Prendete le ambientazioni steampunk di una fumosa Londra vittoriana, aggiungeteci una forte connotazione fantasy, un pizzico di thriller che strizza l’occhio all’horror e mescolate il tutto con un dramma politico che riprende i temi dell’attualità; otterrete Carnival Row, la nuova serie Amazon Prime Video con Orlando Bloom e Cara Delevigne
Otto episodi della durata di un’ora circa ciascuno, vi proietteranno in un mondo non proprio fiabesco, anzi; efferati omicidi che ricordano Jack lo squartatore, orfanotrofi di dickensiana memoria, macchine volanti e marchingegni che sembrano usciti dalla penna di Verne sono soltanto alcune spunti che Carnival Row ci offre in questa prima intensa stagione.
Sin dal primo episodio ci ritroviamo catapultati nella città di Burgue, una metropoli dove convivono, non troppo pacificamente, uomini nativi e creature fatate, rimaste senza patria in seguito a una guerra con il misterioso Patto. I ‘bravi’ cittadini di Burgue sopportano a malapena i rifugiati, colpevoli di aver portato dissoluzione, malattie e credenze triviali e nello stesso parlamento della città le due principali forze politiche si scontrano per determinare se questi immigrati siano da integrare oppure da rimandare a casa. In questa allegoria dei tempi moderni regna un tono dark dove ognuno è colpevole a suo modo, ma dove non mancano personaggi positivi e storie d’amore in grado di accendere un barlume di speranza; infatti in un clima di odio neppure troppo velato, tra bordelli gestiti da fate e invocazioni di terribili creature, ci sarà l’occasione per innamorarsi e commuoversi, sempre tra una scarica di adrenalina e un mistero da risolvere.
La prima stagione sviluppa tre sotto trame che s’intrecciano nell’ampio palcoscenico di Burgue, vera protagonista della serie.
Mentre l’ispettore Rycroft Philostrate (interpretato da un Orlando Bloom in ottima forma) dovrà fare i conti col suo passato e districarsi tra una serie di efferati delitti e il ritorno della vecchia fiamma Vignette Stonemoss (la fata interpretata da Cara Delevigne), la famiglia Spurnrose tenterà di riottenere il prestigio perduto tra le aristocratiche famiglie della città, sfruttando l’arrivo di un facoltoso Fauno, guardato con disprezzo da tutti per la sua razza.
Come se non ci fosse abbastanza carne al fuoco, l’ultima trama (forse la più originale e intrigante delle tre) ci svela gli inganni e i giochi politici delle potenti famiglie Longerbane e Breakspear, da sempre rivali a causa delle idee diametralmente opposte sui rifugiati, ma non solo.
Le trame, così come i personaggi, si sviluppano coerentemente, senza troppi fronzoli, forse fin troppo: i colpi di scena sono spesso preannunciati e le storie risultano più una serie di pennellate che non un affresco ben ponderato. Si ha l’impressione che gli sceneggiatori abbiamo voluto esagerare nel rappresentare così tante tematiche complesse tutte insieme senza volerne approfondire alcuna: non a caso la prima sceneggiatura di Carnival Row risale al 2005 e ha subìto diversi rimaneggiamenti prima di vedere la luce. Il potenziale sicuramente c’è, ma ci vuole una maggiore attenzione nei dettagli per rendere credibile un’ambientazione di così ampio respiro; in fin dei conti non veniamo a sapere nulla dei fauni, dei coboldi, dei licantropi e delle loro usanze e religioni se non lo stretto necessario utile al prosieguo della storia. Gli stessi giorni della settimana, rinominati in modo bizzarro, o la lotteria nei quartieri, risultano più un’aggiunta posticcia che non un elemento caratterizzante. In otto puntate certamente non era facile, ma la cura nei costumi, nelle scenografie e in buona parte della colonna sonora, fa ben sperare che questi punti oscuri vengano maggiormente illuminati nella seconda stagione, già confermata.
Nonostante questa sbavatura, consiglio di fare una passeggiata sulla Carnival Row (il ‘ghetto’ delle creature magiche che dà il nome alla serie), resterete sicuramente affascinati dalle sue ambientazioni, dai suoi personaggi e da quell’aria di mistero che si respira a ogni vicolo.
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