Dopo eoni ingiustificati di tempo che ho passato a inventare scuse per temporeggiare, sono pronta. È il momento di tornare a trastullarsi con tonnellate di acciaio massiccio. Visti i trascorsi, dove me medesima si è depressa non poco scrivendo di conflitti e invasioni, ideali di riscatto e libertà, è arrivato il momento di chiedersi: ma Don Zauker aveva il culo in testa? Seriamente. Non venite a dirmi che quello è un cervello; da quando ne ho memoria, il supremo capo delle armate di Meganoidi che hanno tentato di invadere la Terra, si è meritato l’appellativo di faccia di culo.
Mi prendo tanta libertà di linguaggio, conscia di un’approvazione incondizionata del maestro Yoshiyuki Tomino, che si è divertito quanto me quando ha dato i natali a L’Imbattibile Daitarn 3 – Muteki Kojin Daitan 3.
Descrivere in poche battute chi sia Yoshiyuki Tomino è un’impresa impossibile. Se avete letto il nostro pensiero su Zambot 3, sapete quanta ammirazione chi scrive prova per questo sceneggiatore. Solo per evitare di tediarvi, tralascio gli inizi della sua carriera che raccontano la storia di un uomo in grado di cimentarsi con qualsiasi genere e di reggere il peso, con la dovuta responsabilità, di metter mano agli story board del Maestro Tezuka tra gli altri.
Paroliere, sceneggiatore, scrittore e regista dal talento indiscusso, come si pone il Daitarn all’interno della sua storia? La risposta a questa domanda ci permette di avvicinarci con non poca emozione al passato dei super robot. La creazione del Daitarn avviene immediatamente dopo gli scenari di guerra unici di Zambot 3 e – nemmeno a un anno di distanza – con il rilascio di una testimonianza che cambierà per sempre i piani del movimento culturale dietro l’universo robotico. Ebbene sì, nel 1979 la storia dell’animazione cambierà per sempre con l’avvento dell’universo di Gundam e il concetto di Real Robot.
Direi che non serve aggiungere altro per comprendere la genialità del Maestro Tomino il quale, conoscendo i suoi spettatori, concede a tutti una pausa e confeziona con la Sunrise un super robot divertente, spaccone e unico: quel mattacchione di Daitarn III.
Il nostro tuttavia è un approccio consapevole cari lettori, così come sono sicura lo sia proprio di chi legge questo atto d’amore verso un classico dell’animazione giapponese.
Sappiamo che la produzione robotica è quanto per noi occidentali potrebbero essere le favole della buonanotte raccontate da nonni e genitori preparandoci alla vita da adulti. C’è sempre una morale da cogliere e Daitarn III non si esime da tale compito. C’è la tragedia familiare e il senso di responsabilità di Haran Banjo, che si mette in gioco per porre rimedio agli sbagli del padre ma, soprattutto, c’è il fallimento e la frustrazione degli uomini che decidono di sposare la causa degli invasori trasformandosi in Meganoidi, vedendo in questo gesto una possibilità di riscatto e vendetta contro quella società che li ha respinti e traditi.
L’aspetto unico di questa serie è l’approccio scanzonato che ci mette al riparo da quel doveroso esame di coscienza che siamo chiamati ad affrontare ogni qualvolta ci affezioniamo al robottone di turno. Sta tutto lì. Nell’attacco solare che Banjo usa contro i nemici. Solare l’attacco, solari noi quando ci godiamo la spacconeria del protagonista e l’assidua presenza di gnocca che non guasta mai.
Haran Banjo è il figlio del Professor Haran Sozo, creatore su Marte di incredibili cyborg (meganoidi), che, sviluppata un’autocoscienza pericolosa, si ribellano al proprio creatore organizzandosi in un temibile esercito che ora vuole conquistare la Terra. A capo di quest’armata troviamo Don Zauker, coadiuvato dalla sacerdotessa Koros.
Il reclutamento di nuovi soldati, avviene tramite la trasformazione degli umani che, costretti o volontariamente, si aggiungeranno alle copiose file di meganoidi pronti all’attacco. La dotazione d’attacco è data dalle Macchine della Morte, astronavi guidate da comandanti che assumono le sembianze di giganteschi Megaborg, spaventosi robot di combattimento. Solo il Daitarn 3 è in grado di rispondere all’attacco alieno, e lo fa pilotato dall’attraente Banjo affiancato da due bellezze mozzafiato, Beauty Tachibana e Reika Sanjo. La squadra dei buoni è inoltre composta dal piccolo Toppi e dal maggiordomo di Banjo, Garrison Tokida, unico in grado di reggere il confronto con i servizi che il caro e vecchio Alfred riserva a Bruce Wayne.
La forza che ha reso il Daitarn III uno dei nostri super robot preferiti, è quella di prendere e smontare i cliché utilizzati in questo tipo di narrazione e renderli fruibili in maniera anche leggera, il che diciamolo, ogni tanto non guasta.
Il racconto, che si sbroglia in 40 episodi, muove i suoi passi tra gag e un’intelligente parodia del genere mecha che fanno di Banjo probabilmente il più imbranato dei piloti e del Daitarn, il robot con la dotazione di attacco più assurda che ci sia. C’è qualcosa di più divertente del Daitarn Ventaglio? Quando Banjo inizia a sventolare i Megaborg io non riesco a trattenere le lacrime per quanto rido.
Tomino inoltre non ci risparmia mai i due minuti di aggancio del Mach Patrol nel Daitarn. Ora, tralasciando che il Mach sembra entrare nelle chiappe del robot, se a voi piacciono i super robot quanto a chi scrive, concorderete con me nel dire che le trasformazioni sono sacre quanto la metamorfosi dell’ostia nel corpo di Cristo. In questa serie ne accadono di tutti i colori. Incastri mal riusciti, lisciate di aggancio, difficilmente è buona la prima e questo è uno di quei motivi che giustificano la nostra affezione che ci fa abbandonare a sentimentalismi vari quando vediamo una puntata di Daitarn 3.
Volutamente Tomino esagera con gli elementi tipici del genere, offrendoci un sorriso. E questo è davvero un bel regalo. I rituali con cui si muove la narrazione, mettono a proprio agio lo spettatore, che ad ogni puntata si prepara all’attacco solare da scagliare contro i nemici. La morale riesce a fondersi alla perfezione con l’esilarante spacconeria di Haran Banjo (probabilmente il più bel pilota di cui abbiamo memoria), la rivalità tutta al femminile delle assistenti che si contendono le attenzioni del protagonista e i serafici movimenti di Garrison Tokida, in grado di trovare una soluzione a tutto.
Indubbiamente l’elemento che colpisce di questo anime senza tempo, è il modo scanzonato con cui il regista ci guida verso la presa di coscienza finale a cui siamo irrimediabilmente chiamati quando dobbiamo confrontarci con chi vuole mettere le mani sulla Terra. Seppur in modo sottile, Tomino racconta il fallimento degli uomini e la loro voglia di affrancamento passando al lato oscuro della forza. In questo tradimento, si cela la voglia di riscatto contro la società che ha abusato di loro, tematica molto forte che troverà compiuta espressione nel successivo Gundam, ovvero quel livello superiore che poi porterà i Cyber Newtype del Mobile Suit a interrogarci sull’andamento dell’evoluzione tragicamente indotta dall’uso invasivo della tecnologia.
Eccolo qui il profeta Tomino.
Il gioco forza, per questo super robot, è il ribaltamento delle prospettive nonostante la presenza di un canovaccio da seguire definito e lineare.
Vi confesso che l’anime di Daitarn 3 potrebbe essere tranquillamente capito vedendo la prima e l’ultima puntata. Non ci sono problemi di comprensione legati alla storia. Tuttavia, sarebbe un vero peccato perdersi tanto divertimento, soprattutto se vi concedete di approfondire quanto basta prima di regalarvi la visione di questo classico senza tempo (ormai possiamo definirlo così). L’Imbattibile Daitarn 3 usa armi senza senso che i protagonisti elogiano pur sapendo che non servono a nulla. Il pilota colleziona mimiche facciali idiote ed è in grado di resistere come mamma l’ha fatto al freddo glaciale o di sconfiggere a mani nude orde di meganoidi. Trovo irresistibile i nemici che si annoiano aspettando che l’assemblaggio del robot (due minuti esatti cari lettori sono un’infinità) sia completo; l’assenza di risposte dagli aiutanti di Banjo troppo impegnati a seguire la loro telenovela preferita. Volete davvero perdervi tutto questo?
Tornando seri per un attimo e volendo darvi lo spunto giusto da cui partire per quel ribaltamento di prospettiva caro all’autore, pensiamo al racconto proposto e alla contrapposizione eroi/ nemici da sconfiggere. Quelli che possiamo definire “buoni” sono spietate macchine belligeranti. Banjo è ossessionato dalla guerra e dall’idea di voler riparare agli sbagli del padre.
Questa presa di posizione lo fa avanzare verso l’obiettivo senza nessuna pietà e giocando sporco quando serve, senza mai guardarsi indietro. Siamo distanti dalla figura dell’eroe e dalla solennità con cui lo stesso affronta la battaglia. Dall’altra parte della barricata troviamo i meganoidi. La loro malvagità è fuori discussione ma i moventi restituiscono una vasto assortimento delle debolezze umane. Dietro le azioni dei generali, sovente si celano storie drammatiche e a differenza dei buoni, li vediamo compiere azioni valorose e degne di rispetto.
Mentre dunque tutto si confonde, i confini tra bene e male perdono di nitidezza, la storia prosegue fino al suo epilogo.
La chiusura ci regala l’inevitabile scontro finale tra Don Zauker, trasformatosi in un megaborg gigantesco, e il Daitarn, che farà uso del suo arsenale senza pietà.
La battaglia finale contro il capo dei meganoidi, per noi appassionati del genere, è un piccolo assaggio degli scenari tominiani ed è ambiguo e aperto quanto basta, per farci presagire i futuri sviluppi.
Proprio sul finale bisogna essere molto scrupolosi cari lettori. Siete su MegaNerd, dopotutto e qualche attenzione è obbligatoria. Il doppiaggio italiano di quest’anime è leggendario, non si discute. Tuttavia, sul finale della storia non si presta bene a quell’ambiguità che invece è fondamentale cogliere in Daitarn 3. Sarà stata la premura di confezionare l’anime, non voglio criticare troppo i tempi che furono perché era consuetudine lavorare in fretta sul doppiaggio. Purtroppo risulta superficiale e il finale è totalmente alterato. Il consiglio che vi diamo è di preferire il lavoro di ridoppiaggio del 2000, perché vi permetterà di apprezzare fino in fondo l’opera di Tomino.
L’Imbattibile Daitarn 3 è un tassello indimenticabile della nostra memoria felice. L’attacco solare, i meganoidi, la sigla dei Fratelli Balestra (I micronauti) e, ovviamente, faccia di culo Zauker.
Che dite? Mentre siete arrivati alla fine di quest’articolo, Banjo avrà concluso la trasformazione di Daitarn 3?
Abbiamo parlato di:
L’IMBATTIBILE DAITARN 3
Muteki Kojin Daitarn 3
Regia: Yoshiyuki Tomino
Soggetto: Hajime Yatate, Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Hiroyuki Hoshiyama, Masaaki Sakurai, Yoshihisa Araki, Kenichi Matsuzaki, Soji Yoshikawa, Yoshiyuki Tomino, Shoichi Taguchi, Tateya Noburo
Character Design: Norio Shioyama
Mechanical design: Kunio Okawara
Musiche: Takeo Watanabe
Studio: Sunrise
Formato: Serie TV di 40 episodi (durata ep. 24 min. circa)
Anno: 1978-1979
Edizione Italiana: Dynit
(potrete scegliere tra i doppiaggio storico e il nuovo, del 200)