Al termine della seconda stagione, ecco i nostri pensieri su “Ted Lasso”, la serie di Apple TV creata da Bill Lawrence che vede come protagonista un allenatore di football americano guidare l’A.F.C. Richmond, squadra di calcio inglese
Se avete letto in precedenza lo speciale dedicato alle serie TV sul calcio, probabilmente sapete già dove vi porterà la lettura di questa recensione. Se, invece, arrivate qui curiosi di saperne di più su una serie TV dal titolo così curioso o se ne avete sentito parlare e cercate un motivo per vederla, allora non ci girerò troppo intorno: “Ted Lasso” è la risposta alla domanda “Qual è la miglior nuova serie tv che hai visto nell’ultimo anno?”. Davvero, non ci penserei su due volte e, quindi, non mi resta che spiegarvi il motivo.
Il personaggio di Ted Lasso nasce nel 2013 per una trovata pubblicitaria: l’emittente NBC ingaggiò l’attore Jason Sudeikis per realizzare una serie di promo allo scopo di pubblicizzare l’acquisizione dei diritti di trasmissione delle partite della Premier League (il campionato di calcio inglese) negli Stati Uniti. Sudeikis interpreta il nuovo allenatore del Tottenham – una delle squadre di calcio di Londra – che, dopo i primi giorni di ritiro estivo in preparazione della nuova stagione calcistica, viene addirittura esonerato (potete trovare lo spassosissimo video sui canali ufficiali NBC Sports o YouTube). Qualche anno più tardi, Bill Lawrence, creatore e produttore di “Scrubs”, inizia a sviluppare il personaggio di Ted Lasso come protagonista di una possibile serie TV. Nel 2019, Apple TV+ (servizio streaming del colosso Apple) e Warner Bros. ordinano ufficialmente una prima stagione da 10 episodi che debutta nell’agosto 2020 sulla stessa piattaforma. Jason Sudeikis e Brendan Hunt riprendono i panni di Ted e del fido coach Beard, rispettivamente.
Ted Lasso è un allenatore di football americano del Kansas che ha appena guidato la propria squadra alla vittoria della seconda divisione del campionato universitario. Grazie ad un video trovato in rete in cui Ted si scatena per il risultato ottenuto, Rebecca Welton (Hannah Waddingham) decide di assumerlo come allenatore della squadra di calcio di cui è presidente, l’A.F.C. Richmond, club (fittizio) di bassa classifica di Premier League. La scelta appare senza senso logico: assumere un allenatore di football americano senza alcuna esperienza in ambito calcistico per condurre una squadra già a rischio retrocessione verso un’improbabile salvezza sembra un fallimento annunciato, sportivo ed economico. Ma la volontà di Rebecca è proprio questa: condurre al fallimento il Richmond, squadra di proprietà dell’ex-marito fedifrago Rupert (Anthony Head). Un’elaborata e costosissima vendetta, quindi, dà il via alla serie: Rebecca, però, non ha ancora messo in conto Ted (ovviamente ignaro di tutto e probabile capro espiatorio). Ted deve adattarsi al nuovo ruolo, così diverso nei fondamentali rispetto a quello precedente, al nuovo paese, alle nuove abitudini, alla distanza dalla famiglia. Ci prova fin da subito, con caparbietà e dolcezza, con una battuta per stemperare la tensione e una buona parola per il prossimo; ci prova fin da subito, Ted, rimanendo se stesso mentre tutt’intorno è così diverso; ci prova fin da subito, perché lui ci crede.
La persona che Rebecca e il direttore generale Leslie Higgins (Jeremy Swift) si trovano di fronte è perfettamente descritta dalla sigla della serie: Ted si siede sugli spalti di Nelson Road che, vittime di un “effetto farfalla” dovuto all’arrivo del coach, cambiano colore e danno nuovo lustro all’impianto. Ecco, Ted Lasso è una variabile impazzita nei piani di Rebecca, un uomo entusiasta del proprio ruolo, una persona buona e sempre sorridente sotto quei baffoni incipienti; un bonaccione, forse un ingenuo, ma una figura incredibilmente empatica, irresistibile, alla quale lo spettatore non può non affezionarsi. Un trascinatore emotivo che, con il suo savoir faire da cow-boy, trasmette il suo mantra a presidente e squadra: “Believe”. L’approccio con i giocatori non è certo dei migliori: a prescindere dalle conoscenze tecnico-tattiche (bisogna ammetterlo: all’inizio, Ted si dimostra un vero incompetente!), la Premier League non è un campionato universitario; i calciatori del Richmond non sono soltanto dei giovani ragazzi da condurre verso un obiettivo ma un crogiolo di personalità e ambizioni diverse da far coesistere necessariamente. C’è il duro ed orgoglioso capitano Roy Kent (Brett Goldstein), la vanagloriosa superstar Jamie Tartt (Phil Dunster), il giovane e timido Sam Obisanya (Toheeb Jimoh); ci sono divergenze da appianare, risultati dai quali non farsi condizionare, trasformare una convivenza forzata in un tutt’uno, una Squadra: riuscirà Ted nell’impresa?
Le difficoltà di comunicazione costituiscono il primo approccio comico della serie e rompono il ghiaccio tra i personaggi e con lo spettatore: l’equivoco sul football è inevitabile quanto spassoso (negli States, il calcio è il “soccer” mentre il “football” è lo sport giocato con la palla ovale, caschi e protezioni) ed è il primo “scontro” – che diventerà vero e proprio leitmotiv– tra gli humor più diretto e loquace di Ted e quello più tipicamente british, distaccato e pungente dei padroni di casa. Eppure, dietro le battute e i sorrisi, un velo di malinconia avvolge la sfera privata di Ted: è la caratterizzazione necessaria, precisa, tridimensionale che rende il legame con il protagonista (e, più in generale, con tutti i personaggi) ancora più forte. È il lato che fa pendere Ted Lasso verso la dimensione di dramedy, in cui l’equilibrio tra gioia e dolore è presente, bilanciato; l’alternanza tra successi e fallimenti è ineluttabile perché Ted Lasso (la serie TV) e i personaggi di Ted Lasso riescono nell’impresa di essere persone comuni, efficacemente normali, reali, vicine. Aspetto che, nella seconda stagione appena conclusa, viene esplorato ancora più a fondo: chiave di volta è l’ingresso nello staff della squadra di “Doc” Sharon Fieldstone (Sarah Niles), psicologo dello sport. Il suo lavoro permette ai giocatori di aprirsi, esprimere le proprie paure ed imparare a gestirle. Più complicato è il rapporto con Ted, tanto esuberante e disponibile per gli altri quanto diffidente ad aprirsi e parlare di sé. Il passato può tornare a galla in maniera dolorosa in qualsiasi momento e, a volte, il solito sorriso non è più sufficiente. Le sfumature caratteriali dei personaggi sono intelligenti, centellinate, mostrate in maniera tale da permettere allo spettatore di comprendere chi ha di fronte, le motivazioni che lo spingono ad agire in un determinato modo condividendone – o meno – lo sviluppo (significative, in questo senso, le direzioni adottate per Keeley (Juno Temple) e Nate (Nick Mohammed “the Great”). Non mancano scelte narrative sorprendenti ma ottimamente costruite, qualche tòpos necessario – come il triangolo amoroso Jamie-Keeley-Roy – e qualche episodio sopra le righe come il lynchiano “Beard After Hours”. Ted Lasso, insomma, ha davvero tutto ciò che uno spettatore posso volere, risultando mai banale e sempre brillante. Non deve sembrare assurdo pensare che, se la prossima (e probabilmente ultima) stagione dovesse confermarsi sui livelli delle prime due, si stia vedendo un vero e proprio gioiellino della serialità.
No, cari irriducibili calciofili, non vi ho dimenticato: il calcio, dal punto di vista strettamente tecnico, in Ted Lasso è – non ve lo nascondo – un elemento quasi secondario, dosato però nelle giuste quantità. Sono presenti spezzoni dal campo di gioco, scampoli di partita ben ricostruiti ma, come avrete intuito, sono i risultati e le dinamiche tra i calciatori ad essere presi in maggiore considerazione per analizzarne e svilupparne le conseguenze sui personaggi coinvolti. È evidente che alcuni calciatori del Richmond siano ispirati (in chiave ironica e caricaturale) ad attuali ed ex-campioni della Premier League: Roy Kent è il classico mediano roccioso “vecchio stampo” che ricorda il leggendario capitano del Manchester United Roy Keane; Jamie Tartt ha il look di Sergio Agüero e le movenze di Cristiano Ronaldo; Dani Rojas quelle di Edinson Cavani. E, ancora, qualche curiosità prima di concludere: Richmond è un sobborgo di Londra mentre l’A.F.C. Richmond è una squadra creata ad hoc per lo show ma sfida club realmente esistenti di Premier League; il campo d’allenamento della squadra è lo SkyEX Stadium, casa dell’Hayes & Yeading United, squadra della sesta serie inglese; Nelson Road è, nella realtà, Selhurst Park cioè lo stadio del Crystal Palace (di cui ha adottato i colori sociali); nell’episodio 2×08 “Man City”, lo stadio in cui si disputa la partita è il vero Wembley, impianto della capitale in cui gioca l’Inghilterra. Brendan Hunt e Brett Goldstein fanno parte della squadra di sceneggiatori della serie; in particolare, l’interprete di Roy Kent è entrato nel cast dopo un provino inviato per scherzo a Bill Lawrence. Alcune guest star fanno capolino negli episodi interpretando loro stessi: i telecronisti Arlo White e Chris Powell; gli ex-calciatori Thierry Henry, Chris Kamara, Gary Lineker, Ian Wright; l’arbitro Mike Dean.
“Ted Lasso” fa dell’ottimismo e della bontà d’animo del protagonista i propri punti di forza. Ogni episodio è un abbraccio affettuoso o una spalla su cui piangere, un porto sicuro in cui attraccare. Ted è una persona buona, un eroe gentile dal cuore tenero, un personaggio positivo, un amico sincero reso incredibilmente “vero” dall’interpretazione di Sudeikis e la scrittura di Lawrence. Un uomo normale con le sue esuberanze e le sue tenebre ma che, indipendentemente da tutto, non smetterà mai di crederci.