In molti avevano parlato di Si alza il vento come l’ultima opera del maestro Miyazaki, ma dopo anni e a seguito dell’annuncio di un altro lungometraggio, rivediamo i messaggi lasciati da questa storia molto profonda
Si alza il vento (Kaze tachinu) è un film si animazione del 2013 scritto e diretto da Hayao Miyazaki e animato dallo Studio Ghibli, è la trasposizione cinematografica dell’omonimo manga dello stesso regista. Se in parte la storia è ispirata al romanzo di Tetsuo Hori, può anche essere considerata semi-autobiografica; rielabora in maniera fantasiosa la vita di Jiro Horikoshi, progettista di aerei da caccia durante la Seconda Guerra Mondiale.
È stata una delle opere più premiate e discusse del maestro Miyazaki, dopo la sua uscita nelle sale ci aveva lasciato con l’annuncio del suo ritiro e l’interpretazione di “Si alza il vento” aveva preso un sapore del tutto malinconico e amaro. A distanza di qualche anno possiamo ripercorrere i temi trattati e i messaggi che il regista voleva far arrivare, senza sentire il peso del suo abbandono al mondo dell’animazione.
Stiamo parlando sicuramente di una pellicola matura e carica di temi drammatici, dal sisma che lacerò il Giappone nel ’23, a malattie come la tubercolosi contro cui l’uomo era alquanto impotente.
Qualcuno ipotizza che il regista abbia deciso di rappresentare il terremoto del Kanto per portare in evidenza i segni lasciati dal trauma di Fukushima, le profonde lacerazioni economiche e sociali nel Paese e le pesanti conseguenze a livello politico. Viene rielaborata e ripercorsa la vita di un brillante ingegnere aeronautico, Jiro Horikoshi, riannodandola con quella generale del suo paese. Conosciamo Jiro già da bambino, mentre sogna ad occhi aperti di costruire potenti e magnifici velivoli ispirati a quelli costruiti in Italia da Gianni Caproni, progettista famoso per il senso estetico che imprimeva ai suoi aerei. Jiro ne è talmente affascinato da incontrarlo spesso nei suoi sogni, in cui l’ingegnere gli fa spesso da mentore, piccoli pretesti che consentono a Miyazaki di dare sfogo a tutta la sua immaginazione e alla sua passione per il volo.
Oltre all’ammirazione per il volo, la vita di Jiro è legate alla figura della bella e cagionevole Naoko, l’amore della sua vita. Jiro e Naoko s’incontrano su un treno in una scena molto tenera e romantica, ma il loro amore non sarà uno di quelli fiabeschi a lieto fine, tanto che quello stesso viaggio viene scosso dall’orrore di un boato che squarcia la terra. La sequenza del terremoto è tra le più riuscite e impressionanti di Si alza il vento, tanto che la terra che trema sembra uno dei protagonisti della storia, il suono del boato – e in seguito quello del rombo degli aerei – è stato riprodotto con l’uso di voci umane.
Seppur Miyazaki si sia dimostrato sempre pacifista per i temi trattati, le prime accuse ricevute per quest’opera sono state quelle di revanscismo e bellicismo per l’eccessiva ammirazione nei confronti di un progettista di aerei da guerra, i Mitsubi ASM Zero, tristemente noti perché sono gli stessi utilizzati dai kamikaze durante la seconda guerra mondiale. La critica però è del tutto gratuita, anzi lo stesso Caproni ci lascia un messaggio chiaro e triste affermando che tutti quei bellissimi aerei si sono trasformati in bruttissime armi e non ne è tornato nemmeno uno. La guerra non ha avuto riguardi per nessuno, nemmeno per la bellezza dei suoi stessi protagonisti.
Il film iniziò a prendere forma nel 2008 dopo la conclusione di Ponyo sulla scogliera. Fu un lavoro che richiese molto tempo, per la parte sentimentale il regista prese ispirazione dal romanzo omonimo di Tetsuo Hori, a sua volta ispirato a Le vent se lève, un passo del poema Le Cimetière marin di Paul Valéry.
Edito in Italia da Kappalab, il romanzo è la trasposizione di un’esperienza realmente vissuta dall’autore, nonché uno spettacolo della quotidianità giapponese della prima metà del 900. A differenza del nostro Jiro, il protagonista non rivela il vero nome, appreso il precario stato di salute della fidanzata, decide di accompagnarla in un sanatorio sulle alpi giapponesi e tenta di vivere al suo fianco la difficile esperienza cercando di trovare insieme a lei la felicità nelle piccole cose quotidiane, nei gesti d’affetto, nella natura che li circonda e nel cielo azzurro che li sovrasta. È un’opera commemorativa verso l’amata scomparsa.
Il messaggio che ci arriva forte e chiaro è quello portato dal vento, nella vita di Jiro il vento simboleggia il ritorno alla vita, il coraggio di vivere il presente, cogliere l’attimo e trascurare i contorni. L’amore nella tubercolosi è come un SI alla vita, trasforma il dolore della malattia in felicità e la lotta contro la malattia, in armonia tra i due innamorati. Proprio perché il vento porta movimento e rumore, a prescindere dalla visione del mondo che abbiamo, ci insegna a non smettere mai di sognare.
Per Miyazaki una vita senza sogni è una vita incompleta, come un’esistenza che rimane inchiodata a terra e non riesce a volare lontano, magari verso posti così meravigliosi che sembrano delle favole. Il sogno è l’ingrediente segreto della ricetta della vita, e senza non ha alcun sapore.
Dopo una storia così profonda e coinvolgente, dopo un messaggio così forte e chiaro, non potevamo aspettarci un addio dal nostro amato regista. Nonostante tratti una storia travagliata e un triste epilogo, restiamo senza quell’aspettato amaro in bocca che dovrebbe riservarci la vita in questi casi. Ciò che resta è la voglia di andare avanti: nonostante tutto, si alza il vento. Nemmeno Miyazaki ha smesso di sognare e di voler regalare sogni, noi siamo qui, in attesa di Kimi-tachi wa Dō Ikiru ka, (in inglese How Do You Live?).
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