Dopo numerosi ritardi e posticipazioni dovute alla pandemia da Covid-19, l’ultimo film di Denis Villeneuve – Dune – è finalmente uscito in tutte le sale italiane. Ecco il parere del nostro Giacomo
Basato su una serie di romanzi fantascientifici scritti tra il 1965 e 1985 da Frank Herbert, Dune aveva già ricevuto un adattamento cinematografico. Nel 1984, infatti, David Lynch aveva tentato di approcciare la materia, fallendo sia da un punto di vista finanziario che di ricezione del pubblico.
Qualche anno fa, a voler assumere le redini di questa impresa è stato il regista franco-canadese Denis Villeneuve, sicuramente tra i migliori in circolazione. Villeneuve e i Warner Brothers Studios hanno investito molto in questa pellicola, dipingendola alla stampa mondiale e al pubblico terracqueo come il prossimo capolavoro del cinema SciFi.
Sarà riuscito Villeneuve nell’impresa di realizzare un progetto come questo, a detta di alcuni letteralmente irrealizzabile sul grande schermo? Scopriamolo insieme.
Dune, diretto da Denis Villeneuve, prodotto dai Warner Bros. Studios, Legendary Pictures e dalla Villeneuve Films, ha tanti spunti di discussione interessanti.
Ambientato in una galassia futura, dipinge un mondo controllato dall’Impero, forza politica centralizzata che soggioga a sé tutte le varie casate che controllano i rispettivi pianeti. Uno di questi pianeti – Caladan – è sede degli Atreides, famiglia nobiliare di cui fa parte il protagonista della pellicola, il giovane Paul (Timothée Chalamet). Proprio alla famiglia degli Atreides viene affidata la gestione di Arrakis, pianeta desertico unico nella galassia: infatti solo in questo particolare luogo è possibile trovare La Spezia, una droga con proprietà infinite, e fonte di immenso potere.
Ad attendere Paul e la sua famiglia sul pianeta Arrakis ci sono i Fremen, popolazione nativa del luogo con occhi blu e particolari poteri sensoriali. Ma non solo: sulla strada del giovane protagonista e del suo entourage potrebbe celarsi qualche inaspettata sorpresa.
Battaglie intergalattiche e lotta per il potere, intrighi di palazzo e casate leggendarie: la storia di Dune si intreccia su queste vie narrative.
Premesse due righe sulla storia generale della pellicola, non si può che partire dagli aspetti positivi del film.
Innanzitutto, che Villeneuve fosse un visionario lo sapevano un po’ tutti gli addetti al mestiere, ma anche il pubblico medio.
Il regista, infatti, ha girato mostri del cinema odierno come Sicario, Prisoners, Arrival, e da ultimo Blade Runner 2049: la sua mano si vede anche in Dune.
Unico al mondo – o quantomeno uno dei pochissimi – a saper conciliare il cinema d’autore con un blockbuster da 200 milioni di dollari, Villeneuve potrebbe essere tranquillamente definito uno Stanley Kubrick moderno.
Da un punto di vista tecnico, Dune è un capolavoro, la perfezione fatta film. Inquadrature artistiche, illuminazione e colorazione di scene e riprese, inquadrature e fotografia dipingono l’immagine di una pellicola come se fosse un’opera d’arte.
Lo spettatore si trova ad occhi spalancati o a bocca aperta per grandissima parte del film solo per lo spettacolo visivo che si palesa davanti a sé (e no, non parliamo dello spettacolo visivo fornito dal cast, o non solo di quello…).
Fotografia, luce e regia, quindi, tutto perfetto. D’altronde, non c’era da aspettarsi niente di meno, visto il talento del regista già dimostrato in tutti i suoi precedenti film.
Altra nota positiva da sottolineare, sempre sul versante tecnico, è la computer grafica, assieme agli effetti speciali. Da navi spaziali di tutti i tipi a tempeste di sabbia nel deserto, passando per vermi giganti mostruosi e inarrestabili, fino ad esplosioni e scene di combattimento di tutti i tipi. Dune non delude e il budget consistente a disposizione della produzione si vede.
Infine, due ulteriori punti da sottolineare per la categoria “elementi positivi”. I costumi meritano un Oscar: variegati, curati nei minimi dettagli e ricchi di preziosismi, la produzione del film si vede anche in questo.
Il cast regala recitazioni degne di lode. Timothée Chalamet nei panni del protagonista del film, Paul Atreides, dimostra di saper ondeggiare alla perfezione tra orgoglio e determinazione da una parte, e vulnerabilità e debolezza dall’altra; Rebecca Ferguson, madre di Paul, dimostra tutta la sua versatilità e la sua esperienza cinematografica con una performance ricca di espressionismo; Oscar Isaac, Leto Atredis nel film, urla sicurezza e onore in tutte le scene che lo coinvolgono; infine, Momoa nei panni di una guardia reale e Stellan Skarsgård come villain misterioso ed inquietante offrono davvero tanto.
Detto delle note positive della pellicola, purtroppo è tempo di passare agli aspetti che della pellicola stessa non funzionano.
Incastonato in scene visivamente impressionanti e definibili vere e proprie opere d’arte, Dune soffre terribilmente sul versante narrativo, quello del coinvolgimento emotivo dello spettator, nonché nella nella caratterizzazione dei personaggi. Non proprio dettagli insomma.
Narrativamente parlando, uno spettatore estraneo alla saga di Dune – sui cui romanzi il film è adattato – si perde confuso nei meandri di politiche, sotterfugi, galassie, casate e pianeti che non conosce, e che il regista e lo sceneggiatore non fanno nulla per rendere familiari. Il risultato è che la prima oretta e mezza di storia è dominata da noia, dispersione, confusione e domande, tante domande.
D’altra parte, che il film sia l’adattamento cinematografico di una serie di libri che lo spettatore dovrebbe, in teoria, conoscere, non è un argomento sostenibile. Pensiamo ad altre epopee fantasy del cinema dello stesso genere come Il Signore degli Anelli. Lettori o meno dei capolavori di Tolkien, qualsiasi spettatore era immediatamente immerso nel mondo della Terra di Mezzo fin dai primissimi minuti del primo film, affascinato dalle leggende e dai miti di quell’universo.
Dune non ha nulla di tutto ciò.
Altra nota dolente: i personaggi. Vero che le recitazioni della stragrande maggioranza del cast attoriale sono ottime, i personaggi interpretati non hanno alcuna caratterizzazione né approfondimento, dandosi per scontato che lo spettatore sia familiare con il background dei libri.
Il risultato, e giungiamo al terzo ed ultimo elemento negativo del film, è che lo spettatore non ha alcun attaccamento emotivo con la storia narrata. Che il protagonista intraprenda un percorso di crescita dominato da sofferenze e perdite, o che uno dei personaggi si sacrifichi per salvare la vita ad un altro con un gesto eroico non hanno alcun significato. Tutto rimane freddo e senza pathos.
Insomma, Dune è una serie di scene ben girate, ma senza coinvolgimento emotivo, tematico e drammatico.
Tirando le somme, che film è Dune? Vale la pena uscire di casa di corsa per vederlo al cinema?
Certamente è un film che merita di essere visto sul grande schermo: è uno spettacolo fatto e confezionato per le sale cinematografiche, ed è lì che deve essere visto. Limitarsi a prenderne visione su un normalissimo televisore casalingo, o peggio su un pc, sarebbe un insulto verso la visione del regista.
Tuttavia, da un punto di vista narrativo, di coinvolgimento dello spettatore e di sostanza tematica, c’è davvero poco da trovare ed aspettarsi.
Un capolavoro tecnico e visivo insomma, ma apatico e gelido.
Cosa ci attende invece per il futuro della storia? Villeneuve ha dichiarato pubblicamente che il secondo film verrà prodotto solo ed esclusivamente se i numeri finanziari del primo lo consentiranno.
Da un punto di vista narrativo sappiamo anche che la storia del sequel sarà/sarebbe maggiormente incentrata sulla figura di Chani Kynes – la ragazza interpretata da Zendaya – e sul popolo dei Fremen.
Inoltre, facile aspettarsi un confronto tra il giovane Paul e l’Impero: riuscirà l’erede della casata Atreides a salire al vertice di controllo di tutta la galassia? Lo scopriremo, si spera, nel sequel di Dune.
E voi cosa ne pensate di Dune? Andrete a vederlo al cinema? Lo avete già visto? Diteci la vostra nei commenti, che leggeremo con piacere come sempre.