The Queen’s Gambit (La Regina degli Scacchi) è una delle serie più interessanti arrivate su Netflix nell’ultimo periodo. Ve ne parliamo in questa recensione, assolutamente senza spoiler
Da pochissimo approdata su Netflix, The Queen’s Gambit – in italiano La Regina degli Scacchi – è una nuova miniserie originale prodotta dalla piattaforma streaming. La protagonista è Beth Harmon, giovanissima campionessa americana di scacchi, che si afferma negli anni ‘60.
Il titolo, nella sua versione originale, ovviamente storpiato nella traduzione italiana, si riferisce al cosiddetto “Gambetto di donna” una mossa di apertura antichissima, già conosciuta nel 1497, usata ancora oggi nel repertorio dei grandi maestri degli scacchi, che si svolge facendo avanzare un pedone sul lato Ovest della scacchiera (anche conosciuto come il lato femminile), per “offrirlo” all’avversario, cercando un successivo vantaggio pur sacrificando la pedina.
La serie inizia in medias res: siamo a Parigi e Beth Harmon si sveglia in hangover, pronta più o meno, a disputare una nuova partita. Quando Beth si siede e guarda negli occhi il suo temutissimo avversario, siamo catapultati in un immenso flashback. Torniamo infatti indietro di molti anni e vediamo la nostra protagonista, bambina, che viene portata in orfanotrofio a seguito di un incidente d’auto.
Questo orfanotrofio si trova Kentucky, luogo dell’infanzia della protagonista, ed è squallido e severo come ce lo immagineremmo: ci sono signorine che educano le bambine al canto e le insegnano poche cose e le tengono buone somministrando strane “vitamine”. Beth è intelligentissima e le poche attività che l’orfanotrofio propone sono per lei troppo noiose, ma per fortuna conosce Mr. Shaibel. Essendo sempre la prima a finire i compiti, Beth viene mandata nello scantinato a pulire i cassini della lavagna, trova questo burbero vecchio che sta lì da solo a giocare a scacchi: la bambina è incuriosita in maniera tremenda, da allora la sua vita cambierà per sempre.
Dall’età di 9 anni, grazie alle istruzioni di Mr. Shaibel praticherà il gioco degli scacchi, apprendendo in maniera velocissima e quasi spaventosa tutti gli insegnamenti impartitegli dal tuttofare della scuola. Ma è solo quando finalmente riesce a uscire da quella spaventosa gabbia, che si affermerà come giocatrice professionista.
Partecipando a tutti i tornei si afferma, battendo tutti, o quasi. Diventa una star, non solo come vorrebbe lei, perché è effettivamente un prodigio degli scacchi, ma soprattutto perché è una ragazza: una ragazza in un ambiente di uomini razionali e spietati. Le dedicheranno copertine di riviste, articoli e soprattutto la sua vita inizierà ad essere estremamente movimentata, con partecipazioni ai tornei in tutte le zone d’America e non solo.
La serie è formata da 7 puntate, che raccontano la formazione della campionessa, fino ad arrivare ai due incontri fondamentali: Parigi e Mosca, contro il temutissimo campione del mondo Burgov. Un’elegantissima e raffinata cornice, con abiti strepitosi e una compostezza molto british, anche se la serie è ambientata in America, contengono questo genio quasi incompreso: gli scacchi sono la sua vita, ma anche la sua rovina. Per vedere meglio le mosse e focalizzarsi sul gioco entra in un turbine di tranquillanti e alcool che la porteranno quasi alla disfatta, ma gli scacchi sono anche l’unica cosa che può tenerla a galla, visto che la sua vita sarà attraversata da momenti bui e lutti, che le faranno perdere la bussola.
Beth Harmon, interpretata dalla spettacolare Anya Taylor – Joy, è però un personaggio di finzione. La serie è infatti tratta dall’omonimo libro di Walter Travis, che sottolinea non solo l’ascesa di questa campionessa in un mondo prettamente maschile, ma anche e soprattutto il suo problema di alcolismo, tema fondamentale dei romanzi di Travis. L’unico giocatore realmente esistito, che ha effettivamente ispirato la storia di Harmon è Robert James Fischer, 8 volte campione USA, unico statunitense ad aver vinto il titolo di campione del mondo battendo un sovietico: conquistando il titolo il 1º settembre 1972 a Reykjavik battendo Boris Spasskij. Ad aver aiutato Travis con la stesura del libro e ad aver ispirato alcuni dei giocatori che sono poi diventati personaggi della narrazione e della serie, ci sono stati anche il gran maestro Bruce Pandolfini e Garry Kasparov campione del mondo dall’85 al 2000.
Se state pensando che sia una serie che parla solo di scacchi, vi sbagliate. La trama è solidissima e accattivante e le partite, che possono sembrare noiose, sono raccontate in maniera molto originale, lasciando entrare lo spettatore nella fantasia visionaria di Beth Harmon: non si tratta sicuramente di vedere solamente due persone che muovono pedine. La serie presenta poi moltissimi temi come il già citato alcolismo, ma anche l’uscita da un’infanzia difficile, l’adozione, l’emergere di una donna in un mondo maschilista e ovviamente non manca un po’ di romanticismo, che emerge dalle relazioni della protagonista con Benny Watts (Thomas Brodie – Sangster), Henry Beltik (Harry Melling) e Townes (Jacob fortune – Lloyd).
Non c’è ovviamente bisogno di saper giocare a scacchi per godersi questa visione, poi se conoscete la Difesa Siciliana, l’Apertura Larsen o il controgambetto Albin, sarete assolutamente nel vostro elemento.