È uno dei fumetti italiani più premiati degli ultimi anni, chi lo legge ritiene sia un appuntamento imprescindibile: proviamo a scoprire insieme cosa rende Mercurio Loi un capolavoro contemporaneo
È da tempo che vorrei scrivere questo articolo, ma tendo a rimandarlo sempre. Mi sembra di essere ancora poco preparato o temo di non aver colto tutte le possibili sfumature di quello che vorrei dire. Il concetto alla base che voglio trasmettere è molto semplice: il fumetto da edicola della Sergio Bonelli Editore, Mercurio Loi, è un capovolavoro assoluto che cresce numero dopo numero. Mi sono sempre chiesto come debba essere stato per i contemporanei trovarsi davanti al primo numero di Watchmen o, per restare in Italia, sfogliare le pagine di quel gioiello che era Ken Parker appena uscito. Punti di non ritorno, che cambiano per sempre il modo di rapportarsi a una storia di strisce disegnate. Ora lo so, ed è una sensazione al tempo stesso bellissima ma anche frustrante perché si sente la necessità di condividere tutto questo entusiasmo e non sempre è facile, in quanto davanti a qualcosa di così nuovo non sempre si trovano le giuste parole.
Mercurio Loi è originale già dall’ambientazione, una Roma papalina degli anni ’20 dell’ottocento in cui si nascondo carbonari e sette segrete, ma anche piena di personaggi che, almeno all’appararenza, somigliano molto a dei veri e propri super cattivi da fumetto americano (ve l’immaginate la Roma di Gigi Magni col Joker, tanto per fare un esempio?). Alessandro Bilotta, il premiatissimo autore della serie, si diverte a giocare con gli stereotipi, soprattutto nei primi numeri: il professore di storia Mercurio Loi è parente stretissimo dello Sherlock di Arthur Conan Doyle mentre il suo aiutante Ottone appare un impulsivo Robin dal ciuffo biondo. Numero dopo numero però, l’autore li rende sempre più tridimensionali e gli fa compiere scelte non sempre moralmente irreprensibili: la distanza con i superoeroi (ma anche con i classici bonelliani) è volutamente abissale. Anche se gli albi sono autoconclusivi c’è una trama che prosegue in maniera mai scontata e numero dopo numero la Roma di Bilotta prende forma, grazie anche ai comprimari come il meditativo colonnello Belforte, muto dopo che un criminale gli ha tagliato le corde vocali; Galatea, la bambina che è a capo della setta Sciarada o l’inesperto governante Leone.
Alessandro Bilotta dimostra di avere une penna raffinatissima e quello che rende speciale quest’opera è il modo in cui racconta: al di là dei continui giochi prospettici e di simmetrie con le tavole o le citazioni, riesce a rendere protagonista la narrazione stessa. Credo che Mercurio Loi sia prima di tutto un discorso sul racconto che farà felicissimmi tutti coloro che conoscono in profondità il mezzo fumetto. Dopo qualche numero in cui prende le misure, l’autore regala una serie di storie che hanno sempre un’idea originale, un punto di vista inaspettato o una struttura inedita per un fumetto da edicola. Dal numero quattro in poi, secondo me, le trovate diventano sempre più spettacolari e rendono Mercurio Loi la lettura migliore che possa capitare a chiunque.
Bisogna aggiungere che l’esercito di disegnatori che ha realizzato le idee di Bilotta è eccellente in tutti i numeri: Matteo Mosca, Gianpiero Casertano, Onofrio Catacchio, Sergio Gerasi, Andrea Borgioli, Sergio Ponchione, Massimiliano Bergamo e Francesco Cattini si sono alternati, ognuno con le proprie caratteristiche ma riuscendo a tener strettissimo il rapporto tra disegno e sceneggiatura, a livelli che non vedevo da Watchmen, ma lì c’era un solo disegnatore e tutto era sicuramente più facile da questo punto di vista. Ogni elemento è utilizzato al meglio, anche i colori valorizzano le storie (per ora abbiamo visto: Francesca Piscitelli, Stefano Simeone, Erika Bendazzoli, Andrea Meloni, e Nicola Righi). Un applauso enorme alle evocative copertine di Manuele Fior, un valore aggiunto inestimabile (prendete come esempio l’ultima, quella del numero 13).
Bisogna essere preparati ad avvicinarsi a Mercurio Loi, ogni numero dev’essere riletto più volte per trovare tutte le sfumuture, i suggerimenti e le citazioni. È un fumetto che sa giocare con il lettore attento e che ha voglia di perdersi nel susseguirsi delle vignette, senza curarsi del fatto che a volte non tutti i dettagli della trama vengono spiegati, esattamente come succede nella vita reale, dove non tutto è comprensibile in maniera razionale.
Spendo due parole per l’utimo numero “Tempo di notte“. Per quanto mi riguarda, nella mia semplice esperienza di lettore, l’ho trovato il fumetto definitivo, quello che all’interno ha tutto ciò che vorrei trovare in una storia. Oltre al livello di approfondimento a cui i lettori di Mercurio Loi sono abituati, alla tematica generale che viene sviscerata (la notte, appunto) e ai comprimari che diventano protagonisti, questo numero lo trovo completo anche per ciò che succede a livello di trama. Riesce ad accontentarmi sia da un punto di vista profondo (con tutto quello di cui ho parlato fino ad ora) che in maniera più superficiale, lasciandomi sconvolto per gli avvenimenti che accadono. Non so quanto possa andare avanti questo stato di grazia di Alessandro Bilotta, ma in questo momento probabilmente è l’autore migliore in circolazione.
Bisogna inoltre sottolineare come questo fumetto sia una rivoluzione anche da un punto di vista produttivo: è rarissimo trovare un’opera del genere dalla qualità immensa in edicola, ad un prezzo così basso (4.90 euro). È un peccato che la sfida non sia stata colta appieno dagli appassionati di fumetti e che Mercurio Loi non riesca a fare grandi numeri, tanto da passare alla bimestralità. È impensabile che qualcosa del genere resti conosciuta da pochi. Mi rivolgono a chiunque legga quest’articolo, appassionato di fumetti o lettore occasionale: chiunque tu sia non hai scuse, recupera subito questa serie o vai in edicola e compra l’ultimo numero. Ti stai perdendo senza alcun motivo valido una delle letture più belle e appassionanti che tu possa immaginare.
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