Epico. Ossessivo. Ryuko non è un semplice fumetto. In un’atmosfera b-side una donna che sembra essere senz’anima muove i fili taglienti della yakuza in un universo simbolico dove la velocità dell’azione è quanto le permette di manovrare gli eventi secondo il proprio volere.
Ryuko. Ryuko. Ryuko.
Questo nome e questo titolo riecheggiano nelle menti degli appassionati del fumetto d’autore e nelle loro tastiere alla ricerca d’indizi, notizie, passaparola sul filo da qualche anno e finalmente Bao Publishing lo renderà disponibile dal 31 agosto 2017. Fino a questo momento nulla di certo: qualche tavola in rete e il nome di un artista indipendente, Eldo Yoshimizu, che è una garanzia per i fruitori dei titoli gekiga.
Mica facile uscire nel 21˚ secolo con un’opera come Ryuko. Eppure Yoshimizu per noi è già autore cult con il suo manifesto citazionista, oltre che omaggio grandioso ed esagerato agli anni ‘70.
Ci troviamo nel regno di Forossoyah, in Medio Oriente. A seguito di un colpo di stato militare, il regno viene avvolto dalle fiamme e Re Jibril chiede aiuto alla yakuza per mettere almeno in salvo Barrel, la sua bambina. Ryuko, figlia del capo della società del Drago Nero, clan che si è arricchito sotto la protezione del sovrano che comunque contribuirà al colpo di stato, prende in custodia la bambina e non è l’unica cui salverà la vita. Passano diciotto anni. Ryuko, ormai a capo del clan, assolda nello stesso anche le figlie della strada, tra cui Sasori, che addestra per i suoi affari. Un giorno, il quartier generale di Ryuko viene preso d’assalto e in quel momento la protagonista scoprirà alcune verità, fra cui quella sulla madre che credeva essere morta, e che la porteranno in Giappone così da poter indagare.
Il primo volume di Ryuko, 256 pagine che scorrono come gli scatti di una Canon AE1 in bianco e nero, è sì un tributo alla nostalgia, ma allo stesso tempo una visione originale della grandeur orientale così luccicante nell’immaginario seventies in grado di affascinare e altresì di farci affogare del tutto nell’azione veloce della malavita giapponese.
Yoshimizu ci mostra con maestria come si muove una donna al potere, la sua determinazione violenta che è superiore a quella di dieci uomini; la mente femminile che riesce a tenere in piedi più congiunture contemporaneamente. E una cosa bisogna proprio evidenziarla: mentre Ryuko dirige la scena, non smette mai di essere bella da togliere il fiato.
L’idea del movimento e del dinamismo della storia è resa dal disegno pieno di dettagli. Alcune tavole sono delle piccole opere d’arte.
Siamo di fronte a un lessico visivo libero da pregiudizi, e alternativo alla fotografia composta. Una fotografia che rinnega la staticità del momento decisivo prediligendo il movimento iniziale o finale secondo il contesto.
Quest’ aspetto non deve tuttavia trarre in inganno. Ryuko è un’opera che va assaporata lentamente, facendo molta attenzione a ogni indizio per la comprensione della storia che l’autore semina prima di procedere oltre.
Nondimeno, ci sono dei momenti ad andamento regolare affidati ai flashback su Nikolai che Ryuko conobbe in Afghanistan. Un uomo la cui umanità fa da scudo coraggioso contro la guerriglia, che invece mostra la sua crudeltà senza conoscere padroni. In questo frangente Yoshimizu ci mostra un lato del carattere che la protagonista sembra aver perso a causa delle scelte dettate dal suo ruolo nel mondo.
C’è una sottile linea che divide e ci permette di distinguere bene e male nella storia. Ryuko cerca di mantenere quest’equilibrio precario in piedi stando al potere, comandando con poche parole e cercando la verità su sua madre.
Eldo Yoshimizu è un artista che dirige una storia in cabina di regia lasciando libertà d’azione alla sua protagonista. Spazia in ambientazioni eterogenee utilizzando, sembra, un vocoder per rendere comprensibile le decisioni apparentemente irriflessive della sua donna. Quest’artista, ne sono certa, sarà sempre eccessivo nella buona e nella cattiva sorte. In ogni caso con Ryuko ha fornito prova della sua eccellente capacità di creare una sinfonia evocativa su carta.
Non ce la facevo più ad aspettare. Ryuko. Ryuko. Ryuko.
Dal salotto della Sig.ra Moroboshi