Al termine della terza (e ultima) stagione, “Ted Lasso” si è riconfermato come il prodotto di punta di Apple TV e, con tutta probabilità, uno dei migliori nel panorama seriale contemporaneo. Dentro e fuori dal campo, Jason Sudeikis e tutto il cast ci hanno regalato gioie e dolori con il calcio che, ancora una volta, diventa metafora della vita stessa. Ecco la nostra recensione senza spoiler ma con tanto cuore.
È usanza nel calcio – così come negli altri sport – stringere la mano agli avversari al termine di una partita, dopo il triplice fischio dell’arbitro. Questione di rispetto, di buona educazione, di cortesia: tutti valori che lo Sport dovrebbe trasmettere. La “stretta di mano” è tradizione ma anche momento mediatico: in quel gesto, in quei pochi secondi in cui gli allenatori si trovano l’uno di fronte all’altro si possono catturare le emozioni, le sensazioni a caldo dei protagonisti della panchina. Non sono rari i casi in cui i due mister ne approfittano per scambiarsi anche dei complimenti, un grazie, per quanto appena mostrato dalle rispettive squadre sul terreno di gioco: qualche giocata particolare, uno schema riuscito, uno spunto di riflessione o del sano divertimento. Insomma, molto spesso la stretta di mano è solo una manifestazione di qualcosa di più.
Eccoci, dunque, a noi: triplice fischio per “Ted Lasso“. La serie TV di Apple TV giunge al termine della terza stagione, dopo un filotto di 12 partite… ehm, episodi che ci hanno riportato a Nelson Road a tifare, ancora una volta, per l’AFC Richmond allenato da Ted Lasso. Un triplice fischio che ci fa avvicinare alla panchina di Ted per stringergli la mano e dirgli, ancora una volta, “Grazie“.
L’AFC Richmond è tornato in Premier League: dopo l’anno di purgatorio in Championship (la serie B inglese), la squadra allenata da Ted Lasso si ripresenta sul più importante palcoscenico calcistico inglese senza i favori del pronostico. Anzi, tutti i giornali specializzati e i bookmakers danno la squadra come sicura retrocessa.
Mentre l’esterno si prende gioco della squadra, all’interno ritroviamo i volti noti ed amati: Ted ha trascorso le vacanze con Henry e non nasconde alcune sofferenze per la distanza dal figlio; Rebecca è decisa a portare sempre più in alto il club, a maggior ragione con il West Ham di Rupert e Nate tra le squadre favorite per il titolo; Roy ha ormai accettato il suo nuovo ruolo da assistant coach mentre Keeley, dopo la rottura, si è messa in proprio con la sua agenzia di PR. Coach Beard… è Coach Beard!
La rosa del Richmond non è molto differente da quella che è stata promossa dalla stagione precedente e, inevitabilmente, rischia di soffrire il salto di categoria. Se da una parte Jamie Tartt è un giocatore sempre più fondamentale ma non ancora decisivo, dall’altra si rendono necessari interventi sul mercato: dopo un’estenuante trattativa, ecco l’espertissimo Zava (come nella tradizione della serie TV, un limpidissimo personaggio-parodia del calciatore Zlatan Ibrahimovic). È addirittura Rebecca in prima persona a portare in porto l’acquisto: facendo leva sull’orgoglio del personaggio, lo strappa dall’accordo con il Chelsea prima e da Rupert poi, a sua volta interessato.
Il rapporto Rebecca-Rupert trova nuova linfa in questa stagione con delle dinamiche parallele a quelle della prima: se all’inizio della serie TV Rebecca era in cerca di vendetta personale, ora vuole sconfiggere Rupert sul terreno di gioco mettendo in mostra tutto il suo fiuto per gli affari, esaltato dalla giusta dose di cinismo misto a sincerità. Ma la nostra “matrona del calcio” si accorgerà ben presto che l’ex marito è il solito stronzo e non vale certo tutti gli sforzi che sta facendo per affrontarlo. La scelta migliore è andare avanti, dritti per la propria strada!
Le difficoltà sul campo del Richmond sono evidenti e, dopo una spinta motivazionale e tecnica dovuta all’arrivo di Zava, la squadra ricade nella solita mediocrità. È da sempre stato nei momenti più bui, però, che la serie TV ci ha regalato i momenti migliori: a metà stagione, con una situazione di classifica a dir poco deficitaria, che porta addirittura a delle valutazioni sull’operato di Ted, ecco la trasferta ad Amsterdam per un’amichevole contro l’Ajax. È il momento dell’illuminazione, di una sterzata “totale“ verso il finale di stagione e – ahinoi – di serie.
Ted Lasso si riconferma una serie TV che “ruota intorno al calcio”, che lo usa come pretesto narrativo per parlare anche di altro: non si può nascondere, infatti, che gli aspetti più strettamente tecnico-tattici legati allo sport siano in secondo piano, con una messa in scena poco fluida e chiaramente “recitata”. Seppur con un paio di momenti davvero illuminanti sotto questo aspetto – ma, diciamocelo, inverosimilmente anacronistici -, che mostrano i miglioramenti di Ted nel suo ruolo, gli spettatori più irriducibili storceranno il naso. Di contro, però, grazie ad un accordo tra Apple TV, Premier League e Nike, vengono mostrate più squadre reali, addirittura con una cameo che vi farà saltare dal divano (se lo avete visto, sapete a chi mi riferisco!).
Eppure, come scritto già all’inizio, Ted Lasso non è mai stata davvero una serie TV sul calcio (ma non mancano i nostri consigli al riguardo: vi basta andare qui!): Ted Lasso, fin dal primo episodio, ha voluto affrontare tematiche delicate legate a quel mondo ma che interessano tutti gli spettatori. La salute mentale è stata al centro della seconda stagione e prosegue in questa terza, nella quale Ted deve fare i conti con quegli strascichi, con gli attacchi di panico sempre presenti come un’ombra che aleggia alle spalle. Capirà (capiremo e piangeremo) che solo un gesto radicale potrà riportarlo verso una tranquillità interiore ed una dimensione adeguata perse a causa delle distanze, non solo fisiche ma anche affettive.
Ecco che, allora, il calcio totale – uno stile di gioco adottato da moltissime squadre a partire dagli anni ’70 -, nel suo essere «fluido, libero» diventa metafora, ancora una volta, dell’amore verso gli altri ma soprattutto verso se stessi. E, proprio riguardo l’amore, la serie TV affronta una tematica davvero delicata, considerata purtroppo ancora un taboo nel mondo del calcio: l’omosessualità. Grazie al personaggio di Colin Hughes (un bravissimo Billy Harris) vengono affrontate le difficoltà del coming out in un mondo da sempre restio e che difficilmente permette agli stessi giocatori di aprirsi. La direzione scelta per questa linea narrativa è delicata, graduale, riuscita e speriamo possa essere da esempio per il mondo esterno, quello “reale”.
Non vengono dimenticati altri temi politici quali l’immigrazione con un immenso Sam (Toheeb Jimoh) a farsi portavoce ancora una volta di messaggi di uguaglianza e diritti, subirne le conseguenze ma rimanere a testa alta perché anche se «un calciatore dovrebbe fare il calciatore» ciò che è giusto e la verità rimangono tali a prescindere dai ruoli, dalle ricchezze, dalla posizione e se c’è modo di veicolare un messaggio altrettanto giusto e vero allora anche un calciatore non dovrebbe più essere solo un calciatore.
Sono, quindi, i personaggi a fare di Ted Lasso ciò che è: Bill Lawrence (il papà di Scrubs), gli stessi Jason Sudeikis e Brendan Hunt (l’inossidabile Roy Kent) e Joe Kelly scrivono dei personaggi tridimensionali grazie alle loro fragilità, avvicinandoli a noi e facendo scendere dal piedistallo i calciatori come nuovi dèi della nostra società per mostrarli nella loro dimensione più umana. Il messaggio di Ted Lasso – l’allenatore – e di Ted Lasso – la serie TV – è quello del “bene“, dell’empatia ma anche del coraggio, in senso assoluto ed in diverse forme: far bene per se stessi, far del bene verso gli altri, porgere una spalla su cui piangere, tendere una mano, fare un piccolo sforzo senza perdere le speranze. Crederci, perché è possibile.
Siate gentili. Siate curiosi, non giudicanti. Siate un pesce rosso.
Quella del Richmond e dei suoi protagonisti è una favola moderna che forse non avrà il lieto fine che ci aspettiamo dalle favole ma ha la fine che i personaggi vogliono per loro stessi: Ted ritrova la pace, Roy affronta il proprio passato superandolo a piccoli passi, Nate fa ammenda e ricomincia con umiltà, Keeley vuole appartenere solo a se stessa, Rebecca si toglie di dosso le ultime scorie del suo passato e risplende da donna potente ed indipendente, Coach Beard… è Coach Beard e vi strapperà qualche lacrima. Menzione d’onore per l’eccezionale Jamie Tartt di Phil Dunster: il bomber del Richmond è il personaggio con la crescita più evidente ed importante. Nonostante il discutibile look alla David Beckham (e, tutt’oggi, alla Jack Grealish del Manchester City), Jamie è più saggio, invidioso di Zava ma determinato a prendere in mano la squadra non con supponenza ma con il duro lavoro; assume, all’interno dello spogliatoio, il ruolo che era stato di Roy Kent: una guida, un esempio, un uomo squadra, un giocatore pivotale e determinante. Jamie Tartt, forse più di altri, senza perdere la propria indipendenza, è il risultato dei messaggi portati da Ted, da Roy, da quel cartellone giallo con una scritta blu appeso sulla parete.
Rimanere imparziale di fronte a Ted Lasso è, per chi vi scrive, davvero difficile. Approcciata dapprima come serie TV a tema calcistico – ad esclusione delle docuserie, se ne vedono davvero poche, quindi perché non provare?! -, scoperto Bill Lawrence nella macchina produttiva, Ted Lasso si è rivelata, nel complesso, una dramedy in grado di legarsi subito allo spettatore. Al netto degli aspetti inerenti al calcio che abbiamo analizzato in precedenza – che potrebbero anche indurvi a mollare la visione ma vi consigliamo di fare un piccolo sforzo -, Ted Lasso mostra una genuina bontà nei suoi personaggi, umani e vicini allo spettatore nelle loro inevitabili fragilità. Ted Lasso spicca nel panorama televisivo perché, forse, mentre ci stiamo sempre più abituando a personaggi grigi, oscuri, con qualche macchia indelebile e qualche scheletro nell’armadio anche se sono eroi ha la forza di mettere al centro persone buone in quanto tali, con debolezze, difetti ma capaci di portare un qualche tipo di luce in quelli che le circondano.
Ted Lasso sceglie, quindi, l’altra strada: non siamo tutti perfetti, non potremmo mai esserlo davvero. Ma possiamo essere migliori nel nostro piccolo, per rendere il resto del mondo migliore a sua volta. È un goal che non dovremmo avere paura di segnare e poi pazienza se non dovessimo raggiungere il risultato massimo, l’importante è averci creduto per tutta la durata della partita.
Triplice fischio. La partita, il campionato, la serie TV è finita. Andiamo verso la panchina per una stretta di mano.
Ted Lasso - Stagione 3
Jason Sudeikis: Ted Lasso
Hannah Waddingham: Rebecca Welton
Jeremy Swift: Higgins
Phil Dunster: Jamie Tartt
Brett Goldstein: Roy Kent
Brendan Hunt: Beard
Nick Mohammed: Nathan Shelley
Juno Temple: Keeley Jones
Sarah Niles: Sharon Fieldstone
Anthony Head: Rupert Mannion
Toheeb Jimoh: Sam Obisanya
Massimo De Ambrosis: Ted Lasso
Laura Romano: Rebecca Walton
Ambrogio Colombo: Higgins
Fabrizio Dolce: Beard
Simone Crisari: Nathan Shelly
Annalisa Usai: Keeley Jones
Guendalina Ward: Sharon Fieldstone
Fabrizio Pucci: Rupert Mannion
Ezzedine Ben Nekissa: Sam Obisanya