Tom DeFalco.
Probabilmente, per i giovani lettori, potrà essere un nome che poco dice, se non per averlo letto come autore in qualche albo o volume di recente pubblicazione.

Ma Tom è stato un vero e proprio pilastro della Marvel di qualche anno fa.
Forse non tutti sanno che è stato supervisore delle prime Guerre Segrete (Secret Wars) della Casa delle Idee ed Editor-in-Chief per diversi anni della casa editrice.

Forse non tutti sanno che in veste di sceneggiatore, è stato il primo a presentare su Amazing Spider-Man #252 il Tessiragnatele con indosso l’iconico costume nero.
Forse non tutti sanno che ha inventato personaggi come Dazzler, Thunderstrike, Silver Sable e, soprattutto, un intero universo narrativo prima dell’avvento dell’Ultimate Universe: il MC2.

La sua creazione più significativa è stata senza ombra di dubbio Spider-Girl, personaggio che racchiude l’essenza e il talento di uno scrittore che ha fatto letteralmente la storia della Marvel.
Ma Tom ha scritto anche molte storie dei Fantastici Quattro, New Warriors, Thor e tante altre ancora, toccando quasi ogni testata della Marvel di quegli anni.

Tutto questo per dirvi, care lettrici e cari lettori di MegaNerd che… Tom DeFalco è stato in esclusiva ai nostri microfoni, concedendoci una lunghissima e intensa intervista sulla sua carriera.
Con un filo diretto Stati Uniti/Italia, ecco cosa ci ha raccontato l’incredibile autore che ci piace definire… Amazing!


The Amazing Tom DeFalco

Siamo felici di presentarvi qui su MegaNerd una vera e propria leggenda del fumetto, Tom DeFalco. Possiamo chiamarti così, considerando la tua incredibile carriera?

“Leggenda” significa che sono troppo vecchio per lavorare ancora, ma sto ancora lavorando, quindi siete sfortunati! [ride] Potete chiamarmi come volete, sono stato chiamato molto peggio nel corso degli anni.

Torniamo indietro di qualche anno e per la precisione al tuo periodo presso la Archie Comics. Cosa ci puoi raccontare di quegli anni? Che aria respirava un giovanissimo Tom Defalco ai suoi primi incarichi, ancora inconsapevole del fatto che sarebbe diventato un grandissimo personaggio del fumetto americano?

Terrore puro. Non avevo idea di cosa sarebbe successo. Quando ho ottenuto il lavoro alla Archie Comics, mio padre mi ha chiesto: “Riesci a guadagnarti da vivere facendo fumetti?” e io ho risposto: “Non ne ho idea”, perché in effetti non l’avevo. Sai, fin da bambino, ho sempre saputo che volevo diventare uno scrittore e ho provato ogni sorta di scrittura diversa. Poi, mentre ero al college, a un certo punto ho iniziato a lavorare a un fumetto settimanale; il mio obiettivo, quando mi sono laureato, era scrivere racconti o vendere un fumetto. E quando ho iniziato a lavorare nel settore, ho pensato: “Questo è un ottimo posto per imparare a scrivere strisce giornaliere”. Non sapevo se avrebbe funzionato.

Archie Comics Tom DeFalco

Quando ho iniziato a lavorare per Archie Comics, all’inizio mi hanno messo a fare il correttore di bozze, e mi hanno insegnato come fare le correzioni. Poi mi hanno insegnato a colorare; poi ho iniziato a presentare pezzi di una pagina, poi sono passato a fare storie di cinque pagine, e quando hanno iniziato a comprare storie di cinque pagine, ho continuato a inviarne sempre di più.

E più storie vendevo, più continuavo a scrivere. A un certo punto, ho lasciato il lavoro a staff – lavoravo lì due giorni alla settimana, e gli altri cinque giorni scrivevo freelance per Archie – ho cominciato a scrivere anche per una società chiamata Charlton Comics, ho iniziato a fare cose per DC e poi alla fine ho iniziato a scrivere per Marvel. In contemporanea facevo anche un sacco di cose non collegate ai fumetti. Fondamentalmente, scrivevo per chiunque mi pagasse!

Ripartiamo proprio da qui: dopo un breve periodo in DC sei approdato in Marvel, che è stata la tua casa per molto tempo. Com’è stato far parte della Casa delle Idee?

È stato incredibile. La mia prima cosa per Marvel è stata una storia su Visione di sei pagine, e quella è stata la mia storia di prova. Quando l’ho consegnata, l’editor – Jim Shooter – l’ha guardata e ha detto: “In sei pagine hai messo una storia A, una storia B e una storia C!” e io ho detto: “Sì, in Archie è così che si fa: devi avere più storie, cose che riflettano sempre lo stesso tema”. Jim capì che ero un tipo che credeva nelle storie strutturate, e disse: “Oh, sai, c’è un posto per te!”

Ho iniziato in Marvel come scrittore freelance, e a un certo punto mi hanno messo sotto contratto; in seguito, Jim mi ha detto che stava riorganizzando il dipartimento editoriale per renderlo più professionale e strutturato e sapeva che avevo lavorato nello staff di Archie, così mi ha chiesto di unirmi. Ricordo di aver detto a Jim: “Non ho un lavoro a tempo pieno da anni”. Lui rispose: “Beh, sai che ho solo bisogno di te per forse sei mesi; puoi darmi sei mesi?”. Io dissi di sì; e i sei mesi finirono per durare quasi vent’anni. [ride]

Ricordo che a un certo punto mi chiese: “Quale pensi sia la serie Marvel peggiore di sempre?” “Probabilmente Ghost Rider” “Ok, sarai l’editor di Ghost Rider, lo trasformerai in uno dei migliori titoli della Marvel”. E ci ho provato: ho avuto Roger Stern a scriverlo ed è diventata una delle mie serie preferite.

Ghost Rider

Jim mi affidò anche i titoli di Spider-Man: sono stato il primo editor ad averli. Ricordo che quando me l’ha detto gli ho risposto: “Jim! Sono il nuovo arrivato! Il nuovo arrivato non dovrebbe avere Spider-Man! Dovresti darlo a qualcuno di esperto” e lui ha detto: “Tom, Spider-Man, è proprio come Archie, solo con i superpoteri”. Ci ho pensato e ho capito che aveva ragione.

Ciò che ha reso le opere Marvel diverse dalle altre cose dei supereroi è stato l’elemento della soap opera. Sapete, ci importava con chi uscisse Peter Parker, ci importava della sua vita personale. Ed è proprio come i personaggi di Archie: è tutta una questione di vita personale, è tutta una questione di soap opera. Il supereroe o il supercattivo del mese potrebbero essere interessanti, ma quello che ci interessava davvero era Peter Parker. Con questo in mente, sono sempre stato concentrato sulla parte emotiva della storia.

E penso che sia per questo che la Marvel ha avuto così tante lettrici: gli uomini in generale vogliono vedere l’azione; Le donne vogliono sapere perché qualcosa sta accadendo. Quindi, mi sono concentrato sul perché: ho pensato “ehi, in effetti ci farebbero comodo più donne nel business e come lettrici”. A noi uomini piace Fast and Furious, vogliamo vedere le auto esplodere…

…E mostri, come King Kong o Godzilla!

Sì, mentre alle donne interessa sapere “come si sente Godzilla a riguardo?”

Ecco, per me, una storia perfetta di Spider-Man è quella in cui il Dottor Octopus sta distruggendo la città, e sta succedendo la stessa notte in cui Peter ha un appuntamento e come se non bastasse, deve prendere delle medicine per zia May. Quindi ha queste tre diverse responsabilità: ha la responsabilità di salvare la città, ha la responsabilità di procurare le medicine a sua zia, ha la responsabilità di presentarsi in tempo al suo appuntamento, e riesce a portare a termine due delle tre. Salva la città, prende le medicine per sua zia, ma poi si presenta in ritardo al suo appuntamento, e la ragazza è incazzata con lui.

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Quindi, se ne va ripetendosi “Sono un fallimento, ho fatto un casino”. Ha salvato la città, eppure sente di aver fallito. Peter ha sempre avuto questa meravigliosa capacità di trovare la nuvola nera dietro ogni lato positivo. Non importa cosa avesse realizzato, ne avrebbe sempre visto le parti negative. Molti di noi sono così.

Pensi che le storie attuali di Spider-Man manchino un po’ di questo lato emotivo di cui stavi parlando?

Prima di tutto, lasciatemi dire che non leggo molti fumetti Marvel oggi perché li trovo deludenti. Penso che vadano avanti troppo lentamente. Molti anni fa, lavoravo per un editor di gialli, e lui mi disse: “Voglio vedere il cadavere entro pagina 5. Se non vedo un cadavere entro pagina 5, non vado a pagina 6, e nemmeno tu”. Fondamentalmente, questo mi ha insegnato a entrare nella storia. Al giorno d’oggi, queste storie iniziano così lentamente, e a volte sei al quarto numero e non ti hanno ancora mostrato il cadavere.

Penso che la Marvel sia più interessata alle cose grandi e spettacolari che alla storia emotiva dei personaggi. Questo è il modo in cui vogliono scrivere le loro storie; non è di mio gusto, perciò non sono un grande fan dei fumetti recenti. Ogni volta che ne sfoglio uno, vedo che fondamentalmente stanno per uccidere qualcuno, o riportare in vita qualcun altro, o sta per succedere un evento che scuote la Terra; e lo trovo noioso, per quanto abbia fatto la mia parte di eventi di quel tipo.

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Tra i tuoi lavori in Marvel c’è la realizzazione del fumetto sui G.I. Joe, franchise tornato sotto i riflettori negli ultimi mesi. Ecco, se esiste un fumetto dedicato ai G.I. Joe, gran parte è merito tuo e di Larry Hama, l’artista che ti ha accompagnato in questa avventura. Come è nato questo progetto che ha visto, tra l’altro, un percorso inedito: un giocattolo che diventa un fumetto e non viceversa?

Innanzitutto, dobbiamo dare credito a Larry Hama, poiché in realtà era lui quello dietro G.I. Joe, io ero solo l’editor. I giocattoli di G.I. Joe non erano stati venduti per un certo numero di anni e decisero di riportarli in auge. La loro agenzia pubblicitaria esaminò le regole per gli spot pubblicitari: se fai uno spot per un giocattolo ci sono varie regole da seguire. Per esempio, devi mostrare il bambino che muove il giocattolo e quel genere di cose.

Così, ebbero questa brillante idea: controllarono se ci fossero restrizioni sui fumetti – non ce n’erano, perché nessuno aveva mai pubblicizzato un fumetto in televisione – e decisero di fare un fumetto su G.I. Joe, e usarlo per la pubblicità. In quel modo, si poteva fare qualsiasi cosa senza restrizioni: cose che esplodono, il carro armato dell’esercito che spara missili, e così via. Ci contattarono, incontrammo delle persone della Hasbro, e ci spiegarono che avevano questo personaggio, chiamato G.I. Joe, che a volte era un cecchino, a volte un sommozzatore e così via.

Noi lavoravamo in team: c’eravamo io, Larry Hama, Archie Goodwin, Jim Shooter, un gentiluomo di nome Herbert “Herb” Trimpe che era stato l’editor dei Fantastici Quattro e di un sacco di altre cose. Ci siamo guardati e ci siamo detti: “Non possiamo avere un tizio chiamato G.I. Joe che fa tutte queste cose. Dovremmo avere una squadra! “. E loro hanno detto, “Ma chi è Joe, nella squadra?” “Chiamiamo la squadra G.I. Joe. È il loro nome in codice”. E continuavano a dire “Ma chi è Joe?” “Non c’è Joe, la squadra è Joe!”.[ride]

Quando finalmente li abbiamo convinti, abbiamo pensato che la squadra dovesse avere un nemico, e penso che sia stato Archie Goodwin a inventare Cobra Commander.

I giocattoli originali hanno queste piccole statistiche scritte sul retro, che spiegano ogni specialità del personaggio e tutto il resto; Larry Hama ha scritto tutta quella roba, e l’ha fatto per anni.

Nonostante continuassero a chiederci: “Chi è Joe?”, facemmo il fumetto, loro fecero la pubblicità. Fu stupendo, perché negli Stati Uniti i fumetti venivano venduti anche in edicola, e in edicola G.I. Joe è diventato subito uno dei nostri albi più venduti, perché era stato pubblicizzato in televisione. Hanno speso un paio di milioni di dollari per pubblicizzare quel primo numero; il mercato diretto non lo voleva, ma all’epoca avrebbero impiegato circa un anno prima di rendersi conto che ogni mese G.I. Joe faceva il tutto esaurito.

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Quindi, per il primo anno G.I. Joe è stato uno dei nostri titoli meno venduti; poi, il mercato diretto si è reso conto che il fumetto andava in sold out nelle edicole, e nel corso di tre mesi la testata è passata dall’essere il nostro titolo meno venduto a uno dei più venduti. Ogni mese, quando guardavamo le cifre, c’erano X-Men, Amazing Spider-Man o G.I. Joe; uno di questi era il più venduto.

G.I. Joe continua ancora oggi, Larry Hama lo sta ancora scrivendo: che tipo!

secret wars de falco

Parliamo ora di un evento dove tu sei stato il supervisore: Marvel Super Heroes Secret Wars, il primo, gigantesco, crossover della Marvel. Eroi contro villains che si sfidano per la sopravvivenza sul pianeta Battleworld. L’incredibile storia di Shooter, Zeck e Layton credi abbia cambiato all’interno della Casa delle Idee la concezione di crossover, visti anche poi gli eventi che sono arrivati nel corso degli anni?

Quella storia è stato il primo grande evento, una storia crossover. È stato seguito da Secret Wars 2 perché abbiamo visto quanto bene ha venduto. Poi DC è uscita con Crisi sulle Terre Infinite, e l’intero settore ha continuato a far uscire grandi eventi ogni anno. Al giorno d’oggi ci sono solo grandi eventi; penso sia bello averne uno all’anno, ma non ne hai bisogno ogni mese. Dobbiamo tornare a creare storie piccole ma significative per i personaggi; io farei così, ma nessuno mi ascolterà.

Quanto a Secret Wars, l’anno scorso mi hanno chiamato e mi hanno chiesto di fare un sequel, chiamato Marvel Superheroes’Secret Wars Battleworld: era una miniserie di cinque numeri, che mostrava una storia non raccontata di Secret Wars, che si svolgeva tra due pannelli dell’originale Secret War. Ci ho lavorato con Pat Ollife, e non credo che sia stato poi così male, ma è stato un grande evento.

spider-man defalco

Su Amazing Spider-Man 252 inizia il tuo importantissimo lavoro sul personaggio, che in quel momento indossa il costume nero, preso proprio durante le prime Guerre Segrete. Visti gli effetti di quello che poi scopriremo essere un simbionte alieno su Spider-Man e Peter Parker, com’è stato reinventare un personaggio così solare in una versione più matura e dark?

Beh, quando la gente seppe che avremmo cambiato il costume di Spider-Man, l’idea non piacque a nessuno. Ricevevamo sacchi di posta dai lettori che dicevano: “Se gli cambiate il costume, non comprerò mai più un altro fumetto di Spider-Man, non comprerò mai più un altro fumetto Marvel!”. A un certo punto, il ragazzo della posta si è avvicinato, ha lasciato cadere due sacchi sulla mia scrivania e ha detto: “Non so cosa abbiate fatto, ma non fatelo più!”.

Tutti lo odiavano. Più o meno nello stesso periodo, Roger Stern stava scrivendo Amazing Spider-Man; l’editor è entrato in redazione e ha detto: “Roger se ne va” e io ho detto “Cavolo, sei nei guai! Perché solo un’idiota accetterà di continuare dopo Roger Stern!”. Disse: “Ho il mio idiota”. Ero io.

Roger aveva pianificato il #251 e il #252, ma all’epoca non sapevo se fossi abbastanza bravo per andare avanti. Abbiamo sviluppato un costume stealth per Peter, un costume nero che potesse fare tutte queste cose incredibili, dunque sono andato da Jim Shooter – il caporedattore – e gli ho detto “Senti, questo costume può fare ogni sorta di cose strane. Come funziona?” e lui mi ha risposto “Sei tu lo scrittore, inventa qualcosa.”

Avevo appena letto un articolo sulle balene e su come i simbionti vi si aggrappino: ho chiamato Ron Frenz, il disegnatore, e gli ho detto: “Ho capito come funziona il costume. È un simbionte alieno”. Ron mi fa: “Grandioso! Che cos’è un simbionte alieno?”

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Ron e io parlammo a lungo di come il costume avrebbe influenzato Peter Parker, e decidemmo che non lo avrebbe influenzato affatto. Non sapeva che fosse un simbionte alieno, pensava solo di avere un costume di colore diverso. Il costume poteva fare cose incredibili, ma Peter era lo stesso vecchio Peter. Stabilimmo subito che Peter Parker e il suo atteggiamento sarebbero rimasti gli stessi: l’esterno sarebbe stato diverso, ma l’interno no.

E penso che questo sia il motivo per cui l’Uomo Ragno è così popolare. Peter Parker è un bravo ragazzo; ha imparato che da un grande potere derivano grandi responsabilità, quindi cerca sempre di essere il più responsabile possibile. Ed è quello il tema di tutte le storie di Spider-Man: dove sta la responsabilità. Dovrei dedicarmi a te, la mia ragazza, o salvare la città? Sono responsabile verso di te e verso la città, cosa trionfa? A volte devi deludere le persone che ami per il Bene Superiore. E questa è l’essenza di Peter Parker.

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Parliamo di un altro grande personaggio degli anni Novanta: Thunderstrike. Credi che i tempi siano maturi per rivederlo in Marvel? In una delle serie della continuity o in alcuni progetti ambientati nel passato, magari?

Non ho idea di cosa stia pianificando la Marvel. Quando Ron Frenz ed io abbiamo creato Eric Masterson – è il ragazzo che alla fine è diventato Thunderstrike – abbiamo sempre saputo quale sarebbe stato il suo destino finale.  Abbiamo sempre saputo che alla fine della sua connessione con Thor, Eric sarebbe probabilmente morto. E non avevamo pianificato una serie su Thunderstrike.

Stavamo andando avanti con la nostra serie di Thor, e ci stavamo avvicinando alla fine della storia di Eric. E il reparto vendite è arrivato e ha detto: “Sembra che stiate andando verso la conclusione della storia di Eric. Cosa succede dopo?” “Muore” e loro hanno detto “No, è troppo popolare! Creeremo uno spin-off per lui”. E io ho detto: “Cosa? Volete creare un fumetto dedicato a lui?”

Ron ed io abbiamo avuto una lunga discussione perché non eravamo sicuri: restiamo con Thor? Andiamo con Thunderstrike? Abbiamo dovuto scegliere Thunderstrike. Poi, un paio di anni dopo, ci hanno detto che la serie sarebbe stata chiusa e ci hanno chiesto come avremmo fatto. “Morirà. Questo è sempre stato il piano”. Nella serie di Thor avevamo piantato indizi molte volte sul fatto che, alla fine, sarebbe morto.

Sapete, io e Ron abbiamo un modo per riportarlo indietro, ma non credo che la Marvel ci chiederà mai di farlo. Penso che se decideranno di riportarlo indietro, chiederanno ad alcune delle loro attuali superstar di farlo. Speriamo che non rovinino tutto. Ho sempre le dita incrociate. So che presto porteranno una nuova Spider-Girl, speriamo che non rovinino anche quello, come le ultime due volte che hanno cercato di riportarla in vita.

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Prima di concentrarci su Spider-Girl, volevamo chiederti dei tuoi anni come caporedattore della Marvel, dal 1987 al 1994. Qual è stata la più grande differenza tra questo e il tuo lavoro precedente? Cosa hai portato della tua esperienza di scrittore nel nuovo lavoro e come questo ha influenzato le tue scelte come caporedattore?

Questa è una domanda interessante, difficile. Sicuramente, il fatto di essere stato uno scrittore prima ha influenzato le mie scelte in qualità di caporedattore, perché sapevo quando i freelance mi mentivano. Una volta ho fatto sedere un Autore e gli ho detto: “Non darmi mai una scusa schifosa, non provare mai a farlo perché nessun editor crederà a una scusa del genere”. Gli ho dato cinque scuse migliori e gli ho detto: “Purtroppo non puoi usarle con me, perché ho fatto il tuo lavoro prima di te”.

Quando ero caporedattore, un sacco di volte un redattore veniva da me e cercava di coinvolgermi per capire come uscire da una situazione, o da un personaggio o da quel genere di cose. Una delle mie esperienze più belle riguarda Ralph Macchio, che all’epoca era l’editor di Avengers: li avevano messi in una certa situazione e stavano cercando di capire come tirarli fuori. Io ero seduto nel mio ufficio, con i piedi sulla scrivania, a fissare il muro, cercando di capire come fare.

Alla fine, capii come risolvere la storia, e mentre uscivo dall’ufficio la mia segretaria mi disse “È passato il presidente dell’azienda. Ha guardato nella sua stanza e ha detto: ‘Quando Tom non è occupato, mandalo da me’”. Pensai: “Fantastico, il presidente dell’azienda mi ha visto con i piedi sulla scrivania e con lo sguardo fisso al muro.” In ogni caso, corsi lungo il corridoio, andai a dire a Ralph come avrebbero dovuto portare avanti la storia, e poi andai dal presidente.

“Eri passato per vedermi? Perché non sei entrato?” mi disse: “Beh, perché ti ho visto fissare il muro. Quando ti vedo fissare il muro, è quello il momento in cui mi stai facendo guadagnare soldi.  Se invece ti vedo compilare moduli… Chiunque può compilare moduli; ma tu sei l’unico che possa fissare un muro e farci soldi”. Pensai “Ecco uno che capisce il nostro business!”

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Fantastico! Passiamo ora a uno dei nostri personaggi preferiti, che in qualche modo racchiude l’essenza del tuo lavoro in Marvel: Spider-Girl. Nato dalla collaborazione con Ron Frenz, artista con cui hai lavorato molto,questo progetto è partito come uno speciale What if…?! con protagonista May “Mayday” Parker, figlia di Peter e Mary Jane. La ragazza, che ha sviluppato gli stessi poteri del padre, decide di seguirne le orme, diventando una supereroina.

Il progetto è stato talmente apprezzato che subito dopo questo one-shot è stata creata una serie durata la bellezza di 100 numeri. Cosa hanno significato per te gli anni passati a lavorare su Spider-Girl? 

Beh, mi è piaciuto lavorare su Spider-Girl, e anche con Pat Ollife e Ron Frenz, tutti noi abbiamo adorato lavorare su Spider-Girl. So che sembra banale, ma è stato davvero un lavoro d’amore. Ci è piaciuto molto il personaggio, e ci siamo divertiti molto a raccontare storie su di lei. Se le cose fossero andate diversamente, probabilmente staremmo ancora facendo storie su Mayday.

Abbiamo creato un personaggio con cui i lettori amavano passare il tempo. Aveva le migliori qualità di suo padre e di sua madre. Era molto responsabile, come suo padre, e molto amorevole e gentile, come sua madre. E inoltre, aveva un atteggiamento molto positivo.

Sapete, dico sempre che la differenza tra Peter Parker e Mayday Parker è che Peter impara che quando fallisce, le persone muoiono. Nel suo primo racconto fallisce, e di conseguenza lo zio Ben muore. Mayday ha imparato un po’ l’esatto contrario: ha imparato che quando ha successo, le persone vivono. Quindi, si è sempre avvicinata a questa cosa con un atteggiamento molto più positivo. Non aveva quella nuvola sopra la testa che Peter ha sempre avuto.

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Come ho detto, Peter era capace di trovare la nuvola scura dietro ogni lato positivo. Mayday vede solo il lato positivo. Era un personaggio divertente da avere intorno.

Molte volte, nel corso di un numero, l’abbiamo vista dondolarsi per la città con la sua ragnatela, divertendosi da sola; perché, non so voi, ma se potessi farlo riderei e mi divertirei alla grande. Mayday non ha mai perso quella gioia, e poiché aveva un atteggiamento così positivo nei confronti delle cose, cercava sempre di riabilitare i suoi nemici. Molte volte, gli ex nemici sono diventati amici, e dei buoni amici: Normie Osborne, il ragazzo che ha tentato di uccidere i suoi genitori e quasi ucciso lei, alla fine è diventato il suo più grande sostenitore.

Era un fumetto positivo e divertente, e non ci siamo fatti coinvolgere in nessuno dei classici cliché. Ricordo di aver detto ai ragazzi che molto di Mayday Parker era basato su una delle mie nipoti. Quindi, non volevo vedere scene sotto la doccia, scene di sesso, nessun tipo di sfruttamento. Avremmo fatto un volume pulito adatto ai sedicenni ma anche a tutte le altre età. Una grande soap opera divertente.

Mayday aveva amici atleti e amici nerd, e riusciva a tenerli sempre tutti uniti. Molte volte, agli atleti non piacevano i nerd, ma alla fine diventavano comunque tutti amici. Abbiamo fatto anche alcune storie molto serie, abbiamo messo in pericolo la vita delle persone e affrontato situazioni di abuso; ma di base restava un fumetto divertente e piacevole. Che è quello che mi piace fare: voglio che le persone si divertano quando leggono un fumetto. Se vuoi essere depresso, accendi la TV e guarda il telegiornale!

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Intorno a Spider-Girl hai creato l’universo MC2: pensi che la Marvel lo abbia usato come riferimento per il suo Ultimate Universe? Inoltre hai creato diversi spin-off sugli eroi che appaiono in Spider-Girl, ma non hanno mai avuto lo stesso successo di Mayday. Come mai, secondo te?

Secondo me, l’MC2 era abbastanza buono, e penso che ovviamente abbia avuto un grande effetto sulle persone. Inizialmente, la regola era di mettere tre fumetti in una bustina ed è per questo che avevamo tre titoli. Avremmo dovuto fare solo sei numeri di ciascuno, e poi hanno deciso di farne dodici numeri.

Poi hanno deciso di fare altri titoli e si sono sbarazzati dei Vendicatori per sostituirli con i Fantastici Cinque e The Buzz, e Wild Thing, ma era tutto basato su uno schema di marketing che non si è mai realizzato. I fumetti dell’MC2 non sono mai stati veramente pubblicizzati, mai veramente spinti o cose del genere; nonostante questo, hanno continuato a vendere, anche se a un certo punto si è deciso di staccare la spina.

Mi avevano anche detto quale sarebbe stato l’ultimo numero di Spider-Girl e poi si sono resi conto che stava vendendo troppo bene: “Non possiamo cancellarlo, ci stiamo guadagnando troppo”. Ecco perché abbiamo continuato a farlo.

Ma guardo le cose oggi e vedo così tante cose che abbiamo fatto con l’MC2 che l’Universo Marvel ha poi rifatto… Noi abbiamo pensato a Wild Thing, loro hanno inventato X-23… che è praticamente Wild Thing. avevamo J2, ho sentito che hanno un nuovo Fenomeno che è una copia carbone del nostro J2; noi abbiamo inventato Stinger, poi loro hanno inventato… Stinger. Molto di ciò che abbiamo fatto è stato riproposto più e più volte.

Un paio delle nostre storie sono state in qualche modo rifatte nella roba moderna di Spider-Man – il Goblin e quel genere di cose. Fondamentalmente hanno copiato le nostre storie più e più volte, quindi penso che abbiamo avuto un buon effetto. Sono molto orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto e, come ho detto, la cosa più importante è che ci siamo divertiti.

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Come avete detto, la prima storia di Spider-Girl doveva essere unica; poi ci hanno chiesto di farne altri sei, e poi ci hanno chiesto di farne altri sei, e poi ci hanno chiesto di farne altri sei, e questo è andato avanti per tredici anni, quindi direi che lo abbiamo fatto bene. [ride]

Anche quando abbiamo fatto storie della continuity, ci siamo assicurati che ogni numero fosse completo, anche se ci sarebbe stato un cliffhanger alla fine. Penso che uno dei problemi con i fumetti di oggi sia che spendi tre o quattro dollari americani per un capitolo, e non hai un senso di appagamento. Abbiamo bisogno di quel senso di appagamento, di completezza. Quindi, dico a tutti “Fate di nuovo storie di un solo numero!”

È come quando vai al cinema: vuoi vedere tutto il film, non vuoi dover tornare tra due anni e vedere come va a finire. Secondo me, i Marvel Studios hanno fatto bene con Infinity War ed Endgame, perché erano entrambi due film separati; si poggiavano uno sull’altro, ma puoi guardare Infinity War e c’è un inizio, una parte centrale e una fine. Non è la fine che vogliamo, ma è la fine. E poi Endgame arriva e dice “Ok, non vi è piaciuto quel finale, gli daremo un finale diverso!”

Non sono stato altrettanto soddisfatto di Spider-Man; ho pensato che il primo film dello Spider-Verse fosse fantastico, quello con Miles Morales. Il secondo non mi ha ispirato molto perché è finito a metà del film. Sono rimasto un po’ deluso da quel finale e non ho idea di quando uscirà il prossimo film. Ehi, sono un vecchio, potrei non vivere abbastanza per vederlo! [ride]

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Cambiando completamente argomento, hai avuto la possibilità di lavorare con molti grandi nomi, tra cui anche Stan Lee. C’è qualche aneddoto o qualcosa di particolare che puoi raccontarci su di lui? Qualcosa che possa mostrarcelo con gli occhi di chi ha lavorato con questa leggenda del fumetto?

Vi racconto un paio di storie su Stan Lee, ok?  Allora, molti anni fa, Jim Shooter diede una grande festa a San Diego – a Jim sono sempre piaciute le grandi feste – così andai, gli dissi: “Ehi Jim, grande festa, bla bla bla bla”, feci la mia apparizione e pensai “Ok, ora posso sgattaiolare via”. Apro la porta e mi accorgo che c’è qualcuno davanti a me, vicino all’uscita, ed era Stan Lee.

Si gira e dice “Oh, Tom, stavo cercando il bagno”. Gli ho detto: “So dov’è il bagno, Stan: nel nostro hotel!” e lui ha detto “Tommy, sapevo che c’era qualcosa che mi piaceva di te” e ce ne siamo andati di nascosto dalla festa. E questa è una.

Un’altra storia su Stan Lee riguarda quella volta in cui gli dissi “Sai, Stan, guardo i personaggi di Spider-Man e posso vedere come ognuno di loro rifletta la tua personalità; sei un po’ come Peter Parker, sempre preoccupato per quello che sta per succedere. Sei un po’ come J. Jonah Jameson, stressante e tirchio – chiaramente, a lui non ho detto tirchio – a volte sei come Fresh Thompson, e vedo anche molto di zia May” e lui mi disse: “Cosa vuoi dire che vedi molto di zia May in me?”  “Sei proprio come zia May” “Non essere ridicolo, Tom. È solo un personaggio che scrivo; non c’è niente di simile a zia May in me”.

Stavamo andando verso l’uscita; lui si girò e disse: “Oh, a proposito: fuori fa freddo, quella giacca è abbastanza calda? E hai un ombrello nel caso piova?” “Vedi? Zia May!” [ride]

Stan Lee, e lo dico senza esitazione, era la persona più dolce che si potesse incontrare. Il suo principale superpotere era che quando parlavi con lui ti sentivi come se fossi la persona più importante di questo mondo. E poi era un’incredibile fabbrica di idee. Se ne stava lì, guardava la copertina di un fumetto e gli venivano in mente 20 idee nel giro di uno o due minuti. E forse alcune le avevi già sentite, e alcune non erano così divertenti, ma almeno un paio che potevano essere interessanti c’erano sempre.

So che di recente c’è sempre un gran parlare di chi abbia creato cosa, è stato Stan, è stato Jack [Kirby, NdR]? Io dico sempre che l’hanno creato insieme. E da persona che ha lavorato con molti artisti, lo so: è l’unione che crea i personaggi. La prima Spider-Girl l’abbiamo fatta io e Ron Frenz. Sai quanto c’è di Ron e quanto di me? Non ne ho idea, non mi interessa.

Ho sentito qualcuno dire che nessuno ha mai visto Stan battere a macchina. Ho lavorato con Ron Frenz per quarant’anni, e gli ho chiesto “Mi hai mai visto scrivere una sceneggiatura?” “No”. E io non ho mai visto Ron Frenz disegnare una delle pagine che sono apparse sul fumetto. Gli ho visto abbozzare qualcosa, ma tutto qui.

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Questa era l’ultima domanda per noi. Grazie mille per essere stato con noi, Tom!

Grazie mille a tutti, mi è piaciuta quest’intervista. Spero di aver risposto a tutte le vostre domande. Voglio ringraziare voi, e voglio ringraziare i lettori, perché sapete, ero solo un ragazzo che voleva scrivere e raccontare storie e sono stato molto fortunato perché sono riuscito a farlo per un po’ di anni. Ho detto a un paio di redattori e a un paio di editori che ho deciso che alla fine di quest’anno andrò finalmente in pensione. Ci ho provato un paio di volte e ho fallito ogni volta, ma almeno due di loro non mi hanno riso in faccia quando l’ho detto. Nemmeno Ron Frenz mi crede.  E invece no, spero per la fine di quest’anno.

È stato davvero un onore avere questa opportunità: è sempre incredibile capire come nasce un’opera che ha coinvolto così tante persone nel mondo. Grazie per aver aperto una porticina per noi e averci permesso di intrufolarci e vedere cosa c’è dietro i fumetti che amiamo.  È stato davvero un piacere.

Grazie mille a voi. Sapete, è così bello essere ricordati. Ed è bello che le persone leggano ancora le storie e le apprezzino ancora.


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Mr. Kent

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Appassionato di fumetti, curioso per natura, attratto irrimediabilmente da cose che il resto del mondo considera inutili o senza senso. Sono il direttore di MegaNerd e me ne vanto.
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Doc. G

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Il mio nome e' Doc. G , torinese di 36 anni lettore compulsivo di fumetti di quasi ogni genere (manga, italiano, comics) ma che ha una passione irrefrenabile per Spider-Man! Chi è il miglior Spider-Man per me? Chiunque ne indossi il costume.
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Claire Bender

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Vive con un dodo immaginario e un Jack Russell reale, che di recente si è scoperto essere Sith. Grifondoro suo malgrado, non è mai guarita dagli anni '80. Accumula libri che non riesce a leggere, compra ancora i dvd e non guarda horror perché c'ha paura. MacGyver e Nonna Papera sono i suoi maestri di vita.

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