Abbiamo visto i primi episodi di Stranger Things 4: vi raccontiamo com’è cambiata la serie più famosa di Netflix (ovviamente senza spoiler)
Da sempre, la Cosa più Strana di Tutte.
Ovvero, crescere, in tutte le sue forme: è una delle prime cose che balza agli occhi della Stagione 4 di STRANGER THINGS.
Siamo sempre a Hawkins, il Sottosopra è sempre… beh, sottosopra, ma tutto ha fatto un salto in avanti, sia in termini anagrafici che di qualità generale.
Prendete i ragazzini protagonisti, che ormai “ragazzini” non lo sono davvero più: sono cresciuti in questi panni, come forse solo i film di “Harry Potter” hanno saputo mostrare.
Magari il fatto che la pandemia si sia messa di mezzo nella ruota produttiva ha spezzato un poco la magia (il balzo fisico è evidente), ma il concetto rimane. Li abbiamo visti giovani imberbi in uno scantinato a giocare a D&D e ora sono pronti ad affrontare il Demone più pericoloso: quello della pubertà.
Perché quello della crescita è un dungeon che affrontiamo tutti, in quella enorme campagna che è la Vita, e questo i Duffer ce lo restituiscono benissimo, sempre ammantando il tutto con quell’aura Anni ’80, la stessa di tante classiche commedie adolescenziali dell’epoca.
Amori, amicizie che si allontanano, altre che si formano, interessi che cambiano, persino quel sorriso con cui affrontare un nuovo giorno a scuola, rotto da quella piaga che è il bullismo, con la sua cattiveria così fine a sè stessa e vigliacca.
E proprio come i film di “Harry Potter“, l’iniziale magia lascia il posto ad un brivido meno sottile e più marcato, con l’atmosfera generale che cresce di varie tacche sul muro.
Brividi lungo la schiena, un Horror degno di questo nome, coi suoi jump scares, le morti terrificanti e il cameo d’eccezione di Robert Englund, uno che sulle uccisioni da incubo ci ha costruito il proprio personale Mito.
Ed è proprio a questa tradizione che si rifà il Big Bad di questa stagione, Vecna. Terrificante nel suo porsi sulla scena, Signore della Notte e del Sottosopra, inquietante quanto basta, sopratutto grazie a molto trucco prostetico e poca CGI.
E se a “Nightmare” aggiungi “Amytiville Horror“, ecco che i “Guerrieri del Sogno” sono qui per salvare la giornata.
Ancora una volta, i Duffer prendono fondamenta ormai solidissime, quelle stesse che ritrovi nei manuali di Sceneggiatura e negli annuali della Nostalgia, e te le ripropongono.
Qualcuno direbbe in maniera ruffiana, ma la verità è che i due Fratelli saccheggiano da un immaginario ormai scolpito nella pietra della Cultura Pop e lo sanno presentare con la certezza che, in questi tempi in cui ogni racconto deve essere corrotto, perverso, duro e pronto a mostrare le brutture del mondo, è sempre bene ricordare che una storia si può proporre anche in maniera semplice, diretta, puntando sì su qualcosa che conosciamo, eppure non per questo senza più nulla da dire, anche e sopratutto perché, degli Anni ’80, oltre a tutti gli omaggi di genere, hanno capito la lezione più importante.
Presentare dei personaggi per cui vale la pena spendere il proprio tempo, le proprie energie seriali e lasciarsi prendere dal racconto.
Se i protagonisti sanno entrarti nel cuore, allora sei pronto a seguirli ovunque, anche in un altro universo da attraversare a testa in giù, oppure a lottare per sfuggire alla lunga presa della morte seguendo le note di una hit che, con prepotenza, sa riportarti a quegli Anni.
Che sono gli 80’s, che sono un culto che “Stranger Things” professa sin dalla prima stagione, e ancora non riesce a stupirmi, come quando tirano fuori un articolo di Newsweek sulla follia satanista che investì il “recente” fenomeno dei giochi di ruolo, e lo rendono il “La” di una delle scene migliori del primo episodio.
Lo senti, percepisci quel “corsi e ricorsi storici” e in un attimo, un giro di inquadrature e una cotonata ai capelli, saltiamo indietro in una Twilight Zone fatta di Tempo che fu.
Ecco, a questo proposito vogliamo parlare del vincitore di questa stagione? Proprio per il discorso dei personaggi fatto poche righe fa, l’Eddie Munson di Joseph Quinn è perfetto.
Il casting, la sua entrata in scena e il modo in cui si pone sul palcoscenico di Hawkins, tutto calcolato ad istrionica meraviglia per conquistarci sin dalle prime battute, con quel giornale in mano e quel ruolo tra lo scapestrato e il “role model” che te lo fanno inevitabilmente diventare simpatico.
Ma “Stranger Things” è una serie corale, a vincere è il gioco di squadra, l’unione che fa la forza e il riuscire a dare spazio a tutti i giocatori sul campo. Ognuno fa un salto in avanti, ognuno cresce in qualche misura e si stabiliscono nuovi equilibri.
Se “la ragazza coi superpoteri” è impegnata ad affrontare i suoi turbamenti e il suo passato, ecco che ad emergere è quella che i superpoteri non ce li ha, ma compensa con due occhioni intensi e una espressività potente, con quel suo walkman e il tormento nel cuore.
Sadie Sink ruba la scena a tutti, le viene concesso un riflettore rosso fuoco e se lo prende tutto, mentre Kate Bush le regala la colonna sonora che sale dritta in classifica.
Non sono più ragazzini, e crescono così in fretta. Eppure sono passati sei anni dalla prima stagione, quindi la clessidra continua a scorrere inesorabile, anche se spesso, troppo, ci piace pensare il contrario. Quindi mettiamola così: tutto è relativo quando si parla di finzione, eppure la Cosa più Strana di Tutte è sempre lì, a livellare pubblico e personaggi.
Ci ritroviamo in quelle sensazioni, in quei pensieri e in quell’ordine generale di cose con cui empatizzare, perché cambiano mode e acconciature, ma quella magica fase della vita è un Sottosopra attraverso cui tutti, nessuno escuso, siamo passati.
Per alcuni è stata colorata e veloce come un giro sulla pista di pattinaggio, per altri è stato come dover costantemente affrontare i propri demo(gorgon)i sotto forma di bulli, per altri ancora si è trattato di un castigo che neanche le prigioni russe ammantate di neve possono reggere il confronto.
Eppure, ci siamo passati tutti, ne siamo usciti, anche se ci è sembrata infinita.
E se parliamo di durata, quella della S4 è stata utilizzata appieno, senza perdersi eccessivamente (e facilmente) dietro il “teen drama”, ma piuttosto sapendo quando dar risalto ai dialoghi e quando al mistero, con queste puntate dalla lunghezza “mostruosa”, eppure lisce come l’olio, divorate senza mai un vero attimo di pesantezza, mentre l’orologio di Creel House rintocca e noi felici di lasciarlo fare.
Anche in questo, “Stranger Things” cresce, si evolve, si espande in proporzione: più grande, più rischiosa, coinvolgendo tutte le figure in campo e non lasciando indietro nessuno, certi di dare al pubblico l’esperienza desiderata e l’evento di cui Netflix ha bisogno in questo momento.
Però, aspettate un attimo: sto qui a parlare della Stagione 4 come se fosse già finita, come se il settimo episodio, anche meglio conosciuto come “Il blockbuster che l’Estate 2022 non sapeva di volere” fosse l’ultimo episodio, con quel suo cliffhanger finale da “Maledetti Duffer, come ho fatto a non arrivarci prima?”.
Un cliffhanger che ci ha letteralmente messo in scacco, ma, in realtà, mancano ancora gli ultimi due episodi, le ultime 4 ore (non guardatemi così, la S04E09 è previsto arrivi a durare 2 ore e mezza!), quindi al momento siamo fermi così.
Il Matto arriverà solo il 1° Luglio ed è lì che davvero si deciderà il responso di questa quarta avventura.
E.. ok, ok.. non parliamo della “Regina di Scacchi”, parliamo di “Stranger Things”, quindi mettiamola così: i punti ferita sono rimasti pochi, e tocca all’ultimo tiro di Dado 20 segnare la fine della partita!
Stranger Things 4 - Vol.1
Winona Ryder: Joyce Byers
David Harbour: Jim Hopper
Finn Wolfhard: Michael "Mike" Wheeler
Millie Bobby Brown: "Undici"/Jane Ives
Gaten Matarazzo: Dustin Henderson
Caleb McLaughlin: Lucas Sinclair
Noah Schnapp: William "Will" Byers
Natalia Dyer: Nancy Wheeler
Charlie Heaton: Jonathan Byers
Cara Buono: Karen Wheeler
Matthew Modine: Martin Brenner
Sadie Sink: Maxine "Max" Mayfield
Joe Keery: Steve Harrington
Dacre Montgomery: Billy Hargrove
Sean Astin: Bob Newby
Paul Reiser: Sam Owens
Maya Hawke: Robin Buckley
Priah Ferguson: Erica Sinclair
Joseph Quinn: Eddie Munson
Brett Gelman: Murray Bauman