Cyclopedia Exotica pubblicato da Edizioni BD è la caustica visione della bravissima Aminder Dhaliwal. Cosa vuol dire uguaglianza nel XXI secolo? Annullare le differenze o rispettare e fare tesoro della diversità?
Cyclopedia Exotica racconta un universo speculare al nostro dove la diversità non rappresenta una ricchezza ma una difficoltà, un confronto arrogante che mette all’angolo le minoranze. Insomma, nulla di nuovo sul fronte, è una realtà che conosciamo fin troppo bene.
Oh, siamo tutti parte di una singola umanità, quella che nasce e prima o poi muore. E poi siamo diversi, buffi e pieni di problemi. Tutti però, ed è questa la cosa bella, no?
Cyclopedia Exotica è una lente d’ingrandimento sull’anatomia, le relazioni, su spot promozionali e app di incontri, su lavoro, casa e famiglia; su qualsiasi cosa vi venga in mente che possa contenere la vita di tutti i giorni.
Aminder Dhaliwal, classe 1988, artista a tutto tondo, ha raggiunto la notorietà nel campo fumettistico con Woman World, lavoro nato da strisce che l’Autrice pubblicava su Instagram (come poi farà Cyclopedia Exotica), e ispirato alla grande marcia delle donne su Washington svoltasi nel 2017. Insomma, vi assicuro che non è una donna che le manda a dire e Cyclopedia Exotica non è una sorpresa ma una splendida conferma della sua beltà e bravura artistica.
Protagonisti di questa speciale enciclopedia sono i ciclopi e i due-occhi che convivono e popolano la Terra. Storie quotidiane che si intersecano composte da tavole singole perfettamente legate da un filo narrativo verticale, piacevole e interessante. Dopo una necessaria introduzione sull’anatomia e storia ciclopica che ci mette nella condizione di conoscere i futuri attori, ecco Etna, apparsa sulla copertina di Playclops. Tim & Pari, coppia mista, due-occhi lui e ciclope lei (in dolce attesa). Latea ciclope aspirante attrice; Pol, ciclope inguaribile romantico. E ancora, Jian & Grae, Bron, Vy e Arj. Le loro storie e piccole sfide quotidiane raccontano la diversità. Non si è fatto altro che provare ad annullare gli aspetti che ci rendono unici, che fanno di noi ciò che siamo. Eppure, la nostra diversità è la bellezza e la ricchezza del mondo.
Leggere alcune storie, significa confrontarsi brutalmente con la realtà. Vedere le ciclopi, dotate di un solo seno, comprare un divisorio infernale e doloroso per ricavarne due e somigliare alle due-occhi. Leggere di Bron, segnato da una profonda cicatrice sul volto dopo un’operazione andata male. La lotta è contro se stessi oltre che contro il mondo.
I ciclopi di Dhaliwal sono bellissimi, reali; lasciate le Eolie e le pendici dell’Etna dove li voleva la primitiva mitologia greca a forgiare i fulmini di Zeus, passati a dedicarsi alla pastorizia secondo la mitologia omerica, ora li ritroviamo tra noi a dar voce e forma alla diversità nel senso più ampio del termine.
Una convivenza pacifica dove la soggezione della minoranza si dispiega nelle cose ordinarie, nel passeggiare in un parco o nella ricerca di una casa. I figli di Tim e Pari hanno uno due occhi, e l’altra uno. Chi avrà la vita più facile? E perché la mia diversità, la mia ciclopità, è diventata una sequela di luoghi comuni?
Per me l’unica risposta possibile, quando ci chiediamo cosa sia la diversità, è che la diversità è uguaglianza. Siamo uguali perché siamo diversi. La diversità di cultura, provenienza, attitudini sono l’espressione evidente della nostra uguaglianza. Sono il segno che l’uguaglianza vive nella diversità. E che dobbiamo trovare non dei valori condivisi, ma la convivenza anche di valori diversi. Insomma, io ci tengo alla mia ciclopità, ed è giusto che per ognuno sia così.
Aminder Dhaliwal ha uno stile graffiante, schietto. Gestisce le sue creature come un Woody Allen in piena forma, raccontando le nevrosi umane con sagace ironia. Fondamentale l’apporto artistico di Nikolas Ilic che firma il colore delle tavole donando un tocco fiabesco e sospeso all’intera opera. Bellissima l’appendice finale.
Cyclopedia Exotica è una lettura splendida. Fatevi un regalo e lasciatevi catturare dai ciclopi di Aminder Dhaliwal.