I Boys e i Sette son tornati con una terza stagione adrenalinica e totalmente fuori controllo. Ecco cosa ne pensiamo (ovviamente senza spoiler, tranquilli)
La terza stagione di The Boys è approdata con i primi tre episodi su Prime Video lo scorso 3 giugno. Da lì, un episodio a settimana fino all’ottavo, che ci ha portato alla conclusione di ieri.
The Boys, innanzitutto ed ancora una volta, fa ciò che deve fare: intrattenere il pubblico. E lo fa diabolicamente bene, in maniera spudorata ed irriverente come quel fot***o sorrisetto sulla faccia da c**o di Butcher.
Dopo un anno dall’attacco al Congresso e la pubblica accusa a Stormfront, Patriota cerca di riabilitare la propria figura facendo pubblica ammenda, mentre Starlight è diventata il vero volto dei Sette. I Boys sono il braccio armato dell’ufficio per gli “Affari Super” di Victoria Neuman con Hughie che fa da intermediario. L’equilibrio è sottile e si naviga a vista, in attesa del prossimo, inevitabile scossone. Che, puntualmente, arriva quando Hughie scopre i poteri di Victoria – visti nel finale della seconda stagione – e dello stretto legame con Stan Edgar. L’A.D. della Vought cerca, inoltre, di vendere un composto che dona poteri temporanei, il V-24.
Billy Butcher, ovviamente, non ha affatto messo da parte il proprio piano di vendetta personale contro Homelander e, aiutato da Maeve, comincia ad indagare su un vecchio gruppo di super, i Rappresaglia, dimenticati dopo la scomparsa del loro leader Soldatino e la conseguente formazione dei Sette.
Parte, quindi, la ricerca all’arma definitiva che possa eliminare Patriota: proprio Soldatino sembra rispondere a tutti i requisiti e le circostanze sospette della sua scomparsa alimentano le indagini di Butcher e compagni.
Anche la terza stagione di The Boys viaggia ormai su binari sicuri, innalzando il livello in termini di splatter e gore e dimostrandosi, ancora e ancora, soprattutto una commedia e satira dark sui supereroi e sul mondo contemporaneo. Perché The Boys si carica ancora una volta sulle spalle l’onere di rappresentarci e prenderci per il c*** utilizzando maschere e costumi. Riesce – ove opportuno – ad omaggiare l’opera originale, quella su carta di Garth Ennis e Darick Robertson, pur avendo consolidato ormai una propria identità che la rende non derivativa e, ormai, riconoscibile a sé. Se vogliamo, conserva lo spirito del fumetto avendo un corpo proprio.
Lo fa soprattutto riprendendo, con citazioni non fini a loro stesse ma funzionali e coerenti con lo stile della serie, alcune scene o situazioni: la tanto anticipata puntata dedicata all’Herogasm è rielaborata per lo schermo, non raggiunge il grado di perversione dell’equivalente cartaceo ma – dal punto di vista di chi vi scrive – ha giocato con le aspettative dei fan per nascondere il vero happy ending, le pizze-in-faccia a Patriota. E se non è stato un orgasmo quello…
The Boys mostra ancora una volta l’ossessiva ricerca del piacere di questo perverso mondo supereroistico/hollywoodiano, le dipendenze, il totale assoggettamento agli indici di gradimento amplificato dai social – croce e delizia della nostra attualità – e scimmiotta il genere dei cinecomics tutto (con la presenza dei Vought Studios e il blockbuster L’Alba dei Sette). Dalla scelta dei nuovi membri dei Sette attraverso il reality “American Hero“, ai contest della Starlight bambina, al tragico passato di Black Noir, quello di The Boys è un mondo supereroistico-centrico stratificato nel quale lo “straordinario” è diventato “ordinario” subordinato alle major e alle istituzioni pronto ad essere spremuto fino all’osso pur di ottenere successo, potere, controllo, visibilità. E sì, se state pensando a Patriota che munge la mucca, la similitudine è assolutamente appropriata.
The Boys riesce, quindi, ad essere anche metafora di sé: il discorso di Patriota alla Nazione – durante i festeggiamenti di un compleanno creato ad hoc per i media – è deviato eppure efficace perché la platea vuole un simbolo martire di frustrazioni e vessazioni di cui si sente moralmente e socialmente vittima. E, allora, se anche Homelander, che da carnefice vero, protagonista straniato di scene raccapriccianti ed azioni deplorevoli a telecamere spente, diventa una vittima agli occhi dell’opinione pubblica, tutti possono avere il diritto di sentirsi vittime, schiavi, tarpati dalla stessa società di cui fanno parte. Homelander assurge al ruolo di messia, ancora una volta e soprattutto nel finale, in una reciproca accusa da corto circuito tra colpevoli – sempre gli altri – ed innocenti – noi.
Homelander dà all’auditorio ciò che l’auditorio vuol farsi sentir dire come The Boys dà al pubblico ciò che il pubblico vuol vedere: una scartavetrata sull’essere eroe, togliere quella patina di finto buonismo dei costumi ed armature perché, sotto sotto, ci piace più verosimilmente vedere come un uomo con il potere di un dio venga corrotto naturalmente da esso.
Ma se Patriota continua a (non) sorprenderci con la sua escalation di manipolazione e controllo totale, di cui è artefice e vittima allo stesso tempo, Billy Butcher non è da meno: recide l’ultimo legame con Ryan e, di fatto, con l’ultimo briciolo di umanità quando cede al V-24, dimostrando quanto i confini tra buono e cattivo siano sottili, forse ormai inesistenti. Mette, in quanto leader, ancora una volta in discussione l’equilibrio e l’operato dei Boys trascinando con sé anche Hughie che, come Patriota e proporzionalmente ad esso, soffre di un complesso di inferiorità nei confronti di Starlight, certamente acuito dal trauma dell’incidente di Robin. Certo è che i due, alla fine, sanno come farsi perdonare dallo spettatore che, ancora una volta, può attingere ad un ultimo residuo di distinzione tra “buoni” e “cattivi” – con molte virgolette.
Altrettanto anticipata, promessa e promossa è l’introduzione di un Soldier Boy così borderline da essere – forse – ancora più instabile e pericoloso di Patriota, cui è legato da una rivelazione che, a posteriori, era così naturale da far gridare «Caaaa**o!». Soldatino è un uomo fuori dal tempo, manipolato, disilluso e vendicativo che fa rabbrividire in ogni inquadratura, pronto (letteralmente) ad esplodere da un momento all’altro. È, inoltre, legato alla storia personale di LM, grazie alla quale le motivazioni di ogni membro dei ragazzi vengono rinsaldate e giustificate per tirare avanti lo show.
La brutalità della serie TV è addolcita dalla sottotrama piccina-picciò di Frenchie e Kimiko, sempre più legati, innamorati ma impossibilitati per inerzia o per debito morale, a lasciarsi una vita di orrori e sofferenze alle spalle per ricominciare.
Ancora una volta, il punto di forza di The Boys è il continuo e rocambolesco – come nel finale – confronto tra i protagonisti, invischiati in un ribaltamento di ruoli che si presenta in ogni episodio. La simpatia, il tifo dello spettatore possono variare da un momento all’altro per questo o quel personaggio perché l’equilibrio del prodotto non viaggia dal bianco al nero netti ma si assesta su tonalità di grigi che colorano anche quei personaggi riconoscibili come positivi ma che, di certo, non hanno le mani poi così pulite.
I mantelli ed i costumi sono metafore per parlare della nostra contemporaneità, del potere dei media e delle influenze che le personalità più appariscenti hanno sul cittadino comune. La manipolazione attraverso il potere, la vendetta cercata attraverso i super-poteri fanno ribollire The Boys di un’energia vivida e tensiva sempre sul punto di essere sprigionata.
Di The Boys se ne vuole ancora e ancora. Come Butcher con il V-24, ci siamo trovati lì a stringere un laccio intorno al braccio ed a iniettarci il nuovo episodio: la nostra dose settimanale di una serie TV fottutamente diabolica.
The Boys - Stagione 3
Karl Urban: Billy Butcher
Jack Quaid: Hughie Campbell
Antony Starr: John / Patriota
Erin Moriarty: Annie January / Starlight
Dominique McElligott: Maggie Shaw / Queen Maeve
Jessie Usher: Reggie Franklin / A-Train
Laz Alonso: Marvin Milk / Latte Materno
Chace Crawford: Kevin Moskowitz / Abisso
Tomer Kapon: Serge / Frenchie
Karen Fukuhara: Kimiko Miyashiro / Femmina
Nathan Mitchell: Earving / Black Noir
Elisabeth Shue: Madelyn Stillwell
Colby Minifie: Ashley Barrett
Aya Cash: Klara Risinger / Stormfront
Claudia Doumit: Victoria Neuman
Jensen Ackles: Ben / Soldatino