Cosa vuol dire, oggi, per un autore muoversi nel campo editoriale, che sia un fumetto o un libro? E come funziona esattamente una casa editrice? Cercheremo di scoprirlo insieme!
Oggi viviamo indubbiamente in un contesto storico molto diverso e decisamente più complesso, ciò ha condotto ad un cambiamento sostanziale nel mondo editoriale e in tutte le sue figure di riferimento, autori compresi che adesso sempre più tendono a propendere per l’autoproduzione realizzando completamente da soli le proprie opere (libri o fumetti che siano).
Perché è accaduto ciò? Forse a causa di come si è posta l’editoria verso queste figure, o semplicemente gli autori hanno capito che è ormai possibile vendersi senza necessariamente passare per il famoso iter, che principalmente comprende proporsi ad una casa editrice? Può darsi sia per questo, o forse semplicemente il mercato ha raggiunto la sua naturale evoluzione (se completa, questo non ci è concesso ancora saperlo).
Ovviamente la questione pone una serie di interrogativi e riflessioni che andremo qui ad analizzare, e che forse in quanto artista mi chiamano certamente in causa, ma da cui cercherò ugualmente di tenermi distante per avere una visione quantomeno neutrale della faccenda.
Cominciamo col chiederci quanto sia sostenibile fare l’editore, oggi. Beh, facendola breve, la risposta è “molto meno di quanto si creda”, sebbene quest’ultimo possegga alcune agevolazioni fiscali in virtù del proprio ruolo. Quantunque l’editore debba sostenersi a sua volta dalla vendita dei propri prodotti, per il mercato librario esiste purtroppo l’usanza (se così possiamo chiamarla) di far pagare la stampa all’autore. Questo di solito avviene nelle piccole realtà, benché si tratti di un atteggiamento sbagliato a prescindere (ma resta una mia modesta opinione). Per quanto riguarda il fumetto, invece, molti rate page (la retribuzione a tavola) si sono notevolmente abbassati rispetto anche solo a 7-8 anni fa. Purtroppo ciò non rende il lavoro sostenibile per l’artista, quantomeno se parliamo di puro mecenatismo, per cui debba essere prevista una paga che ti faccia almeno arrivare a fine mese. Questo ha spinto molti autori e artisti a trovare col tempo un lavoro alternativo, talvolta lontano dal campo della nona arte.
La carta costa di più, forse ci sono meno lettori, ed è vero che le piccole realtà faticano ad andare avanti. D’altro canto invece i colossi aziendali ben noti sono gli unici che riescono ancora a corrispondere un’adeguata retribuzione, ma è sempre più difficile approcciarsi a tali realtà.
D’altronde mantenere una casa editrice costa molto, e in pochi sanno farlo bene (questo va detto) e un editore di norma dovrebbe avere sul libro paga diversi impiegati, tra grafici, editor, stampatori, il che comporta delle spese non indifferenti. L’editore si occupa inoltre di interfacciarsi con i distributori ed è suo compito promuovere l’opera dove e come può, presso i canali a lui disponibili, talvolta affidandosi anche ad agenzie stampa.
La problematica sorge quando il cosiddetto editore viene meno anche a questi che sarebbero i suoi compiti basilari. Ma in quel caso, semplicemente si ha a che fare con una persona che non dovrebbe fare quel lavoro.
Ma nel caso l’editore decida di pubblicare un personaggio specifico che appartenga all’autore, come funziona esattamente? Beh, in quel caso dall’autore vengono acquisiti i diritti di pubblicazione, e dalla vendita vengono riconosciute delle royalties, percepite ogni 4 o 6 mesi, a seconda di quanto preveda il contratto (se siete fumettisti in erba, è consigliabile evitare tempi più lunghi).
La percentuale di royalties riconosciuta oggi è similmente un 10% a copia venduta. Più vendi, più guadagni. Perché è vero, oggi come trent’anni fa, che si pubblica chi si vende meglio e di solito chi è in grado di vendersi meglio ha anche molta più libertà. Inoltre l’editore dovrebbe garantire almeno un paio di presentazioni per l’autore (che diventano veri e propri tour, se sei uno di quelli affermati).
Nonostante ciò, molti autori preferiscono tentare la strada dell’autoproduzione. Perché? Beh, a volte capita che la propria opera non trovi spazio nel mercato editoriale attuale ed è indubbio da parte dell’autore il voler emergere con le proprie forze e acquisire sempre più importanza affinché le case editrici facciano molta meno resistenza quando gli si propone qualcosa… d’altronde c’è una bella differenza se a chiamare in una redazione è il signor tal dei tali o Zerocalcare. Inoltre questo tipo di esperienza permette all’autore di avere la massima libertà creativa, che non sempre con un editore è possibile.
In aiuto degli autori arrivano molte piattaforme, come ad esempio Amazon, Kickstarter o Indiegogo, e più è ampio il loro seguito e più c’è possibilità di produrre il proprio progetto.
In merito a ciò, l’autoproduzione presenta comunque una distribuzione limitata a coloro che sostengono il progetto, rispetto a quella sul piano nazionale o internazionale che potrebbe vantare una casa editrice. Inoltre la distribuzione professionale permette anche alle fumetterie e alle edicole di poter vivere e fatturare, cosa di cui hanno immensamente bisogno in periodi come questo.
Ma, perché c’è sempre un ma, vi è un piccolo dettaglio non trascurabile, ovvero nel caso dell’autoproduzione di non dover dividere gli introiti con altre persone (a meno che non si tratti di altri collaboratori che hanno partecipato alla realizzazione del progetto), e quindi di percepire il 100% rispetto a quello che potrebbe sembrare un misero 10% (che su tante copie vendute diventa comunque una cifra considerevole). C’è da dire che un autore affermato può anche volgere un contratto a suo vantaggio, trattandosi di una vendita sicura e avendo dalla sua una grossa fetta di pubblico.
Certo le vendite vanno anche a braccetto con i gusti del pubblico, e questi gusti tendono sovente ad influenzare il mercato. E purtroppo talvolta influenzano le scelte di chi si cimenta in questo lavoro.
E questi gusti non sempre sono sinonimo di qualità, per cui viene incoraggiata una propaganda più comune all’impatto economico che un prodotto potrebbe avere, rispetto a quelli che sono i suoi reali meriti artistici.
E siamo giunti alla fine. Adesso mi tocca tirare le somme, ma prendete tutto sempre come un’opinione personale.
Purtroppo credo che siamo arrivati ad un punto in cui l’autoproduzione sia sicuramente più consigliabile per chi voglia portare avanti un proprio brand (a meno di non trovare contratti realmente vantaggiosi). Sempre più autori propendono per essa, cercando presso le case editrici solo lavori pagati. Del perché siamo arrivati fin qui dipende da una variegata concatenazione di eventi. La carta col tempo ha cominciato a costare sempre più, e tutti ricordiamo (quantomeno i più anziani di noi) gli accorati appelli di Sergio Bonelli, che sulle pagine dei suoi albi arrivava a scusarsi con i lettori, spiegando il motivo dell’aumento di prezzi. Molte persone hanno poi smesso di comprare fumetti, perché ci si è trovati davanti ad una scelta fin troppo ampia, soprattutto con l’arrivo dei manga, che hanno iper-saturato il mercato italiano. Inoltre sono sorti i lettori occasionali, che si sono ritrovati ad acquistare determinati albi trainati ad esempio dai cartoni o dai film ispirati a questo o quel fumetto. Ciò ovviamente ha portare le case editrici a cambiare piano aziendale e atteggiamento nei confronti degli autori, i quali a loro volta hanno dovuto correre ai ripari, improvvisandosi essi stessi editori (almeno per certi versi). I social sono diventati il punto di riferimento per trovare un pubblico, senza più passare per gli editori, che a loro volta, nuovamente, si sono dovuti adattare alla nuova realtà. Cionondimeno, oggi in Italia si leggono più fumetti che libri, almeno secondo i dati dell’associazione italiana editori al 2021 (che mostra un significativo crescendo rispetto all’anno precedente). Che sia finalmente questa la svolta che porterà ad un’altra evoluzione nel campo editoriale? E in che modo? Purtroppo questo non posso saperlo. O meglio, un’idea ce l’ho, ma preferisco tenerla per me.
E voi? Cosa ne pensate? Fatecelo sapere in un commento, così da poterne parlare insieme.