Tra gli ultimi contenuti originali aggiunti all’ampissimo (quanto nostalgico) catalogo di Disney+, spicca sicuramente la docuserie Marvel’s 616, documentario antologico in 8 parti che si propone di raccontare l’impatto culturale che la Casa delle Idee ha avuto nel mondo reale, analizzandone i progressi, le innovazioni interne e gli effetti che questi hanno avuto attraverso i decenni
Il titolo avrà strappato un sorriso ai lettori di vecchia data o agli osservatori più attenti e curiosi (numerosi sono i riferimenti o gli easter egg, per esempio, nei film Marvel Studios): 616 è, infatti, il numero che nel Marvel Universe identifica la nostra Terra – e, più in generale, il nostro Universo-, la stessa che, già dalle primissime storie di Spider-Man o dei Fantastici Quattro firmate Lee-Kirby, fa da scenario alle avventure dei “supereroi con super problemi” conferendo autenticità e realismo alle stesse. Il titolo è, quindi, una vera e propria dichiarazione d’intenti: si parlerà del ruolo che la Marvel ha nel nostro mondo, Terra Sei-Uno-Sei.
David Gelb, regista di The Lazarus Effect e creatore di Chef’s Table per Netflix, dirige il primo episodio incentrato su un personaggio assai curioso: Supaidāman, lo Spider-Man giapponese. Lo avrete visto in qualche fotogramma pensando fosse una brutta copia dell’alter ego di Peter Parker, eppure quella con protagonista Takuya Yamashiro (questo il nome dietro la maschera), interpretato da Shinji Tôdô, fu una serie che riscosse enorme successo nel Paese del Sol Levante. Tutto nacque dall’idea di Gene Pelc, The Marvel’s Man in Japan, di ampliare il mercato dei comics in Oriente, adattandoli alla tradizione dei manga giapponesi. In collaborazione con Toei e con il benestare di Stan Lee, nel maggio 1978 venne trasmesso il primo di 41 episodi di Supaidāman. Attraverso le parole dei protagonisti e dello stesso Pelc, grazie anche a del materiale d’archivio, abbiamo modo di scoprire il making of del tokusatsu, gli accorgimenti adottati ed adattati ai gusti del pubblico giapponese (per esempio, l’introduzione del robottone Leopardon) e le influenze che Supaidāman ha avuto su produzioni successive come i Transformers o i Power Rangers.
Si torna, poi, alla Casa (delle Idee) madre per trattare un tema di forte attualità: con “Più in alto, più lontano, più veloce” (stesso titolo della run di D. López, S. DeConnick e M. Takara su Captain Marvel, nonché motto olimpico), diretto da Gillian Jacobs, la Britta di Community, si esplora l’importantissimo ruolo che le donne hanno avuto nell’industria del fumetto, ritenuta – almeno all’inizio – appannaggio dei soli uomini. Anche in questo caso, le testimonianze e le esperienze dirette di Sana Amanat (dirigente responsabile dei contenuti e supervisore dello sviluppo dei personaggi e co-creatrice della prima serie in solitaria di Ms. Marvel), di alcune firme storiche come Louise Simonson (X-Factor e New Mutants) e Ann Nocenti (Daredevil) e di altre più recenti quali Nilah Magruder, che nel 2016 è diventata la prima donna nera a scrivere per la Marvel, e G. Willow Wilson (Ms. Marvel vol.4, A-Force), sono il fulcro di un episodio dal forte impatto emotivo e carico d’ispirazione, tra i migliori dell’intera serie.
Gli artisti, scrittori e disegnatori rimangono al centro anche del terzo episodio, “Artigiani incredibili”, diretto da Clay Jeter. In questo caso, i protagonisti sono Natacha Bustos (Moon Girl & Devil Dinosaur) e Javier Garrón (Miles Morales: Spider-Man), esponenti della talentuosissima scuola spagnola. La particolarità dell’episodio consiste nel vivere una giornata-tipo con i due disegnatori lontano dalla Grande Mela: i due, infatti, lavorano a distanza in Spagna e abbiamo modo di conoscerne le abitudini, le passioni, la gestione del tempo libero e l’approccio al proprio lavoro. Anche in questo caso non mancano interviste e testimonianze di altri celebri nomi: Saladin Ahmed (vincitore del premio Eisner 2018 con Black Bolt e scrittore di Miles Morales: Spider-Man), Brandon Montclare (Moon Girl & Devil Dinosaur) e l’editor-in-chief C.B. Cebulski.
Se in “Oggetti smarriti”, di e con Paul Sheer, ci divertiamo ad indagare – forse troppo a lungo – il passato di Casa Marvel, alla ricerca di creazioni ed idee abbandonate che potrebbero rivedere la luce attraverso una nuova serie animata (nello specifico Forza Bruta, un gruppo di animali-cyborg) è, almeno per chi vi scrive, in “Tutti in costume!” che Marvel’s 616 raggiunge il suo scopo. Dall’iconico ed evocativo titolo originale “Suit Up!”, l’episodio 5 si concentra e dà voce alle persone comuni, in particolare ai cosplayer, “l’espressione più evidente del fandom”. L’evento intorno al quale ruota l’episodio è il Comic Con di New York: Jasmine, Marcy, Josh e Amanda ci raccontano emozioni e sensazioni legate alla convention e all’importanza che questa passione ha assunto nelle loro vite. Trovare la propria strada e il proprio io, trovare nei personaggi Marvel espressione di sé, far emergere lati caratteriali che, magari, sono nascosti, stare a contatto con le persone. I bellissimi costumi fai-da-te di Shuri, Rogue, Loki, Doctor Strange, Cable colorano ed arricchiscono l’episodio e, probabilmente, ci ricordano quanto le fiere, le discussioni in compagnia, gli eventi a tema, in questo particolare momento storico, ci manchino.
“Fuori dalla scatola” di Sarah Ramos (Parenthood) ci porta nel mondo dei giocattoli e del rapporto simbiotico che essi hanno con i fumetti. Hasbro e Funko sono le aziende coinvolte in questo nuovo episodio in cui possiamo osservare da vicino il processo creativo che porta alla realizzazione delle statuette di cui siamo particolarmente gelosi. Con il fotografo Mitchel Wu, poi, vediamo come i pupazzetti siano vere e proprie star di set fotografici e protagonisti assoluti della New York Toy Fair.
A proposito di processi creativi, “Il metodo Marvel” vede protagonista l’amato e odiato Dan Slott, decennale autore di The Amazing Spider-Man. Slott è uno degli ultimi scrittori che usa ancora il cosiddetto metodo Marvel, un processo di scrittura e sceneggiatura apportato nel mondo dei comics proprio dalla Casa delle Idee. Tale metodo consiste in una stesura sommaria e riassuntiva della storia che si vuole rappresentare, lasciando la quasi totale libertà d’impostare tavole, vignette e lo sviluppo stesso della trama ai disegnatori. In questo modo, lo scrittore deve, infine, revisionare e inserire i dialoghi. Il metodo Marvel, ci spiega Larry Hama (G.I. Joe, Wolverine), fu introdotto proprio da Stan Lee, quando era ancora l’unico sceneggiatore in Marvel, per ridurre i tempi di pubblicazione e concedere maggiore libertà, appunto, ai disegnatori. In questo caso particolare, vediamo Slott approcciarsi alla stesura della sceneggiatura di Iron Man 2020, evento che abbiamo letto negli scorsi mesi anche qui in Italia. Tra parole che non arrivano, descrizioni che devono essere perfette per il disegnatore Pete Woods e ritardi che si accumulano (meno male che c’è Christos Cage!), di fatto, abbiamo una panoramica più ampia su tutto ciò che riguarda la realizzazione di un albo: dalle prime bozze alle tavole definitive, dalle primissime idee alla trama completa fino alla stampa del #1 e il firmacopie per i lettori.
L’episod io che conclude Marvel’s 616, “Sotto i riflettori”, diretto da Alison Brie (GLOW, Community), riprende il concept del quinto episodio concentrandosi, stavolta, sui ragazzi della Brandon High School in Florida e i ruoli che interpretano nel musical scolastico ispirato a storie e personaggi Marvel. Anche in questo caso, interpretare, anche solo per una sera, Ms. Marvel o Squirrel Girl può infondere sicurezza a dei ragazzi in piena adolescenza che sono alla ricerca della propria dimensione e del proprio posto nel mondo.
Al termine degli 8 episodi, che potete vedere nell’ordine che preferite, vi sembrerà di conoscere tutto ciò che ruota attorno al nome Marvel. Una scorpacciata di aneddoti e curiosità, un’occhiata interessante ed affascinante dentro e fuori la Casa delle Idee. La docuserie è tecnicamente impeccabile, dalla regia alla fotografia, curiosa, autocelebrativa (non necessariamente con accezione negativa) e – passatemi il termine – paracula quanto basta per attrarre nuovi lettori e, più in generale, nuovi fan. Sicuramente alcuni episodi sono meno “efficaci” di altri: su tutti, e sempre secondo il vostro Pier, spicca, come già detto, “Tutti in costume!” in cui si può toccare con mano l’effetto e il retaggio che la Marvel ha costruito nel corso dei suoi 80 anni nel nostro mondo, Terra Sei-Uno-Sei.