Il difficile passaggio dai videogiochi ai film
Il matrimonio tra cinema e videogame (o gaming, più in generale) non sempre è stato semplice. Poche le pellicole che hanno lasciato realmente il segno, spesso e volentieri lasciandoci tracce nella mente non propriamente positive sull’effetto che il gioco possa avere nei confronti delle persone e della società in cui viviamo.
L’impatto del cinema nel mondo gaming
Insomma, i film di successo in ambito gaming rappresentano l’eccezione e non la regola. Come non citare Casinò con Robert De Niro in questo particolare contesto? Un capolavoro che ha fatto la storia e che, tra le altre cose, rappresenta anche la perfetta introduzione al casino online di Betway che di recente ha pubblicato uno studio dedicato agli adattamenti film-videogiochi dove sono stati presi in analisi tutte le saghe che sono state riportate sul grande schermo e viceversa.
Ecco perché il fenomeno va analizzato più in profondità, individuando le cause che si celano dietro un’interconnessione così complessa.
Tre ragioni per cui i film sui videogame fanno da sempre enorme fatica ai botteghini
Trasporre un videogioco al cinema si rivela spesso una sfida complessa, e l’insuccesso di molti adattamenti può essere ricondotto a diverse ragioni intrinseche alla natura dei due media.
Il cinema soffre la scarsa interazione
Innanzitutto, la fondamentale differenza risiede nel livello di interazione. Il videogioco, per sua stessa definizione, coinvolge attivamente il giocatore, rendendolo protagonista delle vicende narrate. Le decisioni prese, le sfide superate e le emozioni provate sono frutto di un’esperienza diretta. Il cinema, al contrario, relega lo spettatore a un ruolo passivo, privandolo di questa immersione attiva nella trama. Questa perdita di agency può minare il coinvolgimento di chi ha amato il gioco proprio per la sua interattività.
Sceneggiature troppo banali
In secondo luogo, la sceneggiatura rappresenta un nodo cruciale. Il tentativo di replicare fedelmente le sequenze d’azione iconiche dei videogiochi non sempre si traduce in un film efficace. Come evidenziato nell’articolo di Marco Giuliani, molti registi cadono nell’errore di concentrarsi eccessivamente sull’azione spettacolare, rischiando di offrire uno spettacolo già visto e, in alcuni casi, realizzato in maniera più coinvolgente all’interno del medium videoludico stesso, come dimostra la saga di “Tomb Raider“. Una trasposizione riuscita richiederebbe una rielaborazione narrativa che tenga conto delle specificità del linguaggio cinematografico, andando oltre la semplice riproposizione di scene di gioco.
Un approccio più efficace nell’adattare un videogioco al cinema consisterebbe nel focalizzarsi sugli elementi narrativi portanti, offrendo loro un maggiore approfondimento visivo e narrativo. Spesso, i videogiochi presentano dinamiche illogiche che vengono accettate in quanto parte integrante del linguaggio e delle convenzioni del medium (“è un videogioco”). Tuttavia, trasposte sullo schermo cinematografico, queste stesse trovate possono risultare inverosimili e stranianti, come nel caso emblematico di Super Mario, l’idraulico italiano dalle improbabili avventure.
Contenuti dei film compressi
Un’ulteriore sfida risiede nella gestione della trama. I videogiochi, con la loro lunga durata, possono sviluppare narrazioni complesse e ricche di dettagli, colpi di scena e sottotrame. Il formato cinematografico impone una drastica compressione di questi contenuti. Il risultato è spesso una storia densa di eventi e personaggi che non vengono esplorati con la dovuta cura, rischiando di confondere il pubblico che non ha familiarità con il materiale originale. L’adattamento cinematografico di Assassin’s Creed ne è un esempio lampante, tanto da richiedere spiegazioni esterne per decifrare la trama per gli spettatori non giocatori. Questa eccessiva condensazione narrativa può compromettere la comprensione e l’apprezzamento del film.