Ex nemico giurato di Vince McMahon, ex capo della World Championship Wrestling, ideatore del New World Order e della versione “cattiva” di Hulk Hogan: signore e signori, questa è la storia di Eric Bischoff, nuovo ingresso nella Hall of Fame 2021 della WWE
La World Wrestling Entertainment ha annunciato il secondo nome per la Hall of Fame 2021, la cui cerimonia si terrà il prossimo 6 aprile. Si tratta di Eric Bischoff, ex capo della World Championship Wrestling che, nella seconda metà dei Novanta, durante la cosiddetta “Guerra del lunedì sera” (degli ascolti in tivù), diede parecchio filo da torcere alla federazione di Vince McMahon. Poi, all’inizio dei Duemila, dopo il fallimento della WCW, Bischoff andò a lavorare proprio per la WWE dell’ex nemico giurato. Una mossa sorprendente (in un mondo come quello del wrestling in cui, in realtà, non ci si dovrebbe sorprendere di nulla…) ma perfettamente in linea con l’approccio che Eric Bischoff ha sempre avuto rispetto a questo business, come lo chiamano gli addetti ai lavori: creare controversie e, in questo modo, fare ascolti e vendere biglietti. In sintesi: le controversie fanno fare soldi.
E proprio Controversy creates cash è il titolo del libro che il buon Eric (che, per inciso, è uno dei miei preferiti di sempre del wrestling, pur non essendo mai stato un lottatore) pubblicò nel 2006 per WWE Books, la casa editrice dell’impero di McMahon. Una sorta di autobiografia che, giocoforza, ben presto diventa una dettagliata narrazione di come la rivoluzionaria visione dell’ex dirigente, nella vita reale, e personaggio on screen riuscì a ribaltare le sorti della WCW, che, in pochi anni, passò dal perdere milioni di dollari a diventare la prima federazione al mondo. Una ricostruzione di un saliscendi che neanche sulle montagne russe: il volume ripercorre gli inizi da venditore di Bischoff (e non poteva essere altrimenti per colui che sarebbe diventato uno dei più grandi “venditori di storie” del nostro sport-spettacolo preferito), i suoi primi passi nel wrestling come impiegato della American Wrestling Association di Verne Gagne, la sua scalata fino alla carica di Presidente della WCW finanziata dal magnate dei media Ted Turner e, infine, il suo tentativo, purtroppo non riuscito, di acquistare la federazione fra la fine del 2000 e l’inizio del 2001, poco prima del suo definitivo fallimento.
A modesto parere di chi vi scrive, una delle cose più belle di questo libro è la possibilità di scoprire i dettagli e l’evoluzione della filosofia creativa di uno dei migliori storyteller del wrestling. Bischoff la riassume con una formula: S.A.R.S.A.: Story (ciò che si vuole raccontare al pubblico), Action (elemento basilare in uno show di wrestling), Reality (che, secondo me, è l’ingrediente più rivoluzionario di tutti, quello che cambiò definitivamente la percezione di questo sport-spettacolo, transitandolo dal vecchio approccio cartoonesco di “buoni” e “cattivi” alla moderna Attitude Era degli antieroi contraddittori, non perfettamente catalogabili e – perché no – anche più affini allo spettatore comune), Surprise (che rende i programmi di wrestling assimilabili alle serie televisive), Anticipation (cioè la creazione dell’attesa di ciò che succederà dopo che, in ultima istanza, significa creare l’evento).
Pensate, per esempio, alla trasformazione di fine 1996 di Sting, che fino ad allora era stato il vero volto della WCW, in un personaggio ispirato al fumetto e film Il Corvo: tenebroso ed enigmatico, completamente diverso dal vivace beniamino del pubblico di qualche tempo prima. Per più di un anno, il lottatore fu protagonista solo di alcune incursioni silenziose sugli spalti o sul ring, non una sola parola, non un solo match. Una consapevole scelta che servì a cuocere a fuoco lento, aumentando progressivamente le aspettative dei fan, il grande main event del pay-per-view più importante della federazione, Starrcade 1997, in cui si affrontarono lo stesso Sting, in qualità di sfidante, e Hollywood Hogan, campione in carica e leader del New World Order.
E proprio l’nWo rappresenta la creazione più riuscita di Eric Bischoff. In un’epoca in cui i confini dei “territori” erano stati spazzati via e il pubblico del wrestling era diventato globale, gli appassionati sognavano di assistere a sfide fra campioni di federazioni diverse. Non potendogli dare esattamente quello, “Eazy E” (come lo chiamava Scott Hall) si inventò l’invasione dell’ex Razor Ramon e di Kevin Nash (Diesel) – che in realtà avevano semplicemente cambiato datore di lavoro – lasciando intendere che facessero ancora parte della rivale World Wrestling Federation. L’effetto sugli ascolti fu pazzesco, tanto che ben presto la WCW avrebbe dominato i lunedì sera televisivi, come sappiamo. Ma fu solo l’inizio.
Il seguente passo fu convincere Hulk Hogan, il favorito di una generazione di piccoli fan, a fare il grande passo e abbracciare il “lato oscuro”. Nel suo libro Bischoff ricorda che, dopo aver convinto l’Hulkster a firmare per la federazione di Turner qualche anno prima, proporgli di diventare un “cattivo” fu argomento molto delicato. Praticamente tutta la carriera di Hogan si era basata sul modello positivo del supereroe che fa di allenamento, vitamine e preghiere uno stile di vita. Passare fra le fila dei “cattivi” significava tradire i propri tifosi e la propria immagine. E, infatti, convincere il campione baffuto fu estremamente complicato, tanto che, anche dopo aver ottenuto il suo ok, Bischoff dovette preparare un piano B (Sting ne avrebbe preso il posto) in caso di un ripensamento dell’ultimo momento.
Da lì a poco, però, l’Hulkster si sarebbe reso conto di aver fatto la mossa più azzeccata della sua carriera.
La storyline dell’nWo, infatti, sarebbe diventata una delle più celebri e importanti dell’intera storia del wrestling che, proprio da qui, iniziò la sua evoluzione in chiave moderna e tornò in auge come ai tempi dell’età dell’oro degli anni Ottanta. (Noi, purtroppo, ci perdemmo tutto questo perché, proprio in quegli anni, nessuna delle nostre televisioni trasmetteva il wrestling. Ma questa è un’altra storia).
Il fatto che la stable dell’nWo ebbe numerose imitazioni (lo stesso ex dirigente nel libro ne indica una nella D-Generation X, per esempio) e tributi nel corso degli anni successivi, negli USA ma anche in altri Paesi come il Giappone, è solo una dimostrazione del contributo che il genio di “Eazy E” diede al business.
Oggi, quindi, non c’è alcun dubbio che, per questo e per tutto il resto, Bischoff sia assolutamente “materiale da Hall of Fame”.
A breve prenderà finalmente il posto che merita fra i grandi.