Jacopo Calatroni, voce italiana del protagonista Gan, si concede quattro chiacchiere con la redazione di MegaNerd, in occasione della messa in onda nuova serie animata dedicata a Yattaman (che sarà presentato con il titolo originale. per la prima volta anche in Italia, ovvero Yatterman) la cui edizione italiana è curata da Yamato Video e che sarà presto disponibile in streaming tramite il servizio Anime Generation su Prime Video.
Ciao, Jacopo! Parlaci brevemente di te e del tuo percorso professionale!
Ciao! Sono Jacopo, classe ’87, faccio l’attore e dopo un breve periodo passato a fare teatro mi sono concentrato sulla recitazione applicata alla voce. Lavoro nel doppiaggio dal 2009, anche se ho cominciato a considerarmi un professionista nell’ambito solo qualche anno dopo, con un po’ di esperienza.
Quando hai capito che del doppiaggio potevi farne un lavoro?
Mi sono avvicinato alle sale di doppiaggio nel periodo in cui frequentavo l’università. Per lungo tempo ho studiato e fatto altri lavori, sia per mantenermi sia per prepararmi una “strada alternativa” nel caso mi andasse male nel mondo dello spettacolo. È un ambiente competitivo dove non basta il duro lavoro, c’è una componente di talento e di occasione (insomma, di fortuna) che non dipende interamente da noi. Avevo già sulle spalle qualche anno di teatro per bambini dove mi ero messo alla prova come caratterista, modificando la mia voce in base ai personaggi che ero chiamato a interpretare, e mi ero divertito a esercitarmi con il doppiaggio amatoriale a casa. La realtà lavorativa però è ben diversa, servono competenze specifiche e bisogna armarsi di tanta pazienza e determinazione. Per qualche anno, anche dopo la laurea, passavo le mattinate a scuola a fare l’educatore e i pomeriggi a doppiare o a chiedere provini per farmi conoscere. Una doppia vita davvero impegnativa! A un certo punto mi sono trovato a un bivio, perché non riuscivo più a conciliare gli impegni. Ho scelto di darmi un’occasione per realizzare il sogno di recitare, ed è andata bene.
Attualmente sei la voce di due personaggi che sono entrati nell’immaginario collettivo, in special modo in Italia: Spider-Man nei videogames targati Sony, e Gan, nella nuova serie dedicata a Yattaman (anzi, Yatterman), disponibile sul canale Anime Generation di Prime Video. Come ti fa sentire, sapendo di essere cresciuto anche tu con questi personaggi e se in qualche modo senti delle responsabilità verso i fan di vecchia data.
Essendo un appassionato di cultura pop provo sempre un po’ di rispetto reverenziale quando mi trovo a lavorare a una serie o un personaggio iconici. Se un prodotto ha già una fanbase consolidata è molto più difficile mettere d’accordo il pubblico, perché inevitabilmente avranno aspettative basate su chi mi ha preceduto. Mi consola però pensare che questi personaggi siano molto più grandi di noi attori che siamo chiamati a interpretarli: per un periodo abbiamo la preziosa occasione di metterci nei loro panni e “giocarci” un po’, trovare la nostra strada per renderli al meglio prima di passare il testimone a qualcun altro. La responsabilità sta tutta nel concentrarsi per non sprecare l’occasione, ma sono convinto che il nostro dovere sia in primis verso il prodotto e l’attore che ha inciso la versione originale, e solo in secondo luogo verso i fan. Io stesso, da fan, troverei molto più onesta un’interpretazione originale e aderente a quella specifica versione invece di una imitazione che strizza l’occhio a qualcosa di già visto.
Puoi parlarci del processo di doppiaggio di un anime come Yatterman? Quanto tempo occorre, soprattutto?
Yatterman (la serie attuale dove ho doppiato Gan) è una serie piuttosto lunga per gli standard attuali: sono una sessantina di episodi più un film inserito all’interno della continuity. Al giorno d’oggi siamo abituati a format molto più rapidi nello svolgimento, con pacchetti da 10-25 episodi al massimo, adatti ad un binge-watching sulle piattaforme. Un tempo una serie così lunga sarebbe stata doppiata nel corso di mesi, pochi episodi alla volta, ma i tempi si sono accorciati drasticamente, ponendoci di fronte sfide veramente complesse. Ho lavorato alla serie in poco meno di un mese, anche per riuscire a incastrare con altri impegni che avevo già preso (avevo in ballo una direzione del doppiaggio per un videogioco che non poteva essere spostata). Insomma, un vero scatto più che una maratona. Mi trovavo a fare Gan anche per 6 ore al giorno, nonostante sia un ruolo tutt’altro che rilassante: in questa versione è un personaggio estremamente comico, sempre molto su di giri. Urla un casino ed è davvero complesso da seguire! È stato una sfida.
Quale difficoltà avete riscontrato nell’adattamento di un prodotto come Yatterman, così ancorato alla cultura nipponica e che tipo di soluzioni avete adottato? Hai un aneddoto in particolare?
La comicità è in assoluto la cosa più difficile da tradurre, perché è estremamente legata al contesto. Yatterman è pieno zeppo di riferimenti alla cultura e al mondo dello spettacolo giapponese, e ha tantissimi giochi di parole pressoché intraducibili. L’adattamento di un’opera simile è complicato, anche perché non puoi mettere una nota a piè di pagina come succede nei libri o nei fumetti, devi trovare una soluzione che sia immediatamente comprensibile per il pubblico. Ho partecipato a molte lavorazioni per Anime Generation e la parola d’ordine era sempre “fedeltà all’originale”; per Yatterman invece si è fatta una scelta diversa, che in questo caso specifico condivido: prendersi qualche piccola libertà per rendere la comicità immediata e fruibile per il pubblico italiano. Dopotutto, la serie doveva prima di tutto far ridere, per restituire l’esperienza di chi l’ha guardata in Giappone! C’è un episodio in particolare che è stato complicatissimo da doppiare, perché le gag sono basate interamente sul dialetto di Osaka, che nella puntata diventa momentaneamente la capitale del Giappone. Abbiamo provato un po’ di strade diverse, ma alla fine la cosa che funzionava di più era rendere il tutto con una parlata regionale anche nell’edizione italiana. Un po’ come negli Aristogatti per la parlata irlandese di Romeo, anche “il dialetto della capitale” è stato reso con il romanesco. Mi sono trovato a doppiare un Gan biascicante che si faceva largo tra un “daje” e un “namo” come fosse uscito da Strappare Lungo i Bordi. Fortuna che il direttore che mi dirigeva, Graziano Galoforo, viene proprio da Roma! È stato severissimo per cercare di rendermi più realistico e meno macchiettistico possibile, mantenendo al contempo la comicità di Gan. Sono uscito dal turno stremato!
Come è cambiata la distribuzione, oggi, dell’animazione giapponese, in virtù soprattutto della nascita delle varie piattaforme e canali come Anime Generation? Quanto ha impattato sul vostro lavoro e sul pubblico?
Stiamo assistendo a un periodo di grande fermento nella localizzazione dell’animazione giapponese. Per anni sono stati importati quasi solo gli anime commerciali e di servizio, quelli più volti alla vendita di gadget che alla narrazione, perché le reti televisive erano interessate maggiormente a questa nicchia di produzione. Oggi invece le piattaforme streaming forniscono un ventaglio diverso di scelte, permettendo la localizzazione di più prodotti. L’unico problema è che il doppiaggio italiano resta uno dei più costosi al mondo, sia per la tradizione consolidata che ci permette di considerarci un’eccellenza nell’ambito sia per il fatto che viene fruito da pochissime persone. L’Italia è tanto piccola, quindi è chiaro che l’investimento in una localizzazione nella nostra lingua è meno remunerativo di quello in altre lingue. Per questo a volte si rende necessario l’abbonamento aggiuntivo, come è stato per Anime Generation. I costi da coprire sono davvero tantissimi, e non sempre i servizi di streaming “base” hanno un grande budget da destinarci.
Ti è capitato di essere dall’altra parte del vetro, in qualità di direttore di doppiaggio, in particolare per la direzione del doppiaggio del videogioco Hyrule Warriors: L’era della calamità. Che responsabilità porta un ruolo del genere?
È un lavoro tanto bello quanto difficile, paragonabile alla regia in teatro. Si deve fare in modo che tutti i singoli “strumenti” suonino insieme nel formare una melodia. La responsabilità è sicuramente maggiore, nonostante sia un ruolo meno in vista di quello del doppiatore. Parlando per la mia esperienza, sono stato molto fortunato: Nintendo tiene molto alla localizzazione dei suoi prodotti, e ho potuto lavorare a stretto contatto con gli adattatori e su materiali molto belli. Spesso nei videogiochi si lavora su file audio e copioni senza contesto, rendendo tutto molto fumoso e complicato. Quando invece si lavora per la maggior parte sui filmati il risultato è inevitabilmente migliore, perché è più simile al doppiaggio di una serie animata. Si possono cogliere molte più sfumature. Il cast del franchise di Zelda poi è davvero eccezionale, sono stati tutti molto disponibili e mi sono trovato benissimo a lavorare con loro.
Che opinione ti sei fatto a proposito delle varie polemiche che investono oggi il doppiaggio, in merito al dibattito su versione originale/versione doppiata e le scelte operate oltreocano in cui alcuni personaggi sembra possano essere doppiati solo da determinati attori.
Penso che la polemica originale vs doppiato non abbia molto senso, specialmente in un’epoca in cui basta premere un pulsante (o scegliere la sala a fianco al cinema) per cambiare da una lingua all’altra. Il doppiaggio è semplicemente un servizio che permette a più persone di godere di un prodotto, ma ognuno è libero di scegliere se usufruirne o meno. Per quanto riguarda la questione della distribuzione basata su motivi etnici o di orientamento, è un discorso piuttosto complicato. All’estero è un modo per creare opportunità di lavoro per minoranze sottorappresentate, e penso sia un motivo più che valido. Finché l’appartenenza a una minoranza va di pari passo con la capacità dell’attore o attrice su cui ricade la scelta, è una buona cosa creare queste occasioni.
Quali consigli ti sentiresti di dare a chi decide di intraprendere una carriera come la tua?
Il primo consiglio è sempre porre al centro la recitazione, che è la vera base di questo lavoro, più della dizione o del sinc. E poi consiglio spassionatamente di tenersi aperte altre strade. È un mondo complicato e mutevole, e il doppiaggio è un lavoro che ultimamente va molto di moda. Farsi notare davvero è complicato, e come dicevo all’inizio non dipende del tutto dalle capacità personali.
Nonostante le clausole di riservatezza che voi doppiatori dovete rispettare, potresti aggiornarci sui tuoi prossimi lavori? O quanto meno se se stai lavorando ad un grosso progetto, pur senza rivelarne il nome.
Diciamo che c’è un certo fermento per quanto riguarda l’ambito videogiochi. In questi mesi sto dirigendo un titolo per cui sono molto emozionato, e ho preso parte al doppiaggio di altri prodotti interessanti, tutti ancora non annunciati. Ne vedremo delle belle!
Non vediamo l’ora di scoprirlo! Intanto ti salutiamo e ti ringraziamo della tua estrema gentilezza e del tempo che ci hai dedicato, Jacopo. Excelsior!