Un futuro senza speranza, un protagonista che non vuole saperne di morire: un film unico, come Mickey 17, una copia che non vuol essere una copia. Ecco cosa ne pensiamo del nuovo film di Bong Joon Ho con Robert Pattinson (ovviamente senza spoiler)
Bong Joon Ho è il regista sudcoreano noto in tutto il mondo grazie a Parasite (vincitore di ben quattro premi Oscar nel 2020, per il miglior film internazionale, miglior regia, migliore sceneggiatura originale e miglior film), una brutale commedia sulle differenze di classe che non fa sconti a nessuno. Sono davvero rari i registi che come Bong hanno l’innata capacità di cambiare i toni e gli umori di un’opera con la medesima naturalezza. Non si sa mai cosa aspettarsi dai suoi lavori, eppure, non si resta mai delusi.
Questa volta Bong ha scritto la sceneggiatura, adattandola dal romanzo di fantascienza del 2022 di Edward Ashton “Mickey7“, prendendosi ogni libertà artistica ritenuta necessaria a migliorarne la resa finale. Questa clausola era imprescindibile per lui. Ha preteso di rimaneggiare lo script per adattarlo a quella che è la sua geniale visione. Il risultato è un film brillante e divertente, che non ha paura di mostrare una metafora politica piuttosto evidente.
La vera ciliegina sulla torta, in tutto questo, è l’ottima performance di Robert Pattinson, cresciuto moltissimo a livello attoriale dai lontani tempi di Twilight. Ormai Pattinson (ma lo aveva già dimostrato in The Lighthouse, oltre che in The Batman) è un attore completo, rifinito, perfettamente consapevole del suo potenziale. Bene così.
Mickey 17 ci porta in un futuro tanto prossimo quanto inimmaginabile
Mickey 17 ha inizio nel 2054, in un futuro inimmaginabile, che però in un certo senso è il rovescio della medaglia del nostro presente. Mickey (che porta il volto del già citato Robert Pattinson), è un ragazzotto ingenuo e d’animo buono che per sfuggire ai creditori che vogliono farlo fuori, si arruola in una spedizione spaziale firmando il consenso come “sacrificabile”, senza leggere cosa questo comporti. Un ingenuo, appunto.
La spedizione è mirata a colonizzare un pianeta sconosciuto, ma per rendere possibile questa cosa c’è bisogno di qualcuno che sia disposto a morire. Ripetutamente. Sì, perché grazie a una “stampante” grossa come una risonanza magnetica, è possibile replicare non solo il corpo di una persona, ma anche i suoi ricordi e il suo carattere. Una copia conforme di un qualsiasi essere umano, che però rende la vita del medesimo, priva di valore, proprio perché replicabile in maniera illimitata.
In pratica, il valore umano è ridotto a un foglio fotocopiato che possiamo premetterci di accartocciare tra le mani, tanto poi lo ristampiamo e via!
La vita non vale una cicca, davanti a obiettivi ben più grandi.
Che poi, è un po’ quel che accade ai soldati durante una guerra, con la piccola differenza che non c’è nessuna stampante a replicarli, una volta deceduti.
E qui, si arriva alla metafora politica che si legge – in maniera piuttosto evidente – tra le righe. Il film è una chiara protesta contro l’attuale leadership statunitense, tant’è che non si fa fatica a capire chi realmente rappresenti il personaggio interpretato da Mark Ruffalo (attore, tra l’altro, sempre meraviglioso).
Anche questo aspetto però non risulta invasivo, né pesante.
Bong ci racconta la vicenda in maniera fluida, mischiando divertimento a dolcezza e condendo il tutto con tanta azione e alcune spruzzate grottesche che calzano a pennello.
I molteplici modi brutali in cui Mickey è costretto a morire di continuo, fanno sì, sorridere, ma anche riflettere e alla fine, ci si sente persino tristi per lui. Come nel momento in cui cade nel crepaccio di ghiaccio e il suo amico invece di tirarlo fuori, lo liquida chiedendogli col sorriso: “Cosa si prova a morire?” Come se questa fosse la domanda più naturale del mondo.
E in effetti, lo è, visto che di Mickey se ne possono stampare quanti se ne vogliono.
Nonostante questo, il 17 diventa sin da subito riconoscibile. Per il suo carattere impacciato, la sua dolcezza e il suo buon cuore. Ed ecco che non affezionarsi a lui diventa impossibile.
Tempo poche scene e gli si vuole subito bene, a questo ragazzo usato come una cavia da laboratorio.
Come in Parasite, siamo al cospetto di una storia incentrata su chi possiede e chi non possiede. Su chi è fortunato a vivere dalla parte “comoda” e chi, semplicemente, si deve rassegnare ad essere sfruttato. Una costante a cui Bong evidentemente tiene molto.
A differenza di Parasite però, qui siamo davanti a un film che a conti fatti, muta di continuo. Parte come un film d’azione, poi diventa quasi una commedia, poi una storia d’amore, infine, uno sci-fi. Eh, sì, perché ci sono anche i mostri e sono pure tanti. Ma attenzione, non siamo a bordo della Nostromo, quindi se vi aspettate Alien rimarrete delusi.
Mickey 17 è un film unico, che oltre a tutte le questioni citate poc’anzi, pone anche un ulteriore quesito: cosa potrebbe accadere se ci trovassimo davanti una copia esatta di noi stessi? Soprattutto se la versione in questione risulta identica dal punto di vista fisico, ma con un’identità caratteriale antitetica alla nostra.
Un bel casino, insomma.
Anche questo aspetto è trattato nel migliore dei modi, tant’è che il risultato è che si finisce per adorare entrambe le versioni di Mickey, i così detti “Multipli”.
In definitiva, siamo di fronte all’ennesimo colpaccio di Bong Joon Ho, che attraverso una satira sociale mascherata da avventura fantascientifica, ci presenta davvero un grande film.
Com’è nel suo stile, d’altronde.
Al cinema dal 6 marzo, distribuito da Warner Bros.

Mickey 17
Robert Pattinson: Mickey Barnes
Naomi Ackie: Nasha
Steven Yeun: Berto
Toni Collette: Qwen
Mark Ruffalo: Kenneth Marshall
Holliday Grainger: Gemma
Michael Monroe: Matthew