Bumblebee – Un barlume di speranza

Da qualche giorno è sbarcato nei cinema italiani Bumblebee, spin-off della saga dei Transformers, con protagonista l’Autobot più amato. Senza fare troppi spoiler, vi spieghiamo perché dovreste andare a vederlo

Partiamo proprio dal vero punto di rottura, ovvero il cambio di regia, che si sposta dalle mani dell’esplosivo Michael Bay a quelle di Travis Knight, di cui probabilmente avrete già sentito parlare per Kubo e la spada magica, capolavoro in stop-motion del 2016. Anche stavolta ci mette il suo zampino, forse intuendo il punto debole del filone principale, virando completamente rotta da quegli estenuanti, cruenti e lunghissimi scontri tra Autobot e Decepticon, conditi con rallenty ed esplosioni tali da appesantire gli spettatori, che stavano tanto a cuore al suo collega Bay, e puntando, invece, tutto su una storyline tracciata egregiamente nel segno dei sentimenti, del lato umano (e robotico) dei personaggi. Naturalmente il nostro “B” sarà impegnato in scene d’azione, contro i suoi nemici di sempre, all’inizio e alla fine dell’opera: un contorno ideale ad un meraviglioso palcoscenico anni ’80.

Eh già, perché la storia è ambientata nel 1987, un ventennio prima rispetto agli eventi del primo Transformers e in piena Guerra Fredda; segue il percorso di Bumblebee, dall’ormai distrutto Cybertron fino alla Terra, con la missione, affidatagli dal suo leader Optimus Prime, di proteggerla fino al suo arrivo. Durante uno scontro con due Decepticon che lo hanno intercettato, perde, però, voce e memoria e si rifugia in una vecchia officina, sotto forma di maggiolino giallo, fino al giorno in cui Charlie, giovane distrutta dalla prematura morte del padre, non raggiunge la maggiore età e riceve in regalo dallo zio proprio quella vettura. Da questa fortuita coincidenza, Charlie non lo sa ancora, nascerà un’amicizia speciale, che toccherà picchi emotivi molto alti, come il toccante primo incontro, con tutta la paura, l’incertezza e le indecisioni di uno spaesato e smemorato Bumblebee, o l’ascolto, da parte della ragazza, del vinile preferito del defunto genitore, in un garage di casa così tremendamente angusto, se non fosse per la presenza del gigante di latta a darle conforto e stringerla in un delicato, quanto confortante abbraccio.

È un percorso di crescita graduale, il loro, per riprendere in mano quella vita che li ha posti di fronte a shock così diversi, eppure così simili. Una perdita, e che importa se sia fisica o parentale, una guerra da affrontare, e cosa cambia se sia contro robottoni o contro sé stessa… un pianeta da salvare, la Terra, minacciata dai Decepticon che avevano persino, inizialmente, ingannato gli americani, convinti della cattiveria di B.  

L’ambientazione permette, inoltre, a Knight di giocare magistralmente con elementi portanti della cultura pop, ed ecco che vediamo (anzi, sentiamo) gli Smith, di cui Charlie è grande fan e ascolta assiduamente le canzoni (Bigmouth Strikes Again dopo la sveglia), strizzatine d’occhio ad E.T. (ed è proprio grazie a Spielberg che questo film ha preso vita, almeno secondo le parole di Travis), al Gigante di Ferro e a Breakfast Club, grande cult di John Hughes.

Piccola chiosa su John Cena: il wrestler ha recitato nel ruolo dell’Agente Burns e se l’è cavata in maniera impeccabile, regalandoci parecchie delle molte parti comiche presenti nella pellicola. Unica nota negativa, forse il rapporto tra Charlie e Memo, ma, credo io, volutamente reso non troppo smielato e romantico; ci può stare, nel complesso.

Bene, detto ciò, tutti gli ingredienti bollono, quindi, in pentola (o in sala, se preferite). Mancate solo voi, perché Bumblebee c’è, ed è una bomba!

 

Giovanni Putaro

 

Abbiamo parlato di:

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *