Ci sono cose che inevitabilmente segnano l’immaginario collettivo. Lo fanno sottilmente, discretamente. Eppure lasciano tracce indelebili sui nostri hard disk sentimentali. Nel mio caso sono gli episodi di Star Trek della serie classica, visti i pomeriggi d’estate con mio padre, sorseggiando thé freddo. Ancora oggi, quando salgo su un aeroplano il motivetto degli episodi cinematografici mi risuona in testa. Non sono un Trekker purista, ma quando devo salutare i miei amici nerd, lo faccio alla maniera dei Vulcaniani.
Così, quando ho saputo di una nuova serie, non ho saputo resistere, e al giorno uno ho caricato la mia app di Netflix per vedere come sarebbe stata questa nuova incarnazione, e che forma avrebbe avuto questa nuova Enterprise. Cominciamo dalla confezione. Carini i titoli, interessanti i riferimenti fatti alle blue print delle tecnologie utilizzate. Star Trek è sempre stata prima di tutto sulla scienza, quindi il chiaro riferimento è un taglio abbastanza netto con le ultime tre pellicole che, con il marchio di fabbrica J.J. Abrams avevano spostato l’accento molto di più sull’azione. L’idea di utilizzare Netflix (oltre a CBS) come portale è buona. È sempre più chiaro che sia quello il punto di rifermento per la fantascienza moderna e strategicamente non poteva che essere un’idea vincente. E poi ci sono i sottottoli in Klingon, vogliamo scherzare ?
La serie è per la prima volta incentrata sul primo ufficiale di bordo di una nave stellare. La scelta è stata voluta per fornire un approccio differente alle storie raccontate e soprattutto per farci scoprire il punto di vista di un ufficiale sul campo. Ricordatevi che la figura del primo ufficiale fu inserita solo in The Next Generation, serie che per altro preferisco, e serviva per scostarsi dalla pesantissima figura del comandante James T. Kirk che in ogni puntata agiva sia sul ponte di comando che direttamente sul campo.
Il nuovo primo ufficiale, Michael Burnham (Sonequa Martin-Green di The Walking Dead-iana memoria, e adesso mi spiego l’inutile e frettolosa fine che gli fu fatta fare) è il primo umano ad aver studiato in un conclave vulcaniano, direttamente con Sarek, tanto per ampliare la sensazione di turismo trekkiano. Da uno studente di filosofia vulcaniana ci si aspetterebbe la predilezione della logica e delle soluzioni misurate, al contrario in questi due primi episodi il riferimento alla testardaggine del mitologico capitano Kirk è la prima cosa che mi è saltata in mente.
La storia è ambientata appena dieci anni prima dello storico viaggio quinquenale della USS Enterprise, e quindi si colloca cronologicamente tra Voyager e la serie classica. Assistiamo alle avventure di una federazione Stellare a contatto con una rediviva presenza Klingon.
Prima di addentrarmi in un’analisi delle prime due puntate, vorrei menzionare gli effetti speciali che, in genere, sono molto piacevoli. Carine le nuove divise (anche se ci sarebbe da chiedersi com’è possibile che Starfleet le cambi con così tanta frequenza), la configurazione del ponte di comando ricorda molto le serie più moderne di Star Trek ed è vicinissima a quella mostrata negli ultimi tre film. I combattimenti tra le navi della federazione ed i falchi Klingon è in pieno stile Star Trek, con scarsissimo spazio a manovre ardite e una serie d’ingaggi che non farebbero rimpiangere un vecchio gioco di strategia in tempo reale. Bella la resa dei nuovi Klingon, anche se sembrano più inselvatichiti rispetto alle generazioni successive. Generalmente parlando, mi hanno ricordato qualcosa dei Tolkeniani Uruk Hai.
Cosa dire insomma di queste prime due puntate?
Prima di tutto mi è piaciuto molto il rientro nelle tematiche squisitamente trekkiane. La federazione è un’organizzazione scientifica e ovviamente dà risalto alla prima direttiva. Il rovescio della medaglia è che ogni tanto sembra di scivolare in una continua strizzata d’occhio ai fan di vecchia data, piuttosto che una sincera motivazione a raccontare una nuova storia. Interessante la scelta d’inserire un ufficiale scientifico clamorosamente imbelle e la decisione di avere un numero uno, adeguata fusione tra Kirk e Spock, pare ben misurata a patto che non si scivoli a tutti i costi nell’omaggio. E anche nel rapporto tra comandante e numero uno, purtroppo non vedo grandi novità. Prendete il primissimo episodio di The Next Generation (Showdown at centerpoint) per rendervi conto che in cinque minuti di dialoghi tra Picard e Ryker viene condensato lo stesso pathos dei primi due episodi.
Diciamo che per il momento bisogna vedere come la serie si evolverà, ma se devo considerare il faser dell’entertainment, beh, per adesso è settato solo su stordimento.