Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Maurane Mazars, autrice della graphic novel Dance!, vincitrice del premio “Rivelazione dell’anno” al Festival di Angouleme
Maurane Mazars è nata nel 1991 a Tolone, in Francia. Nel 2015 ha conseguito il diploma in comunicazione visiva presso la Scuola d’arte e desgin di Ginevra. Alla fine del 2015 ha ricevuto un premio per Acouphènes, graphic novel in bianco e nero pubblicata nel 2017 da Editions AGPI, ha vinto il Premio Angouleme come autrice rivelazione dell’anno con Dance! pubblicato in Italia da Tunuè.
Ho fatto una chiacchierata con Maurane Mazars e il traduttore di Dance! Stefano Andrea Cresti, in occasione di Più Libri Più Liberi, fiera in cui l’autrice era ospite. Mazars ci ha raccontato della sua carriera e di come nasce Dance! fumetto incentrato sul mondo della danza, ambientato negli anni ’50 tra la Germania e gli USA.
Quando hai capito che la tua strada fosse fare la fumettista?
In realtà ho sempre disegnato, ma quando ero piccola non volevo fare la fumettista di mestiere. Durante l’adolescenza ho cercato di avviare la mia carriera con l’animazione, ma mi sono accorta che l’animazione non permette molta libertà artistica e così ho desistito. Ho frequentato varie scuole d’arte, la prima incentrata sulla grafica, quindi ancora lontana dal mondo del fumetto, la seconda invece mi ha aperto gli occhi, perché ho seguito un corso di illustrazione, ed è così che ho capito quale fosse davvero la mia strada.
Quali sono i tuoi maestri? A chi o a quali opere ti sei ispirata nella tua carriera?
Questa è una domanda complessa! Ogni volta dimentico i nomi che mi piacerebbe citare. Però sicuramente sono stata ispirata ed educata al fumetto “nouvelle vague” o sarebbe meglio dire “nouvelle bande dessinée” in particolare da David B, però è un sacco di tempo che non leggo più quel genere di fumetti. Oggi, l’autore che rispetto di più è Jamie Hernandez, un autore messicano – americano, il suo Love & Rockets è il fumetto più bello che abbia mai letto, amo in particolare le serie e questa dura da trent’anni, sono molto attenta a come si sviluppano i personaggi e i suoi sono tridimensionali e complessi, sviluppati in modo impeccabile. L’autrice francese che seguo di più è Anne Simon, che ha scritto la serie Les Contes du Marylène, non so se è stata tradotta in italiano, ma spero arrivi presto. È una raccolta di favole molto poetiche, con uno sfondo sociale importante e dal taglio femminista.
Come si è sviluppato il tuo tratto grafico? È stato immediato capire come esprimerti attraverso il disegno?
È buffo, fino al 2015 disegnavo solo ed esclusivamente in bianco e nero, ero convinta di non essere capace di lavorare a colori. Il mio primo fumetto Acouphènes è tutto in bianco e nero. Era la tesi di diploma per la scuola che frequentavo a Ginevra. Dopo essermi diplomata ho provato a giocare con il colore, con photoshop. Prima pensavo di essere assolutamente negata nell’utilizzare il colore e invece adesso le persone riconoscono il mio lavoro proprio per il modo in cui utilizzo i colori. In quanto disegnatrici e disegnatori a volte ci imponiamo limiti senza senso, ci creiamo noi stessi degli ostacoli. Penso che comunque il mio stile continuerà ad evolversi, perché il rinnovamento è essenziale nel disegno.
Com’è nato Dance? E quanto tempo hai impiegato per ultimare questo progetto come autrice unica?
Originariamente era il progetto del diploma per il master che avevo frequentato a Strasburgo. In quel periodo della mia vita non ero tranquilla e mi sembrava di aver perso il piacere di disegnare. Cercavo di fare quindi cose che mi facessero star bene: guardare le persone ballare, guardare musical. Ho iniziato allora a documentarmi proprio sui musical e ho scoperto che il periodo d’oro dei musical sono gli anni ’50. Gli anni Cinquanta sono un periodo estremamente interessante e in pratica, unendo i miei vari interessi la storia si è scritta da sola. In tutto ho impiegato 3 anni per portare a termine Dance!
Perché hai scelto di far iniziare la vicenda in Germania?
Il mio amore per i musical l’ho già confessato, ma prima di iniziare a fare ricerche sul mondo della danza conoscevo e apprezzavo il lavoro di Pina Bausch ballerina e coreografa tedesca, mi sono allora informata su di lei, cercando di capire da dove veniva e come si era formata artisticamente. Bausch ha legato il teatro alla danza, e ho trovato così il nesso tra il musical e danza, quindi ecco il collegamento.
Qual è il tuo rapporto con la danza?
Mi piace moltissimo vedere le persone ballare, qualsiasi tipo di danza: dal rave con la gente strafatta al balletto classico. Mi piace vedere le persone muoversi, ma io non so assolutamente farlo. Non mi riesce per niente, neanche quando ballo in coppia e questa cosa mi dà molto stress! Però mi piace ballare la techno.
Anthony e Uli sono due personaggi molto diversi, ma hanno alcune caratteristiche che inizialmente li portano ad avvicinarsi. Anche se non si comprendono mai pienamente, in quale ti rispecchi maggiormente?
Uli senz’altro è quello che mi assomiglia di più! Forse non appare in maniera immediata, bisogna conoscermi intimamente per capire le nostre somiglianze. Anthony non mi somiglia molto, la sua presenza si spiega nel libro per l’interrogativo che riguarda le tematiche razziali e per mostrare che pur avendo le migliori intenzioni del mondo puoi non capire pienamente gli altri, perderti qualcosa, e a volte arrivi ad offendere anche le persone senza volerlo, è per questo che la relazione tra Uli e Anthony non funziona. Uli non riesce ad empatizzare totalmente con Anthony e non lo ascolta davvero, però la loro relazione è una porta che non ho voluto chiudere del tutto. Nell’epilogo si vede Anthony 30 anni dopo e quello che volevo comunicare è che con il tempo si può cambiare.
È stato difficile tradurre in disegno la fluidità e la leggerezza della danza?
No, mi avevano fatto notare che ero piuttosto portata per il disegno del movimento. Ho deciso di dare ascolto a queste persone ed esplorare quindi il movimento attraverso il disegno. Onestamente credo sia più difficile dover disegnare elementi molto statici.
C’è qualcosa di autobiografico nella vicenda dei personaggi?
Sì, il rapporto con il trauma, con la gioia, necessariamente quando si è un’artista parli di te stessa. Una cosa di cui non ho parlato molto ultimamente è il rapporto tra questi due tipi di danza: danza moderna e Brodway. Il rappoto quindi tra le arti alte e intellettuali e quelle popolari. Questo è un elemento che si trova esplicitamente nel mio fumetto ed era un modo di parlare di questo gap. Posso dire quindi che è un fumetto autobiografico sia per quanto riguarda tematiche intime che professionali.
Com’è stato vincere l’Angouleme? Te lo aspettavi?
Mi ha davvero cambiato la vita! Riesco finalmente a vivere del mio lavoro e non dividermi tra tante occupazioni per portare avanti i miei progetti. Le persone vengono da me e mi propongono lavori, è una cosa eccezionale.
Su un sito francese che parla di fumetti ho trovato il commento di una persona che diceva che ero furba, perché ho parlato di tematiche di moda, solamente per vincere l’Angouleme e ho cercato in segreto di vincere il premio. A me questa cosa ha fatto molto ridere perché è ovvio che un fumettista voglia vincere un premio Angouleme. Quindi confesso: ammetto che segretamente volevo vincere l’Angouleme!
Stai già lavorando a nuovi progetti per il futuro?
Sì. Ho due libri in lavorazione con due editori differenti, ma purtroppo non posso darvi troppe notizie su queste prossime uscite. Posso però dirvi che uno dei due fumetti mi vede di nuovo come autrice unica e per la prima volta nella mia carriera, la protagonista sarà femminile. L’altro libro invece, sarà anche questo una prova “inedita” per me, perché sono affiancata da una sceneggiatrice e io curerò i disegni. È la prima volta che collaboro con un’autrice e si sta rivelando molto eccitante!
Ringrazio moltissimo Maurene Mazars e Stefano Andrea Cresti per il tempo e la disponibilità e ovviamente non vediamo l’ora di leggere le nuove opere di questa fantastica autrice!