Tutto ci aspettavamo, fuorché una via di mezzo tra Constantine e i Ghostbusters: ecco la nostra recensione, onesta e senza spoiler, de L’Esorcista del Papa, il nuovo film di Julius Avery con Russel Crowe
L’Esorcista del Papa è un film diretto da Julius Avery (Overlord e Samaritan) che vede protagonista Russell Crowe nei panni dell’arcinoto Padre Gabriele Amorth (personaggio realmente esistito), capo esorcista del Vaticano. C’è però da dire che dell’immagine storica dell’ecclesiasta non resta alcuna traccia, anzi, a tratti sembra quasi che regista e attore vogliano presentarcene una figura caricaturale: la versione di Crowe infatti fa “cucù” alle suore, gira con una fiaschetta di whiskey in tasca, è sprezzante con con i cardinali e, anche nei momenti più assurdi, riesce a trovare la forza di sfornare battute a profusione. Non ultimo, in lambretta ci va senza casco, così, semplicemente perché può: tanto ha Dio dalla sua.
Il film si basa blandamente su alcuni scritti di Amorth e racconta la storia di un esorcismo praticato in Spagna, dove una famiglia ispanico-americana, composta da madre vedova e due figli, si trasferisce in seguito alla morte del marito. Ereditata una decadente abbazia, i tre ne prendono possesso, ignari che un potente demone sia lì ad attenderli, pronto a carpire l’innocente anima del ragazzino. Il demone in questione pare avercela proprio con Padre Amorth che, simpaticamente chiama “Gabri”, da qui nasce l’esigenza di far giungere l’esorcista sul luogo, per accertarsi dei fatti. La figura di Amorth ci appare chiaramente come una sorta di James Bond, inviato direttamente dal Papa, mai citato per nome esplicitamente (ma, visto che siamo nel 1987, possiamo dire si tratti di Giovanni Paolo II), interpretato da Franco Nero.
Durante la permanenza – alquanto burrascosa – di Amorth nell’abbazia spagnola, scopriamo che parte del disastro è causato dai peccati passati dell’Inquisizione e dalle sue atrocità, che il Vaticano ha in ogni modo tentato di insabbiare, il che apre uno scenario che richiama molto il miglior Dan Brown. Fin qui, può anche andare, i problemi veri – qualora i dettagli citati non siano abbastanza – nascono dal fatto che sceneggiatura e regia collaborano a confezionare un prodotto che, da una parte appare la brutta copia de L’Esorcista di William Friedkin – cha al vero Amorth ha anche dedicato un magnifico documentario, The Devil and Father Amorth, nel 2017 – e dall’altra, specialmente nella parte finale, ricorda Costantine e, addirittura, i cari Ghostbusters, in tonaca da prete, però!
Frasi scontate e retoriche piovono da tutte le parti e il combattimento contro il Male, affrontato a suon di croci e simboli religiosi, ma anche con l’ausilio di pugni e prestanza fisica, si riduce a una rissa che con le pratiche esorcistiche non ha nulla a che spartire.
Nel complesso il film non si può né considerare bello, né avvincente e né spaventoso – a meno che l’idea di un horror che horror non è, raccontato a suon di battute, non vi faccia davvero venire i brividi – ma la presenza di Russell Crowe, attore a cui si vuole sinceramente bene, a tratti diverte, a patto che si riesca a escludere dalla mente l’idea che sta interpretando una delle figure più affascinanti dal punto di vista teologico e religioso, esistite sino a ora.
La frase tormentone del film è “alla fine i nostri peccati ci troveranno” ma io spero, sinceramente, che il peccato di aver realizzato questo film non perseguiti per sempre Avery e Crowe.
L'Esorcista del Papa
Russell Crowe: Padre Gabriele Amorth
Daniel Zovatto: Padre Esquibel
Alex Essoe: Julia
Franco Nero: Papa
Laurel Marsden: Amy
Cornell S. John: Emmanuel Milingo
Peter DeSouza-Feighoney: Henry