Ripercorriamo insieme l’incredibile storia editoriale dei Nuovi Mutanti, giovani ragazzi scelti da Xavier per essere la nuova generazione di X-Men ma che ben presto si sono ritrovati a essere X-Force, una forza scatenata. Questa è la storia di tutte le incarnazioni di un gruppo storico di casa Marvel, dagli albori fino ai nostri giorni
Forse non tutti sanno che il film uscito a settembre in sala, atteso per ben tre anni fra rimandi, rinvii e covid, The New Mutants, nasce da personaggi ideati quarant’anni fa.
C’erano una volta gli Uncanny X-Men di Chris Claremont, un successo editoriale e di critica che spopolò negli States dagli anni ’80 provocando una vera e propria isteria nel fandom. Il fatto è che Claremont creò qualcosa di mai visto prima, rivoluzionando la grammatica seriale tout court e nella fattispecie nei fumetti. Ieri come oggi, inevitabile che un grande successo provochi uno sfruttamento commerciale, conseguentemente nel pieno del boom mutante la Marvel Comics commissionò allo stesso Claremont nuove uscite: lo scrittore londinese divenne quindi, per tutti gli anni ’80 il deus ex machina di quasi tutto quanto era marchiato X. Fu lui ad ideare le nuove testate, e senza far minimamente sentire il peso dello spin-off (una testata nata da idee e personaggi creati su un’altra) tira fuori Wolverine (in Italia, Marvel Omnibus Wolverine di Chris Claremont, ed. Panini Comics), testata a solo del mutante canadese più famoso al mondo, Excalibur (Marvel Omnibus Excalibur, ed. Panini Comics), filiale britannica dei mutanti nata dopo la saga del Massacro Mutante (Grandi Eventi Marvel, ed. Panini Comics), e The New Mutants (Marvel History – I Nuovi Mutanti vol. 2: Rinnovamento!, ed. Panini Comics), con Xavier che credendo morti i suoi pupilli riunisce altri giovani geneticamente alterati.
I NUOVI MUTANTI (The New Mutants, #1/54)
Secondo le direttive delle alte sfere, Claremont doveva creare un nuovo gruppo di mutanti che sfruttasse l’incredibile popolarità del mensile Uncanny.
Seguendo quindi la sua personale linea artistica, decise dopo alcuni tentennamenti che se doveva farlo, andava fatto bene: approfittò allora della saga che stava svolgendo sulla X-testata principale, con il gruppo disperso nello spazio Shi’Ar contro la Covata (Marvel Integrale Chris Claremont # 20/22, ed. Panini Comics), per far sì che Charles Xavier riunisse, sotto spinta dell’ex amante Moira McTaggart, nuovi mutanti in cerca di protezione e guida per apprendere come usare i loro poteri.
Ecco allora arrivare allo Xavier Institute aggiungendosi alla già presente – e inquietante – llyana Rasputin aka Magik: Sam Guthrie aka Cannonball, Xi’an Coy Manh, aka Karma, Rahne Sinclair aka Wolfsbane, Roberto Da Costa aka Sunspot, Danielle Moonstar, aka Mirage. Il gruppo nasce unendo le esigenze di riproporre personaggi adolescenziali come nella serie X–Men originale e insieme multietnico come le superstar di Uncanny: e se all’inizio le matite di Bob McLeod reggono una trama abbastanza classica, con testi compassati e squadrati come lo stile del disegnatore, è solo con l’arrivo di uno scatenato Bill Sienkiewicz che The New Mutants diventa un turbo.
Abituati alle morbide e a tratti noiose inquadrature di McLeod, per i lettori la saga Caccia Mortale e Demone Orso (Marvel History – I Nuovi Mutant: Caccia Mortale, ed. Panini Comics) furono un vero shock, perché X-Chris ingranò la marcia accompagnato dalle visioni schizzate del disegnatore polacco. Innanzitutto, la trama: la scansione narrativa si fa sperimentale, perché il racconto cortocircuita periodicamente con flashback, squarci onirici, sguardi sul futuro e sviluppi a venire, il tutto per raccontare la battaglia dei ragazzi con un Demone psichico. Inevitabile che il concept favorisse e portasse l’introspezione più stratificata e profonda, con esperienze emotive e fisiche destabilizzanti per i personaggi e per i lettori. Perfettamente racchiuso nella creazione di due nuovi characters, l’essere tecno-organico Warlock e David Haller aka Legion (destinato in futuro ad essere il centro di trame importanti e serial di spessore) il figlio schizofrenico di Xavier e della McTaggart.
Il cosiddetto Rinascimento Americano dei fumetti anni Ottanta passa anche da qui: Bill Sienkiewicz viene dalle esperienze su Fantastic Four e Moon Knight, ma è su The New Mutants che il tratto subisce variazioni ed evoluzioni. Influenzate dall’espressionismo, il suo stile è caratterizzato da chiaroscuri con atmosfera cupa e claustrofobica che si sposano ad un’attitudine pittorica e una vicinanza all’espressionismo e alla Secessione viennese che anticipano capolavori come Daredevil Love & War e Stray Toaster. The New Mutants diventa allora un’opera nebbiosa e impalpabile, ed è proprio Sienkiewicz (ispirato dai testi di Claremont) a definire i personaggi anche graficamente: e ad oggi rimane una delle produzioni Marvel più anti-convenzionale ed entusiasmante di sempre.
VERSO LA GUERRA (The New Mutants, # 55/100, X-Force #1)
Nel 1987 Claremont lascia la testata, le cui redini vengono prese da Louise Simonson, già editor della testata Uncanny X-Men. La sua confidenza con i personaggi e lo scrittore, e quindi con il mood mutante, fa sì che il passaggio di consegne sia quanto meno doloroso possibile: certo è che la differenza c’è e si vede, soprattutto nella gestione dell’approfondimento che diventa di facciata, puntando invece i riflettori sull’aspetto propriamente superomistico dei personaggi.
È il periodo in cui fioccano i crossover, tra cui i riuscitissimi La Caduta Dei Mutanti (Marvel Omnibus Gli Incredibili X-Men di Chris Claremont vol.2, ed. Panini Comics) e Inferno (Grandi Eventi Marvel, Ed. Panini Comics), oltre alle tute dei Nuovi Mutanti, che si colorano. Così non è per le trame, che corrono dritte con lo stile a volte farraginoso e verboso della Simonson, e verso un cambiamento drastico: con il #98 (X-Force #0, ed. Marvel Italia, ristampato in X-Force vol. 1: Questa Forza Scatenata, ed. Panini Comics) arriva come un tornado Rob Liefeld, con tutta la carica devastatrice degli anni ’90, e trasforma il gruppo in una vera e propria task force da guerriglia urbana. Uomini ipertrofici con fisici che abbandonano ogni velleità anatomica, cinturoni, spalline e armi che sfidano la forza di gravità: i supereroi prendono le distanze dal vecchio stile dal punto di vista grafico, ma anche morale ed etico comportamentale.
La difesa della razza mutante – con tutta la simbologia metaforica che porta dentro – diventa attacco preventivo, e le storie da una parte assumono toni più drammatici, in un’esasperazione del filone Morte & Dissoluzione di Claremont, e dall’altra siparietti più scanzonati e leggeri. Il fenomeno mutante assume in questo periodo dimensioni ciclopiche, e il #100 dei New Mutants coincide con il #1 della nuova testata X-Force, che si sostituisce a quella. La gigantesca metafora del passaggio generazionale prende forma nel personaggio di Cable, un Wolverine adattato per il Nuovo Millennio prossimo venturo: passato misterioso, modi violenti e diretti, carisma a vagonate, Nathan Christopher Charles Summers Dayspring Askanison (questo il suo vero nome, che si scoprirà però dopo anni) è la creazione più inconsapevolmente matura e precisa di Liefeld, e prende il posto delle maniere più compassate e logiche del prof. Xavier.
QUESTA FORZA SCATENATA (X-Force #4/43)
La testata ha un successo strepitoso, non paragonabile all’ X-Men di Claremont e Jim Lee, ma sempre mirabolante: artefice è senza dubbio lo stile ipercinetico di Liefeld, che per quanto carente dal punto di vista tecnico ma soprattutto sul versante testi, ha dalla sua un’inventiva strepitosa e un’innegabile qualità comunicativa.
A dar man forte a Rob arriva però subito il buon Fabian Nicieza, artefice dei successi mutanti di quel periodo, che affianca e contiene la strabordante immaginazione di Liefeld mettendo ordine alle sue idee: è questo il periodo più fecondo della testata, che allarga e inventa buona parte del sottobosco mutante che ancora oggi tiene banco alla Marvel. Oltre a Cable nascono in questo periodo personaggi fortunatissimi come Domino, Deadpool, Stryfe, e proprio Nicieza collabora all’ideazione dell’affresco X-Cutioner’s Song (su Marvel Omnibus Incredibili X-Men: La Canzone dell’Executore, ed. Panini Comics).
«Con il suo cappello da baseball e la sua candida passione per la cultura trash, Liefeld era il portavoce di una nuova generazione di ragazzini americani. Non punk, non hippy o geek; appartenevano alla Generazione X, il settore demografico dimenticato, i ragazzi troppo ordinari per meritare un movimento loro, troppo depoliticizzati per un manifesto. Le loro fantasie di potere non riguardavano giustizia sociale o riforme utopistiche, ma edonismo e vignette nichilistiche e prive di alcuno scopo. Tuttavia, come molti dei miei gruppi punk preferiti, l’entusiastico e arrogante dilettantismo di Liefeld infiammò una generazione di giovani disegnatori […] tutti lo prendevano in giro, ma il suo era uno stile personale.»
Probabilmente nessuno meglio di Grant Morrison con queste parole ha riassunto la filosofia e l’importanza culturale di Liefeld: e bisogna far attenzione a non scambiare l’assenza di accuratezza anatomica del creatore della X-Force per sciatteria.
La verità è che il suo è uno stile fortemente voluto e ricercato, frutto di una progressiva evoluzione personale del segno, che parte da un’impostazione sostanzialmente ordinata e attenta alla forma (vedi la mini DC Comics Hawk & Dove, con testi di Barbara Kesel) per arrivare nel tempo alla forma che conosciamo oggi, con nessuna anatomia deformata in maniera inverosimile, layout ordinati, sfondi presenti e una leggibilità generalmente agevole. Senza aver avuto ovviamente una formazione artistica, il buon Rob era (è) ben consapevole di quello che faceva colpo sul pubblico di riferimento, rielaborando nelle sue tavole gli autori più cool del momento -da Arthur Adams a Frank Miller– ovviamente a modo suo e per come era nelle sue possibilità grafiche. Allargando il discorso, è un mood tipico e rappresentativo della Generazione X e delle correnti artistiche negli anni ’90, la rielaborazione postmoderna di tutto quello che era nell’aria, a volte scriteriata, a volte dettata dal genio. Volendo fare un paragone paradossale, Liefeld fece quello che fecero i vari Shuster, Kane, Finger, Lee e Kirby: declinare la caricatura espressiva (connaturata e tipica nel medium) in tutti i livelli della narrazione a fumetti.
FORZA DI TRANSIZIONE (X-Force #44/116)
L’abbuffata pantagruelica degli anni ’90 non poteva fisiologicamente continuare all’infinito.
Mentre The New Mutants chiudeva (momentaneamente) I battenti, X-Force dopo la fortunata run di Nicieza proseguiva la sua corsa, e nel 1997 vede arrivare (dopo un trascurabile parentesi di un paio di anni con Jeph Loeb ai testi) John Francis Moore. Lo scrittore preferì gestire pochi personaggi, e nel gruppo rimasero allora Meltdown, Siryn, Sunspot, Warpath e Danielle Moonstar degli ex Nuovi Mutanti. La parte grafica (all’inizio affidata a Jim Cheung, in seguito ad Adam Pollina) segue la trasformazione dei testi: dall’ipertrofia di Nicieza e Liefeld si passa all’introspezione di Moore. L’autore decide di far compiere ai personaggi un vero e proprio percorso di crescita: da appena adolescenti a uomini maturati prima del tempo, messi difronte a situazioni più grandi di loro e scelte morali impervie e difficilissime.
Dal #63 fino al traguardo del #100 (X-Men Deluxe # 35/66, ed. Marvel Italia), Moore decide di non badare tanto all’innovazione né ad inseguire il pubblico, ma a costruire una solida storia di supereroi delineandone i caratteri con accuratezza e fino in fondo: la gestione ha degli alti notevoli, come ad esempio City Of Lost Children su X-Force # 77 (X-Men Deluxe # 49, ed. Marvel Italia), ma non incontra i favori del pubblico e soprattutto non sembra lasciare il segno. La Marvel decide allora di inserire sul mensile la superstar Warren Ellis, reduce dai best seller Stormwatch e Planetary, e che tentò a modo suo di riprendere lo stile militaresco lanciato da Liefeld; ma neanche le scivolose ed esplosive matite di Whilce Portacio prima e quelle pittoriche di Ariel Olivetti poi riescono a recuperare la serie nei gusti del pubblico.
Ma prova e riprova, il pezzo giusto arriva: mentre X-Men diventa New X-Men e deflagra con Morrison, su X-Force con il # 116 arriva come un tornado Peter Milligan. E fu rivoluzione.
FORZA DI RIVOLUZIONE (X-Force #116/129, X-Statix #1/26)
Le storie mutanti della Marvel sono il luogo ideale per riflettere sulla contemporaneità culturale e sociale, portando avanti metafore ideologiche molto forti. Così, mentre Morrison rifletteva sul post-punk inserendo nelle X-storie droghe, allucinazione e adulteri, Milligan decide di rendere la X-Force il paradigma grottesco di tutto quello che finora erano stati i mutanti, aggiornando il mito del supereroe alla mediocrità dei nostri tempi.
Se una volta la maschera sopra il volto dell’uomo comune era grandiosa; e se i primi supereroi (Superman e Batman) erano semidei, negli anni 2000, con Morrison e Milligan, il superuomo mette solo tristezza, e non a caso si aggiorna proprio nell’anno in cui esordisce in TV Celebrity Big Brother.
Milligan fece fin da subito piazza pulita del cast storico, inserendo tutti personaggi nuovi di zecca. E questi nuovi protagonisti non erano propriamente supereroi, ma primedonne di un reality sulla falsa riga dell’allora popolarissimo The Real World. E allora mentre combattevano (spesso falsi) cattivi, gestivano il product placement, vendevano i diritti della loro immagine, e mentre evitavano un giorno sì e uno no la morte, si imbottivano di psicofarmaci. X-Force iniziò di nuovo ad ingranare, ma l’editor in chief di allora, Joe Quesada, capiva che si poteva fare di più: il mensile allora chiude con il #129 e dalle sue ceneri nasce X-Statix. Che durò per ben 26 mesi (tutto il ciclo su X-Statix Collection, ed. Panini Comics)
Il nuovo gruppo era tanto satira sociale quanto presa in giro dei meccanismi tipici del fumetto seriale statunitense, giocando con la metatesualità in maniera sottile e quasi subdola, senza sfondare la quarta parete – vedi Deadpool, che in quel periodo iniziava a spopolare – ma prendendo in giro lo spettatore e scivolando da un piano della narrazione all’altro (quando ad esempio i vecchi membri del gruppo di Liefeld reclamarono il loro titolo, la teleporta U-Go Girl gli dice “Guarda, Cannonball, che ve l’avevamo detto. Se per voi il titolo è così importante avreste dovuto registrarlo”). Neanche i lettori stessi si salvavano dal fuoco di fila di Milligan, presi di mira e bersagliati come asociali nerd ossessionati dalle passioni più futili, discutendo su un costume o un passaggio narrativo sbagliato. Il gioco metalinguistico si affianca allora alla satira più feroce, deridendo meccanismi narrativi noti a tutti, anticipando oltretutto di decenni la battaglia dei vari #metoo e #blacklivesmatter, sottolineando le barriere sociali e culturali che in terra wasp emergevano dai più piccoli e insignificanti particolari.
Va detto che tutto questo, una delle pietre miliari della narrazione a fumetti, non avrebbe potuto esistere senza i disegni di Mike Allred, che portò nelle tavole tutto il suo immaginario, legato a decadi impregnate di un ottimismo sfrenato (l’immaginario degli anni Ottanta) immerso nella grande macchina capitalistica statunitense, descrivendone la decadenza mentre ne illustrava i colori sgargianti. La grandezza unica di X-Statix, che ne fa un prodotto unico e inimitabile, sta nel cortocircuito alla base del suo concept: un’apparenza colorata, dai contorni ben definiti in nero, sfavillante, gioiosa – e una realtà al di sotto della superfice corrotta, decadente, in putrefazione. Un grande fumetto imbevuto di cultura popolare, pieno (a tratti, fin troppo) di sottotesti politici con una costruzione di genere appassionante, anche se spesso ridondante e fuori tempo.
Una specie di Roy Lichtenstein diretto da David Lynch.
CAMBIO E RINNOVAMENTO (The New Mutants 2^ serie #1/13, 3^ serie # 1/50; New X-Men # 1/46; Young X-Men #1/12)
Mentre X-Force mieteva successi e si trasformava in X-Statix, New Mutants rinasceva con una nuova serie affidata a Nunzio De Filippis e Christina Weir. Inizia così un turbillon di restart e cambi di gestione: un po’ perché all’inizio del Nuovo Secolo le testate mutanti stentano a trovare una loro dimensione moderna – dopo il ciclone Morrison/Milligan che ne ha ridefinito i caratteri -, un po’ perché è la casa editrice che cercando nuove strade fa coincidere il cambio di gestione con una nuova numerazione e magari un nuovo titolo.
Così, The New Mutants nel 2003 riprende allora la sua corsa e la seconda serie arriva fino al 13 (X-Men Deluxe #109/120, ed. Marvel Italia); mentre la testata nel 2004 diventa New X-Men De Filippis resta ai testi per essere poi succeduto da Craig Kyle che la porta fino al #46 (X-Men Deluxe # 121/164, ed. Marvel Italia); il titolo nel 2008 cambia ancora e per 12 mesi si chiama Young X-Men con Marc Gugghenheim come scrittore (X-Men Deluxe # 166/177, ed. Marvel Italia). In questo valzer di autori e titoli, di rilievo a livello narrativo c’è da ricordare solo il ritorno di Illyana Rasputin aka Magik (morta anni prima in una bellissima e toccante storia di Scott Lobdell su Uncanny X-Men #303) e la creazione di una nuova generazione di mutanti, che però rimarranno nell’anonimato caratteriale per diverso tempo.
Nel 2009 la testata torna a chiamarsi The New Mutants, e con i testi di Zeb Wells riprende ad avere una sua identità definita, anche se ben lontana dallo spessore degli esordi.
È il periodo dei crossover, che tempestano le collane X, tra Infernus e Age Of X, Messiah Complex e Assedio, una confusione che sembra fermarsi quando con il #25 arriva la coppia Dan Abnett e Andy Lanning, che resteranno fino alla nuova chiusura con il #50 (X-Men Deluxe # 204/217). Con i due bravi autori, i personaggi ritrovano la freschezza perduta, tornando i protagonisti originali giusto in tempo per l’ennesimo Reload mutante, dopo il quale New Mutants si fermerà nuovamente.
FORZA MUTANTE (X-Force 3^ serie # 1/28, Uncanny X-Force # 1/35, 2^ serie # 1/17)
X-Force e New Mutants ormai camminano separate. Se la testata creata da Claremont continua ad interessarsi dei giovani mutanti alle prese con i nuovi poteri, facendo ritornare periodicamente i vecchi membri – trovandosi quindi a girare su sé stessa -, il gruppo di Liefeld si concentra sulle task force: dell’idea originale resta il concept di mutanti “arruolati” per la guerriglia. Rimane quindi la trovata degli anni ’90, secondo cui è sempre attuale la necessità di avere un manipolo di eroi che sono costretti a “sporcarsi le mani” in missioni dal confine etico molto incerto. (ri)Parte quindi proprio da qua la terza serie di X-Force (la seconda, mini di 6 numeri ad opera di Nicieza e Liefeld, è trascurabile nonché inedita in Italia), affidata all’estro dal Craig Kyle che aveva già avuto a che fare con l’altro gruppo affiancato questa volta da Christopher Yost.
Una serie che però tiene con sé solo il tema delle prime X-Force, ma con un cast rinnovato: complici le matite oscure e cyberpunk di Clayton Crain, la serie è importante probabilmente forse più per le basi che getta per il futuro che in sé per sé. Yost e Kyle mettono insieme Wolverine, Arcangelo, Warpath, X-23 e Wolfsbane richiamati dal buon samaritano Ciclope, che gli affida missioni nelle quali è necessario quel “pelo sullo stomaco” che solo gli eroi più oscuri del sottobosco mutante possiedono. Logan in testa: portando dietro di sé sangue, violenza, toni cupi e scuri, caratterizzazioni con molte ombre e poche luci, nemici spietati e dialoghi tormentoni su quando e perché sia giusto uccidere e sul confine dell’essere eroi. In questo senso, sono perfettamente funzionali le illustrazioni di Crain, con un uso spregiudicato del digitale che restituisce quel senso di straniamento esistenziale e visionario che emerge qua e là dai testi.
Si diceva sopra come questo primo ciclo sia necessario e propedeutico a quello che sarebbe venuto dopo: ovvero un cambio di nome (dalla sola X-Force ad Uncanny X-Force) e un cambio di team creativo, portando dentro quel genio troppo poco lodato di Rick Remender.
Che scrive 35 numeri di divinità egizie, cavalieri di Apocalisse, orfani pericolosi, universi paralleli, confronti generazionali e deliri incontrollati uniti a triangolazioni psicologiche notevoli: la sua Uncanny, che si fregia delle splendide tavole di Jerome Opena prima, Billy Tan e Esad Ribic poi, per concludere co il segno strepitoso di Phil Noto, Greg Tocchini e Julian Totino Tedesco in conclusione di run. Ed è tutto quello che dovrebbe essere una testata a fumetti mutante: semi sparsi con parsimonia lasciati germogliare naturalmente, narrazione compressa, colpi di scena ben congegnati, senza dimenticare riflessioni profonde e perturbanti su etica e morale.
I cicli della gestione di Remender sono tutti notevoli (da Soluzione Apocalittica ad Angelo Nero ad Execuzione Finale, su 100% Marvel Best: L’Incredibile X-Force, 7 volumi, ed. Panini Comics), e lasciano un segno nella serie e nel parco testate, lo stesso Remender non riuscirà più a scrivere in Marvel niente di così notevole, Uncanny X-Force resta il suo apice, con 35 numeri fitti di avvenimenti e tasselli che vanno tutti a posto con la saga finale.
Uncanny X-Force avrà anche una seconda serie scritta da Sam Humphries per 17 numeri (su Wolverine & Gli X-Men # 16/28, ed. Panini Comics): godibile e ben disegnata (da Ron Garney, Adrian Alphona e Ramon Perez), la testata nasce nell’ambito del rilancio generale Marvel NOW!, non incontra il favore del pubblico e resta una storia piacevole, ma anonima, senza una vera e propria identità.
ULTIMI FUOCHI (X-Force 4^ serie # 1/15, 5^ serie # 1/10)
Uncanny chiude quindi con il #17 della seconda serie, ma riapre subito dopo tornando al semplice X-Force. A scrivere l’ennesima versione della squadra d’assalto mutante viene chiamato stavolta Simon Spurrier, autore dai guizzi geniali che ha già dato ottimo prova di sé su X-Men Legacy e Legion, sempre testate mutanti particolarmente ricche di introspezione e intuizioni enormi.
Su X-Force cerca una nuova strada espressiva agevolato dalle tavole di Rock-He Kim e Tan Eng Huat: peccato che questa volta la storia sia fin troppo avanti per il pubblico generalista, perdendosi oltretutto nel caos del Marvel NOW! e seguenti rilanci, che non permette un’esposizione adeguata alla testata. Il ritorno di Cable e altre suggestioni particolarmente interessanti si disperdono e arrivano solo al # 15 (GIXM # 292/306, ed. Panini Comics). Per la serie successiva dedicata al gruppo dobbiamo allora attendere quasi quattro anni: quando la vicenda dei Nuovissimi X-Men (gli O5, creati da Bendis, cinque membri degli X-Men strappati dal passato e portati nel loro futuro/nostro presente, nel tentativo fatto da Hank McCoy di far rinsavire uno Scott Summers diventato rivoluzionario dopo essere stato contagiato dalla forza Fenice durante AvX e aver ucciso Charles Xavier, nda) deve concludersi, viene ideata la saga Extermination, che prevede la rinascita appunto di una nuova X-Posse, capeggiata dal Cable giovane del passato.
La serie è scritta dal promettente Ed Brisson e disegnata dallo straordinario Pepe Larraz, allora giovane promessa -poi ampiamente mantenuta su House of X ideata e scritta da Hickman: anche qua ci troviamo difronte ad una serie con tutte le carte in regola per diventare un best seller, ma anche qua la Marvel coinvolge il parco testate mutante in una ristrutturazione guidata da Hickman anche blocca tutto. Nel ciclo, ritorna Stryfe (il clone mutate di Cable) e viene introdotto un giovane Cable (quello “vecchio” è morto nella saga Extermination).
DA QUI ALL’ETERNITÀ (X-Force 6^ serie in corso, The New Mutants, 4^ serie in corso)
Come scritto sopra e altrove, al genio di Jonathan Hickman nel 2019 è stato affidato il rilancio di tutta la linea mutante. È lui stesso a scrivere X-Men, e The New Mutants insieme ad Ed Brisson; mentre X-Force vede ai testi l’ottimo Benjamin Percy. Una crew che parte da subito col piede giusto.
Hickman divide con Brisson le trame dei nuovi mutanti: da una parte il gruppo con i membri originali nello spazio e i disegni di Rod Reis che guarda da vicino a Sienkiewicz, chiudendo il cerchio con trame dai toni leggeri che non rinunciano a sfociare in momenti più tesi; dall’altra, X-Force condivide lo scrittore di Wolverine, vede alla tavola lo straordinario Joshua Cassara e abbraccia trame più ad ampio respiro collegate col resto dell’Universo mutante e ha toni più cupi, fermo restando la squadra con missioni “estreme”.
La tenuta d’insieme è garantita dalla supervisione di Hickman, che progetta anche il primo grande X-crossover strutturato come una volta, X Of Sword, declinato attraverso una storia principale che serpeggia in tutte le testate mutanti.
Un nuovo centro. In attesa del prossimo.