Colori invisibili è la prima graphic novel di Sabrina Gabrielli, edita da Tunué; racconta il mondo di Leila, una ragazza che da un paio d’anni non riesce più a vedere i colori e vive il mondo in bianco e nero.
Abbiamo avuto l’occasione di incontrare l’Autrice e le abbiamo fatto qualche domanda su questo suo esordio.
Da illustratrice e designer, con Colori invisibili, sei arrivata al mondo del fumetto, come si è trasformata la tua carriera?
Ho lavorato nel mondo del design, come product designer, illustratrice, ma durante il lockdown mi sono dovuta reinventare. Lavorando soprattutto come poster artist per le band, con la pandemia, non si sono avuti più concerti e il mercato negli USA si è estremamente ridotto. Ho iniziato quindi ad avere molto più tempo libero e ho deciso di sperimentare. Sono una donna libera che si reinventa sempre, con la crisi dei 30 anni ho iniziato a disegnare e con quella dei 40 è arrivato anche un fumetto.
Com’è nata la storia di Colori Invisibili?
La creazione della storia in realtà è stata molto casuale, ero semplicemente in macchina, da Roma a Tarquinia e con mio marito abbiamo iniziato a tirare fuori dei concetti che poi sono nel libro. Ho iniziato a sviluppare l’idea grazie anche a Oliver Sacks, che nel suo Un antropologo su Marte, racconta il caso del signor I., un pittore, che dopo un incidente stradale, aveva perso la capacità di distinguere i colori, precipitando così in un mondo di bianchi, grigi e neri. Da questi elementi ho iniziato a pensare a come potrebbe vivere qualcuno che vede il mondo in bianco e nero e ho iniziato a pensare all’evoluzione del personaggio.
Dopo l’ispirazione, come ti sei documentata sulla malattia di Leila e come hai creato il suo personaggio?
Provenendo da una famiglia di medici, ho avuto un po’ di appigli, che mi hanno aiutata anche a descrivere l’iter medico di chi soffre di acromatopsia, quali sono le diagnosi, come si arriva a questa diagnosi, ma non volevo concentrarmi solo sulla malattia. Il fumetto parla soprattutto della perdita della passione, che però Leila riesce a ritrovare quando si circonda di persone entusiaste che hanno a loro volta delle passioni.
La protagonista del fumetto, Leila, pur non vedendo i colori dipinge, come mai questa scelta?
Volevo che per Leila i colori fossero di primaria importanza, mi piaceva l’idea che dovesse lavorarci, usarli e averli costantemente nella sua vita. I colori portano nella storia anche un legame tra i personaggi, attraverso di essi percepiamo delle cose che vede Leila, le diverse tonalità portano contrasti, elementi del carattere dei personaggi e le loro variazioni.
I colori sono la parte più importante del fumetto, come mai hai scelto però proprio alcuni colori per le parti salienti?
Ho lavorato sulla sinestesia, quindi giocare con sensazioni diverse. Ho collegato i colori non agli oggetti o alla percezione di Leila, ma alle sue emozioni. Per non fare spoiler, dico che ho usato dei colori caldi per rendere sensazioni attraenti e accoglienti e poi ho lavorato sui colori complementari per mostrare emozioni diverse.
Leila è la protagonista e i suoi genitori, sono super fan di Star Wars, lo sei anche tu?
No. Quando creo un personaggio creo prima la storia e poi mi figuro il disegno, la protagonista secondo me ha una faccia da Leila, ma anche lei odia Star Wars, questo perché volevo creare un contrasto tra lei e i suoi genitori. I genitori sono super protettivi e hanno cercato di trasmetterle la passione per Star Wars, chiamandola come la principessa, ma lei non ha accolto benissimo questa cosa, infatti neanche il suo nome le piace troppo.
Ti sei ispirata a personaggi reali per creare i tuoi?
Non eccessivamente, ci sono caratteristiche reali mischiate tra vari personaggi, c’è però un cameo di mio marito! Io stessa non sono voluta entrare troppo nel personaggio, ci sono personaggi egocentrici, inopportuni, ansiosi, ci sono tutte le sfumature.
A livello grafico invece come ti sei approcciata al disegno?
Ho cercato di fare un’opera di semplificazione, cercando di non dare troppa importanza alla linea, al tratto stesso. Ho tolto il più possibile, soprattutto all’inizio, infatti le prime pagine sono state disegnate per ultime. Ho disegnato a china con colate d’inchiostro e ho cercato di rimanere invisibile, dando quanto più spazio alla narrazione.
Continuerai a fare fumetti?
È probabile, mi sono resa conto che creare una storia è davvero arricchente e in generale nel fare un fumetto ho capito che per me è stato bello concentrarmi sulla narrazione, lavorare su ciò che c’era da scrivere, sul raccontare qualcosa, potrei rifarlo.
L’autrice
Sabrina Gabrielli è un’illustratrice, designer e poster artist di livello internazionale. Dopo una carriera iniziale come product designer ha deciso di seguire la sua passione più grande, l’illustrazione. Espone in diverse location nazionali e internazionali tra cui il Flatstock di Barcellona e il Reeperbahn Festival di Amburgo.