20th Century Boys, a distanza di quindici anni dalla sua conclusione, fa ancora discutere per la sua complessità e l’intreccio di trame difficile da sbrogliare. Una cosa però è certa: il Giappone ha un enorme problema con le sette di origine religiosa. Chi è l’Amico e cosa vuole ottenere? Proviamo a rispondere in vista dell’uscita della Ultimate Deluxe Edition per Planet Manga
Non siamo tra quelli che a furor di popolo gridano sempre e comunque al capolavoro. I gusti personali fanno della lettura di un’opera, il bello, il brutto, il disastro e il capolavoro.
Tuttavia bisogna riconoscere che alcune storie di fantasia hanno contribuito, molto più di altre, a determinare generi, intercettare epoche, contribuire alla narrazione del genere umano, anche quando di bello c’è poco da raccontare. Come nel caso di 20th Century Boys che, tra l’altro, tratta il tragico problema delle sette religiose in Giappone.
A un occidentale forse, parlando del Giappone, quello delle sette non è sicuramente il primo problema che gli viene in mente; e invece, dovrebbe essere annoverato tra i primi tre, insieme ai terremoti e al tasso impressionante di suicidi che affligge il suo popolo.
20th Century Boys è una delle opere maggiormente rappresentative di un grande Autore, Naoki Urasawa, infaticabile narratore di storie piene di misteri da risolvere e personaggi entrati di diritto nel nostro immaginario come vere e proprie icone pop.
Non diremo chi è l’Amico, sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti di coloro che l’opera non l’hanno ancora letta. Quindi proseguite tranquillamente con la lettura fino alla fine.
La storia è stata scritta nell’arco di sette anni, a cavallo tra la fine del millennio e l’inizio degli anni Duemila. La fine e l’inizio. È proprio da quest’assunto che parte l’intreccio di 20th Century Boys.
Abbiamo voluto prendere in esame un aspetto particolare di questa bellissima opera, quello delle sette. D’altronde per più di metà di 20th Century Boys non facciamo che chiederci chi diavolo è l’Amico, chi si nasconde dietro quella maschera e ci parla sembrando di conoscere tutti i segreti del mondo.
La storia, costruita su una moltitudine di flashback e flashforward, parte nel 1969, alla fine degli anni Sessanta dunque, in totale fervore per il mondo che verrà. Siamo nel pieno del boom economico, delle proteste per un mondo diverso. L’uomo ha appena toccato il suolo lunare, si attende con eccitazione l’Expo di Osaka del 1970, e il progresso scientifico è in fermento. A questa inconsapevole felicità, Urasawa contrappone il veloce scorrere di quasi trent’anni di disillusioni, il susseguirsi di falsi profeti, la crisi economica che ha tenuto sotto scacco gli anni Novanta.
20th Century Boys racconta un gioco innocente, quello del protagonista Kenji e di Occio, Yoshitsune, Maruo, Saburo, Mon-chan, Yukiji e Croakki che fondano una setta fantasiosa per proteggere il mondo. Questa setta ha come simbolo un occhio e una dito che indica. Tutte le fantasie dei bambini relative ai pericoli da cui riescono ogni volta a salvare l’umanità, vengono dagli stessi trascritte in un quaderno che prende il nome di Libro delle Profezie.
Arrivano gli anni Novanta e la vita di tutti i giorni ha preso il sopravvento. Dopo la morte di Saburo, Kenji viene a conoscenza dell’esistenza di una setta comandata da una persona che si fa chiamare l’Amico. La setta utilizza lo stesso simbolo di quella creata per gioco da lui e i suoi amici da bambini. L’Amico prospetta l’imminente fine del mondo e, mentre una misteriosa epidemia letale si diffonde rapidamente, Kenji scopre che le Rivelazioni di cui parla l’Amico ricalcano esattamente il Libro delle Profezie.
Cerchiamo di capire insieme l’entità del problema.
Nel 1995, due anni prima che Urasawa iniziasse a scrivere 20th Century Boys, la setta religiosa dell’Aum Shinrikyō, su mandato del suo fondatore Shōkō Asahara, mise in atto, si pensa spinta dalla vendetta, un attentato terroristico nella metropolitana di Tokyo con l’impiego di gas nervino sarin.
Fu un evento scioccante e terribile che causò la morte di diverse persone. L’Aum Shinrikyō mise in luce il fenomeno settario che in effetti affligge, più di altri, il Giappone. La dottrina della setta era una mistura complessa che attingeva dal Canone pali del Buddhismo Theravada, dai sutra del Buddhismo tibetano, da testi taoisti e Hindu. Ovviamente, non potevano mancare un certo numero visioni apocalittiche. Dalla magia all’esoterismo, sino alla promozione del potenziale umano e il possesso dell’unica verità sul mondo. Vortici di ascensione, spirali complottistiche e detenzione della verità assoluta. Uno schema tipico delle numerose sette nate negli stessi anni.
Il Giappone affonda le sue radici nel Buddhismo e nello Shintoismo. Tuttavia, dal secondo dopoguerra a oggi, sotto la spinta di un forte nazionalismo di cui il Paese non riesce a liberarsi, le sette religiose, soprattutto di derivazione buddista, hanno finito per prendere il sopravvento.
Moltissime sono le sette appartenenti alla vasta area del buddhismo Nichiren, area che dà particolare rilievo agli ultimi giorni del mondo e che riconosce come testo sacro fondamentale il Sutra del Loto. Ad esempio la Rissho Koseikai, indagata qualche anno fa per corruzione, setta seconda per fama soltanto alla famosa Soka Gakkai. Quest’ultima ha un buon seguito anche in Italia.
Nelle scuole, quando gli studenti affrontano le giornate di orientamento, viene dato largo spazio a quest’argomento e gli stessi vengono pesantemente ammoniti dal frequentare questi gruppi rei di fare ai ragazzi un vero e proprio lavaggio del cervello. I fondatori dei nuovi movimenti religiosi sono venerati come dei guru e gli adepti si posizionano all’interno di una struttura a piramide.
Vi basti pensare che in Giappone, secondo l’ultimo censimento disponibile, si contano più di centottantamila associazioni religiose. Queste ultime godono di segretezza assoluta su iscritti e bilanci, esenzione dalla tasse. Sarà per questi motivi che qualche famiglia della Yakuza si è travestita da associazione religiosa? Chissà.
Kenshokai è una setta buddista ispirata al credo Nichiren. La Kenshokai è considerata la portavoce dell’ala più nazionalista del buddismo Nichiren. Secondo tale credo, Nichiren sarebbe il vero Buddha – non Sakyamuni – e i suoi adepti sono convinti che i giapponesi siano l’unico vero popolo eletto chiamato a condurre alla salvezza il mondo mediante il Sutra del loto.
E ancora, la Soka Gakkai è balzata agli onori della cronaca per le pesanti denunce presentate da diversi membri. La lista è lunghissima ed è molto difficile ricavare un quadro completo con il poco materiale inglese a disposizione. Per citarne solo alcune, oltre alle più famose, potreste imbattervi nella Sekai Kyuseikyo, nella GLA (God Light Association); in Kofuku-no-kagaku o nella Seicho-no-ie; e ancora la Rissho Koseikai, la Omoto; la Sukyo Mahikari o la Nipponzan Myohoji. L’elenco può continuare con Ittoene e Konkokyo Izuo Kyokai; la Sohonzan Shitennoji; la Tamamitsu Jinja; la Tendaishu; la Tenrikyo; la Jodo Shinshu; infine, la Jodoshu, la Shinyoen e la Shingoshu.
Il fenomeno è ovviamente molto variegato e complesso e internet è uno strumento per adescare nuovi adepti e molti guru utilizzano un linguaggio che strizza l’occhio al sacro promettendo benefici spirituali.
Un anno dopo la conclusione di 20th Century Boys, Inio Asano iniziava la serializzazione di Buonanotte Punpun. L’opera, oltre a essere una strabiliante prova narrativa di Asano, sottoscrive la tesi per cui quello delle sette religiose è un enorme problema con cui la società giapponese fa i conti. In Buonanotte Punpun si avverte un forte senso di oppressione e la necessità impellente di fuggire da una società asfissiante e dalle sue regole ferree. Ecco allora spuntare improbabili santoni che invitano a seguire ideali e divinità assurde, ma anche a commettere atti violenti o di autolesionismo, fino a gesti estremi. Nel manga i propositi della setta portano i protagonisti ad isolarsi, ad abbandonare e maltrattare tutte le persone vicine.
Tornando a 20th Century boys, chi è il capo della setta che si fa chiamare l’Amico e quali sono i suoi piani? E qui entra in gioco anche 21th Century Boys, 16 capitoli che continuano l’opera principale dove vengono dipanati tutti i misteri della storia precedente. Va letto il seguito? Assolutamente.
L’Amico è una sorta di testamento della postmodernità, che sfocia nell’attaccamento a una verità alternativa da parte di un Paese intero. Con il 2000 alle porte, la paura ha spesso preso il sopravvento portando quasi a un’accettazione di profezie distruttive, all’annullamento del presente sostituito dall’attesa di ciò che verrà. Chi ci è passato, non può non ricordare il susseguirsi di film catastrofisti, le leggende sui blackout tecnologici che circolavano negli ultimi anni del secolo scorso. Quando 20th Century Boys è stata scritta, la paura per gli atti terroristici compiuti dall’Aum Shinrikyō avrebbe intossicato l’aria per ancora molto tempo.
Certo, è andato tutto storto ma il mondo non è finito. L’opera di Urasawa ha sicuramente intercettato qualcosa. Un bagliore nel buio forse. Che poi quest’ultimo sia stato la fiammella finale prima dell’oscurità totale o il primo raggio di un nuovo giorno è una decisione che deve prendere chi legge 20th Century Boys.
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