Ripercorriamo la stupefacente vita editoriale del solo e unico Spider-Man, l’Uomo Ragno: dagli albori con Stan Lee e Steve Ditko sino alle storie attuali, in una cronologia che vuole raccontare l’epopea di un personaggio immortale
Nel 2021 sembra essere ormai assodato che sia incredibilmente difficile trovare, tra le mille suggestioni e i mille stimoli visivi che subiamo ogni giorno, un personaggio che esprima una forza iconica trainante ed inesauribile, capace di essere insieme profondamente radicato nel suo campo d’origine e trasversale ai generi.
Indubbiamente, Spider-Man è tra questi: vera e propria leggenda, ha superato la gabbia delle pagine a fumetti per strabordare dovunque ed entrare a pieno titolo nella vita quotidiana di chiunque, indifferente alle fasce d’età e alla sua stessa età. Spider-Man è forse l’unico supereroe ad aver avuto diverse versioni a fumetti restando fedele a sé stesso e incontrando sempre lo stesso successo: dalla sua versione Ultimate a quella 2099, dalle versioni animate a quelle cinematografiche, il concept dietro la sua ideazione è talmente potente da sfondare ogni barriera.
Creato nel 1962 dall’inossidabile e genialoide Stan Lee, la sua versione primissima versione grafica è ad opera di Steve Dikto: il personaggio allora non aveva neanche una sua testata, ed ha esordito su Amazing Fantasy n.15. l’immediato successo ha però spinto la Marvel a dargli subito una testata personale: nasceva allora Amazing Spider-Man, e scriveva la Storia.
(la seguente cronologia critica prende in esame solo le testate regolari principali del super-eroe, tenendo in considerazione che Spider-Man conta dal 1960 ad oggi più di 120 testate tra ongoing e mini)
START, ANZI… SNAP!
(ASM # 1/150)
Inutile riassumere anche in poche righe la genesi dell’eroe: doveroso dire che con Spider-Man, anzi, con Peter Parker, il buon Stan Lee mise a fuoco definitivamente e nella maniera più completa possibile la sua filosofia del supereroe con superproblemi. Se con la prima famiglia, i Fantastici Quattro (cronologicamente la prima serie Marvel dell’era moderna), quella filosofia troverà pieno compimento solo qualche anno dopo la creazione, con la piena maturazione del contributo anche di Jack Kirby; se con Thor invece si puntò sulla natura divina del protagonista, con il timido, occhialuto “pavido” Parker siamo difronte al vero e proprio prototipo dell’eroe Marvel.
Un personaggio con una marea di piccoli problemi quotidiani che ad un quindicenne com’era lui sembravano insormontabili – ieri come oggi… – un orfano che si ritrova tra le mani (letteralmente!) una piccola fortuna come la superforza ma ne è subito schiacciato insieme al senso di colpa per non aver impedito la morte dello zio, un vero e proprio nerd deriso dai compagni di scuola e snobbato dalle ragazze che trova consolazione nello studio, frainteso, perseguitato: e che trova alla fine uno sbocco alle sue frustrazioni capendo che “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”.
C’è da dire che il “metodo Marvel” fa entrare subito in scena una profonda e irrimediabile immedesimazione tra autore e character: se gli FQ possedevano la grandeur kirbyana, Spider-Man ha l’introversa infelicità di Steve Dikto, vero e proprio outsider dei fumetti, che segnò la sua prima ed inesorabile versione caratteriale nei suoi numeri di ASM.
Dikto rimase fino al #38: tre anni intensissimi che, al pari della testata sorella Fantastic Four, hanno creato le fondamenta del Marvel Universe, arricchendo un universo narrativo e letterario di situazioni, storie e personaggi che sono rimasti impressi nell’immaginario collettivo. La forza maggiore della serie stava nel nutrito cast di comprimari, che rendeva ASM una vera e propria storia corale: la centralità di Peter Parker non si dissolveva ma si allargava a cerchi concentrici ad una serie di avvenimenti familiari e personali che resero il protagonista vero e tridimensionale: un mood narrativo ripreso più e più volte negli anni a seguire, imitato e inseguito, una vera e propria rivoluzione copernicana che mostrò veramente che i supereroi erano persone come noi, anzi erano noi, e i poteri non facevano che amplificarne la sofferenza.
Nell’agosto 1966 il passaggio di consegne: Dikto lascia e sembrava dovesse finire un’epoca, invece ne iniziò una nuova, forse ancora più esaltante, perché a disegnare l’uomo ragno arrivo Johnny “jazz” Romita Sr. Fu lui a restituire al pubblico l’iconografia definitiva del Tessiragnatele, una figura che ancora oggi identifica in tutto e per tutto il personaggio. Per di più, sempre secondo il Marvel Style di cui sopra, le trame si arricchirono anche grazie alla sensibilità estremamente pop dell’artista. La testata Amazing Spider-Man degli anni 60-70 fu realmente un caso più unico che raro, probabilmente irripetibile: con storie appassionanti, nemici incredibilmente “fumettosi” eppure con psicologie ben precise, una quotidianità che schizzava fuori dalla pagina e legava il fumetto all’attualità più urgente, dalle rivolte dei campus studenteschi all’abuso di stupefacenti.
Senza dire che neanche l’abbandono di Lee riuscì a scalfire la totemica forza del personaggio: a scrivere le ragno-storie arrivò Gerry Conway, un giovinetto quasi alle prime armi, un enfant prodige che portò una ventata di freschezza e ulteriore rivoluzione sull’albo: e per farlo entrare nella storia del Fumetto, basta il suo essere autore di un albo che è unanimemente considerato uno spartiacque, ovvero ASM #121 del giugno 1973, The Night Gwen Stacy Died.
La morte di Gwen Stacy, primo grande amore di Peter Parker, chiude un’era.
Fumettistica, culturale, sociale. È il 1973, il mondo è squassato dai venti di rivoluzione ed è in un periodo di cambiamenti, era di passaggio tra il grande ordine postbellico e il nuovo mondo globalizzato nel quale viviamo oggi. La bionda Gwen, che ha le fattezze indimenticabili che le donò Romita Sr, è una sorta di primavera, quell’amore adolescenziale che rappresenta la spensieratezza della giovinezza. Fatto di sogni, speranze, false realtà che riescono a far credere che tutto è possibile, indistruttibile, eterno.
Ma che prima o poi finisce: e Gwen lo fa nel peggiore dei modi, morendo, chiudendo la sua vita (biologica ma non editoriale…) nel modo più tragico immaginabile. Non è un caso se il secondo grande amore di Peter sarà – ed è tuttora – Mary Jane in un rapporto di consapevolezza, con meno sogni ma più concretezza (Peter e MJ si lasceranno più volte): la morte di Gwen Stacy è allora una chiusa per il mondo del fumetto, la fine dell’epoca più leggera dove i buoni vincono sempre, per aprirne una più reale ma più crudele. Tutto finito, con uno SNAP.
Non è un caso se la sceneggiatura di Conway per quell’albo storico contenga alcune delle tavole più dibattute di sempre. La storia: Spider-Man è sul ponte di Brooklyn che sta lottando contro la sua nemesi, il Goblin di Norman Osborn, il quale ha in ostaggio proprio la fidanzata di Peter. Nello spasmo della battaglia, Gwen viene gettata giù: Spidey salta per salvarla, non potendola afferrare lancia una ragnatela che raggiunge lo stivale di lei mentre cade. E proprio quando la tela ferma la caduta, la veloce e lacerante onomatopea “snap” è disegnata vicino la ragazza a testa in giù.
Non viene detto subito, ma viene studiato e rivelato dopo: non è stato Goblin ad uccidere la donna, ma proprio lui, l’eroe, Spider-Man, che nella frenesia del salvataggio non ha considerato che frenare un corpo in caduta libera avrebbe fatto sì che fosse probabile la rottura del collo senza rigidità muscolare.
Insomma, nel 1973 su ASM non solo muore una protagonista della serie, ma muore uccisa dall’eroe protagonista.
Uno tsunami travolge la serie: da lettere di lettori sconvolti a minacce di morte per Conway (!!!), la trovata narrativa è una mossa commerciale straordinaria ma incredibilmente innovativa per il mondo del fumetto: non per niente, l’albo è ancora oggi tra le cose più importanti non solo della Marvel, ma del mondo della Settima Arte. Certo, l’apporto di Conway non si limitò a questo, perché continuò come un rullo compressore a macinare ottime storie e ideare svolte narrative inconsuete. Conway era un vulcano: nel 1974 su ASM #129 crea Frank Castle aka il Punisher, destinato dopo un paio di decenni ad un successo mondiale; e nel 1975, questa volta affiancato dalle matite di Ross Andru (spigoloso e alternativo, perfetto per sostituire il segno classicissimo di Romita Sr), su ASM #147/149, il folle professor Miles Warren, sotto le spoglie del folle Sciacallo e segretamente innamorato della Stacy, decide di clonare la ragazza e lo stesso Arrampicamuri.
La sua folle corsa si ferma sul numero anniversario 150, quando viene sostituito da Len Wein. Ma la storia ormai è scritta.
UN FOLLETTO, DUE FOLLETTI… E UN RAGNO SPLENDENTE DI LUCE!
(Amazing Spider-Man #151/300, Peter Parker The Spectacular Spider-Man #1/203, Web Of Spider-Man # 1/129)
La corsa di Amazing è così folle, visionaria e di successo che non basta neanche l’abbandono di Conway a bloccarla, così come non lo fa l’arrivo di autori non certo alla sua altezza. Sia Wein che il successore Marv Wolfman infatti vanno avanti ricalcando in qualche modo l’operato degli illustri predecessori (soprattutto Conway): ASM negli anni ’80 consolida il suo primato di vendite, confermando un eroe ormai già ben delineato dove la forza principale della testata continua ad essere il ricchissimo e variegato cast di comprimari.
Dal punto di vista grafico, in un fatale e quasi mistico turn over, la testata ospita John Romita Jr: il figlio di colui che fissò per sempre le fattezze dell’aracnide più famoso al mondo, imprevedibilmente, dimostra di avere una mano magica, e senza rinnegare le suggestioni e le morbide linee paterne (almeno all’inizio) dimostra una sua originalità e forza illustrativa, diventando in breve uno dei più rappresentativi disegnatori dell’iconico personaggio. A lui si affiancano, con esiti efficaci ma ovviamente meno felici, sia Keith Pollard sia Jim Mooney: ma le cose prendono una nuova accelerata quando ai testi arriva Roger Stern.
Siamo nel 1983, in pieni anni Ottanta: la DC Comics era la compagnia che aveva creato l’industria, e che con Superman, Flash, Wonder Woman e la JLA rappresentava l’establishment cartaceo, un po’ vetusto e adagiato su -vecchi- allori; la Marvel invece era “la Casa delle idee”, e proprio in quel periodo aveva intrapreso il primo grande rinnovamento. Un po’ seguendo il mood di ASM, se gli anni ’60 erano stati l’inizio della rivoluzione, lo scoppio, la deflagrazione del superuomo e dello stesso fumetto mainstream secondo nuovi parametri, gli anni ’70 erano serviti per confermare tutto questo, per stabilizzare le testate e gli eroi, per creare un unicum narrativo immerso nella continuità. Gli anni ’80 rappresentarono quindi il primo (dei tanti che seguiranno, fino ad oggi) punto di svolta assoluto: la Marvel festeggiava il venticinquennale conquistando la quota di mercato più alta e occupando i primi posti delle classifiche. In casa della Distinta Concorrenza gli anni reaganiani portavano uno svecchiamento revisionista che avrebbe portato a Man Of Steel di Byrne, Crisis di Wolfman ma soprattutto al Watchmen di Moore e al Dark Knight di Miller, (da un certo punto di vista esondando i limiti del supereroe e del fumetto e inglobando la cultura di massa, che è fatta -in larga parte- di fumetto), invece alla Marvel il cambiamento in atto era forse meno clamoroso ma egualmente importante e probabilmente più a lunga percorrenza. Jim Shooter, in quel periodo editor in chef, era probabilmente l’unica figura di dirigente creativo che potesse competere con il mitico Stan Lee: aveva introdotto già da qualche anno importantissimi cambiamenti, e in primo luogo, con il suo eccezionale fiuto di talent scout, aveva radunato un gruppo di autori emergenti con potenzialità tali da generare una nuova età dell’oro del fumetto. Frank Miller (su Daredevil), Walt Simonson (su Thor), John Byrne (su Fantastici Quattro); un cambiamento profondo, a livello di testi e idee, che si rifletteva anche a livello grafico.
È degli anni ’80 infatti la più nutrita sfilza di “cambi costume” classici sulle icone della Marvel, che rinunciavano ai colori sgargianti per passare a suite dalle tonalità fredde e darkeggianti: da Thor (che assumeva un’armatura dorata per nascondere una cicatrice) ad Hulk (che tornava ad essere grigio), da Iron Man (che cambiava per la prima volta in maniera permanente armatura, sfoggiando la bellissima Silver Centurion) a Capitan America (in rotta di collisione, per l’ennesima volta, con il proprio governo, con un costume nero e con il nome Capitano) fino proprio a Spider-Man (che ricevette un nuovo costume nero rivelatosi più in là un alieno).
Stern prese in mano la testata in pianta stabile dal #224 rimanendo fino al #251: in questi quasi tre anni, Peter Parker affrontò uno dei periodi più complicati della sua vita, con una fusione mirabile di tragedia e commedia. Nel mezzo, una delle creazioni più felici tra tutti i villain “moderni” del Tessiragnatele: parliamo di Hobgoblin, misterioso erede del più famoso Green Goblin del quale sulla testata erano già apparsi due successori (dopo Norman Osborn, apparentemente deceduto in seguito alla morte di Gwen Stacy, ci furono prima suo figlio Harry e poi lo psichiatra Bart Hamilton), folletto arancione la cui identità segreta tenne banco per tutta la gestione Stern e anche oltre, visto che l’enigma sul suo vero volto fu sciolto diversi anni dopo.
L’importanza di Stern comunque si deve anche alla sua volontà di ritornare alla tradizione e nello stesso tempo proporre nuove idee, mixando supereroismo e intrighi da soap opera (classica formula Marvel). Stern non disdegna i classici villain, dando però spazio ad altri cattivi come l’Insanicida o Belladonna, e crea un interesse amoroso per il protagonista che attraversa la sua identità segreta: nel # 226 infatti nasce la love story tra il Ragno e la Gatta Nera, che a breve diventerà tra Peter Parker e Felicia Hardy.
(per inciso, il segreto di Hobgoblin verrà svelato, definitivamente, solo nel 1997 con una miniserie proprio ad opera di Stern, Hobgoblin Lives)
Nel 1985 il successo di Spidey era talmente forte da far nascere la terza testata a lui dedicata: se nel 1976 era già uscito il primo spin-off, Peter Parker, Spectacular Spider-Man, adesso arrivava anche Web Of Spider-Man.
Spectacular fu da subito una sorta di versione “nera” del Ragnetto: il primo autore fu proprio Conway, seguito quasi subito da Bill Mantlo e nel 1980 proprio da Stern. Se Conway e Mantlo fecero un lavoro “di servizio”, Stern riuscì, come sulla testata ammiraglia, a dare nuovo senso al cast di comprimari e nuove tridimensionalità a Mary Jane, J. J. Jameson e tutti gli altri, fondendoli in un racconto corale efficacissimo. Dopo i numeri 43/61 curati da lui, nel 1981 tornò Mantlo fino a quando nel 1984 fece il suo ingresso un certo Peter David (autore dell’indimenticabile Saga Del Mangiapeccati). Ai disegni, tranne qualche trascurabile parentesi, restò quasi sempre saldo al timone Sal Buscema, fratello del più celebre John: e anche non avendo la forza pittorica del disegnatore degli Avengers, il buon Sal riuscì a dare una precisa impronta grafica alla testata: che oltretutto si legava perfettamente alle trame e al mood dei testi. Grazie a Peter David (che restò fino al # 89), e poi a grandissimi scrittori come John Marc De Matteis (che scrisse il mensile dal 1991 al 1994), Spectacular fu la testata ragnesca che meglio interpretò gli oscuri e contraddittori anni ’80: fu proprio lì che uscirono saghe memorabili come la già citata sul Mangiapeccati, Il Bambino Dentro o la dimenticata e bellissima Saga Del Coordinatore, passando per il ritorno del tenebroso Carrion, villain particolarmente noir come Puma o Lapide, e tragedie umane come quella di Harry Osborn.
Gli anni ’80 possono essere considerati, a ragione, tra i più fecondi della lunga vita di Spider-Man, quelli che lo hanno reso il top-seller che è oggi ancora più, se possibile, delle storie delle origini di Lee e Ditko.
A serpentina tra le tre testate uscirono alcune delle storie più belle ed importanti del decennio, di cui si possono citare solo alcuni titoli: su Spectacular #26/31, la prima, fondamentale e oscura Saga Del Clone, dove lo stesso Conway, con i disegni di Jim Mooney, autore della morte riporta in vita (?) Gwen Stacy per mano del sulfureo Sciacallo (Marvel Saga: La Saga Del Clone, voll. 1/4, ed. Panini Comics); su Web #33, Spectacular #133, Amazing #295, sotto cover pazzesche ad opera di Bill Sienkiewicz, Cani Impazziti, (Life in a Mad Dog Ward, su L’Uomo Ragno #86, ed. Star Comics o più recentemente su Spider-Man – La Grande Avventura, RCS Quotidiani), una storia indimenticabile scritta da Ann Nocenti, un affresco narrativo di altissima latitudine emozionale che parla di manicomi e depressione, di riscatto dei figli, mentre l’arrampicamuri si trova chiuso in una casa di cura; e ancora, su Amazing SpiderMan Annual #21, lo storico matrimonio fra Peter e Mary Jane, un racconto che ancora oggi mostra i suoi effetti e che all’epoca ruppe un vero e proprio tabù, ovvero le relazioni stabili per gli eroi, scritto da David Michielinie e disegnato da Paul Ryan (I Grandi Matrimoni Marvel, ed. Panini Comics); per finire immancabilmente con L’Ultima Caccia Di Kraven (L’Ultima Caccia – edizione definitiva, ed. Panini comics), scritta da De Matteis e disegnata da Mike Zeck, veramente ad oggi la storia definitiva sull’Uomo Ragno.
Web nacque all’inizio come testata “contenitore”, ovvero nessun artista fisso (ruotarono Conway, Danny Fingeroth, Louise Simonson, David, De Matteis…): e se questo all’inizio fu una mossa vincente, alla lunga mostrò la corda affidando i testi ad autori meno sapienti, concludendo la corsa del mensile nel 1993 con il # 129, ad opera di Todd De Zago (in Italia tutti gli episodi vennero pubblicati dalla Star Comics dal # 55 fino al #194 de L’Uomo Ragno).
Fu però proprio Amazing, in questo periodo, la testata forse più debole: se sulle altre due sfilavano nomi altisonanti, sul mensile principale c’erano i modesti Tom De Falco con Ron Frenz e Alan Kupperberg, almeno fino a quando non arrivò David Michielinie: non certo un grande autore, ma uno scrittore onesto che riportò tutto nei binari di una dorata normalità grazie però all’apporto di un certo Todd McFarlane, che sul # 298 esplode in tutta la sua adrenalinicità per far crollare poi tutto nel # 300, dove arriva Venom insieme ai tempi moderni.
E POI VENNERO DUE RAGNI
(ASM 1^ serie # 298/441, 2^ serie # 1/29, Spectacular #204/263, Spider-Man # 1/98)
McFarlane aveva dato buona prova di sé sull’Hulk di Peter David: dal #336 al #346, il disegnatore canadese mostrò a tutti il suo tratto estremamente innovativo, fatto di tratteggi ma soprattutto di linee ipercinetiche che rielaboravano la lezione manga creando qualcosa di assolutamente nuovo. Non estraneo alla deformazione artistica, Todd arriva sul Ragno come un ciclone: su Amazing resterà fino al #328 (tutto il ciclo è stato recentemente ristampato nella collana bonellide della Panini Integrale, che ha presentato la run di Michielinie partendo proprio dall’esordio di McFarlane), ma contribuisce in maniera significativa a portare il personaggio nell’era nuova, dandogli quella spinta fondamentale per aggiornarlo ai gusti di un pubblico che cominciava a farsi magmatico e imprendibile nei gusti e nelle letture. Ovviamente, uno dei personaggi creati in quel periodo fu Venom, attualmente uno dei character Marvel di più successo.
Venom era in realtà il celeberrimo costume nero di SpiderMan che ebbe come conseguenza delle Marvel Super Hero Secret Wars (Guerre Segrete, voll. 1/3, Marvel Greatest Hits, ed. Panini Comics), crossover in 12 episodi ideato dal vulcanico Shooter: una volta scoperto che in realtà era un simbionte, Peter se ne sbarazzò ma la creatura si legò al giornalista frustrato Eddie Brock, dando così origine ad un personaggio tutto nuovo.
Il successo fu così grande che a Todd venne offerta una testata tutta sua, testi e disegni: Spider-Man #1, ad oggi, è uno dei fumetti singoli più venduti di sempre con le sue tre milioni di copie e oltre. Torment fu la saga inaugurale che occupò i primi cinque numeri, con testi particolarmente incerti, disegni spettacolari ed efficacissimi: la revisione definitiva del Tessiragnatele passa da qui, sempre più ragno e sempre meno umano, così come il lato dark (che negli anni ’80 era emerso con la testata Spectacular e autori come De Matteis e Conway) diventa parte integrante della commedia umana da sempre in scena su ASM, senza prendere mai il sopravvento ma dando un tocco personale al mood.
Certamente, McFarlane è uno degli autori fondamentali per la versione moderna: addirittura, la censura arriva a vietargli una tavola nel #16 di Spider-Man dove una spada trafigge in pieno l’occhio di Juggernaut. Fu questo, insieme alla volontà dell’autore di avere il pieno controllo editoriale delle sue creazioni insieme ad una malcelata arroganza, a far sì che McFarlane abbandonasse non solo la testata ma anche la Marvel stessa, insieme ad altri autori in cerca di più libertà (Rob Liefeld, Jim Lee, Whilce Portacio): erano i celebri transfughi che fondarono da lì a poco la Image Comics, enorme successo editoriale poggiato però solo su un aspetto visivo straordinario ma con ben poco testo alle basi -almeno all’inizio-.
Spider-Man va avanti lo stesso: prima con l’emulo di McFarlane Erik Larsen, destinato però ad un futuro radioso e a sviluppare uno stile personalissimo e anch’esso vincente, e in seguito con quell’Howard Mackie che condurrà la serie fino al suo ultimo numero, il 98, nel 1998.
Amazing invece dopo aver perso sia Michielinie che McFarlane si riprende più che bene: sono gli anni ’90, e la linea editoriale vuole shock a tutti gli effetti, storie urlate e momenti storici a go go. Sintesi migliore non poteva allora trovarsi che in De Matteis, ancora una volta ritornante sul ragnetto: un ritorno che coincide anche questa volta con un momento rimasto nella memoria dei lettori, perché negli anni Novanta va di scena la leggendaria, indimenticabile, fondamentale nuova Saga Del Clone.
Lunga, complessa e articolata, la Saga Del Clone (Web # 117/129, Spectacular # 217/240, Amazing # 394/418, Spider-Man # 51/75, in Italia Spider-Man: La Saga Del Clone voll. 1/12, ed. Panini Comics… in edizione integrale, più di 1200 pagine) fu pubblicata a zigzag sulle diverse testate ragnesche e vide anche il passaggio del testimone della serie Web of Spider-Man alla più moderna Sensational Spider-Man affidata all’inizio a Dan Jurgens. A idearla furono Terry Kavanagh, Howard Mackie e Tom De Falco: innegabile che parte dell’ispirazione venne da saghe similari, che rivoluzionarono negli anni ’90 minacciosi e turbolenti altre icone superomistiche come Batman (Knightfall: Bruce Wayne con la schiena spezzata viene sostituito dal fanatico Jean Paul Valley) e Superman (Death Of Superman: proprio Dan Jurgens fa morire l’uomo d’acciaio per rimpiazzarlo subito dopo con sue quattro misteriose copie).
Nelle intenzioni iniziali la saga era innegabilmente interessante, affascinante e controversa: prendendo spunto dalle storie di Conway degli anni ’70, avrebbe rovesciato dalle fondamenta tutto quello che si pensava di sapere su Peter Parker, portando una boccata d’aria fresca nella vita e nelle avventure del protagonista. Purtroppo, cadde ben presto vittima del suo stesso successo.
Per quanto su Amazing De Matteis andava dritto come un treno, rivoluzionando emotivamente Peter (arrivando addirittura ad uccidere zia May!) e presentando nuovi cattivi approfonditi e misteriosi al punto giusto – Shriek, Judas Traveller, Kaine -, il successo abnorme e l’attenzione che destò l’avventura fece decidere al reparto marketing della Marvel che quella saga non dovesse finire. Una storia quindi concepita per durare tre mesi finì per durare quasi tre anni.
Riflettendoci, se oggi gli stessi autori proponessero qualcosa del genere, il marketing stesso imporrebbe di far durare obbligatoriamente due mesi una saga lunga tre anni… ma eravamo negli ipercinetici anni ’90, e l’abbondanza non era un’opzione.
La scelta della Panini Comics (piuttosto logica, dal punto di vista pratico e commerciale) di pubblicare l’intera saga in “soli” dodici volumi non rende però giustizia a quanto di buono c’era nella storia: una lunghissima costruzione narrativa, all’inizio anche molto intelligente, con indizi centellinati e accenni enigmatici, per nutrire la sensazione di tempesta imminente, mentre un misterioso figuro faceva capolino qua e là in un percorso di avvicinamento a New York che – nel progetto originale – l’avrebbe reso protagonista di tutte le testate del ragno.
Inoltre, proprio la tanto amata/odiata Saga Del Clone divisa in più testate permetteva di far capire meglio la personalità di ognuna: spiccava ovviamente De Matteis con ASM, dove faceva sfoggio della sua consueta abilità di approfondimento psicologico.
Howard Mackie, all’epoca popolarissimo per la sua avvincente versione di Ghost Rider insieme a Marc Texeira, su Sensational segna l’esordio importantissimo del Ragno Rosso; De Falco su Spectacular ha un’impronta più mainstream, mentre il meno abile risulta sempre Kavanagh con Web.
A conti fatti, al netto della storia riletta dopo quasi trent’anni, la Saga Del Clone sa fare ancora parlare di sé, e l’irripetibile combinazione di eventi la rende un’opera tutt’ora competitiva e con un risultato molto superiore alla somma dei singoli episodi che la compongono.
Contrariamente a quanto dettato dal marketing, per i lettori cinque anni erano troppi per una storia: e se l’allungo della saga era stato deciso per il successo, lo stop ugualmente fu imposto perché il pubblico sembrava non poterne più, facendo sì che la storia si smorzasse nel silenzio e per di più con MJ che partoriva una bambina che subito dopo prima veniva rapita dal solito Osborn per poi perire.
ASM viene allora presa in mano da De Falco, ma subisce un tracollo di vendite immediato e irreparabile: finchè nei nn. 440/441 arriva John Byrne con il Capitolo Finale- La Riunione Dei Cinque, ennesimo crossover con le altre testate che porta a compimento il percorso e simbolicamente chiude Amazing Spider-Man per rinascere subito dopo con un nuovo numero 1, firmato sempre da Byrne ma su testi di Mackie. Byrne era stato un beniamino e un grandissimo innovatore fino a poco tempo prima, ma negli anni ’90 così incerti e scossi da crisi identitarie e freudiane, anche lui sembra demodè agli occhi del pubblico più distratto (e non solo).
La seconda serie di ASM non ha il riscontro di vendite e gradimento richiesto… almeno fino al numero 30 della nuova numerazione, quando arriva J. Michael Straczinsky.
UNA SERIE DI SFORTUNATI – E CONCATENATI – EVENTI
(ASM 2^ serie # 1/58, 1^ serie # 500/545, Friendly Neighborhood Spider-Man # 1/24)
Si è detto spesso, sopra, come Amazing Spider-Man sia un po’ il riflesso della Marvel Comics e la sua politica editoriale e narrativa. Di come i cambiamenti epocali del personaggio siano il riflesso e la conseguenza della carica innovativa della casa editrice di Park Avenue.
Da Stan Lee e il suo rivoluzionario “supereroi con superproblemi” negli anni ‘60, a Gerry Conway e la fine dell’innocenza dei ‘70, fino ai rivoluzionari anni ’80 e alla Saga Del Clone dei ‘90: l’Uomo Ragno (e il suo alter ego Peter Parker) è realmente l’eroe della porta accanto, nella cui vita tutto cambia affinché non cambi nulla. In questo senso, sembra inevitabile l’arrivo di Straczinsky sul mensile. Lo scrittore veniva dalla letteratura sci-fi, ma nel suo curriculum poteva vantare soprattutto la creazione di Babylon 5, strepitosa serie di fantascienza a cui Strac ha fatto anche da showrunner, alzando di gran lunga la qualità dei prodotti medi televisivi. La peculiarità di Babylon 5 e le sue cinque stagioni è proprio quella di essere narrativamente strutturata come un fumetto: una macrostoria dentro la quale si muovono tanti episodi singoli e tante sottotrame. Su Amazing, Straczinsky arriva perché c’era bisogno che un autore si identificasse con il personaggio per gli anni Zero, postmoderno e intenso, veloce e in grado di essere competitivo: scriverà la testata dal # 471 al # 545 (Spider-Man Collection di J. Michael Straczinsky, voll. 1/9, ed. Panini Comics) per ben sette anni e più arrivando ad essere il terzo autore di permanenza più lunga sull’albo, e Trasformazioni Letterali E Non è il titolo del suo primo episodio, interno alla prima saga Tornando A Casa. Ovvio che come ogni autore importante che si rispetti, decida di ri-narrare in maniera sconvolgente le origini di Spider-Man.
“Sono state le radiazioni a permettere al regno di passarti i poteri? O il ragno stava cercando di passarteli prima di essere ucciso dalle radiazioni?”, è la domanda che la new entry Ezekiel fa a Peter, subito dopo che l’eroe ha fronteggiato tale Morlun, altro nuovo volto, essere che si nutre di poteri totemici e deciso ad assorbire l’essenza dell’Uomo Ragno.
Le vendite tornano quindi a sorridere alla testata, che trova nel solito eccellente Romita Jr un disegnatore fisso fino al 509 quando gli succede Mike Deodato Jr: tanto che i fan chiedono anche a gran voce il ritorno della numerazione originale, cosicché ASM #59 del novembre 2003 esce come ASM #500, approfittando quindi del numero anniversario per concludere la minisaga Happy Birthday. La prima tranche della run si segnala per due momenti: la discussa storia scritta sull’onda emozionale dei tragici eventi dell’11 settembre e La Conversazione, uno degli episodi più belli in assoluto del mensile Marvel dove zia May (ovviamente tornata dall’Aldilà dopo la sua dipartita sotto De Matteis, perché a morire fu solo un’attrice assoldata da Norman Osborn, altro defunto ritornante…) scopre che Peter ha un alter ego con superpoteri.
Nel 2004 la popolarità dell’amichevole arrampicamuri di quartiere è tornata al solito alle stelle, complici anche i film del regista Sam Raimi che aprono ufficialmente l’invasione dei cinecomics. Viene anche aperta una nuova testata, Friendly Neighborhood Spider-Man, scritta principalmente da Peter David, che si occupa di approfondire le trame aperte sugli altri mensili.
E forse Straczinsky oggi sarebbe ancora qua a scrivere di lui, o sicuramente se ne sarebbe andato molto dopo di quando in realtà fece, se non fosse stato per la saga successiva, Sins Past (Peccati del Passato), che l’avrebbe reso uno dei Ragno-autori più invisi ai fan, un gradino sotto Gerry-l’uccisore di bionde-Conway: una storia che rivela con sempre lei al centro, l’amatissima, dolcissima Gwen Stacy che -udite udite- ebbe due figli gemelli concepiti con Norman Osborn, in una relazione clandestina dove lei aveva ceduto al fascino carismatico dell’eterno villain (!!!). Nella storia, i due ragazzi -Gabriel e Sarah- si rivelano vittime di una forma di invecchiamento precoce dovuto al siero di Goblin che scorreva nelle vene del loro malvagio padre: alla fine, spariranno insieme alla storia, che viene più volte ripudiata dalla Marvel e dal suo stesso scrittore.
Sins Past è un racconto controverso e sicuramente d’impatto, che forse avrebbe meritato qualche riconoscimento in più, se non altro per l’oscurità intrinseca che portava dentro e per l’abilissima operazione di ret-con fatta: ma proprio Strac ha dichiarato che in seguito agli eventi di One More Day, è da considerarsi cancellato.
Una serie di sfortunati eventi, per parafrasare qualcuno, per un lungo ciclo di storie legate indissolubilmente una all’altra con il rapporto di causa ed effetto che parte da Straczinsky per arrivare dal 2004 al 2008, traghettando Spider-Man in una era tutta nuova.
E abbiamo accennato a One More Day.
Il matrimonio era un rito mai celebrato negli albi a lunga percorrenza perché associare un eroe ad una sola donna avrebbe prima di tutto limitato il raggio d’azione sentimentale ed emotivo: il matrimonio di Peter con MJ, si è detto sopra, aveva rotto il tabù. Dimostrando però dopo una manciata di anni che se esisteva una “legge non scritta”, un motivo c’era: la presenza di Mary Jane come moglie nelle dinamiche quotidiane aveva a lungo andare rinchiuso Peter in una coazione a ripetere, un ostacolo quindi che le alte sfere della Marvel volevano a tutti i costi rimuovere.
Ma c’era un problema ulteriore: non si poteva certo uccidere la rossa, rendendo Spider-Man di fatto un vedovo. E neanche farli lasciare (come avevano ultimamente provato a fare in più riprese su ASM) per non far diventare uno dei due un adultero. Come uscire dal cul de sac? Semplice: con Michael Straczynski.
Negli anni Duemila la continuity della Marvel era nelle mani più che altro di Brian M. Bendis, scrittore degli Avengers e restauratore della continuità la cui invenzione tanto successo aveva portato alla casa editrice. Una continuity che si muoveva di anno in anno con crossover periodici che portavano avanti la solita macrostoria che dava le mosse alle varie testate del parco editoriale. Il 2007 era poi l’anno di una delle storie più importanti e politiche della Marvel, che oltretutto dava una svolta alla linea narrativa moderna portando le avventure ad aderire sempre di più e in maniera molto più drammatica con la realtà fuori dalla finestra: parliamo ovviamente di Civil War, che fin dal titolo si richiama alla storia americana e che schierava Capitan America da una parte e Iron Man dall’altra, con al centro l’Atto di Registrazione di Superumani. Insospettabilmente, o forse proprio per dare un sottofondo emotivo più forte alle storie, Peter si schierò dalla parte “conservatrice” di Iron Man: una decisione che porterà una serie di eventi a cascata che avrebbero portato allo smascheramento pubblico e volontario dell’uomo davanti le telecamere della tv, e alla fine ad un killer che cercando di uccidere Parker avrebbe invece colpito zia May al petto.
La donna è sempre stata, lungo la vita editoriale e non del nostro protagonista, un perno emotivo non indifferente, madre putativa e centro morale della sua esistenza. Strac fa sì che la presenza di May in fin di vita in ospedale mettesse in crisi Peter Parker: che nel ciclo Back in Black (Supereroi: Le Grandi Saghe- SpiderMan Back In Black, ed. RCS Quotidiani) si trova a correre da una parte all’altra di New York cercando disperatamente un modo per guarire la donna. Trovando una porta chiusa anche dal supposto amico e mentore Tony Star, il povero ragazzo non ha altra scelta che rivolgersi al Doctor Strange e alla magia. Purtroppo anche Stephen dice a Peter di rassegnarsi al ciclo della vita, ma proprio fuori dal suo sancta sanctorum una misteriosa bambina dai capelli rossi si avvicina all’eroe proponendogli di seguirlo. La bambina diventerà prima un anziano signore, poi una donna bellissima: per rivelare infine di essere Mefisto. Il demonio propone allora al nostro il classico patto con il diavolo, salverà la vita di May ma in cambio non vuole l’anima, bensì sottrarre a lui la cosa per lui più preziosa: l’amore che lo lega a MJ, il loro stesso matrimonio. Sarà tutto come se non fosse mai successo, ma loro ricorderanno, nel profondo, il legame perduto. Struggendosi per esso; e soffrendo per sempre. Il demone concede allora ai due amanti fino alla mezzanotte successiva per decidere. Una decisione dolorosa e purtroppo scontata se si considera l’altruismo tipico di Peter Parker.
UN NUOVO NUOVO GIORNO
(ASM 1^ serie #546/700, ASM 3^ serie #1/20, 4^ serie #1/32, 789/800, 5^ serie #1/46)
La storia segna un altro punto di non ritorno per Spider-Man: inoltre, One More Day (pubblicata in quattro albi diversi sulle diverse testate ragnesche – Sensational, Amazing e Friendly Neighborhood Spider-Man e in Italia raccolta sul volume unico Solo Un Altro Giorno, ed. Panini Comics) è una storia di altissima densità emotiva, che mette insieme le caratteristiche del supereroe in un contesto particolarmente drammatico e decisivo per la linea narrativa. Dopo OMD, fuori Straczinsky e dentro Dan Slott, con il mini ciclo Brand New Day, che inaugura un nuovo modo di scrivere il personaggio: quattro scrittori differenti (insieme a lui Marc Guggenheim, Bob Gale e Zeb Wells ai quali si aggiungerà poi Joe Kelly) su una sola testata, ASM, che iniziava ad uscire settimanalmente. Slott prende le redini nel 2007: lascerà l’albo solo undici anni più tardi, stabilendo un record di permanenza su una serie e nello specifico sulla serie ASM.
I momenti importanti non mancano nella lunga gestione Slott: a partire da OMIT, gioco di parole tra “omettere” e acronimo di One Moment In Time, storia che chiude una volta per tutte le discussioni tra fan aperte con OMD e segna un altro passo in avanti per la relazione infinita tra Peter e MJ; passando per New Ways To Die (Nuovi Modi Per Morire, SpiderMan Marvel Saga, ed. Panini Comics) dove nasce l’Anti-Venom; e ancora American Son (id., SpiderMan Marvel Saga, ed. Panini Comics); arrivando poi alla saga di Superior Spider-Man, partita con il #700 e proseguita nel mensile omonimo, che ha fruttato a Slott diverse mail con minacce di morte.
Nel perenne movimento per rinnovare e aggiornare periodicamente l’eroe, Slott riprende dall’oblio il Dottor Octopus, uno dei nemici ragneschi più antichi di sempre, ma con una trovata assolutamente nuova: fa si infatti che la personalità di Octopus entri nel corpo di Peter Parker e quella di Parker nel corpo obeso del malvagio. Una rivoluzione copernicana simile allo scambio fra Ben Reilly e Peter Parker degli Anni Novanta, ma aggiornata all’era dei social. Superior andrà avanti per 34 numeri diventando anche quindicinale e prendendo il posto di Amazing Spider-Man nel 2013, che chiude con il numero anniversario 700. Peter si riapproprierà del suo corpo e della sua vita solo con la terza serie di Amazing, sempre con Slott alle redini, nel 2014, che chiuderà e riaprirà con la 4^ durante il periodo Marvel NOW!, nel quale le varie testate ripartivano periodicamente con un nuovo numero 1.
Altrettanto periodicamente però Slott riprende la vecchia numerazione: facendo uscire quindi sia il # 750 che il # 800 interrompendo momentaneamente la numerazione “nuova”.
Per inciso: una delle novità più brillanti, interessanti e culturalmente rilevanti dell’universo di Spider-Man del nuovo millennio durante la run di Slott è poi sicuramente Miles Morales.
Negli anni Zero era stata varata la linea Ultimate, con versioni attualizzate dei vari personaggi (tra cui ovviamente Peter Parker) che vivevano in una Terra parallela.
Quella dimensione è stata distrutta durante l’evento Secret Wars del 2017, ad opera di Jonathan Hickman: solo qualche personaggio è sopravvissuto, tra cui l’erede del defunto Peter dell’Universo Ultimate, ovvero l’afroispanico Miles Morales.
Miles è una vera versione 2.0 di uno dei personaggi più amati e conosciuti dell’iconografia pop: insicuro quanto basta, pieno di quel senso di responsabilità che nasce da una sofferenza maturata dopo tragedie personali, il giovane Morales ha un costume che rivaleggia con quello classico per perfezione, ma soprattutto ha sempre trovato scrittori capaci di renderlo tridimensionale. A partire dal suo creatore, il prezzemolino Bendis: fino all’attuale autore, Saladin Ahmed.
Tornando a Slott: le sue storie non brillano certo dal punto di vista dei dialoghi, e non sempre centrano le relazioni interpersonali concentrandosi invece essenzialmente sugli eventi, il comparto grafico è di prim’ordine: Superior vede quasi essenzialmente un eccellente Giuseppe Camuncoli, ma su ASM passano anche i pure italianissimi e bravissimi Matteo Buffagni e Simone Bianchi, e R. B. Silva, Humberto Ramos, fino ad un incredibile Stuart Immonen.
Il presente di Spidey si chiama Nick Spencer, autore di altissimo livello che nei mesi precedenti al suo incarico per ASM ha scritto alcune delle storie migliori e più politiche di Captain America e che dal settembre del 2018 ha iniziato a delineare i suoi piani per l’eroe.
Piani che hanno previsto, nel primissimo periodo, la ripresa di villain e comprimari; poi, un aggiustamento su alcune situazioni in stallo (come il rapporto con J. J. Jameson che prende una svolta inaspettata o il ritorno del figlio di Kraven il Cacciatore), per poi dopo il # 25 iniziare a stringere le trame mettendo sotto i riflettori una delle trame più appassionanti almeno dai tempi di Superior, ovvero l’arrivo della minaccia di Kindred, misteriosissimo personaggio che sembra uscire dal passato di Peter e che ha un legame con il redivivo Norman Osborn, ora direttore dell’istituto Ravencroft per malati mentali. Prima Ryan Ottley, poi Humberto Ramos e adesso Pat Gleason disegnano benissimo l’arazzo di Spencer: un mosaico che potrà essere apprezzato, probabilmente, solo quando si potrà ammirare nella sua interezza, una volta concluso.