Film & Videogiochi – Le trasposizioni live action più o meno riuscite

L’alchimia tra cinema e videogiochi è stata spesso disastrosa, benché a volte abbia dato spunti decisamente interessanti, ecco perché la redazione di MegaNerd vi accompagnerà alla (ri)scoperta dei vari film live action tratte dai videogames, dove alcune di queste potrebbero riservare persino qualche piccola sorpresa qualitativa. Pronti? Dai, che si comincia!

speciale film e videogiochi 2024

Probabilmente odiamo la maggior parte degli adattamenti cinematografici quanto invece amiamo perdutamente i videogiochi da cui sono tratti.

Molto spesso ci siamo trovati infatti dinanzi a trasposizioni che hanno finito per snaturare il prodotto di partenza, in un’epoca in cui la maggior parte dei videogiochi presenta un’impostazione altamente cinematografica, tanto che il passaggio ad un altro medium ha sovente riscontrato diverse problematiche: una di queste è il preciso minutaggio nel quale la pellicola deve rientrare per raccontare la sua storia, rispetto alle centinaia di ore di cui un videogioco ha bisogno per essere completato, prendendosi tutto il tempo necessario per tratteggiare eventi e personaggi.

L’altra problematica, il più delle volte, riguarda la differenza dell’adattamento, per cui sceneggiatori e registi (su richiesta dei produttori o per una malcelata presunzione artistica) esigono una libertà eccessiva che distrugge qualsivoglia legame e attinenza col materiale originale, così da scontentare i fan.

Ci sono ovviamente delle eccezioni e negli ultimi anni addirittura sono sempre di più le trasposizioni decorose che hanno ricevuto il plauso della critica (e degli spettatori), per cui andremo ad analizzare tutte le opere cinematografiche live action prodotte finora!

Pronti? Come direbbe Super Mario col suo accento maccheronico: Let’s a go!


Film & Videogiochi – Una lunga storia d’amore

Prime Video: Super Mario Bros.

SUPER MARIO BROS. (Rocky Morton e Annabel Kankel – 1993)

E proprio dal nostro Marione partiremo! La saga videoludica Super Mario Bros. è semplicemente leggen – aspettate un secondo – daria: ideata da Shigeru Miyamoto per Nintendo, vedeva protagonista un simpatico e baffuto idraulico dalla salopette blu venire catapultato in una sorta di mondo alternativo chiamato Regno dei Funghi al fine di liberare tale luogo dal giogo del malvagio Bowser e salvare la principessa Peach. Per l’epoca in cui fu prodotto (il primo capitolo risale al 1983) presentava un gameplay sopraffino e ricco di trovate, tanto che Super Mario Bros. può essere considerato il padre di tutti i videogiochi moderni. Pochi sanno che Mario esordì in Donkey Kong (1983), col nome di Jumpman, e in veste di carpentiere, non di idraulico.

Trarre un film da questa incredibile saga sarebbe stato non solo un onore, ma soprattutto una grande responsabilità per i produttori in quanto, malgrado i videogiochi venissero all’epoca considerati prodotti minori, vantava una fan-base imponente e agguerrita. Il film che arrivò nelle sale, dopo una tormentata produzione, scontentò tutti, persino chi non conosceva Mario (interpretato dal compianto Bob Hoskins).

Seth Rogen Says 'Super Mario Bros.' Movie from 1993 Is the Worst Ever

Il vivace mondo colorato del simpatico idraulico venne sostituito da un’ambientazione a tratti cyberpunk, cupa e grottesca, con la ferma volontà dei registi, Rocky Morton e sua moglie Annabel Jankel, di voler forzatamente dare un taglio più maturo alla vicenda, tagliando fuori, di fatto, il pubblico più giovane, e col solo risultato di creare una trama ingarbugliata e confusa. La sceneggiatura, addirittura, subiva rimaneggiamenti e pesanti riscritture durante le riprese. Il loro atteggiamento indisponente costrinse i produttori a sostituirli, per un breve periodo, con Roland Joffé.

Rivelatosi un flop, persino gli attori coinvolti ne presero le distanze. Hoskins ricordava con profondo disappunto tutta la produzione, principalmente per il negativo rapporto con i registi, definendo la pellicola la cosa peggiore che avesse mai fatto. Anche John Leguizamo, che interpretava Luigi (il fratello di Mario), ebbe a dire che lui e Hoskins erano soliti ubriacarsi per riuscire a sostenere tutta la tensione che permeava il set. Dello stesso avviso anche Dennis Hopper (interprete di Bowser) che ha letteralmente paragonato la sua esperienza ad un incubo.

Super Mario Bros.The Movie Extended Edition Review - IGN

Nonostante ciò, il film è oggi oggetto di culto, in quanto si tratta a tutti gli effetti della prima trasposizione cinematografica in live action di un videogioco (la saga era già stata portata al cinema nel 1986 con un film d’animazione giapponese) che ha consolidato la figura di Super Mario agli occhi del pubblico.

Sicuramente esito migliore ha avuto il recente adattamento in CGI, molto più aderente al materiale originale, ben accolto dai critici e soprattutto dal pubblico, incassando oltre un miliardo di dollari.


DOUBLE DRAGON (James Yukich – 1994)

Se avete letto lo speciale del nostro amichevole Mike di quartiere, allora Double Dragon non dovrebbe avere segreti per voi. In caso contrario vi rinfreschiamo la memoria: il gioco era un classicissimo picchiaduro a scorrimento, incentrato sui combattimenti da strada a suon di spettacolari arti marziali. Prodotto tipico degli anni ’80, la storia vedeva protagonisti i fratelli Billy e Jimmy Lee, uno vestito di blu, l’altro di rosso, intenti a salvare l’amica d’infanzia dalle grinfie dei temibili Black Warriors, in un mondo post apocalittico a la Ken il Guerriero.

Double Dragon è ricordato per essere stato uno dei primi videogiochi ad espandersi in altri media, con fumetti, una serie animata (da noi ribattezzata Due Draghi per una cintura nera) e ovviamente il film del ’94 di James Yukich, che vedeva tra i protagonisti un giovanissimo Mark Dacascos nei panni di Jimmy e Scott Wolf in quelli di Billy. Ruolo del cattivo venne ricoperto dal mitico Robert Patrick, che solo un paio di anni prima ci aveva regalato l’inquietante interpretazione del T-1000 in Terminator 2 – Il giorno del giudizio di James Cameron.

Benché non abbia avuto i medesimi problemi produttivi del già citato Super Mario Bros. la pellicola ne ha condiviso la sorte, rivelandosi un insuccesso commerciale, passando quasi totalmente inosservata anche a causa di un ritmo blando che rimanda piuttosto alle commedie d’azione da sabato pomeriggio. Nonostante ciò era lodevole lo sforzo da parte della produzione nell’accennare una seppur timida attinenza al videogioco originale.

Per chi volesse recuperarlo, segnaliamo che il film è disponibile su Prime Video.

STREET FIGHTER – SFIDA FINALE (Steven E. De Souza – 1994)

Street Fighter non ha bisogno di presentazioni, il videogioco targato Capcom è indubbiamente uno dei picchiaduro più importanti e famosi dell’ambiente videoludico, probabilmente il padre dei moderni fighting game.

Ogni lottatore è dotato di un forte carisma e una personalità ben definita, con una lore (ovvero le informazioni che riguardano il mondo finzionale in cui si svolge la vicenda narrata) che enfatizza lo scontro di bene contro male attraverso il misticismo di forze arcaiche controllate con l’ausilio del proprio spirito interiore. In effetti bastava giusto seguire quanto delineato dal materiale originale, ma chi ha prodotto questa pellicola ha ben (eufemismo) pensato di allontanarsene, confezionando una banalissima storia militare fin troppo sopra le righe, che ha  puntato il tutto per tutto sulla presenza dell’attore belga Jean- Claude Van Damme.

Benché si tratti di un’avventura corale, nei videogames i protagonisti principali sono i karateka Ryu e ken, praticanti dell’arte marziale fittizia Ansatsuken, la quale permette attraverso la manipolazione del proprio KI, di sprigionare sfere di energia dalle mani (il famoso Hadoken) e sferrare pugni infuocati a mezz’aria (lo Shoryuken). Serioso asceta il primo, rampollo di una facoltosa famiglia il secondo, nel film sono stati trasformati in squattrinati ladruncoli (interpretati da Byron Mann e Damian Chapa) che si cimentano con “normalissime” arti marziali (niente palle di fuoco e pugni volanti, benché ad un certo punto ci sia qualche movenza che richiama le tecniche sopra trascritte), lasciando il ruolo di protagonista effettivo al capitano Guile, portato sullo schermo dal già citato Van Damme in una versione un po’ caciarona e stereotipata del patriottico eroe americano.

Medesimo trattamento per M. Bison (Vega nella versione giapponese originale dei videogames) che resta sì ancora l’antagonista principale, ma decisamente lontano dalla tenebrosa e carismatica figura apparsa nella saga. Plauso all’interpretazione del compianto Raul Julia, già gravemente malato durante le riprese, il quale regalò una performance soddisfacente del personaggio, benché eccessivamente gigionesca, probabilmente per avvicinarsi alle direttive dei produttori, che sostanzialmente volevano un film per famiglie (memori forse per Super Mario Bros.).

La pellicola non andò neppure così male, vantando per l’epoca un modesto successo, con quasi 100 milioni incassati su un budget di 35.

Una curiosità: nell’ultimo frame della pellicola, gli attori assumono la posa di vittoria dei personaggi del  videogioco da loro interpretati!

MORTAL KOMBAT (Paul W.S. Anderson 1995)

Molto meglio, invece, quanto fatto con Mortal Kombat da Paul W.S. Anderson.

Ispirato al sanguinolento picchiaduro del 1992 sviluppato da Midway, la storia ruota attorno ad un grande torneo di arti marziali, chiamato appunto Mortal Kombat, che si svolge ogni generazione. Il torneo è il mezzo con cui il cosiddetto Regno Esterno intende soggiogare la Terra, attraverso lo scontro delle forze dell’uno e dell’altro. Alcuni eroi, prescelti dal protettore della Terra, il Dio del fulmine Raiden, devono ergersi a baluardo contro le sinistre entità sguinzagliate dal malvagio stregone Shang Tsung, emissario dell’imperatore Shao Kahn.

L’allora giovane regista britannico aveva già mostrato le sue notevoli doti col suo film d’esordio, Shopping (che vi consiglio di recuperare), ma molto probabilmente fu ingaggiato in quanto semi esordiente (e quindi più incline a soddisfare le richieste della produzione). Nonostante ciò fece i compiti confezionando un prodotto di pregevole fattura e, forse per la prima volta, davvero aderente al materiale originale.

Gli attori erano davvero tutti in parte, sorprendentemente anche Christopher Lambert, che interpretò sì Raiden (ribattezzato Rayden) con un’improbabile parrucca bianca, ma ugualmente efficace quale mentore degli eroi della Terra.

Where Are They Now: The Cast Of The 1995 Mortal Kombat Movie

Plauso all’inquietante performance di Cary Hiroyuki Tagawa, che regalò uno Shang Tsung mefistofelico e crudele come pochi. la regia di Anderson valorizzò anche delle spettacolari sequenze di lotta, con tanto di palle di ghiaccio scagliate dalle mani, e arpioni viventi sparati direttamente dai palmi.

Il live action è entrato così tanto nell’immaginario collettivo, che gli sviluppatori  hanno poi attinto nel tempo diversi elementi da inserire nel videogioco al fine di rendere più credibile il vestiario di alcuni personaggi. Inoltre, cosa non da poco, Cary Hiroyuki Tagawa ha ripreso il ruolo di Shang Tsung anche in veste virtuale in MK11, prestando voce e volto al malvagio stregone.

Costato 20 milioni di dollari, il film ne incassò più di 100, rivelandosi un vero successo. Ricordato ancora oggi con affetto dai fan, è indubbiamente rimasta nel cuore anche Techno Syndrome, la musica che fa da cornice per la colonna sonora del film. Anzi, la riascoltiamo?

 

MORTAL KOMBAT – DISTRUZIONE TOTALE (John R. Leonetti – 1997)

Il primo film dedicato al videogioco creato da Ed Boon e John Tobias per Midway era andato così bene che i produttori decisero immediatamente di mettere in cantiere un seguito. Anderson decise di non tornare in cabina di regia, lasciando il posto  a John R. Leonetti, che aveva curato la fotografia del primo capitolo.

Purtroppo questo seguito non ha avuto la stessa fortuna del predecessore, incassando decisamente meno e venendo ripudiato persino dagli appassionati. Troppi personaggi e una narrazione confusionaria ne hanno minato la qualità, tanto che alcuni degli attori della pellicola precedente decisero di defilarsi prima delle riprese (come Christopher Lambert nel ruolo di Raiden, sostituito da James Remar).

A detta di Leonetti, i produttori erano così ansiosi di rilasciarlo, che mandarono in sala un film sostanzialmente incompleto, in cui la CGI era ancora in fase di sviluppo. Proprio gli effetti al computer erano troppo invasivi e avulsi dal contesto, tanto da risultare per lo più finti.

La fredda accoglienza mise in stand by qualsiasi progetto cinematografico legato a Mortal Kombat, almeno fino a qualche anno fa.

 

WING COMMANDER – ATTACCO ALLA TERRA (Chris Roberts – 1999)

Dite la verità: questo film neppure lo ricordavate, vero? Ispirato alla serie di videogiochi sviluppati da Origin Systems, si tratta di simulatori di volo a tema fantascientifico, che vedeva la trama evolversi attraverso determinate scelte che potevano essere effettuate durante il gioco. Di notevole resa grafica, i titoli erano caratterizzati dalla presenza di filmati live action che vantavano la presenza di numerosi e noti attori come Mark Hamill e Malcolm McDowell. La loro presenza diede vita ad una serie live action strettamente legata al gioco in un progetto cross mediale di ampio respiro.

Poi, diversi anni dopo, venne lanciato il lungometraggio in questione… ovvero una pellicola passata totalmente inosservata, che vedeva alla regia lo stesso creatore dei videogames, Chris Roberts. Il disinteresse da parte del pubblico fu tale che gli spettatori entravano al cinema solo per vedere il trailer che Twenty Century Fox aveva allegato al film, per poi uscire. Quale trailer, vi starete chiedendo… beh, si trattava di Star Wars: Episodio I – La Minaccia Fantasma.

 

FINAL FANTASY (Hironobu Sakaguchi e Moto Sakakibara – 2001)

final fantasy

Non si tratta affatto di una pellicola live action, ma occorre parlarne in quanto il film dedicato al franchise di Final Fantasy è ancora oggi l’antesignano dell’evoluzione digitale del cinema, una delle prime pellicole realizzate interamente in CGI, personaggi compresi. Un ragguardevole traguardo tecnico che lasciò tutti a bocca aperta nell’anno della sua uscita. Ed altri piuttosto tesi, tra cui Tom Hanks, il quale si disse preoccupato, un giorno, di poter essere sostituito da un avatar digitale che non chiedeva compensi e non si stancava mai. Chissà cosa ne pensa oggi, Tom, dell’utilizzo delle intelligenze artificiali, ma stiamo divagando.

Costato ben 137 milioni di dollari, il film ne recuperò solo 85, mandando (quasi) in bancarotta l’allora Square Soft (da tempo Square Enix), che produsse la pellicola. Benché si trattasse di un buonissimo film di fantascienza, a suo modo anche crudo e profondo, i fan furono spiazzati dal distacco totale dal materiale d’origine che, malgrado fosse autoconclusivo per ogni capitolo, presentava ambientazioni fantasy/steam punk, esseri fatati, magie ed evocazioni, e ovviamente spettacolari combattimenti a fil di gunblade (una delle armi simbolo dell’ottavo titolo, connubio tra un fucile e una spada). Questo nonostante alla regia ci fosse proprio Hironobu Sakaguchi, creatore originale della saga.

Piccolo reminder: il sottoscritto andò a vederlo al cinema alla sua uscita e Sony vi allegò il primissimo trailer di Spider-Man diretto da Sam Raimi, che vedeva il nostro Arrampicamuri intrappolare un elicottero tra le Torri Gemelle con la sua tela, poi ritirato a causa dell’attentato. Il trailer è il seguente.

 

LARA CROFT: TOMB RAIDER (Simon West – 2001)

Eccoci arrivati alla trasposizione cinematografica di una delle più grandi icone dei videogiochi, quella Lara Croft che ha alimentato le fantasie avventurose (e forse non solo quelle) di tanti giocatori sparsi per il mondo. Per chi non lo sapesse Tomb Raider è uno dei titoli più importanti nel panorama videoludico, non solo per le innovative meccaniche di gioco, ma anche perché sdoganò il genere creando un personaggio femminile forte e deciso, senza sessualizzarlo, per un gioco sicuramente indirizzato ad un pubblico (per allora) prettamente maschile.

Visto il successo della combattiva archeologa, Hollywood non ci mise molto ad acquisirne i diritti per un adattamento al cinema. Il regista Simon West scelse un’allora giovanissima Angelina Jolie che, piena d’entusiasmo, girò quasi interamente tutte le sue scene d’azione. Inoltre, la regia decise di focalizzarsi sulla resa di posti esotici e particolari.

La produzione, però, decise di indirizzare la pellicola verso un pubblico giovane, per cui passò attraverso un processo di edulcorazione: Lara Croft non usava le pistole sugli umani (a differenza del gioco), ma solo su entità mostruose, per di più i personaggi non potevano dire parolacce. L’adattamento si prese un po’ di libertà circa la caratterizzazione di Miss Croft, molto più seriosa e taciturna nei giochi originali, invece piuttosto chiacchierona e spaccona nel film.

Questo contribuì anche a smorzare il senso di isolamento che accompagnava le sue avventure digitali, causa anche l’inclusione di un personaggio creato appositamente per il live action, un operatore chiamato Bryce, in costante contatto con l’archeologa. Curiosamente, un personaggio simile, Zip, viene introdotto anche nei videogiochi a partire da Tomb Raider Chronicles (2000).

Benché stroncato dalla critica alla sua uscita (e timidamente anche dai fan), il film si rivelò un successo finanziario, con oltre 200 milioni di dollari incassati, ponendosi come il primo riconosciuto successo di un adattamento cinematografico da un videogame.

Inoltre, la pellicola riconciliò per un breve periodo l’attrice col padre Jon Voight, che sul set fu chiamato ad interpretare Sir Richard Croft, padre di Lara. Il che, forse, non è poco.

 

RESIDENT EVIL – La saga (Paul W.S. Anderson 2002 – 2017)

La saga di Resident Evil ha avuto il merito di aver fatto tornare gli zombie di tendenza, in un periodo in cui erano stati pressoché dimenticati. Prima nei videogiochi, al cinema poi. Proprio il maestro George Romero, il quale diresse addirittura un paio di spot per l’uscita videoludica di Resident Evil 2 nel 1998, cercò di portare nelle sale il noto franchise. Purtroppo l’accordo con la produzione non andò in portò, e fu allora che subentrò quel Paul Anderson che già aveva portato con successo sullo schermo Mortal Kombat.

Anderson scrisse una storia tutta sua, eliminando di fatto qualsiasi riferimento ai protagonisti del gioco originale e creandone di nuovi. Allora niente Jill Valentine, Chris Redfield, Barry Burton, Rebecca Chambers e Albert Wesker, ma Alice Abernathy (interpretata da Milla Jovovich), Rain Ocampo, Matt Addison, Chad Kaplan e Spence Parks.

A dispetto di questo, però, la prima pellicola del 2002 resta un piccolo gioiello che ebbe persino l’approvazione di James Cameron, il quale l’ha etichettata come il suo piccolo guilty pleasure. Il film ricreava, con efficacia, le claustrofobiche sensazioni del primo capitolo videoludico, con un vibrante finale dalle tinte fosche, dove la protagonista, dopo essere sfuggita agli orrori della base sotterranea dell’Umbrella, si addentrava in una Raccoon City deserta e spettrale, mentre strisce di giornali accalcati sulle strade avvertivano sinistramente che i morti camminano. Alla sua uscita impressionò sia i fan di vecchia data che i nuovi accoliti, e su un budget di 33 milioni ne incassò oltre 100, rivelandosi un modesto successo, certo, ma che aprì la strada al suo seguito, denominato Apocalypse.

Molto meno incisivo del predecessore, il film adattava il terzo capitolo videoludico Nemesis, e vedeva dietro la macchina da presa non più Anderson (che rimase come sceneggiatore e produttore), ma l’aiuto regista Alexander Witt. La regia non valorizzò le creature del film, e il montaggio troppo serrato finì per smorzare l’effetto orrorifico, benché cominciassero ad essere inseriti i personaggi del videogioco, ed ecco apparire Jill (interpretata da Sienna Guillory) insieme a Carlos Olivera  (Oded Fehr) e il temibile Tyrant Nemesis. Anche questo seguito ebbe un discreto successo, spalancando le porte ai successivi seguiti.

Il terzo capitolo, intitolato Extinction, diretto dal veterano Russell Mulcahy (già regista di Highlander – L’ultimo immortale), portò nuova linfa imponendosi da subito come tecnicamente superiore, anche in termini visivi, ai suoi predecessori, e introducendo i personaggi di Claire Redfield e Albert Wesker. Anche il successo di questo film facilitò il rilascio della pellicola successiva.

Afterlife vede il ritorno di Anderson alla regia, ma è con questo film che la saga ha cominciato a vacillare anche in termini di continuità, con personaggi che sparivano e riapparivano senza una motivazione che fosse funzionale ai fini della trama. Anzi, il regista sembrava più impegnato a mostrare le acrobazie della protagonista (sempre Jovovich, nel frattempo diventata sua moglie). Nonostante questo, ironicamente, Afterlife incassa oltre 300 milioni, incoraggiando la realizzazione di Retribution nel 2012 e The Final Chapter nel 2017, ultimo capitolo che chiude in maniera disorganica la saga cinematografica di Anderson, che è riuscita a ritagliarsi comunque il suo stuolo di appassionati, tanto da portare a casa oltre un miliardo di dollari complessivo.

 

LARA CROFT: TOMB RAIDER – LA CULLA DELLA VITA (Jan De Bont – 2003)

Visto il successo del primo capitolo, Hollywood non ci ha pensato due volte nel riportare al cinema la nostra bellissima archeologa, senza tuttavia riuscire a replicarne il successo. Angelina Jolie veste ancora i panni di Lara, mentre Simon West lascia la direzione a Jan De Bont (regista del ben più riuscito Speed).

La nostra agguerrita razziatrice di tombe è impegnata stavolta nella ricerca del Vaso di Pandora, in un viaggio che la condurrà fino in Africa.

Il film è decisamente sopra le righe, talmente tanto che nelle prime sequenze vediamo la protagonista colpire con un pugno uno squalo per poi cavalcarlo. L’accoglienza fu decisamente al di sotto le aspettative, incassando anche meno del capitolo precedente.

Il deludente incasso chiuse definitivamente le porte per un eventuale terzo capitolo, e Angelina appese le pistole al chiodo, senza mai riprenderle. Non per Lara Croft, almeno.

Piccola curiosità: pare che i primi manifesti del film siano stati modificati, in quanto fossero visibili, attraverso l’attillata tutina, la forma dei capezzoli dell’attrice, tanto che molti automobilisti rischiarono diversi incidenti, in quanto si fermavano di botto per ammirarne le grazie. Ah, questa Hollywood…

 

DOOM (Andrzej Bartkowiak – 2005)

Lo sparatutto Doom, sviluppato da id Software, non doveva essere così complicato da portare al cinema. La storia del franchise è quanto di più lineare ci si potrebbe aspettare, tanto che il creatore John Carmack ha spesso ribadito che La trama di un videogioco è come la trama di un film porno, ti aspetti che ci sia ma non è così importante (personalmente tendo a dissentire da questa affermazione). E in effetti la trama della pellicola diretta da Andrzej Bartkowiak si attesta su quel livello, senza offrire nulla di complesso: un gruppo di Marine spaziali arriva in una base su Marte dopo aver ricevuto un sinistro SOS, trovandosi a lottare per la propria vita contro esseri infernali creati con l’ausilio di un misterioso siero.

Non un film da ricordare, benché resti notevole la sequenza finale, interamente girata in soggettiva per richiamare il gioco originale. Alla sua uscita fu stroncato dalla critica, finendo per non avere neppure un buon riscontro al botteghino. Carmack, però, si espresse favorevolmente ritenendolo un solido film d’azione.

Sapevate che nel 2019 è uscito un reboot? No? Beh, non è un problema in quanto la pellicola ha avuto una limitatissima distribuzione fuori dal suolo americano (in Italia è inedita) ed è giunta sul mercato direttamente in home video. Ne parlerò brevemente qui, dato che neppure il sottoscritto è mai riuscito a vederlo.

Doom: Annihilation è stato diretto da Tony Giglio con la ferma volontà di essere molto più aderente al materiale originale, finendo invece per deludere i fan, e costringendo id Software a ribadire la propria estraneità al progetto. Curiosamente, però, ha avuto una valutazione più elevata dalla critica, rispetto al suo predecessore.

 

SILENT HILL (Christophe Gans – 2006)

Silent Hill è uno capisaldi dell’horror videoludico. Arrivato su consolle nel 1999, sviluppato da Konami, si liberò presto però del fastidioso epiteto di “clone di Resident Evil”, distinguendosi per una storia più matura e dal sapore più letterario, psicologica e viscerale rispetto all’azione splatter di casa Capcom. Un ipotetico adattamento cinematografico necessitava quindi di una messa in scena molto più elegante. Passando per numerose stesure, la sceneggiatura scritta da Roger Avary arrivò nelle mani del regista francese Christophe Gans, il quale, grande appassionato di anime e videogiochi, confezionò un film ancora oggi definito uno dei migliori adattamenti da un videogame.

Inizialmente la pellicola prevedeva proprio la presenza di Harry Mason, protagonista del primo capitolo videoludico, ma lo stesso Gans si rese conto di quanto la psicologia del personaggio, un genitore che cerca sua figlia nella sperduta cittadina del titolo, confacesse di più a quella di una donna. Harry lascia così il posto a Rose Da Silva (interpretata da Radha Mitchell), madre che smuoverà terra e monti per ritrovare sua figlia Sharon (Cheryl nel videogioco).

Al netto di questo cambiamento, la regia di Gans attribuisce estrema importanza all’ambientazione malsana originale, in cui sinistre creature si muovono nella nebbia della spettrale cittadina. Inizialmente sembra che il copione prevedesse giusto una manciata di dialoghi, con la sola Rose a far da baluardo contro le mostruose entità che popolano il luogo. Fu la produzione a imporre l’inserimento anche di altri personaggi, compreso il marito di Rose (interpretato da Sean Bean che, almeno in questo film, non ci lascia le penne).

La pellicola è poi valorizzata dalla partecipazione di Akira Yamaoka, compositore originale dei videogames, che con le sue splendide musiche accompagna nuovamente il lento incedere dei protagonisti verso l’orrore più puro.

Come molti di voi sapranno, Gans sta tornando con il suo secondo capitolo, chiamato Return to Silent Hill, il quale adatterà il secondo titolo videoludico, il più apprezzato dagli appassionati.

 

DOA: DEAD OR ALIVE (Corey Yuen – 2006)

DOA è uno dei picchiaduro più singolari mai uscito sul mercato. Sviluppato da Team Ninja, ha sempre fatto della prorompenza delle sue affascinanti protagoniste il proprio marchio di fabbrica. Senza dimenticare una solida lore e personaggi dal forte carisma. Purtroppo la pellicola diretta da Corey Yuen ha deciso di concentrarsi unicamente sulle prime, senza valorizzare in alcun modo la sceneggiatura, in un susseguirsi di combattimenti stancanti e poco ispirati. Tanto che quando la pellicola arrivò al cinema, non riuscì a soddisfare nessuno, né i fan, né i critici e neppure il pubblico generalista.

Al di là della stucchevole frivolezza di alcune sequenze (come la partita di pallavolo, che ovviamente voleva omaggiare lo spin-off DOA Xtreme Beach Volleyball), dell’improponibile trucco (con posticce parrucche dai colori più disparati), l’adattamento ha davvero poco altro da offrire. La trama ha subito una serie di semplificazioni, vertendo eccessivamente sulla commedia, e redendola di fatto poco interessante. Tutti i personaggi sono ben lungi da quelli del videogioco a cui si ispirano, e persino Ryu Hayabusa (che ha esordito in solitaria nei lontani anni ’80 come protagonista di Shadow Warriors/Ninja Gaiden) rispecchia a malapena la sua controparte videoludica, senza indossare neppure l’iconico costume da shinobi.

Dulcis in fundo, anche il villain di turno non si dimostra all’altezza, interpretato da un Eric Roberts totalmente fuori parte.

 

HITMAN – L’ASSASSINO (Xavier Gens – 2007)

Il calvo Agente 47 non ha bisogno di presentazioni: al soldo di una misteriosa agenzia, quando sei sulla sua lista di morte, per te è finita. Freddo e implacabile, porta sempre a compimento le sue missioni, nella maniera più silenziosa e letale possibile.

Questa in sintesi la sinossi dei videogiochi legati alla saga di Hitman, sviluppata da IO Interactive per Eidos Interactive e Square Enix. Titoli a loro modo di nicchia, ma che nel tempo si sono guadagnati una solida fanbase. Era quindi solo questione di tempo, prima che la serie approdasse al cinema. E tutto sommato lo ha fatto in maniera decorosa.

La sceneggiatura di Skip Woods, decisamente imperfetta, viene comunque valorizzata dalla regia del regista francese Xavier Gens, il quale riesce a imprimere una visione prettamente europea confezionando un prodotto di pregevole fattura.

Timothy Oliphant è un glaciale 47 (benché inizialmente fosse in trattative Vin Diesel), mentre l’attore Dougray Scott è chiamato ad impersonare un integerrimo agente dell’FBI sulle tracce del pericoloso sicario. Durante la sua fuga, 47 diverrà il difensore di Nika (interpretata da Olga Kurylenko), una prostituta testimone di un efferato omicidio che farà venire a galla il suo lato più umano.

La riduzione cinematografica paga sempre lo scotto per l’inserimento di alcune scene d’azione coreografate, tra arti marziali e pose plastiche, laddove nel gioco originale 47 agisce in totale anonimato con travestimenti alla Lupin (benché il giocatore possa comunque optare per completare il livello a pistole spianate, senza tuttavia eccedere in coreografiche evoluzioni). Cionondimeno resta un lungometraggio riuscito, che omaggia rispettosamente il medium originale attraverso una storia e una messa in scena soddisfacente. Se n’è accorto anche il pubblico, che ha premiato il lavoro con oltre 100 milioni di incasso, a fronte di un budget poco superiore ai 20.

 

MAX PAYNE (John Moore – 2008)

Se con Hitman avevamo fatto un ulteriore passo avanti in termini di trasposizioni cinematografiche, purtroppo con Max Payne non si può dire lo stesso, ancorato saldamente al cemento delle proprie.

Per chi non lo sapesse, il film è tratto dal celebre gioco Remedy ideato da Sam Lake (che nel primo capitolo prestò anche i connotati al protagonista), il quale si distinse allora per l’utilizzo di meccaniche legate al cosiddetto Bullet Time (il giocatore, attraverso Max, poteva rallentare il tempo e schivare i proiettili tuffandosi coreograficamente pistole in pugno), quanto per una storia matura che attingeva dai classici  noir/hard boiled come gli scritti di Hammett e Chandler, con tanto di voce narrante del protagonista (in italiano magistralmente prestata da Giorgio Melazzi) che scandiva lo scorrere degli eventi in una intricata storia di vendetta, droga e omicidi rituali.

La pellicola di John Moore si concentra sugli aspetti puramente “ludici” del progetto originale, con una fotografia eccessivamente patinata, e una regia che non riesce a inscenare il degrado sociale e quell’aria malsana tipica del videogioco. Allo stesso modo, Mark Whalberg, benché in parte, non ha l’espressività giusta per sostenere lo sguardo pazzoide e allucinato di Lake dal primo capitolo o anche solo quello malinconico di Timothy Gibbs nel secondo.

Purtroppo anche la sceneggiatura risulta molto più prevedibile rispetto a quella del videogame, il tutto accompagnato da un ritmo della narrazione piuttosto blando.

Cionondimeno, pur non soddisfacendo (quasi) nessuno, la pellicola è riuscita a recuperare il suo budget, benché il progetto sia stato sospeso in favore di un reboot di prossima produzione.

 

STREET FIGHTER – LA LEGGENDA (Andrzej Bartkowiak – 2009)

Evidentemente non soddisfatta del primo Street Fighter con Van Damme (che almeno ci aveva strappato qualche sorriso, arrivando a fare simpatia), Hollywood ha deciso di sferrare il colpo ferale decisivo con questo secondo film reboot, mancando completamente il bersaglio.

Questa nuova pellicola  è interamente incentrata su Chun-Li, uno dei personaggi più amati del franchise di Capcom, ma allo stesso tempo si discosta completamente da tutto ciò che il videogioco rappresenta, divenendo un modesto film di arti marziali come tanti. Tutto il misticismo della saga originale (e per certi versi il soprannaturale) viene abbandonato, riducendolo in sostanza ad un poco interessante film di spie.

Il mastodontico e carismatico M. Bison, vestito nell’iconica uniforme rossa, viene interpretato da Neil McDonough e ridotto ad un comunissimo trafficante in giacca e cravatta, cercando un realismo non necessario per ciò che Street Fighter rappresenta. Quantomeno, oltre la simpatia, Raul Julia aveva anche il vestito giusto.

Ne esce una pellicola piuttosto annacquata, che non ha soddisfatto nessuno, e che sostanzialmente quasi nessuno ricorda. Il flop del lungometraggio fermò i produttori dal realizzarne altri (in Italia uscì direttamente sul mercato home video).

Unica nota positiva (oltre quella appena citata), fu sicuramente la presenza della brava Kristin Kreuk nei panni della protagonista, dopo che ci aveva già regalato una dolcissima Lana Lang nella serie Smallville.

METAL GEAR SOLID: PHILANTHROPY (Giacomo Talamini – 2009)

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Non ci sono riusciti ufficialmente variegati cineasti nel riprodurre efficacemente su schermo le avventure dei nostri beniamini pixellosi, quindi è ironico che un gruppo di appassionati (italiani!) sia riuscito nell’impresa di trasporre (ufficiosamente) in live action le complesse storie di Hideo Kojima. Tutto cominciò quando il giovane Giacomo Talamini rimase stregato dal secondo capitolo tridimensionale della saga del genio nipponico, tanto che decise di realizzare una storia ex novo ambientata nello stesso universo. Dopo aver fondato Hive Division con amici e altri artisti, Talamini realizzò 70 minuti di girato di quello che sarebbe diventato Metal Gear Solid: Philanthropy, in oltre due anni di lavoro, ritagliandosi anche il ruolo di Solid Snake.

La trama vede il protagonista – dopo aver fondato assieme al suo amico Otacon l’organizzazione anti Metal Gear denominata Philanthropy – partecipare ad una missione segreta con altri due veterani, Elizabeth Laeken e Pierre Leclerc, nel tentativo di scoprire cosa stia realmente accadendo nella Overnight, dove avvengono macabri eventi legati alla produzione di un nuovo Metal Gear con il coinvolgimento della ArmsTech, azienda di armi già ben nota a Snake.

Il film è stato persino doppiato in inglese da attori madrelingua, venendo in seguito acclamato dalla critica, cosa alquanto rara per una trasposizione da un videogioco. A tal proposito la rivista Destructoid affermò che il suo eventuale omologo hollywoodiano non avrebbe potuto batterlo in alcun modo. La pellicola è disponibile gratuitamente sul canale YouTube di Hive Division, potete guardarla di seguito.

Lo stesso Hideo Kojima ha apprezzato il lavoro e l’amore riservato verso la serie videoludica da lui creata, complimentandosi con i registi e confermando di essere ansioso di vedere la parte successiva.

Parte che effettivamente è arrivata, sotto forma di preview. Il progetto è stato infatti bloccato dalla stessa Konami in seguito ai dissidi che questa ebbe con lo stesso Kojima. I primi 10 minuti sono sempre disponibili sul canale di Hive e ciò che si nota, guardando il filmato, è un grande perfezionamento tecnico, sia per quello che riguarda costumi e atmosfera che la regia in generale.

 

PRINCE OF PERSIA – LE SABBIE DEL TEMPO (Mike Newell – 2010)

La celebre saga videoludica creata da Jordan Mechner porta nel medium le magiche atmosfere de Le 1000 e una notte, seguendo le gesta di un principe acrobata in lotta contro il suo destino, grazie alle mitiche sabbie del tempo, coadiuvato nell’impresa dalla principessa Farah.

A trasporre sullo schermo le gesta del principe ci pensarono il produttore Jerry Bruckheimer e Disney, con la collaborazione del regista Mike Newell (Donnie Brasco), il quale si disse addirittura sbalordito che la storia, così emozionante e romantica, fosse tratta da un videogioco.

Per il ruolo del protagonista si fece inizialmente il nome dell’attore persiano David K. Zandi (davvero un principe appartenente alla famiglia reale iraniana), benché in seguito sia stato selezionato Jake Gyllenhaal.

La pellicola riprende più o meno gli avvenimenti del titolo originale, con qualche più che sottile cambiamento per il cinema. Nei giochi infatti il principe resta perennemente senza nome, chiamato unicamente col suo titolo, nel film era necessario dargliene uno: Dastan.  Inoltre vengono aggiunti personaggi non presenti nel medium d’appartenenza, come la moltitudine di fratelli mai menzionati (se non uno, nel capitolo intitolato Le sabbie dimenticate), un farneticante sceicco (interpretato da Alfred Molina), mentre il personaggio di Farah viene sostituito con quello della principessa Tamina (l’attrice Gemma Arterton)

Il film incassò oltre 300 milioni, alla sua uscita un record per un adattamento da un videogioco, riscontrando tuttavia un’accoglienza tiepida da parte della critica, che elogiò costumi, effetti e cast, ma che evidenziò una storia a tratti disorganica e poco approfondita, dove la poca esperienza di Newell con le sequenze d’azione acrobatiche regalò degli scontri confusionari. In ogni caso, forse complice anche la presenza di mamma Disney, si distinse- almeno all’epoca – come uno dei film esteticamente più curati e costosi mai tratti da un videogioco.

 

TEKKEN (Dwight H. Little – 2010)

Dopo Street Fighter e DOA, era solo questione di tempo prima che anche Tekken, la leggendaria saga di picchiaduro sviluppata da Bandai Namco, approdasse a sua volta nelle sale cinematografiche. Con risultati non eccezionali, ma neppure così disastrosi come ci si aspetterebbe.

La pellicola diretta da Dwight Little tradisce immediatamente la sua natura low budget, benché il regista, da buon mestierante (si è fatto le ossa su un mucchio di episodi di Prison Break, Bones e X-Files, oltre ad aver collaborato con il compianto Brandon Lee in Drago d’acciaio) abbia confezionato almeno un buon film di arti marziali con una storia interessante che pesca a piene mani dal videogioco. Ulteriore punto a favore è poi la grande somiglianza fisica di alcuni attori alla loro controparte videoludica (Anche Jon Foo nei panni di Jin non è male), vestiti compresi.

Cary Hiroyuki Tagawa partecipa anche in questo progetto, nelle vesti di Heihachi Mishima, non deludendo le aspettative, nonostante la stramba parrucca volta ad imitare l’iconica capigliatura del personaggio.

In ogni caso, il film è stato un flop colossale, non riuscendo a recuperare i 30 milioni di spesa (ne ha incassato solo uno).

Riflettendoci, si tratta di un lavoro senza lode e senza infamia, dal sapore quasi anni ’90. Forse, se fosse uscito all’epoca, oggi staremmo parlando di un ennesimo piccolo cult.

 

SILENT HILL: REVELATION 3D (M.J. Bassett – 2012)

Il primo film di Gans era andato benino e aveva dimostrato che era possibile adattare un videogioco per il cinema in maniera degna. Ciò spinse i produttori ad occuparsi di un secondo adattamento, sequel diretto del predecessore.

Purtroppo Gans non fu ricontattato, venendo sostituito con M.J. Bassett (regista degli ottimi Deathwatch – La trincea del male e Solomon Kane), a cui venne dato anche l’onere della sceneggiatura. Purtroppo Bassett, al di là delle buone intenzioni, non fu in grado di riproporre l’atmosfera malsana e quel senso di isolamento che la prima pellicola era riuscita a mettere in scena.

Tutto è eccessivamente visivo e mai suggerito, troppi dialoghi, troppe situazioni avulse dal contesto, per un orrore che non scava a fondo nell’epidermide della storia, per poi arrivare ad un finale action che potrebbe strappare un sorriso ai fan più accaniti del monster-verse (in cui i mostri se le danno di santa ragione). Questo nonostante gli attori tutti in parte, come Adelaide Clemens, Kit Harington, Carrie-Anne Moss, Malcolm McDowell e Sean Bean (che qui tiene fede alla tradizione).

Non si può dire che la pellicola sia stata un flop, ma ha incassato molto meno del film di Gans che, come già accennato, adesso si sta occupando del reboot ispirato al celebre secondo capitolo.

 

NEED FOR SPEED (Scott Waugh – 2014)

Probabilmente uno dei videogiochi automobilistici più famosi di sempre insieme a Gran Turismo, la saga di Need For Speed si focalizza su gare stradali clandestine che spesso includono anche inseguimenti della polizia.

In realtà non c’è molto da dire, il film ne riprende lo spirito, con una storia che non sorprende troppo lo spettatore e che vede tra gli interpreti Aaron Paul nelle vesti del protagonista, un meccanico dedito alle gare clandestine in cerca di vendetta e invitato ad una misteriosa e prestigiosa corsa occulta al fine di sfidare il suo rivale Dino (interpretato da Dominic Cooper). La pellicola vanta anche la partecipazione di Rami Malek e Michael keaton, dando ovviamente grande risalto alle corse su strada e spettacolari inseguimenti con l’ausilio di vere autovetture (Niente CG).

Una pellicola che forse non ha detto nulla di nuovo, ma che ha portato a casa oltre 200 milioni di dollari a fronte di un budget di 66.

 

TEKKEN 2 – KAZUYA’S REVENGE (Wych kaos – 2014)

tekken 2

Se il primo Tekken poteva definirsi una divertente variante da film del sabato pomeriggio, la realizzazione di questo secondo capitolo ha lasciato basiti tutti, visti i risultati non eclatanti del predecessore.

Totalmente inedito in Italia (e forse nel resto del mondo, ma potete trovarlo in lingua originale su YouTube), questo film si pone come un prequel della pellicola originale, cercando di gettare le basi per un qualcosa di interessante, senza tuttavia riuscirci. Protagonista della vicenda è il misterioso “K“, un uomo senza memoria alla ricerca della sua identità, braccato da alcuni assassini esperti nelle arti marziali. Ora, siccome nel titolo c’è il nome di Kazuya Mishima, questo basta da solo a svelare chi sia realmente K, eliminando di fatto qualsiasi effetto sorpresa. Ian Anthony Dale, che aveva interpretato kazuya nel primo film, lascia il posto a Kane Kosugi, mentre Cary-Hiroyuki Tagawa torna ancora nei panni di Heihachi Mishima (forse unica nota positiva della produzione, insieme a qualche coreografia marziale).

Un’operazione di cui si poteva fare a meno, realizzata solo per poter continuare a sfruttare i diritti cinematografici del franchise prima della loro scadenza. Tanto che il film ha incassato appena 10.000 dollari, mettendo per sempre (?) una pietra tombale su qualsiasi produzione live action legata a Tekken.

 

STREET FIGHTER: ASSASSIN’S FIST (Joey Ansah, Christian Howard – 2014)

Street Fighter non è stato fortunatissimo al cinema, lo abbiamo appurato, eppure se l’è cavata benissimo sul web! Gli artisti marziali Joey Ansah e Christian Howard pubblicarono nel 2010 un cortometraggio su YouTube chiamato Street Fighter: Legacy, il quale vedeva il karateka Ryu (interpretato da Jon Foo, già volto di Jin nel film di Tekken) alle prese con i suoi demoni interiori per poi affrontare l’amico/rivale di sempre Ken Masters (interpretato dallo stesso Howard) in uno scontro che sembrava uscito di peso dai cabinati, con tanto di Shoryuken e Hadoken. Un fan film dal quale traspariva tutto l’amore incondizionato che i due marzialisti avevano per il franchise targato Capcom. Potete visionarlo di seguito, essendo ancora disponibile sul tubo.

Il corto fu così ben accolto che la stessa Capcom concesse ai due appassionati i diritti necessari per portare avanti la saga in maniera ufficiale. Fu cosi che nacque la web serie Street Fighter: Assassin’s Fist.

Composto da 6 mini episodi Assassin’s fist ripercorre gli anni formativi di Ryu (stavolta interpretato dall’attore Mike Moh) e Ken, durante il loro addestramento con Gouken nell’arte marziale dell’Ansatsuken. La serie si dipana su due binari temporali diversi, mostrando anche gli anni giovanili di Gouken e l’ascesa nella follia omicidiaria di Gouki, suo fratello, sempre più votato al lato oscuro dell’Hado, tanto da tramutarsi in un Akuma (un simpatico rimando al nome affibbiatogli negli Stati Uniti).

La serie è in poche parole ciò che i fan stavano aspettando da una vita: tanta passione e rispetto per il materiale originale, che mette in mostra delle ottime coreografie e dei buonissimi effetti speciali con tanto di palle di fuoco scagliate dalle mani e pugni infuocati dati a mezz’aria. Si distingue anche la scrittura la quale regge bene nonostante qualche caduta di ritmo, ma che tratteggia con efficacia tutti i personaggi in scena.

Lo show è arrivato anche sulle nostre TV doppiato in italiano, benché il buon doppiaggio abbia, per ovvie ragioni, fatto perdere una particolarità linguistica: le sequenze ambientate nel passato sono interamente recitate in giapponese, mentre quelle nel presente sono recitate in inglese, donando ovviamente una certa credibilità e fascinazione a tutto l’arco narrativo.

La serie è stata poi rimontata in un film di poco più di due ore che, malgrado il budget contenuto, fa impallidire qualsiasi omologo hollywoodiano. Ha inoltre dato vita ad un seguito, Street Fighter: Resurrection , che mostra anche il cattivissimo Bison, stavolta in una forma molto simile a quella dei videogiochi (a differenza delle precedenti incarnazioni live action). Potrete recuperare Resurrection sempre sul tubo, ma solo in inglese.

 

DEAD RISING: WATCHOWER (Zach Lipowsky – 2015) & DEAD RISING: ENDGAME (Pat Williams – 2017)

Sapevate che l’esilarante saga di videogiochi a base di zombie targata Capcom aveva generato ben due film? Giunti persino in Italia, tra l’altro! Entrambe le pellicole sono state trasmesse in italiano su Sky, e per qualche tempo sono state disponibili su Prime Video.

Ambientate nello stesso universo dei giochi, di cui nient’altro sono che un’estensione in live action, si pongono dopo i primi due capitoli videoludici e prima del terzo e del quarto. Le pellicole sono poco di più di un divertissement, che cattura alla perfezione lo spirito frivolo del franchise originale, con moltitudini di zombie e situazioni sopra le righe condite da tanto splatter.

Se siete fan della serie e volete passare delle orette spensierate su un horror caciarone, posso confermare che non resterete affatto delusi.

 

HITMAN: AGENT 47 (Aleksander Bach – 2015)

Il primo film legato alle gesta dell’agente 47 poteva essere considerato a suo modo una piccola perla, riuscendo a riscontrare anche un’ottima accoglienza da parte del pubblico. Sarebbe stato strano non puntare nuovamente sulla fisicità di Timothy Oliphant e la regia di Xavier Gens… ma lo sappiamo, Hollywood è stracolma di scelte strane e quindi la produzione ha preferito optare per un reboot totale.

inizialmente il progetto prevedeva la presenza di Paul Walker come protagonista, ma dopo la sua morte avvenuta il 30 novembre 2013 quest’ultimo fu sostituito con Rupert Friend, attore forse con un viso troppo affusolato e una corporatura eccessivamente esile per apparire come un efficace 47.

La sceneggiatura è ancora di Skip Woods, interessante fino a quando, nella seconda parte, non si avvicina narrativamente troppo al suo predecessore, finendo per risultare così poco efficace (si ripete la storia di 47 che deve proteggere la bella di turno).

La regia di Aleksander Bach spettacolarizza in maniera esagerata l’azione a suon di slow motion e arti marziali, uniformando la pellicola alle tante uscite quello stesso anno.

Poco apprezzato dal pubblico (oltre che dalla critica specializzata), il film ha incassato anche meno del primo capitolo, il che ha portato i produttori a mettere da parte qualsiasi idea di un sequel. Almeno fino al prossimo reboot.

 

WARCRAFT – L’INIZIO (Duncan Jones – 2016)

WARCRAFT

Warcraft è il fiore all’occhiello di Blizzard Entertainment, saga fantasy lanciata nel lontano 1994 e che vanta numerosi seguiti e una delle community più vaste di sempre. La serie narra di una lunga serie di scontri e alleanze tra specie diverse, tra umani, orchi e panda antropomorfi.

La pellicola di Duncan Jones (figlio del compianto duca bianco David Bowie), segue il primo ciclo di avventure dei videogiochi, distinguendosi grazie una messa in scena potente e curatissima in cui appaiono tutti i personaggi legati al primo leggendario capitolo denominato Orcs & Humans.

Purtroppo, dopo una prima parte piuttosto coesa e avvincente, la storia diventa via via più confusionaria e non aiuta un finale eccessivamente sbrigativo.

Warcraft – L’inizio resta comunque un prodotto pregevole, coadiuvato non solo da una elevata realizzazione tecnica, ma anche dalle ottime interpretazioni di Travis Fimmel, Toby Kebbell, Ruth Negga e Ben Foster, ma che avrebbe necessitato di una maggior cura nella stesura della sceneggiatura.

Purtroppo la pellicola non ha raggiunto i 500 milioni (cifra che avrebbe coperto interamente i costi di sviluppo), spingendo la produzione a mettere in stand by il seguito. Attualmente i produttori sono ancora indecisi se proseguire la saga con un sequel oppure puntare sul reboot, utilizzando magari le piattaforme streaming per il lancio. Questo potremo saperlo solo in futuro.

 

ASSASSIN’S CREED (Justin Kurzel – 2016)

Probabilmente la saga videoludica di Assassin’s Creed è una delle più famose al mondo con centinaia di milioni di copie vendute. La pellicola vede tra i produttori e supervisori proprio Ubisoft, la casa detentrice dei diritti, tanto che questa doveva far parte di un progetto cross mediale che avrebbe dovuto muoversi parallelamente ai videogiochi. Purtroppo il risultato non è stato dei migliori e ha troncato sul nascere questa iniziativa.

Il film di Justin Kurzel (che ci ha regalato gli ottimi Macbeth e The Kelly Gang) risulta estremamente curato sul piano visivo, quasi maniacale, ma poco incisivo su quello narrativo, imbastendo una trama piuttosto prevedibile e personaggi poco interessanti. Callum, Il protagonista interpretato da Michael Fassbender appare quasi privo di una vera caratterizzazione, mentre il contesto in cui si muove e interagisce è sempre troppo asettico.

Curiosamente esisteva una versione della pellicola molto più articolata e interessante, che vedeva Callum interagire con un personaggio chiamato Lara, una ragazzina interpretata da Octavia S. Alexandru, che avrebbe guidato il protagonista verso la sua ribellione all’interno dell’Abstergo, il segretissimo complesso in cui entrambi erano segregati.

Non ha aiutato neppure aver tagliato fuori il pubblico, lasciando in spagnolo le sequenze ambientate nel passato, che già di per sé apparivano poco approfondite. Nel gioco infatti tali sequenze sono interamente doppiate in ogni lingua, oltre ad essere il vero perno della vicenda (come viene spiegato, l’Animus, la tecnologia che permette di interagire col passato, traduce simultaneamente le parole degli avi, quindi perché escludere gli spettatori?).

Accolto freddamente da pubblico e critica, l’incasso non esaltante ha stoppato qualsiasi sequel, congelando i piani di Ubisoft per il futuro. Ad ora nulla ancora se ne sa.

Esiste però un cortometraggio chiamato Assassin’s Creed Lineage prodotto nel 2009 in occasione dell’uscita del secondo amatissimo capitolo, decisamente più compatto e stimolante, il quale narra delle gesta del padre di Ezio Auditore, ovvero Giovanni Auditore. Potete recuperarlo per intero su YouTube, proprio sull’account ufficiale italiano del franchise. Ve lo lascio di seguito.

 

TOMB RAIDER (Roar Uthaug – 2018)

In occasione del bellissimo reboot videoludico della saga di Tomb Raider, ad opera di Crystal Dynamics, Hollywood non si è lasciata sfuggire l’occasione di produrne un adattamento, coinvolgendo Alicia Vikander nel ruolo di Lara Croft.

La partecipazione del regista norvegese Roar Uthaug (Dagmar – L’anima dei vichinghi e The Wawe) avrebbe dovuto essere sinonimo di garanzia sul tenore che la pellicola avrebbe dovuto avere, tosto e violento quanto il videogioco da cui è tratto. Purtroppo non è andata esattamente così.

Il film, in accordo col reboot originale, ci presenta una Lara molto più giovane alla scoperta di sé stessa e, benché metta in scena una prima parte piuttosto convincente, nella seconda, quando dovrebbe finalmente decollare, la storia prende una piega alquanto sottotono, complice probabilmente anche la presenza invadente del padre di Lara, che ha solo finito per smorzare il senso di isolamento della protagonista e la sua lotta per la sopravvivenza.

Peccato, perché le premesse per un buon adattamento c’erano tutte.

Il film ha incassato poco più di 200 milioni, forse ben al di sotto delle aspettative, ma che ha comunque permesso la messa in cantiere di un sequel, il quale avrebbe dovuto essere diretto da Ben Wheatley, prima che abbandonasse in favore del secondo capitolo di Shark. La regia e la scrittura della sceneggiatura sono state allora affidate a Misha Green, che consegnò una prima stesura dal titolo provvisorio di Tomb Raider: Obsidian. Purtroppo, per una questione di diritti, il sequel è stato alla fine cancellato, con sommo dispiacere di Alicia Vikander. Al momento non è chiaro cosa accadrà al franchise cinematografico.

 

RAMPAGE – FURIA ANIMALE (Brad peyton – 2018)

Rampage fu un gioco singolare nell’anno della sua uscita, tanto che potrebbe essere definito il primo monster games della storia, mettendo i giocatori nei panni di 3 individui trasformati in gigantesche creature con lo scopo di distruggere le maggiori città degli Stati Uniti. Uscito nel 1986, Rampage ha dovuto aspettare ben 32 anni per vedere il suo adattamento cinematografico.

Dwayne Johnson fu chiamato come protagonista, mentre la regia fu affidata a Brad Peyton (i due avevano già collaborato in San Andreas). La riduzione cinematografica presenta delle differenze, per cui i tre mostri che distruggono le città non sono più individui trasformati, ma animali geneticamente modificati, al fine di presentare una narrazione più votata ad un messaggio ecologista.

Il film non delude gli amanti delle distruzioni, in cui mostri giganteschi se le danno di santa ragione, malgrado non sia sporco e cattivo quanto la sua fonte d’ispirazione. Il film ha incassato oltre 400 milioni su un budget di 140, rivelandosi un discreto successo, ma molto lontano da quanto la produzione si aspettava.

 

POKÉMON: DETECTIVE PIKACHU (Rob Letterman – 2019)

Ispirato all’omonimo videogioco che vede il simpatico roditore giallo stavolta nelle vesti di un investigatore tuttofare, il film di Rob Letterman ne ripropone lo spirito giocoso trasportando il tutto in un’ambientazione dal sapore più più dark (ma senza fare l’errore di Super Mario: la pellicola è prettamente rivolta ai più piccoli). Come nel gioco, il nostro Pikachu non si esprime solo attraverso i suoi buffi versi (PikaPika) ma è in grado di articolare parole e discorsi di senso compiuti, abilità portata su schermo grazie alla voce di Ryan Reynolds (e in italiano di Francesco Venditti).

Il film si distingue anche per essere stato uno dei primi tratti da un videogioco ad essere stati ufficialmente apprezzati dalla critica, con il 70% di recensioni positive su Rotten Tomatoes.

Dimostratosi un discreto successo (400 milioni incassati su 150 di spesa), questo ha messo in moto la realizzazione di un sequel che dovrebbe arrivare nei prossimi anni per la regia Jonathan Krisel, almeno secondo le ultime indiscrezioni.

 

SONIC – IL FILM (Jeff Fowler – 2020)

La celebre mascotte di Sega si è spesso resa protagonista, nel tempo, di numerosi spot pubblicitari (uno qui in Italia con la voce di Jerry Calà) e diversi cartoni animati, ma ha dovuto attendere molto a lungo prima di un live action tutto suo.

Come molti ricorderanno, quando finalmente si presentò al pubblico con il primissimo trailer, l’accoglienza non fu propriamente calorosa, dato che il velocissimo istrice azzurro presentava un design lontano da quello più cartoon dei videogiochi, volto a renderlo in effetti più realistico, ma allo stesso tempo abbastanza strano da guardare, tanto che quella versione fu ribattezzata Ugly Sonic. Le critiche furono davvero molte, tanto che i produttori tornarono sui loro passi, posticipando il film per ricostruire digitalmente il personaggio da zero, fino ad arrivare alla versione apparsa nelle sale, decisamente più vicina a quella dei videogiochi.

Al di là di questo intoppo iniziale, Sonic si è dimostrato un film delizioso, sorretto anche dalla sempre impagabile performance di Jim Carrey nei panni della nemesi del protagonista, ovvero il perfido Dr. Eggman. La versione italiana della pellicola ha persino confermato le stesse voci dei videogiochi, con Renato Novara sul riccio Blu e Benedetta Ponticelli su Tails. Un prodotto fatto indubbiamente con passione e rispetto verso i fan, che ha portato a casa oltre 300 milioni su un costo di 90, aprendo così le porte ad un sequel altrettanto delizioso, e di cui parleremo a breve.

 

RESIDENT EVIL: WELCOME TO RACCOON CITY (Johannes Roberts – 2021)

Chiusa la saga di Anderson, si decise di riavviare la serie cinematografica ispirata al celebre franchise Capcom. Anderson decise di ritagliarsi il ruolo di produttore esecutivo, lasciando l’onere della direzione e della scrittura al regista Johannes Roberts (che aveva diretto l’interessante 47 metri).

Le intenzioni del regista di attingere a piene mani dai giochi originali, fondendo i primi due indimenticabili capitoli, evidenziarono delle buone intuizioni che permisero di mettere in scena l’atmosfera giusta e soprattutto la storia giusta. Purtroppo a non funzionare fu tutto il resto, compresa la costruzione narrativa.

Sulla carta la pellicola doveva essere una fedele trasposizione che avrebbe presentato tutti i protagonisti iconici, Chris (Robbie Amell), Jill (Hannah John-Kamen), Leon (Avan Jogia) e Claire (Kaya Scodelario), ma al netto di scenografie molto curate e costumi di scena piuttosto fedeli, la regia valorizza molto poco l’intreccio, caratterizzato da un susseguirsi di eventi che scadono talvolta nel grottesco involontario (Leon che non sente un camion che esplode a pochi metri da lui), o ancora personaggi mal gestiti (alcuni semplicemente piazzati per fare scena, come Lisa Trevor, la cui presenza lascia davvero il tempo che trova), e lontanissimi dalla loro controparte videoludica.

L’impatto visivo resta certamente notevole e alcune suggestioni sono davvero ben riuscite (come l’entrata nella sinistra dimora degli Spencer oppure la replica della stazione di polizia del secondo capitolo), cionondimeno il titolo non è riuscito a restituire le sensazioni claustrofobiche che il gioco ci ha regalato, banalizzando ancora di più una struttura narrativa che già di per sé strizzava l’occhio ai B-movie anni ’80 -’90, dipingendo personaggi eccessivamente sopra le righe: basti pensare allo stesso Leon, che nei titoli ludici era una recluta impavida e risoluta, qui invece ritratto come un incapace totale per quasi tutta la durata della pellicola (neppure in grado di tenere la pistola in mano!). Oppure Wesker (interpretato da Tom Hopper), che sin dal primo capitolo è il gelido e carismatico antagonista, qui piuttosto ridimensionato e decisamente molto lontano dal personaggio che conosciamo (avanzando anche un legame affettivo con Jill).

La pellicola, alla fine della corsa, ha ricevuto critiche poco lusinghiere e un incasso addirittura minore del primo film di Anderson, non arrivando neppure ai 100 milioni. Questo ha messo in stand by i sequel, anche se voci di corridoio parlano di un ennesimo prossimo reboot. Non ci resta che aspettare.

 

MORTAL KOMBAT (Simon McQuoid – 2021)

Hollywood è perennemente sommersa da reboot e nel 2021 toccò pure a Mortal Kombat.

Sarebbe stato difficile scontrarsi col cult di Paul W.S. Anderson, e infatti il film di Simon McQuoid esce dal confronto con le ossa rotte, quantomeno sul piano contenutistico.

Ben lontano dai fasti della pellicola degli anni ’90, il nuovo film va premiato sicuramente per l’accurata messa in scena fedele al videogioco, con spappolamenti e fiumi di sangue, così come per la realizzazione di costumi decisamente credibili e ricercati, che rendono gli attori molto meno cosplayer di quanto ci si aspettasse. Giocano a favore della nuova produzione anche i primi notevolissimi 10 minuti, che vedono lo scontro tra Scorpion e Sub-Zero nell’antico Giappone feudale. Peccato per il tutto si fermi lì, mostrando una narrazione a tratti confusa e sottotono, in un film che parla di un torneo mistico in cui però il suddetto torneo non si vede mai.

Inoltre neppure ha aiutato la creazione di un personaggio ex novo per la pellicola, che non brilla certo per caratterizzazione, risultando talvolta solo un mero spettatore di quanto gli accade attorno.

Cionondimeno le interpretazioni di alcuni comprimari sono di prim’ordine, su tutti  Tadanobu Asano, il quale interpreta un Raiden filologicamente più corretto, eppure l’impressione è sempre quella di trovarsi davanti ad un lavoro puramente estetico, che ha dalla sua delle belle coreografie e poco altro.

Uscito durante la pandemia, la pellicola ha comunque ben impressionato i produttori, che hanno dato il via libera ad un seguito sempre per la regia di McQuoid, dove Karl Urban interpreterà Johnny Cage.

 

SONIC – IL FILM 2 (Jeff Fowler – 2022)

La buona riuscita di Sonic – Il Film  ha permesso la realizzazione di questo spettacolare sequel, che amplia quanto già visto nel suo predecessore in maniera coerente e funzionale, con molto più humor e azione. La storia prosegue dove ci eravamo fermati, trasportando dal gioco originale altri personaggi da affiancare agli attori in scena, introducendo il temibile Knuckles the Echidna, rivale- alleato del riccio blu, doppiato in originale da Idris Elba. Anche in questo caso sono stati richiamati i doppiatori italiani del gioco originale permettendo così a Maurizio Merluzzo di tornare sul combattivo tachiglosside color rosso.

Il progetto ha riscosso nuovamente il meritato successo, permettendo la messa in cantiere di un terzo capitolo che introdurrà Shadow, (doppiato da Keanu Reeves), riccio immortale di colore nero, nuova nemesi di Sonic.

 

UNCHARTED (Ruben Fleisher – 2022)

Prima di The Last of Us, i ragazzi di Naughty Dog diedero vita a Uncharted, videogioco di avventura che vedeva protagonista Nathan Drake, ladro cercatore di tesori, affiancato dall’inseparabile mentore Victor Sully Sullivan e dalla giornalista Elena Fisher nella ricerca di preziosi manufatti persi nel tempo. Evolvendosi di capitolo in capitolo, la trama è diventata sempre più cinematografica e i personaggi sempre meglio caratterizzati, creando intrecci narrativi indimenticabili per gli standard di un videogioco.

Hollywood pensava da tempo ad una trasposizione cinematografica, tanto che un film entrò effettivamente in pre-produzione nei primi anni 2000, avente Mark Whalberg nel ruolo del protagonista Drake. Impegni e impedimenti vari mandarono il progetto alle ortiche, almeno fino a qualche anno fa, quando Sony, al fine di inaugurare i Playstation Studios, decise di produrre per conto suo un film , con un Nathan molto più giovane avente il volto e il fisico atletico di Tom Holland. Whalberg fa capolino anche in questa produzione, ritagliandosi stavolta il ruolo di Sully,.

Cosa dire? Si tratta di un lavoro senza infamia e senza lode, che purtroppo non ha portato in scena la profondità del videogioco originale, preferendo una narrazione eccessivamente frenetica che non si prende un attimo di pausa. A tratti sembra quasi di osservare un film da sabato pomeriggio ad alto budget.

Le premesse erano buone, ma gli incassi (così come la fredda accoglienza della critica) non sono stati sufficienti per la messa in cantiere di un seguito. Non resta che aspettare per vedere cosa ci riserverà il futuro.

 

MONSTER HUN TER (Paul W. S. Anderson – 2023)

Provo una sincera simpatia per Paul W.S. Anderson, credo che ormai sia noto, tanto che ho apprezzato anche prodotti minori come I 3 moschettieri. Ma non questo Monster Hunter. Non ce l’ho fatta, mi spiace. Un lavoro ben lontano dai fasti di Mortal Kombat, o anche solo del primo Resident Evil.

La pellicola è basata sul celebre franchise di Capcom, che vede un gruppo di guerrieri assoldati per dare la caccia a mostruose creature in una terra fantasy variopinta e ultra caratterizzata. Un mondo che possiede una sua lore ben definita, fatta di gilde ed ecosistemi da preservare.

Un regno che poteva dare numerosi spunti per una trama avvincente e dai forti messaggi ecologisti, che invece (complice un budget ridotto?) ha voluto puntare sugli intrusi di altri mondi in maniera davvero poco interessante: un gruppo di militari statunitensi capitanati dalla solita Milla Jovovich si ritrova catapultato in un bioma a loro sconosciuto, finendo per venir decimati da imponenti creature. Solo Milla sopravvive, al fine di diventare una cacciatrice più forte, e tornare così nel suo mondo. Oltre questo davvero la pellicola non offre nulla di più, non accontentando nessuno, né lo spettatore che si pone di fronte ad una storia piuttosto trita, né l’appassionato che non ritrova quanto effettivamente visto nei videogiochi, se non soltanto le bestie fedelmente riprodotte. Bisogna addirittura attendere quasi la fine del film perché qualcosa si smuova narrativamente, mettendo in scena alcuni personaggi presi di peso dai titoli videoludici (come l’ammiraglio interpretato da Ron Perlman): eppure, proprio quando finalmente cominciava a diventare interessante, ecco che finisce, con una serie di scontri poco elettrizzanti. Un’occasione sprecata, che di fatto ha precluso l’uscita di qualsivoglia sequel.

 

FIVE NIGHTS AT FREDDY’S (Emma Tammi – 2023)

Serializzata in maniera indipendente a partire dal 2014, la saga videoludica di Five Nights At Freddy’s si è guadagnata uno stuolo di appassionati grazie al suo sapiente uso degli jumpscare e dell’orrore in generale: i giochi vedono una serie di i protagonisti cercare di sopravvivere per 5 notti agli attacchi di spaventosi animatroni, nel loro lavoro di guardiani notturni, mentre l’intricata storia ricca di misteri si snoda di capitolo in capitolo.

L’adattamento cinematografico ad opera di Emma Tammi riesce nell”impresa di portare su celluloide le lugubri atmosfere dei videogiochi originali, premendo forse troppo sull’acceleratore dello humor.  Accolto in maniera fredda dalla critica, è stato invece premiato dal pubblico, che ha permesso alla pellicola di incassare quasi 300 milioni a fronte di un budget di 30.

Per maggiori informazioni vi rimandiamo alla recensione della nostra Alberica Sveva Simeone.

 

GRAN TURISMO – LA STORIA DI UN SOGNO IMPOSSIBILE (Neil Blomkamp – 2023)

La saga videoludica di Gran Turismo non ha una storia (se non una modalità campagna che permette di gareggiare in circuiti di difficoltà crescente), per quanto sia un ottimo simulatore di guida apprezzato in tutto il mondo. Quando è giunta la notizia dell’adattamento cinematografico, molti si sono chiesti in che maniera si potesse adattare un gioco del genere. D’altronde è come seguire la Formula 1 in TV. In maniera piuttosto sorprendente, la produzione ha puntato sulla messa in scena di una vera storia legata al franchise, ispirata alle gesta del giovane pilota Jann Mardenborugh, interpretato dall’attore Archie Madekwe.

Mardenborugh partecipò alla GT Academy, un programma indetto e prodotto da Nissan e Sony, la cui vincita gli permise di gareggiare per la 24 Ore di Le Mans. Una storia di rivalsa e opportunità, di quelle che piacciono molto al pubblico statunitense. Da recuperare se siete appassionati di auto (o anche solo curiosi).

 

I FILM DI Uwe Boll

Ecco, i film del simpatico regista tedesco meritano indubbiamente un paragrafo a parte. Noto soprattutto per i suoi atteggiamenti controversi, Boll è sempre stato un grande appassionato di videogiochi, tanto che negli anni, nonostante la dubbia qualità delle sue pellicole, si è spesso accaparrato diverse licenze per trasposizioni cinematografiche, finanche coinvolgendo numerosi attori di una certa caratura (il più delle volte fuori parte), da Christian Slater a Jason Statham. Tutto è cominciato con l’adattamento House of the Dead (2003), ispirato all’iconico sparatutto da sala giochi a base di a base di zombi pubblicato da SEGA. Una pellicola che la rivista Empire ha collocato al 35° posto nei peggiori film di tutti i tempi. A dispetto dell’accoglienza disastrosa, il film di Boll ha generato un seguito diretto da Michael Hurst, giunto in Italia col titolo di Cacciatori di zombi, il quale si attesta più o meno sugli stessi standard. Nel 2007 è arrivato poi un terzo seguito, inedito nel nostri paese, chiamato Dead & Deader.

Benché abbia avuto spesso un rapporto conflittuale col pubblico e coi critici (arrivò ad organizzare degli incontri di boxe con questi ultimi, al fine di zittirli), il regista ha sempre proseguito con i suoi propositi, dirigendo poi Alone in the Dark, nello specifico ispirato al quarto capitolo del celebre survival horror. Progetto poco ispirato che ha deciso di sacrificare l’orrore gotico Lovecraftiano del gioco per sequenze d’azione al rallenti.

Citiamo poi anche Far Cry (2008), ispirato al famoso franchise di Ubisoft e che ha visto la partecipazione degli attori Til Schweiger e Udo Kier. Inutile dire che anche questo è stato malamente accolto da critica e pubblico.

Della sua produzione filmica-videoludica, forse le migliori sono le pellicole legate a BloodRayne (2005) con Kristanna Loken e In The name of the King (2007 – ispirato a Dungeon Siege). Ovviamente l’accoglienza è sempre la solita, ma di certo l’esperienza accumulata con i prim film hanno messo un po’ di toppe dove occorreva. Entrambi i progetti hanno dato vita a diversi seguiti, pubblicati nel corso degli anni.

Certo, resta un mistero del come e del perché le aziende di videogiochi abbiano ripetutamente dato i diritti al regista, non preoccupandosi affatto di come questi venissero gestiti.

Eppure, allo stesso modo, Boll ha anche confezionato delle pellicole notevoli come Rampage (non legato in alcun modo al videogioco) e Stoic, non trasposizioni, ma film originali, dimostrando delle spiccate doti critiche verso la società americana, i quali sono stati anche ben accolti dalla critica specializzata, rimasta piacevolmente colpita. Al che sorge spontanea la domanda… perché non dedicarsi unicamente a questo genere di progetti?

LE SERIE TELEVISIVE

Forse è vero, i videogiochi non sono adatti ad essere trasposti al cinema, malgrado la situazione sia migliorata negli ultimi anni. Probabilmente il medium che meglio si confà alla narrazione videoludica è la televisione, attraverso la realizzazione di serial TV in grado di trasporre con più efficacia le gargantuesche lore dei videogames.

Prodotti notevoli, che hanno visto dapprima la serie legata ad Halo, visivamente imponente e molto fedele al prodotto originale.

Master Chief, il super soldato protagonista della vicenda è interpretato da un bravo Pablo Schreiber che ne ha tratteggiato con efficacia tutte le sfumature caratteriali (sia con che senza casco).

La prima stagione ha avuto una buona accoglienza surclassata dalla seconda, acclamata in maniera univoca sia dalla critica che dagli appassionati.

Dopo Halo è stato il turno di The Last of Us, serie curata nientemeno che dell’autore originale del videogioco Neil Druckman, e che ha ricevuto il plauso della critica, comprese le interpretazioni di Pedro Pascal su Joel e Bella Ramsey come Ellie. L’edizione italiana vanta anche alcuni doppiatori del gioco, come Lorenzo Scattorin che torna su Joel, Stefania De Peppe (Marlene), Davide Albano (Henry) e Beatrice Caggiula (Tess).

Il successo della serie (forse non così scontato), ha permesso la realizzazione di una seconda stagione che vedrà kaytlin Dever nei panni di Abby. 

Più di recente è arrivata Fallout, ispirata alla saga videoludica a sfondo post-apocalittico di Bethesda. Sviluppata nientemeno che da Jonathan Nolan, anche questa serie è ben accolta dalla critica e dal pubblico, riuscendo a trasporre in maniera efficace tutta la satira (unita ad una buona dose di follia) a cui il videogioco ci ha abituati. Per saperne di più vi rimandiamo alla recensione del Nerdastro.

Manca ancora all’appello Twisted Metal, adattamento dell’omonimo saga di videogiochi, incentrata su combattimenti all’ultimo sangue tra veicoli modificati, guidati da altrettanti pittoreschi piloti (tra i quali figura l’inquietante pagliaccio Sweet Tooth). Anche questa trasposizione ha visto l’autore originale David Jaffe (ideatore tra l’altro del primissimo God of War per Ps2) alla guida del progetto televisivo. Curiosamente la serie è ancora inedita in Italia, benché pare esista effettivamente un’edizione italiana curata da Giorgio Bassanelli Bisbal (come egli stesso ha affermato in una recente intervista), ma ancora non rilasciata.

Anche Prime Video ha acquisito diverse licenze, per cui è attesa una serie ispirata a God of War e una nientemeno che a Tomb Raider.

Addirittura è attesa, a ciel sereno, persino una serie ispirata a Yakuza, che arriverà ad ottobre sempre su Prime. Yakuza (in originale Like A Dragon) è una serie di videogiochi che segue le gesta del criminale dal cuore d’oro kazuma Kiryu, detto il Drago di Dojima, alle prese con tradimenti, onore e combattimenti all’ultimo sangue, nel quartiere fittizio di kamurochō, versione digitalizzata di Kabukichō.

Questa rinnovata qualità tra le varie trasposizioni cinematografiche dei videogiochi ha donato nuova linfa anche per progetti futuri, e tra le prossime uscite segnaliamo ovviamente il film ispirato alla saga di Borderlans diretto addirittura da Eli Roth (Hostel), che dal primissimo trailer appare folle al punto giusto, quanto lo sparatutto da cui è ispirato, e che per certi versi sembra riprendere l’estetica di Guardiani della Galassia di James Gunn.

Inoltre è atteso (ormai da un po’) l’adattamento ufficiale di Metal Gear Solid, ad opera di Jordan Vogt-Roberts (Per quanto la storia pare sia ancora in alto mare), e il film di Death Stranding, sempre dall’omonimo videogioco di Hideo Kojima. Anche in questo caso è stata avviata la produzione, ma ancora non sono pervenute informazioni e neppure sappiamo se saranno ricontattati gli attori che hanno lavorato al gioco (come Norman Reedus, Léa Seydoux, e Mads Mikkelsen).

Beh, direi che siamo finalmente giunti al termine. Il viaggio è stato (davvero) molto lungo, ciò ha sorpreso persino il sottoscritto, ma speriamo vi siate divertiti e intrattenuti.

Conoscevate questi film? Li avete visti tutti? Ne abbiamo mancato qualcuno? Siete d’accordo con quanto scritto? Diteci la vostra in un commento, così da poterne parlare insieme.


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Gianluca Testaverde

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Faccio un po' di tutto nella vita: perditempo a tempo pieno, disegno, amo il doppiaggio e scrivo ciò che vorrei leggere. E per l'amor di Dio... non fate i fumettisti!

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