Abbiamo messo le mani su Carnet Selvaggio, la meravigliosa opera di Zao Dao pubblicata in Italia da Oblomov Edizioni. Ecco cosa ne pensiamo
Ciclicamente la Cina occupa i miei pensieri (grazie MegaNerd). Li riempie in maniera tracotante, li colora di rosso vermiglio e di satura giada; l’inonda di odori fino a quando tutto perde contorno. Riuscire a scorgere i confini della Cina a volte può essere solo un sogno.
Carnet Selvaggio è una retrospettiva su una poetessa dell’immagine qual è Zao Dao. Lasciato Yaya a intraprendere il cammino della conoscenza ne Il Soffio del Vento tra i Pini l’Autrice torna, grazie al sodalizio prezioso con Oblomov Edizioni, a guidarci in un Paese lontano che conserva la capacità di nutrirsi delle sue storie millenarie. Questa volta lo fa in maniera intima e discreta, scegliendo di raccontare non la storia di altri ma la sua; solo in parte ovviamente. Tanto basta per instaurare un dialogo sincero volto alla conoscenza di quanto le è più caro, della consistenza della sua terra natia e delle sue tradizioni che, ancora una volta, sanno di respiro, di vita.
Una galleria di volti che raccontano con lo sguardo un intero mondo; la tenuità del colore che si fonde con ciò che li circonda per poi esplodere quando la natura sovrasta i pensieri dell’Autrice. E se dietro non c’è nulla, in quegli occhi noi vediamo esattamente ciò che loro stanno osservando: questa è la capacità strabiliante di Zao Dao.
Se invece a dominare la visione sono le anime che proteggono la Cina, i suoi demoni negli spazi aperti o nei cortili dei villaggi, essi rispettano l’iconica tradizione colorandosi però di sogno.
C’è assoluta armonia. Carnet Selvaggio trasmette una serenità incredibile.
Accedere alla retrospettiva di un Autore attraverso i lavori preparatori, la cattura di un frammento del mondo reale o dei suoi ricordi, riempie così tanto gli occhi da sentirsi appagati, sazi.
Quando lessi Il Soffio del vento tra i pini, dichiarai il mio amore per Zao Dao. Ancora una volta me ne resto qui a dedicarle i miei pensieri.
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