J-Pop porta finalmente in Italia Barbara, uno degli inediti di Osamu Tezuka. Un’opera di grande livello, da leggere e assaporare. Come un buon whiskey
Scavare nel torbido dell’animo umano. Svestirsi di tutte le sovrastrutture convenzionali, abbandonandosi agli istinti primordiali; essere avidi di conoscenza. Una fame che può essere saziata solo assaporando la carne.
Barbara è un’opera letteraria complessa rimasta inedita in Italia per troppo tempo. Avere avuto finalmente la possibilità di fare la sua conoscenza è appagante e provoca un senso di liberazione. Osamu Tezuka, durante la sua prolifica, incredibile carriera ha creato donne capaci di trasmettere il sentire umano senza filtri. Ha indagato senza sosta sui loro umori, sulla loro sensibilità così complessa da renderle creature misteriose e chiavi per la comprensione del mondo.
J-Pop prosegue con il suo piano editoriale dedicato alle opere del Maestro Tezuka, questa volta con Barbara, opera pubblicata in Giappone nei primi anni ’70, in un periodo artistico fondamentale per l’Autore. In questi anni, Tezuka si dedica a storie mature e molto complesse come Ayako, Mw, Kirihito.
Con Barbara entreremo nel mondo di Yosuke Mikura, uno scrittore di successo; ottimo partito per le figlie di padri insistenti e personaggio di spicco delle conventicole letterarie. Un giorno come tanti, a Shinjuku, Mikura noterà Barbara ad un angolo della strada. Dismessa, sporca e maleodorante come un cane randagio, Barbara, ubriaca e sgradevole, cita Verlaine parlando con Mikura. Così si incontrano per la prima volta le due anime di questo racconto, che vi condurrà per una discesa psicotica dritto all’inferno.
Che sia una proiezione mentale o una donna fatta d’ossa e di carne, poco importa. Barbara è il forziere dove immergere le mani alla ricerca dell’oro per Mikura: l’ispirazione per scrivere un nuovo romanzo.
Questa è Barbara, la storia di uno scrittore inquieto e perverso che farà di tutto per rimanere sulla cresta dell’onda.
Tezuka, straordinariamente capace e nel pieno del suo vigore creativo, confeziona un racconto incredibile, pieno di colpi di scena e con un finale sorprendente. Per arrivare a tanto, restituisce un Giappone irrequieto e curioso, pronto a disfarsi della sua rigidità secolare e avido di Occidente. Scomoda Mnemosine e riti pagani. Narra creando curiosità e aspettative nel lettore, schiaffandolo in un vortice disinibito che percuote e crea sgomento. Non sente per nulla il peso degli anni se non fosse forse per il whisky, che i giapponesi hanno imparato a produrre scavalcando persino gli scozzesi per qualità negli ultimi tempi. Forse oggi Mikura e Barbara berrebbero altro (provate i distillati di Akashi e non ne rimarrete delusi).
È solo un’idea la mia, ma chissà se Tezuka lesse Doppio Sogno di Schnitzler.
A ogni modo Barbara è un viaggio liberatorio negli abissi della conoscenza che si nutre di cultura senza confini. Ovunque ci sia materiale, Tezuka lo elabora a suo piacimento per confezionare un capolavoro da divorare.
Con Barbara e Mikura si ha la possibilità di raggiungere un’empatia incredibile. Anche in quest’Opera, Tezuka usa magistralmente il primo piano nelle inquadrature, raggiungendo la profondità ideale con un’esatta alternanza. Come sempre, il Maestro sembra essere dietro una macchina da presa.
Senza freni, Barbara è penetrante e distruttivo, sensuale e violento. L’ennesima conferma dell’inarrivabile talento del Dio del manga.
“Il Suo determinismo come il Suo scetticismo – che la gente chiama pessimismo – la Sua penetrazione delle verità dell’inconscio, della natura istintiva dell’uomo, la Sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l’adesione dei Suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha commosso come qualcosa di incredibilmente familiare.”
Sembra proprio che si parli di Tezuka e della sua creatura. Eppure queste furono le parole d’ammirazione che Freud rivolse a Schnitzler dopo aver letto Doppio Sogno. A volte, le cose trovano il loro posto nel mondo e non c’è bisogno di farsi troppe domande.
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