Perché Avengers: Endgame è un film che procede su due strade. Strade che vanno In direzioni opposte. E una è un vicolo cieco
Uno spettatore di Endgame ha spoilerato il film mentre usciva dalla sala, per poi subire percosse da parte di alcune vittime “spoilerate” in cerca di vendetta.
Questa vicenda fa comprendere quanto inaudito sia il fenomeno Endgame, ed è un utile promemoria che ci ricorda quanto importante sia avvertire le persone attorno a noi prima di rivelare parti fondamentali della trama.
Quindi fate attenzione: le seguenti righe contengono spoiler.
Perché il pubblico si sta spaccando in due fazioni che si criticano reciprocamente accusandosi di non capire nulla e di aver “visto un altro film”? Opinioni, pareri personali.
De gustibus non disputandum est! Ma c’è invece un elemento su cui si può “disputare”: il modo in cui Endgame fa da sorgente per due punti di vista cosi antitetici e conflittuali.
Andiamo a vedere cosa si cela dietro l’ultimo sforzo dei fratelli Russo.
Il film ha molteplici pregi.
L’epicità conclusiva è estasi per i più affezionati.
Al botteghino fracasserà ogni precedente record.
È lodato dalla critica e osannato dalla maggior parte dei fan.
Segnerà inevitabilmente la storia del cinema.
Lo stesso autore di queste righe che vi apprestate a leggere, ben lontano dal volersi ergere a critico custode della verità, ha apprezzato Endgame, ma ne ha anche notato le diverse lacune che un hype durato dodici lune non è riuscito a celare.
Il film ha molteplici difetti.
Non è perfetto nel suo genere.
Non è un capolavoro cinematografico.
Probabilmente, per qualità tecnica, non andrebbe oltre una sfiorata sufficienza.
INFINITY WAR vs ENDGAME
Pur essendo opere distinte, il confronto è inevitabile, tutti hanno paragonato i due film: Endgame è stilisticamente tutta un’altra storia rispetto ad Infinity War, la cui oppressione costante era accompagnata da una narrazione impeccabile e da un ritmo serrato centrato sul dramma d’azione. Infinity War mirava ad essere una tragedia ansiogena insostenibile.
Uno dei pregi di Endgame è Infinity War, lo spettatore continua a proiettare l’atmosfera magnetica/catastrofica vissuta l’anno precedente anche sulla neonata pellicola di casa Disney, rendendo inoltre più significative e frenetiche le prime sequenze che al contrario sono così lente e calme (e talvolta vuote).
Ma Infinity War è anche uno dei difetti di Endgame, avendo generato un’aspettativa emotiva insaziabile ed enorme, ed avendo dettato le regole per il futuro, condannando la “Fine dei giochi” alla pressione di dover mantenere standard ben definiti da seguire.
L’ultima pellicola Marvel, oltre all’arduo compito di dover essere all’altezza della Guerra Infinita, doveva annullare gli eventi in essa accaduti e concludere un viaggio di 11 anni. Non proprio semplice.
Infinity War era migliore? Forse sì, ma aveva più spazio di manovra, margini d’errore più tollerabili di Endgame.
Disgiungimento in Infinity War e congiungimento in Endgame.
Distruzione nel primo e costruzione nell’altro.
Than(at)os e poi Eros.
Thanos ed Avengers.
LUTTO
Primo atto
La scelta di eliminare Thanos in maniera così improvvisa è stata un azzardo, ma lo sgomento e il disorientamento che ne conseguono sono funzionali e permettono lo switch verso uno stato d’animo più cupo e apprensivo che, tuttavia, ha vita breve a causa di ritmi altalenanti.
Il ritmo lento non è un male, ma i tempi morti privi di significato lo sono, ed Endgame non ne è privo.
Nonostante il tentativo di mostrare rabbia e depressione, la prima ora non è perfetta. Trattare temi maturi come il lutto e la disperazione non rende necessariamente il film maturo.
Riuscito il rischioso tentativo di mostrare un Tony Stark evitante e completamente assorbito dal proprio idillio familiare.
Lodevole la caratterizzazione di Vedova Nera (con una Scarlett Johansson magistrale) e di Clint Barton. Sopra tutti, sono questi i due eroi che più patiscono la morte delle persone care e che conferiscono al primo atto di Endgame quella credibilità che altrimenti sarebbe venuta meno.
Bene anche il delicato ricongiungimento di Scott Lang con la figlia.
FANTASMI
Secondo atto
Questo è l’atto dell’autocelebrazione, furbescamente messa in scena con viaggi nel tempo che mostrano eventi e personaggi incontrati in passato. I time travels hanno come scopo principale il recupero delle gemme per riportare in vita quel 50% scomparso nel 2018.
Astuta, la Marvel: prima di arrivare alla fine dei giochi, ci riconduce verso alcune tappe storiche per ricordare quanta strada è stata fatta. Nonostante l’intento celebrativo sia palese, rivedere certe scene fa piacere e diverte.
Si torna nella New York del 2012 e si torna negli anni ‘70. Tony e Steve incontrano rispettivamente Howard Stark, il padre, e Peggy, donna amata da Cap. Thor torna ad Asgard e ha modo di parlare un’ultima volta con la madre. I tre eroi affrontano così i loro fantasmi in questi frangenti suggestivi; ma se un ulteriore pregio è costituito proprio dal modo in cui questi sentimentalismi sono stati costruiti, non mancano nuovamente i difetti. Endgame presenta altri momenti evitabili (Cap che si scontra con sé stesso non funziona) e il ritmo a volte vacilla.
THANOS E LA SOSPENSIONE DELL’INCREDULITÀ
Ultimo atto
La chiusura di Infinity War ha lasciato le emozioni dello spettatore sospese in un limbo. Chiunque si sia lasciato trascinare dagli eventi del 2018 ne è rimasto terribilmente scosso.
Endgame doveva essere la porta dalla quale, dopo un bussare prepotente durato un anno, quelle stesse emozioni avrebbero dovuto sfondare l’ingresso e sfogare la loro pulsante essenza.
Ciò non accade quasi mai, se non nella ormai famosa “ultima ora di Endgame”.
Non stupisce che per molti questo sia uno dei punti di forza del film, l’ultimo macro-atto sembra voler cavalcare l’atmosfera angosciante e frenetica del “prequel” mettendo in scena una battaglia che punta all’epicità. L’ultima ora del film è dunque un tripudio di azione e una tachicardica risalita rispetto alle prime parti riflessive. E, non a caso, il rialzarsi dell’asticella è accompagnato dal ritorno di Thanos.
Il nemico, nuovamente interpretato da Josh Brolin, torna per portare morte, per eliminare i Vendicatori e distruggere i difetti del film, nascondendo in una delle sue navi un asso nella manica chiamato sospensione dell’incredulità.
È nuovamente palpabile l’angoscia insostenibile, e insieme a questa, la sensazione di disastro incombente che il Titano trasmette. Il fiato inizia a mancare.
Ma non c’è solo timore.
Stavolta lo odiamo. Non lo tolleriamo più. Cerchiamo rivalsa.
E così, per chi è sempre stato fan del MCU, questi ultimi minuti sono inevitabilmente i più coinvolgenti dei ventidue film.
Ci si dimentica provvisoriamente del tempo perso con Thor su Fortnite e Hulk sui selfie, tempo prezioso che si sarebbe potuto sfruttare per mostrare ben altro.
Ma si trema e si soffre, ora.
L’arrivo in campo degli eroi scomparsi cinque anni prima è reso in maniera egregia con un campo lungo a visuale aerea che segue il volo di un rinato Falcon.
Steve grida che gli Avengers sono Uniti.
Le legioni del Wakanda, all’urlo della Pantera, marciano e si scagliano sul nemico dando inizio ad uno scontro frenetico e caotico, in cui la regia degli abili fratelli Russo riesce a fare ordine.
Doctor Strange è magnetico e Spidey diverte, ma non prima di ricongiungersi con Tony in un abbraccio sperato.
Il bagno di sangue prosegue.
Purtroppo alcuni eroi non troveranno molto spazio durante la lotta, e ci si confonde ancora per il continuo inserimento di momenti comici stonati, ma è una confusione che dura poco. Davanti alla collera di Thanos, interrompiamo, volontariamente o meno, la nostra facoltà di rimanere increduli e sconcertati di fronte a certe note fuori posto: lo sgomento è accecante e si ritorna a lottare con i nostri eroi, come dei bambini meravigliati.
Wanda è preda della sua rabbia ma nulla può di fronte alla pioggia esplosiva dell’avversario.
Nemmeno Carol può reggere l’urto delle gemme appena riconquistate da Thanos, che sembra avere la meglio.
Continuiamo così a soffrire e ad infuriarci e a dimenarci.
Fino a che Tony schiocca le dita.
Il Titano si siede, stremato, osserva il vuoto davanti a sé. Libera lo spettatore e libera sé stesso con un ultimo respiro affaticato, in un’immagine analoga al finale di Infinity War. Ciò riconduce ad un parallelismo interessante che fa riflettere: sembra reagire in maniera identica sia di fronte ad una sconfitta sia dinnanzi ad una vittoria.
Un altro Thanos?
Diversi spettatori hanno fatto notare (con accezione negativa) il poco spazio dedicato al villain. Sul poco spazio non c’è dubbio, ma ciò non costituisce un problema o un difetto del lungometraggio.
lo si è chiarito poco prima: il thanatos era il motore di Infinity War, in Endgame spetta all’eros il compito di sovrastare la narrazione. Non ci si dovrebbe dimenticare inoltre il merito di Thanos – nonostante i tempi stretti – di aver salvato la qualità del film riportandoci alla bellezza di Infinity War.
Thanos è cambiato? No, è sempre lui, ma più disilluso. La sua esistenza ha gravitato esclusivamente attorno ad un ideale (dimezzare la vita nell’universo). Una visione dal futuro mostra come la concretizzazione di quell’idea, per lui così essenziale, non risolva nulla. L’unica conseguenza possibile del vedere sgretolato il proprio unico scopo è un nichilismo totalizzante, specie se questo scopo è un pensiero con caratteristiche dominanti ed ossessive. Gli sceneggiatori stavolta non sbagliano.
Dimezzare la vita per purificare la vita non è abbastanza. Serve una tabula rasa, un reset.
Thanos, oltre ad assumere connotazioni ancor più nichiliste, comincia a serbare un rancore che in Infinity War non gli apparteneva. Rancore indirizzato a quegli stessi umani che non solo gli hanno mostrato indirettamente la fallacia del suo piano, ma sottraggono dal suo Tempo le gemme necessarie alla riuscita del piano stesso.
Sì, non è da lui prenderla sul personale. Lo ricordavamo distaccato e superiore rispetto a concetti come “risentimento” o “offesa”, eppure è sempre lo stesso Thanos: terrificante, narcisista, inamovibile, caparbio e pragmatico, proprio come lo abbiamo conosciuto nel 2018.
Durante quel poco spazio in cui si mostra, Thanos continua ad affascinare e impaurire.
È meno stanco e più distruttivo.
PREGI NEI DIFETTI, DIFETTI NEI PREGI
Gli esseri umani si avvicinano in maniera differente a seconda del film che osservano. Quindi non ci sarebbe da stupirsi nel vedere emergere certe critiche.
Endgame potrebbe sembrare troppo confusionario: «Il film sembra voler essere troppe cose».
Si potrebbe disapprovare un ritmo non sempre ben collaudato, e una narrazione non impeccabile tra i 3 macro atti.
Nonostante vi siano momenti decisamente divertenti, si potrebbe imputare la non perfezione dell’opera al tempo perso con alcuni fragenti comici non sempre riusciti, elemento che in Infinity War non si poteva denunciare.
Alcuni non perdoneranno la caratterizzazione dei personaggi talvolta superficiale, non solo verso la controparte cartacea ma anche rispetto ai precedenti del MCU.
“Professor” Hulk non funziona, troppo marginale.
Thor, poi… è ovvio: Thor è stato reso grasso e lagnoso per creare risate e per render più equilibrata la battaglia finale, inizialmente funziona (Thor è un dio fallace e incline all’alcol). A lungo andare però, le risate potrebbero affievolirsi e il personaggio potrebbe stancare portando il pubblico a rimpiangere quel Thor così ben valorizzato e determinato che in infinity War aveva mostrato tutto il suo potenziale. Qui non stupisce e in combattimento pare fiacco.
Captain Marvel, oltre all’intervento finale da Deus Ex Machina, è troppo assente, ci si aspettava ben di più.
Pepper Rescue Potts è un grandissimo e sonoro “no”.
Se certi fan hanno visto un’opportunità nei viaggi temporali, altri fanno notare come ci siano problemi di sceneggiatura ed incongruenze date principalmente da una non ben chiarita dinamica durante il “time travel”, per cui, pur riportando indietro alla rispettiva linea temporale le gemme, la linea rimarrà comunque alterata data l’assenza del titano. Ma questo è solo uno dei tanti dibattiti che la sceneggiatura ha provocato.
E le musiche? Alan Silvestri ha fatto un lavoro egregio, ma il tema principale degli Avengers ormai ci ha abituati e può apparire monotono un suo ripetersi così tante volte durante la pellicola; sebbene sia d’obbligo usare quel tema in un film di chiusura e di celebrazione come questo, il troppo stroppia.
Il mo(vi)mento femminista può far storcere il naso. Quell’agglomerato di donne nulla aggiunge al valore delle eroine, la cui forza è sempre stata evidente e palpabile: le brevi sequenze in cui Wanda e Carol affrontano Thanos (per citare due delle scene più pregevoli), veicolano un messaggio femminista più efficace e genuino della scena “MeToo” citata pocanzi.
Inutile sottolineare il dolore per la morte di Tony. Per alcuni è una scena che si poteva evitare, per altri è un momento ineccepibile, seppur tragico (una donna è stata ricoverata poiché non in grado di fermare le lacrime). Tuttavia, questo dibattito non ci interessa, poiché la scena rappresenta un simbolo di liberazione per l’intero universo condiviso e questo articolo non ha spazio per commenti o critiche a riguardo.
ADDIO
«Ti amo 100.000» è il modo di Tony per dare alla figlia la buonanotte. La bambina replica «Ti amo 3,000», certa che questa sia una cifra superiore a 100.000. Tony controbatte ironico: «Wow».
3.000 è una cifra bassa ma, contestualizzandola, sappiamo bene come valga più di 100.000.
Esattamente in questa maniera, Endgame è, per moltissimi fan, un 3.000.
Non ottiene un voto alto per quanto riguarda qualità e tecnica, ma conquista un voto simbolicamente più significativo, specie per coloro che per anni si sono immersi in queste storie.
Un film emotivamente riuscito e sconvolgente per chi è disposto a farsi sconvolgere.
Un film d’impatto per coloro che sono disposti a stupirsi ancora un’ultima volta.
Questo ad alcuni non basterà, è comprensibile. In molti esigevano un 100.000 e non l’hanno avuto.
FINE
L’articolo è iniziato con una metafora su due strade.
C’è la strada del 3.000, una cifra irraggiungibile e non quantificabile, la strada percorsa dal bambino che è in noi, la strada dello sconvolgimento e della meraviglia, della giusta liberazione da quell’angoscia titanica provata troppo a lungo, la strada in cui Endgame è considerato lo spettacolare ed epico punto di chiusura di una saga memorabile.
C’è poi la strada di un 100.000 non raggiunto, un vicolo cieco che cinematograficamente è lacunoso e i cui difetti provocano un fastidio intollerabile, una delusione data dalle troppe aspettative che si sono trasformate in amarezza.
Queste due vie rappresentano la doppia faccia di Endgame, un film dilemmatico che per decenni farà parlare di sé.
Endgame è sia un irraggiungibile 3.000 che un 100.000 non raggiunto.