Da un grande potere derivano grandi responsabilità. Proprio per questo sulle spalle di Spider-Man, supereroe universalmente amato, pesa il fardello dell’ammirazione. Il sito di cinema Film Post si è già prodigato in diverse recensioni delle sue ultime apparizioni cinematografiche, oggi invece i concentreremo su come queste si sono evolute nel corso del tempo. I Cinecomics infatti, in quanto cinema, sono soggetti ai naturali cambiamenti che la settima arte è costretta a percorrere. In questo senso Spider-Man, grazie alle sue molteplici interpretazioni, è forse l’esempio principe per rendere il più chiaro possibile questo processo evolutivo. L’uomo ragno ha innanzitutto un arco temporale piuttosto ampio nel quale svilupparsi, andando dalla prima apparizione nel lontano 1977 fino ai giorni nostri. Questa longevità gli ha permesso di incarnare alla perfezione i cambiamenti che, dalla società e dalla tecnologia, si sono ripercossi sui film supereroistici.
Fattore non da poco sono anche i numerosi cambi di mano che hanno visto Spider-Man come protagonista e che per forza di cose ne hanno influenzato la resa filmica. Volontà autoriale e stile produttivo sono necessariamente cambiati con il passaggio da film televisivo a creazione di Raimi, e ancor più da quest’ultimo a parte del MCU, senza dimenticare la controversa parentesi di Marc Webb. Questi bruschi sballottamenti hanno chiaramente modificato la natura stessa di ciò che Spider-Man è e rappresenta, allineandosi con intenzionalità e progetti di volta in volta diversi. I risultati sono davvero interessanti e emblematici, degni di certo di un’analisi più accurata in quanto figli di ciò che li circonda e di ciò che li ha pensati e prodotti.
L’opera di bonifica – Evoluzione di Spider-Man
Il serial Marvel The Amazing Spider-Man andò in onda nelle TV americane dal 1977 al 1999 e fu inaugurato da un lungometraggio, fungente da pilot. Il film si muove lungo un binario strettamente originale discostandosi in larga misura dalla serie fumettistica, forse troppo. La rimozione dei classici, e popolarissimi, cattivi di Spidey in favore di un guru fu una scelta mal accolta dai fan, che lamentarono a più riprese la scarsa attinenza della serie ai fumetti originali. La pecca maggiore è probabilmente la totale assenza dalla pellicola del famoso zio Ben, padre spirituale di Peter e in un certo senso motore della storia. Tutto ciò andò ovviamente a discapito dello Spider-Man di Nicholas Hammond che, avversato persino dallo stesso Stan Lee, intravedeva dinnanzi a sé una sempre più fitta schiera di detrattori.
Questa mancata fiducia verso l’opera originale è da imputare alla scarsa considerazione che gli anni ’70 nutrivano nei confronti dei fumetti. Non siamo ai giorni nostri, quando il fumetto ha ormai pienamente raggiunto lo status di opera d’arte. Negli anni del serial i fumetti erano visti come “cose da bambini”, di certo non all’altezza del mezzo televisivo. Da qui parte un’opera di semplificazione e bonifica atta a rispettare questo mito: vengono dunque tolti morti (basti pensare che nemmeno il ragno che morde Peter perde la vita) e personaggi inquietanti come il Goblin. Persino la stessa struttura caratteriale di Spidey venne ridotta all’osso, togliendogli quello spessore morale che lo rese così apprezzato. Il risultato ebbe comunque il suo discreto successo, ma non si dimostrò di certo al passo con i tempi, venendo dunque cancellato.
Lo Spidey d’autore – Evoluzione di Spider-Man
Dopo il passaggio dei diritti in mano alla Cannon Films, che condusse a un nulla di fatto, Testa di tela destò la curiosità di un certo James Cameron. Con la benedizione di Stan Lee Cameron era pronto a concretizzare il progetto ma, quando la 20th Century Fox rifiutò di acquistare i diritti, Spidey e il canadese presero strade differenti. Il primo, acquistato da Sony, finì tra le braccia di Sam Raimi, mentre il secondo si mosse verso Titanic. Insomma, una doppia vittoria per il cinema. Nonostante Cameron non abbia mai di fatto interferito con il progetto, parte della paternità sembrerebbe però essere proprio sua. Fu infatti proprio lui a concepire la “mutazione biologica” di Peter, sostenendo che un ragazzo, seppur geniale, non sarebbe mai stato in gradi di costruire dei lanciaragnatele. L’idea a quanto pare piacque a Raimi, che la utilizzò nella sua trilogia senza però mai dar credito al canadese.
Raimi attinge a piene mani dall’origin story fumettistica del personaggio, dettando di fatto gli schemi che con il tempo sono diventati i capisaldi del genere. L’unione fortunata e produttiva che può esistere tra blockbuster e autore è perfettamente incarnata in questa trilogia. Le soggettive di Raimi ci riconducono immediatamente a La Casa e personaggi come il Goblin o il Dottot Octopus sono attraversati da una riuscitissima vena di malvagità e dramma. Molto prima che fosse di moda Raimi si focalizza su un aspetto più cupo dell’eroe: l’impossibilità di avere una vita normale. Una visione dunque molto più matura e tetra contribuisce a discostarsi di netto dalla serie anni ’70, lontana per ovvie ragioni anche per effetti speciali e resa stilistica.
La ricaduta – Evoluzione di Spider-Man
Dopo aver sfornato un inizio di alto livello e un sequel ancor migliore, Raimi fa un passo falso nel terzo capitolo. La produzione si intestardì sul voler inserire forzatamente Venom, sbilanciando non di poco l’equilibrio della pellicola. L’’eccessiva abbondanza di cattivi e storyline del terzo ne inficia notevolmente la resa qualitativa e di fatto condusse lo Spider-Man di Raimi verso il collasso. I piani per un eventuale quarto capitolo furono cancellati e si preferì ricominciare da zero. Una mossa rischiosa se si pensa al mostro sacro che il nuovo Spidey sarebbe stato costretto ad affrontare a così pochi anni di distanza. La scelta ricadette su Andrew Garfield per il ruolo principale e su la stella emergente Emma Stone per la prima vera fidanzata di Peter, Gwen Stacey. L’alchimia era perfetta e, sotto la guida di Marc Webb, il progetto sembrava destinato a decollare.
La storia è più adolescenziale e si rivolge chiaramente a un pubblico più giovane, ma non per questo è infantile. Al di là della verve carismatica e affascinante di Garfield però della sceneggiatura rimane ben poco. I villain, piuttosto fiacchi, seppur con ottime sequenze di combattimento, non riescono a imporsi allo stesso livello dei predecessori. In particolare il secondo capitolo racchiude troppi personaggi e sottotrame secondarie: la Sony pagò caro lo scotto di voler concretizzare troppo frettolosamente l’idea di universo espanso. L’estrema confusione si ripercosse negativamente sull’impatto scenico, che scemò un po’ per tutti i personaggi, portando il film a naufragare anche al botteghino. Questa versione più moderna fu costretta, non per propri demeriti, a cedere spazio all’MCU. L’idea della creazione di un universo intorno a Spider-Man venne capovolta: si inserì il supereroe in un universo.
Il nuovo Spidey – Evoluzione di Spider-Man
Apparso per la prima volta in Captain America: Civil War, un supereroe amato come lo è Spider-Man non poteva non figurare tra gli Avengers. Caratterizzato in stretta relazione con Iron Man, il nuovo Testa di tela gode di una meccanica di inserimento privilegiata rispetto ai suoi predecessori e Tom Holland contribuì non poco a far si che il Bimbo ragno facesse breccia nei cuori dei fan. Questa volta la modernizzazione del concetto fumettistico riuscì alla grande. Se The Amazing Spider-Man intendeva svecchiare gli anni ’60 con uno skateboard e con un approccio più cool, la Marvel fu capace di modificare il tessuto intrinseco del fumetto, cambiando solamente le cose che risultassero funzionali. Ai giorni nostri è difficile vedere un rapporto tra un liceale e un’anziana come lo si vede nei film di Raimi, ecco dunque che zia May diventa una donna giovane e avvenente.
Anche i personaggi di Mary Jane e Flash Thompson sono radicalmente modificati e perfettamente inseriti nel nostro presente. Peter Parker resta un ragazzo geniale, ma incapace di costruirsi da solo una tuta e per questo interviene Tony Stark. Insomma, siamo alle prese con ingente operazione di ammodernamento del fumetto in favore di una più soddisfacente fruizione da parte del pubblico di riferimento della Marvel. Parallelamente a questo nuovo, ed efficiente, Uomo Ragno troviamo quello animato: il Miles Morale di Spider-Man: Un nuovo universo. Proprio in virtù del riconosciuto ruolo artistico della nona arte, in opposizione agli anni ’70, questo lungometraggio si fa forza della sua provenienza fumettistica con lo scopo di esaltarla. Differenti design e acting fanno di quest’opera una vera e propria perla dell’animazione e, forse, il miglior Spider-Man cinematografico.