Dopo i rincari annunciati da Panini, altri aumenti potrebbero colpire il settore dei fumetti, a causa dei dazi imposti dal presidente statunitense Trump.
Come se non bastasse l’inflazione, ci si mettono anche gli equilibri geopolitici mondiali ad assestare colpi all’industria del fumetto. Pare infatti che, i recenti dazi imposti dal presidente statunitense Donald Trump, potrebbero prossimamente impattare anche sul prezzo dei fumetti.
Già all’inizio di febbraio, un comunicato di Marco M. Lupoi, direttore editoriale e responsabile di Panini, aveva preannunciato rincari sui prezzi di copertina, dovuti ai profondi cambiamenti che hanno interessato il mondo negli ultimi anni:
Nel 2020 avevamo fatto l’ultimo aumento di prezzi, ma in cinque anni il mondo è cambiato: abbiamo avuto pandemie e crisi globali, l’inflazione alle stelle (sempre lei) e una rete di distribuzione che continua a mutare ogni giorno, tra espansione e contrazione.
A questo si aggiunge Trump che, con le sue “brillanti” scelte politiche, sta causando non pochi problemi a svariati settori.
Che succederà ai fumetti dopo i dazi di Trump?
Il 4 marzo scorso è entrata in vigore la prima tornata di dazi imposti dal neopresidente Trump, che aggiungono un 25% alle merci provenienti da Canada e Messico, e un importo che varia tra il 10 e il 20% per quelle importate dalla Cina.

Cosa significa, in parole povere? Un aumento dei prezzi per i consumatori statunitensi sui molti prodotti realizzati all’estero, tra cui proprio i fumetti. Molte case editrici statunitensi, infatti, stampano all’estero, in Canada e Cina, per riuscire a mantenere costi contenuti e una qualità alta.
Negli Stati Uniti, infatti, è molto difficile trovare stampatori all’altezza, come confermato dagli stessi addetti ai lavori. Eric Reynolds, vicepresidente e Associate Publisher di Fantagraphics ha dichiarato a Bleeding Cool:
«Anche se riuscissimo a trovare stampatori nazionali in grado di realizzare molti dei libri d’arte visiva con copertina rigida di fascia alta che facciamo, costerebbero circa il doppio o più dello stesso libro stampato all’estero, le nostre opzioni in termini di carta e di stampa/rilegatura sarebbero limitate e probabilmente anche la qualità ne risentirebbe.
[…]Ho letto da qualche parte che negli Stati Uniti non viene costruita una nuova cartiera da qualcosa come 35 anni e che il numero di cartiere esistenti è una piccola frazione del periodo di massimo splendore della stampa statunitense del Ventesimo secolo.»
Gli fa eco Josh O’Neill, editore di Beehive Books:
«Negli Stati Uniti non c’è capacità produttiva per realizzare libri come questi, e tale capacità non può essere facilmente ricostruita. […]
La stampa all’estero è spesso più rapida di quella nazionale, anche con i lunghi tempi di spedizione, perché la stampa nazionale spesso implica che uno stampatore si occupi delle copertine, un altro di una copertina con un effetto speciale e un terzo stampi il blocco di testo (le pagine interne), il che aumenta il rischio di errori e ritardi quando il progetto viene spostato tra diversi stampatori.»
Fonte: Fumettologica