La saga del Cobra Kai continua in questa quinta stagione, in cui ci ritroviamo di fronte a un Terry Silver con mire sempre più grandi: riusciranno Johnny, Daniel e i loro allievi a contrastare i suoi piani di conquista?
Non Contro, ma Per.
Ad un certo punto della trama di Cobra Kai 5, viene enunciato questo principio, molto alla Miyagi, anche se a pronunciarlo non è lui, e lì ho capito la chiave di volta di questa stagione della Serie TV Netflix, sequel della saga di “Karate Kid“.
Quinta Stagione, ci pensate? Pare ieri che questa idea, nata quasi per scherzo da una gag di “How I Met Your Mother“, si è sviluppata al punto da diventare una delle produzioni di punta della fu YouTube Red, ovvero quando il Tubo si mise in testa di proporre serie originali.
Poco budget, tanta resa. Ma non abbastanza. Perché se tutti adoravamo “Cobra Kai“, l’interesse verso gli altri titoli non era minimamente paragonabile, e allora spiace, si chiude.
Ma, proprio come i suoi protagonisti, ecco l’opportunità di risollevarsi, di salvare dal cassetto una terza stagione già pronta.
Arriva Netflix, che si compra il “Cobra Kai” e lo rimette in piedi.
A differenza di un Terry Silver qualsiasi, però, la piattaforma non ha piani malvagi in mente, e quando vede che il pubblico risponde con entusiasmo al suo nuovo acquisto, lascia carta bianca agli sceneggiatori per scrivere altre storie di Johnny Lawrence e Daniel LaRusso.
Poco budget, tanta resa, stavolta sul serio.
E così, tra un calcio della gru e una risata per l’ennesima espressione da boomer di Johnny, siamo arrivati a 5 Stagioni e si continua.
Il rinnovo per la sesta è fortemente auspicabile, e lo dico ad una settimana dal debutto, certo che, arrivati fin qui, se mi state leggendo è perché in fondo siete fan anche voi.
Il che, inizialmente, è stato anche un poco un problema, lo ammetto. Che potevo dire ancora su “Cobra Kai” che non avessi già detto nelle precedenti recensioni (che trovate QUI e QUI)?
Anche perché la serie mantiene inalterati i suoi punti di forza, e già questo è da applauso.
I suoi personaggi, le loro tragicomiche disavventure, la loro unione e le loro alleanze, i loro dialoghi pieni di morale e sopratutto, un rispetto quasi religioso per la fonte originale.
Tutto questo è ancora lì, pregi e difetti, budget da operetta e tanto cuore sincero.
E lì ho capito cosa fa funzionare ancora il carrozzone, cosa ci spinge ancora a premere Play e binge-watchare episodio su episodio, quasi fossero caramelle (o ciliegie, scegliete la vostra metafora).
Gli sceneggiatori s’impegnano PER lo spettatore, non CONTRO di lui.
Non lo affrontano a muso duro, cercando a tutti i costi di sopraffarlo con trovate mirabolanti o andando progressivamente a tradire aspettative e spirito del tutto.
Non forzano la mano agli eventi, li lasciano andare dove devono, dove gli Anni ’80 e il disincanto dei film originali gli dicono di andare.
Perché era già tutto scritto in quei tre film (quattro, se contiamo quello con Hilary Swank, sempre se mai apparirà come guest-star), era già tutto lì, come un forziere da cui pescare, fatto di attori che, dopo anni, accettano di buon grado di riprendere i loro ruoli, creando una sospensione altissima dell’incredulità che è la mossa segreta del perfetto KO ogni volta.
Non ci si dimentica di nessuno, in “Cobra Kai”, siano essi personaggi vecchi, a cui regalare rivelazioni e sfaccettature inedite, siano essi protagonisti della serie sin dall’inizio.
Ognuno ha qualcosa da dire, e anziché lasciare il palcoscenico sempre agli stessi, si lascia salire sul tatami chi ha bisogno di evolvere, di far capire al pubblico la sua forza, anche se sino a quel momento poteva sembrare un anello debole, messo a bella posta per essere la principessa della storia (avrete capito di chi sto parlando).
Dando esattamente allo spettatore quello che vuole, anche quando inizia a farsi largo quel maligno, acido sospetto che sarebbe anche ora di finirla, che siamo oltre la data di scadenza.
Ed invece manco per nulla, arrivi al decimo episodio con lo stesso sguardo degli arbitri della serie: vorresti sollevare delle obiezioni, dichiarare nullo l’incontro, ma invece fai finta di nulla, eviti di porti domande, continuando a guardare per vedere dove si va a parare.
Sia ben chiaro, a muovere il tutto è proprio il ragionamento che chi scrive la serie lo fa per lo spettatore, per intrattenerlo, perché non perda lo spirito che ha sempre animato questo racconto sin dal principio, il modo in cui i personaggi e il loro mondo diventano Famiglia, diventano parte di un divertimento genuino, per tutti, senza fronzoli e proprio per questo indovinato.
Non era facile traghettare questo franchise quarant’anni nel futuro, eppure eccoci qua, con “Cobra Kai” che dimostra come si possa ancora sfruttare un marchio in modo egregio, senza snaturarlo ma ampliando la portata del suo messaggio, e chiedendo solo in cambio di fidarsi.
Anche quando tutto sembra esagerato, anche quando tutto ci dovrebbe far desistere, ed invece, proprio per il cuore sincero della serie e per quell’affetto che riescono a smuoverci, rimaniamo lì a tifare per loro, a dare per scontato che si possa risolvere tutto a colpi di karate, che sì, porgere l’altra guancia, ma sino ad una certa.
E sarebbe solo la punta dell’iceberg, basti solo a pensare alla minaccia di questa nuova tornata di episodi, con questo villain pazzo megalomane che vuole trascinare tutta la gioventù della Valley nelle sue palestre di karate in franchise, “corrompendola” coi suoi deviati insegnamenti.
Se ci ragioniamo in prospettiva, pare folle solo pensare di dare retta a tutto questo, ed invece, proprio come quando guardavamo in replica per la millesima volta su qualche canale televisivo i “Karate Kid“, rimaniamo lì, incatenati allo schermo e guai a chi ci disturba.
E ancora una volta, per la quinta volta, non posso che applaudire tutto questo, accettando di buon grado anche quella fotografia da telenovela e quello sforzo produttivo pari quasi a zero, con questa ricerca di risparmio che continua a fare la felicità di Netflix, che eccelle senza sforzo.
Tanto che, arrivati a questo punto, manco chiedo più che vengano aperti i cordoni della borsa, sia mai che troppi soldi possano rovinare la magia in qualche modo.
Ma lo sforzo c’è eccome, c’è un impegno nel far nascere nuovi campioni. Non puoi infatti sempre fare leva sull’appeal innato di William Zabka, e allora ecco che giunge in letterale soccorso Yuji Okumoto, caratterista di lungo corso, che ha continuato ad allenare i suoi muscoli attoriali, vera punta di diamante di questa Stagione 5.
Il suo Chozen ci ha regalato i migliori momenti, e chi dice il contrario, sa di mentire.
Ho solo un problema : il colpo di scena finale.
Non so decidermi se è azzeccato o se è un “salto dello squalo”, che non è una mossa di karate, ma quel momento in cui una narrazione esagera oltre il punto di non ritorno (e sì che, come detto, “Cobra Kai” vive delle sue mirabili assurdità).
Non posso entrare nel dettaglio per non spoilerare, e l’unica che mi rimane da fare è vedere come gli sceneggiatori si divincoleranno da questa ennesima presa, come e se riusciranno a mettermi al tappeto ancora una volta, con quella naturalezza che ci ha portato al quinto round, che le cose vanno come e dove devono, abbiate fede nei vostri Sensei.
E sui titoli di coda, sorridi anche di questo, perché se ho voglia di continuare, se ho già rinnovata voglia di affrontare la futura sfida di scrivere anche della sesta stagione, mi sa che il mio animo da serializzato è stato colpito nuovamente a pugno duro e senza pietà!
Cobra Kai V
Ralph Macchio: Daniel LaRusso
William Zabka: Johnny Lawrence
Xolo Maridueña: Miguel Diaz
Mary Mouser: Samantha "Sam" LaRusso
Tanner Buchanan: Robby Keene
Martin Kove: John Kreese
Thomas Ian Griffith: Terrance "Terry" Silver
Jacob Bertrand: Eli "Falco" Moskowitz
Courtney Henggeler: Amanda Styner~LaRusso
Gianni Decenzo: Demetri Alexopoulos
Peyton List: Tory Nichols
Vanessa Rubio: Carmen Diaz
Dallas Dupree Young: Kenny Payne