Andrea Pazienza è stato uno dei più importanti Artisti nella storia del nostro Paese: abbiamo dunque pensato di consigliare alcuni volumi per (ri)scoprirlo, perché alcune opere devono necessariamente essere nelle librerie di tutti
Mi sono messo in testa di fare un pezzo su Andrea Pazienza.
Perché ieri sarebbe stato il suo compleanno, perché probabilmente non si parla mai abbastanza di lui. L’impresa non è facile, soprattutto considerando che sono nato e vivo in un’epoca distante anni luce dalla sua. Eppure sento che un tributo al Paz bisogna pagarlo: perché se ami il fumetto, devi conoscere anche lui. Un ragazzo che il fumetto l’ha letteralmente rivoluzionato, dando voce a una generazione consumata dalla passione politica, dalla rabbia, dal gusto per la battuta tagliente (spesso anche amara) e dalla droga. Di quella, purtroppo, ce n’era tanta.
Ora, prima di partire chiariamo un punto: non è una biografia, non sono uno storico del fumetto e non voglio in alcun modo far pensare che qui ci sia racchiusa tutta la storia dell’autore. Sarebbe impossibile e persone molto più titolate di me l’hanno già fatto e lo faranno in futuro. Questo è solo l’articolo di appassionato, di un fan, chiamatemi come vi pare. Sono solo un tizio qualunque che vuole provare a ricordare uno dei più grandi fumettisti italiani. Come dicevamo, impresa tutt’altro che semplice.
Per parlare di Pazienza, si dovrebbe iniziare a raccontare degli anni ’70, un decennio di luci abbaglianti e ombre nerissime: da un lato avevamo probabilmente la miglior musica di tutti i tempi, il rock. Poi c’era il grande cinema: è stato proprio sul finire di quel decennio che è arrivato Star Wars, lasciando tutti a bocca aperta.
Che dire dei fumetti? C’era un fermento pazzesco, con talenti che di lì a poco avrebbero rivoluzionato l’intera industria.
Ma c’era anche la paura.
Le botte, le rivolte, le bombe. C’era il terrorismo qui, a casa nostra. In mezzo a noi.
Non era una situazione facile, erano anni duri. Paz lo sapeva bene e anziché provare a mettere la sua arte al servizio di un immaginario di fantasia, ha scompigliato tutto e buttato nelle sue tavole quello che non nessuno si aspettava: la realtà.
Una realtà fatta di movimenti studenteschi, di droghe, di occasioni perse e vite abbandonate a sé stesse. Paz ha scelto d’intrattenerci sbattendoci in faccia quello che succedeva per le strade di Bologna, tra i giovani, nelle aule universitarie.
Nelle pagine de Le straordinarie avventure di Pentothal (il suo primo fumetto, pubblicato nel 1977 sulla rivista Alter Alter) la realtà ti colpisce subito, senza pensarci due volte. Ci sono i fascisti, con i loro agguati vigliacchi. Ci sono le cariche della polizia. C’è un amore che finisce subito, alla terza pagina. Perché il protagonista, Andrea, è disinformato, pigro e con scarsa dignità. Capito, sì?
Eppure – come fa notare Luca Raffaelli nella prefazione del primo volume di TuttoPazienza – quelli dovevano essere gli anni della fantasia al potere, del “siamo realisti, chiediamo l’impossibile”: i giovani avrebbero abbattuto il grigiore del potere con l’entusiasmo e l’allegria. Certo, probabilmente c’era anche tutto questo.
Ma non nelle pagine di Pentothal.
Il suo tratto poi è pazzesco, l’avete visto? Racchiude mille stili diversi, tutti sinuosi, tutti pronti ad arrivare dritti al cervello. O al cuore, certo.
Perché Le straordinarie avventure di Pentothal è un fumetto anarchico, folle, psichedelico, in cui c’è un protagonista che ha un forte bisogno d’amore. Ha rivoluzionato la grammatica del fumetto italiano perché solo col cuore si possono capire quelle tavole, mettendo via la ragione, lasciandosi travolgere da quell’impeto narrativo che come un’onda ti ributta sul bagnasciuga. Stordito, confuso.
Più consapevole di una realtà che oggi appare lontana anni luce.
Se gli anni ’70 erano contrassegnati da moti rivoluzionari, negli anni ’80 c’era una rassegnazione ormai definitiva: il sociale era morto ed era giunto il momento far scendere in campo Zanardi, sicuramente il personaggio più celebre creato dal Paz e ispirato a un omonimo amico tassista. Si tratta di uno studente liceale, perennemente a un passo dalla maturità. È anche un pezzo di merda, cinico e privo di qualsiasi morale: nella prima storia che in cui lo vediamo protagonista (Giallo scolastico, pubblicata su Frigidaire n. 5, marzo 1981), ricatta un suo compagno di classe, che disperato arriva persino a uccidere la preside del suo liceo. Pazienza ci spiega che «La caratteristica principale di Zanardi è il vuoto. L’assoluto vuoto che permea ogni azione. Praticamente Zanardi rappresenta ciò che più ho odiato nel comportamento di una persona che ho conosciuto nella mia infanzia.». Il personaggio nasce in un’epoca successiva alle rivoluzioni, alle manifestazioni. La noia gli fa compiere gesti sempre più estremi, diventando un triste specchio di una generazione che ha rischiato di buttarsi via.
Nel numero 200 di Dylan Dog, gli autori (Paola Barbato e Bruno Brindisi, con la supervisione di Tiziano Sclavi) decidono di omaggiare Andrea Pazienza con Virgil, il figlio dell’ispettore Bloch, il cui aspetto è sostanzialmente identico a quello di Zanardi. Sempre nello stesso albo, troviamo un personaggio secondario molto simile al Paz: un piccolo, grande tributo da parte di chi l’ha sempre stimato e apprezzato.
Ma Paz non era solo rabbia e passione politica: era anche e soprattutto un artista sensibile, capace d’incantare anche realizzando locandine di film (La città delle donne di Federico Fellini), videoclip (Milano e Vincenzo di Alberto Fortis), copertine di dischi (Robinson di Roberto Vecchioni) e altri lavori nel campo pubblicitario.
Ogni cosa che toccava, diventava unica. Preziosa.
Pensate che a un certo punto ha preso Pertini (sì, l’ex Presidente della Repubblica) e l’ha trasformato in un eroe dei fumetti. Pazienza amava l’ex Capo dello Stato. Lo stimava al punto da usare il suo volto per fare una feroce satira sulla politica italiana di quegli anni. In una striscia – che oggi appare quantomai profetica – Pertini esclama «In che brutto posto sono capitato! Che brutto sogno! Quante brutte facce!». Se vedesse quelle che ci sono ora… Ovviamente anche in quest’opera troviamo la versione fumettistica di Pazienza, qui ritratto come goffo aiutante del Presidente.
Paz dunque riesce a farti sorridere, seppur in modo amaro, di quei tempi.
Poi però arriva Pompeo. Arriva a parlarti di un insegnante di disegno di Bologna, che a 27 anni sta seriamente pensando al suicidio sparandosi in vena tutta l’eroina che c’è. E se in alcuni momenti del racconto riesce a strapparti una risata, la sensazione di trovarsi di fronte a una sorta di testamento dell’autore è forte. Dunque lo leggi, percepisci il disagio, ma vai avanti. Perché non puoi fare altro.
Anche in Pompeo sono presenti gli ideali in cui Pazienza ha sempre creduto, fino al suo ultimo istante su questo pianeta.
A un certo punto il Paz ha deciso di parlarci persino di un personaggio Disney e di come – secondo lui – potesse essere nato: Perché Pippo sembra uno sballato e le altre geniali sturiellet sono recentemente state ristampate nel sesto volume della già citata raccolta TuttoPazienza, uscita in allegato a L’Espresso in occasione dei 60 anni dell’autore.
Nella stessa collana potrete trovare Pazeroticus: storie brevi intrise di un erotismo irriverente, folle, ironico. Il sesso non è mai stato al centro della narrativa del Paz, ma spesso e volentieri si lanciava in raccontini disinibiti, alcuni anche parecchio spinti visivamente, ma tutti con quel filo d’ironia che li faceva apparire divertenti e carichi di passione verso il disegno, certo, ma anche verso le donne. Gli piacevano e pure tanto, perché non metterle nelle sue storie? Il maestro Milo Manara a proposito dell’erotismo nelle storie di Paz ha scritto: «Insomma, che ve lo dico a fare? Guardateli tutti attentamente: ognuno di questi disegni eseguiti a velocità supersonica, ogni segno, ogni parola raccontano una storia, un urlo, un sospiro, un odore. L’odio, il furore, la tenerezza, l’orrore, l’amore. L’amore. È Pazienza, bellezza».
Già.
Chissà come avrebbe raccontato questi anni decadenti.
Avrebbe creato altre maschere, ma forse neanche lui sarebbe riuscito a trovare eroi da scagliare contro un mondo così devastato. Non lo so, come li avrebbe raccontati questi giorni. Come dicevo in apertura, siamo totalmente diversi, veniamo da mondi diversi.
Certo è che sarebbe stato divertente vedere il mondo con il suo punto di vista.
Vedere cose che gli altri vedono appena.
Cose da Paz.
Per maggiori informazioni, vi rimando al Centro Fumetto Andrea Pazienza e vi consiglio di recuperare la collana, più volte citata nell’articolo, TuttoPazienza: è in assoluto la raccolta più completa delle opere dell’autore.
Se volete saperne di più sul Paz, in rete trovate davvero tante cose su di lui.