L’ultima produzione cinematografica di Netflix, si dice anche la più costosa finora, con un budget di oltre 100 milioni di dollari, è Bright di David Ayer. Lo stesso regista di End of Watch (2012) e Suicide Squad (2016). I protagonisti di questo nuovo poliziesco fantasy sono Will Smith (il poliziotto umano) e Joel Edgerton, il poliziotto… orco!
Brucio la conclusione immediatamente dicendo che Bright non mi ha conquistato, ma nemmeno mi è dispiaciuto. A differenza di molti, sono riuscita a vederlo dall’inizio alla fine cercando risposta alla domanda da un milione di soldini: dove nasconde la pietra filosofale Will Smith per non invecchiare? Chissà.
Cos’è un Bright? L’unico essere vivente capace di valersi della magia per il tramite delle bacchette.
In una Los Angeles popolata da creature fantastiche oltre che dagli uomini, una coppia di poliziotti composta dall’umano Daryl Ward (Will Smith) e dall’orchesco Nick Jakoby (Joel Edgerton), si ritroveranno invischiati, loro malgrado, nell’imminente minaccia che risponde al nome di Signore Oscuro, entità malvagia che alcuni elfi stanno tentando di riportare in vita.
La società è organizzata secondo una rigida piramide la cui cima è rappresentata dagli uomini e dagli elfi. All’ultimo posto, insieme ad altre specie, troviamo gli orchi, rei di aver preso le parti dell’antico mago elfico Oscuro Signore duemila anni prima, e che ora minaccia di tornare.
In Bright c’è di tutto e di più: inflessioni tolkeniane, bacchette potenti come quella di sambuco. ma manca decisamente l’atmosfera epica propria del fantasy. Bright è un film che lancia una buona idea, ma poi non la sviluppa. Si abbozza la visione di un mondo alternativo ma, in fondo, non si racconta nulla e resta la sensazione di un brullo pretesto per fare l’ennesimo film poliziesco. Però aggiustando il tiro con gli orchi e gli elfi.
Detto ciò, perché Bright merita di essere visto:
- In modo intelligente, questo film ci parla di razzismo senza andare troppo per il sottile. La segregazione a cui sono costrette alcune razze, prima fra tutti quella degli orchi, è lo schiaffo che ogni tanto serve per svegliare dal torpore intorno ad alcuni temi che, nostro malgrado, dobbiamo ancora affrontare. Sono gli uomini (e pure gli elfi) le vere bestie e non gli orchi.
- Gli elfi non ci fanno una bella figura. Già decisamente spocchiosi a Gran Burrone (li adoro sia chiaro), rappresentano quanto di più odioso popoli questo strambo mondo che è Bright. Dopo aver assistito al giretto di Ward e Jakoby nel loro distretto, tornerete qui a darmi ragione.
- La musica orchesca. La colonna sonora del film è perfetta per l’atmosfera da thriller poliziesco della west coast. Tuttavia, gli orchi ascoltano brutal death metal e non c’è altro da aggiungere. Bellissimo.
- Will Smith è fantastico. A suo agio nei panni dell’agente Daryl Ward, vincente, talentuoso, carismatico, Smith tira fuori il meglio dal peggio. Anche quando il film va in sofferenza per troppa carne al fuoco, riesce a spuntarla trainandolo fuori dall’impasse e farlo ripartire.
Bright va visto con molta, molta leggerezza, a prenderlo troppo sul serio si fa peccato mortale. È quello che si chiama blockbuster dopotutto. Io ci ho messo in mezzo pure un pisolino e una fetta di pandoro ed è andata alla grande.
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