L’errore che commettiamo tutti è considerare la vita come opposto della morte. Sì, perché la morte non si contrappone alla vita, ma alla nascita. Stiamo scorrendo come l’acqua di un fiume che dalla sorgente deve arrivare alla sua foce. Giungere alla fine del cammino è la naturale conseguenza che accomuna tutti gli esseri viventi, solo per il fatto di aver giaciuto sulla Terra. Quando saremo costretti a fermarci, ci sarà una ragazzina pallida che aspettava di incontrarci per tenderci la mano, e spiegarci che dobbiamo crescere un’ultima volta. Dobbiamo morire.
Parlare di Death e di suo padre anche solo citandolo qua e là, Neil Gaiman, mi provoca la sindrome da foglio bianco. Non ci si sente all’altezza, si ha paura di sbagliare e di non riuscire a farsi comprendere. Poi mi dico che da qualche parte bisogna pur iniziare, altrimenti rimarremo bloccati per sempre a guardarci, dandoci degli idioti a vicenda.
Questo accade non perché chi si chiama MegaNerd ha l’obbligo morale di arrivare ovunque, ma per l’adorazione dell’idea di qualcosa che va oltre il concetto di fumetto stesso, oltre 75 numeri pubblicati, oltre ogni ragionamento razionale su quest’universo infinito di carta e parole.
Sandman è la sostanza tangibile di quella strana emozione, quell’eccitazione quando leggiamo un’opera che amiamo come se fosse il nostro amuleto che ci protegge da quel brutto mondo là fuori. E nulla mi fa provare quest’emozione come la sorella di Morfeo, Oneiros, Kai’ckul o come più vi aggrada in questo momento.
Sette D che corrispondono ad altrettanti Eterni: Destiny, Dream, Death, Destruction, Despair, Desire, e Delirium. Sette fratelli immortali che rappresentano altrettanti aspetti dell’universo, nati all’origine del concetto stesso di tempo.
Death, seconda degli Eterni e presumibilmente la più potente, è la nostra sorella maggiore, e lo è anche di Sogno.
Prima ancora che gli uomini potessero concepire l’idea di divinità, gli Eterni già si nutrivano di tutto ciò che l’essere umano ha in sé. Tutti i popoli hanno conosciuto gli Eterni, in una forma o in un’altra. E tra gli Eterni, un posto speciale è occupato da Death che, come ella stessa afferma, era già in attesa quando il primo essere vivente apparve e continuerà ad esistere anche dopo la fine dei tempi.
Il Signore dei Sogni, Morfeo, protagonista indiscusso di Sandman, è il flusso della coscienza umana che scorre sulle nostre retine che riposano, ignare dei vortici, dei mondi, dell’esistenza di padroni del nostro avvenire e divenire. Anche i padroni, però, a volte sono stanchi. In un parco, seduti su una panchina ad osservare la vita, Morfeo e sua sorella Morte s’incontrano. Da quel momento i lettori di Sandman, hanno aspettato di poterla vedere ancora, e ancora.
Si perché Death ci mette a nostro agio, ci sorride mentre indossa con disinvoltura il suo cappello a cilindro o gioca con l’ankh che porta al collo.
Apre il suo ombrello e viaggia nelle terre senza sole, facendo sosta in ogni dove il suo lavoro, la sua essenza, dovrà arrestare il suo cammino.
La donna è al limite e così l’Eterna Morte che assume le sue sembianze. Intorno ai fuochi tribali, osservando le stelle nell’oscurità, l’uomo le dona il volto di una donna. Quest’ultima è il confine tra la natura e l’aldilà, un aldilà che esiste da sempre come mondo dei morti, come mondo prima della vita e dopo la morte.
Death è la dea Gauteovan, la Madre Originale dei Cagaba. È la Dea Madre delle popolazioni indoeuropee. È la nostra Ecate, regina degli spettri e delle ombre o Artemide, padrona delle morti improvvise. Death è la Moira che tesse il filo della vita e vi pone fine troncandolo. Death è la ragazza Goth che sorride di Gaiman.
“Il battito delle ali”, scritto da Gaiman e disegnato da Dringenberg, introdusse Death nella lirica di Sandman.
Torniamo seduti su quella panchina a osservare la vita. Sogno ha appena recuperato il suo regno dopo una grave crisi. Combattere per la riconquista gli aveva fornito un obiettivo vitale, ma ora che tutto ha recuperato il suo equilibrio, sembra sparito di colpo il senso stesso della propria esistenza. Death raggiunge suo fratello intento a dare svogliatamente da mangiare ai piccioni del parco.
Death: “Che fai”?
Dream: “Do da mangiare ai piccioni”.
Death: “Se esageri sai cosa otterrai? Piccioni grassi. È una battuta di Mary Poppins”.
Questa è Death, una ragazza che cita Mary Poppins e sorride. Il suo esordio e la ramanzina rivolta al fratello che si piange addosso perché ha concluso il suo giochino (parole sue, non mie), hanno spiazzato tutti, Sogno compreso. E così Death, porta con sé il fratello mentre svolge il suo lavoro.
Sfidandola, temendola, aspettandola con inconsapevole serenità si muove l’unica certezza della vita, tra le pagine che scorrono poeticamente in questo capitolo di Sandman che mi ricorda tanto Dracula, perché la morte è tutto ciò da cui dipendiamo.
Da quel momento, ogni apparizione di Death lascerà un segno indelebile nella storia con protagonista l’Eterno Dream.
Morte ama gli uomini e questo la rende più simile a noi di quanto si possa immaginare. Dona l’immortalità a Robert Gadling, divertita dall’impertinenza di quest’ultimo convinto che il proprio rifiuto categorico di morire, lo avrebbe tenuto per sempre in vita. Prova compassione per una super eroina che non riesce a morire e mettere fine alle sue sofferenze, inducendo Morte a cercare una soluzione. Non svolge aridamente il proprio lavoro da Tristo Mietitore, abbassando la falce e interrompendo la vita. No. Morte si mostra a noi con dolce indifferenza nei confronti dell’esistenza umana.
Dopotutto non può interrompere il proprio lavoro ma nondimeno, come tutti gli Eterni, è stata contaminata dalle volontà, dalle paure e dai desideri degli uomini.
La poesia che avvolge Death ha fatto sì che a lei venissero dedicate due miniserie, indipendenti (più o meno) dalle vicende del fratello.
Nel 1993 venne pubblicata Death: l’alto costo della vita; nel 1996 invece Death: il grande momento della tua vita. In entrambe le storie, Death si veste delle emozioni degli uomini grazie ai disegni di Bachalo, e Gaiman la fa essere coprotagonista della nostra esistenza e non passiva spettatrice in attesa del momento giusto.
Da una parte Sexton e la sua voglia di farla finita a soli sedici anni. L’incontro con una ragazza, Didi, che altri non è se non Morte ma che percepiremo come due entità distinte, la sua interferenza nei suoi propositi suicidi e un’avventura rocambolesca che li attende, serviranno a entrambi per amare come non mai la vita.
Death si trova a vivere tra gli uomini un giorno solo ogni secolo. I gesti quotidiani della nostra esistenza, si caricano di significato poetico e segnano Didi (Death) che vorrebbe durassero per sempre e che non fossero limitati all’avventura di un giorno. E così Didi confessa che avrebbe voluto durasse quasi in eterno, mentre Death le ricorda che c’è sempre una fine; è per questo che è così bello. Se nell’opera prima Death si fa vedere, partecipa come entità fisica alla storia, in Death: il grande momento della tua vita, ciò che avvertiamo maggiormente sono gli effetti legati alla sua presenza.
Insieme a lei, Foxglove e Hazel, vivremo altro rispetto alla morte in sé. Assisteremo alla presa di coscienza dell’esistenza che permette di generare una nuova visione della vita, riscoprendo soprattutto l’amore, generatore dell’universo a cui morte indissolubilmente è legata da sempre.
La ragazzina che adora Mary Poppins è un occhio sul mondo. Con curiosità e attenzione che sa di benevolenza verso di noi, è l’Eterno sempre presente che ha la pazienza di aspettare il momento che è stato decretato per giungere alla foce del fiume.
È colei che ci guida verso il momento finale della nostra crescita e spegne le luci senza anticiparci nulla su cosa ci aspetta.
Death fa paura, ma Gaiman riesce con incredibile maestria ad addolcire quel mostro sotto i nostri letti, quel terrore lucido negli occhi quando pronunciamo il suo nome.
Death è l’Eterno con cui conviviamo timorosamente da sempre, eppure qualcuno è riuscito a donarle umanità e bellezza facendocela amare. Soprattutto quando può permettersi di dare dell’idiota al fratello che presta il nome all’opera eccelsa di quel mostro sacro di Neil Gaiman.
Supercalifragilistichespiralidoso cara Death.
2 Comments
Daniele Artioli
(27 Settembre 2017 - 12:27)Bellissimo articolo! Capisco la sindrome della pagina bianca di fronte a Sandman, io vorrei parlarne da quando ho aperto il blog, ma poi finisco sempre per rimandare.
Death è un personaggio meraviglioso, e le storie che la vedono proragonista sono tutte tra le mie preferite. C’è anche da ricordare, secondo me, il bellissimo climax de Le Eumenidi, con il confronto finale tra lei e Sogno, una cosa da pelle d’oca.
Death è la morte così come la vorrei; non sarebbe poi così terribile andare via con lei.
MegaNerd
(28 Settembre 2017 - 18:52)Ciao Daniele, spero che questa sia la spinta allora per leggere presto un tuo pensiero su Sandman. Concordo con te sulle Eumenidi ma ho preferito non parlarne per timore che qualcuno non sapesse come va verso la fine la lirica di Sandman. È vero, è da brividi. È come ascoltare un dolce requiem mentre tutte le paure si disperdono. Grazie per il tuo pensiero, davvero.
Sig.ra Moroboshi